La narrazione frettolosa del caso Germanwings

luft3

aprile 2015

di Enrico Santi.

Perché gli investigatori francesi si sono affrettati a considerare di fatto concluse le indagini sullo schianto dell’aereo della Germanwings sulle Alpi francesi avvenuto il 24 marzo? Perché due giorni dopo il tragico evento il procuratore di Marsiglia, basandosi soltanto sulla scatola nera che registra le conversazioni nella cabina di pilotaggio (rinvenuta il 25 marzo), aveva già dichiarato alla stampa che la dinamica dell’evento era chiara e che il co-pilota Andreas Günter Lubitz era colpevole di aver fatto schiantare deliberatamente l’aereo? Una sicurezza che desta qualche perplessità, considerando che, al momento di quella conferenza stampa alle ore 12:30 del 26 marzo, non era ancora stata trovata la seconda scatola nera, il flight data recorder, che registra tutti i dati e i parametri del volo. Non meno strana la straordinaria velocità della decifrazione del messaggio e la sua immediata trasmissione al procuratore di Marsiglia.

La prima scatola nera: il cockpit voice recorder.

La prima scatola nera con le registrazioni audio è stata trovata il 25 marzo, il giorno dopo il disastro. Inizialmente era stata diffusa la notizia che il registratore era danneggiato a causa dell’impatto. Attenendosi alla ricostruzione (accreditata da moltissimi organi di informazione) ricavabile dall’ascolto del cockpit voice recorder, come resa pubblica in parte del procuratore di Marsiglia e in parte da alcuni funzionari degli organi investigativi francesi, appare un po’ strano e molto singolare che dal cockpit voice recorder si riesca a percepire:

– il respiro del copilota, il quale quindi sarebbe “calmo” e “cosciente”

– le parole del comandante rimasto chiuso fuori, rivolte a Lubitz stesso (mentre gli urlava di aprire la porta) e ad altri passeggeri (cui chiedeva di prendere un’ascia del kit antincendio)

– i colpi sulla porta

– le urla dei passeggeri nei momenti finali. Queste ultime, nel minuto finale prima dell’impatto, sono molto “lontane” e non vi è modo di distinguere nessuna parola.

– altrettanto singolare che, sempre nel minuto finale, si senta il segnale di allarme automatico che invita il pilota a impugnare la cloche per sottrarsi dall’impatto, ma questo segnale s’interrompe dopo qualche secondo e poi riprende. Circostanza inspiegabile: si tratta di un segnale automatico che precede un pericolo determinante. Dunque non si capisce la sua interruzione.

– i colpi violenti e molto forti registrati (attribuibili presumibilmente all’ascia) nell’ultimo minuto sono soltanto due. Cosa anch’essa molto poco spiegabile.

In ogni caso, non tutto ciò che è stato reso noto risulta inequivocabile.

Che cosa è successo realmente al co-pilota Lubitz? È vero (come riportato da alcuni quotidiani, come ad esempio il Mirror), che prima dello schianto Lubitz aveva indossato la maschera d’ossigeno? Un pilota che intende suicidarsi si preoccupa di indossare la maschera per respirare?

Il comandante avrebbe urlato a Lubitz di aprire la porta e poi avrebbe detto ai passeggeri (e non agli assistenti di volo) di prendere un’ascia. Appare strana e innaturale questa circostanza, perché in simili condizioni, il comandante dovrebbe procedere in questo modo:

– chiede di rientrare, tramite l’interfono e, se l’altro pilota in cabina non risponde, agisce immediatamente con tutti i mezzi a propria disposizione. Per esempio:

– prova a sbloccare la porta con i codici riservati (di cui sicuramente dispone)

– contatta il Lufthansa Aviation Center. Questa divisione della Lufthansa è ubicata presso l’aeroporto di Francoforte e, anche grazie all’ACARS (Aircraft Communications Addressing and Reporting System), è in grado di controllare i dati tecnici e i parametri degli aerei in volo. Va precisato che non è stato mai fatto alcun cenno all’eventualità che l’ACARS fosse in grado di intervenire da remoto sostituendosi all’equipaggio.

Appare strana anche la circostanza che nessuno degli assistenti di volo e nessuno dei passeggeri sia riuscito a lanciare allarmi via telefono durante i circa nove minuti in cui si è consumata la tragedia. Nemmeno del contenuto delle eventuali chiamate a terra del primo pilota è stata data notizia. Per cui non si può essere certi, al momento che qualche chiamata sia stata effettuata.

La seconda scatola nera: il flight data recorder.

Per quanto riguarda il flight data recorder, in un articolo del 25 marzo (revisionato il 26 marzo)

il New York Times riportava le dichiarazioni di un alto funzionario che lavora alle indagini nel luogo dell’incidente, secondo il quale la scatola nera con il registratore dei dati del volo era stata trovata, ma al suo interno non c’era più la scheda di memoria. E secondo ABC News lo stesso presidente francese Hollande avrebbe parlato della scomparsa della scheda di memoria. Tuttavia, nella conferenza stampa del 26 marzo il procuratore di Marsiglia smentiva il ritrovamento del flight data recorder. Ufficialmente il FDR è stato trovato il 2 aprile, carbonizzato e deformato, come illustrato – tra gli altri – da un articolo del Mirror. Dunque, la scatola nera appare come bruciata.

Anche il luogo dell’impatto (su pareti di formazione vulcanica) non è del tutto ben definito. Si vede, in un punto, una macchia più nera sulla roccia, ma l’individuazione esatta del punto non è stata resa nota. Si tenga conto che l’aereo doveva avere a bordo almeno i tre quarti del carburante incamerato alla partenza. L’esplosione e l’incendio devono essere stati molto grandi.

Invece, non sarebbe in alcun modo danneggiata la scheda di memoria contenente un video girato da uno dei passeggeri, visionato da Paris Match e Bild, che mostrerebbe gli ultimi minuti di discesa prima dello schianto. Peraltro, l’esistenza del video è stata smentita dagli organi investigativi francesi.

Contano molto, in queste circostanze, i reportage “freschi”, a ridosso degli eventi, entro le 24 ore, quando i particolari non sono ancora inseriti in una specie di cornice obbligata e non scatta ancora il conformismo dei media su cosa si deve ingigantire e cosa si deve trascurare. Significativo in proposito un servizio di Euronews, che riferisce che l’aereo era “polverizzato”. Il primo giornalista accorso sul luogo del disastro descrive quel che ha visto: non il solito spargimento di migliaia di pezzi di un qualsiasi incidente aereo, ma un’inimmaginabile frammentazione.

I possibili precedenti.

Nel maggio 2013 un Airbus della Lufthansa (proprietaria della Germanwings), volo LH1172, fu costretto a fare una rapidissima e improvvisa discesa. Proprio in quei giorni sarebbe stato condotto dagli USA un test del sistema di difesa missilistico “HELLADS”, acronimo di High Energy Liquid Laser Area Defense System, finalizzato a utilizzare un laser per abbattere missili e razzi.

Voci non confermate riferiscono che un ulteriore test sarebbe stato effettuato il 24 marzo 2015, il giorno dello schianto dell’Airbus della Germanwings, e poi il 27 marzo 2015, quando ci fu un improvviso blackout della parte settentrionale dell’Olanda. Si può escludere l’interferenza di esercitazioni militari con lo scenario di questo incidente?

Nell’ottobre 2010 ci fu un grave problema a un Airbus della Germanwings: una sostanza tossica, forse il litio delle batterie, si diffuse nella cabina dei piloti, che tuttavia riuscirono a far atterrare l’aereo. Questo tipo di esalazioni possono far perdere i sensi, o persino uccidere una persona in 10 secondi. L’ECA (European Cockpit Association), l’associazione che rappresenta oltre 38mila piloti europei, ha diffuso un comunicato molto duro contro la fretta di chiudere l’inchiesta sul disastro più recente, precisando che i dati disponibili potevano anche far pensare a una forma di impedimento diversa dalla volontà deliberata di Lubitz.

Ma una volta partito il “frame”, la grande cornice della narrazione,non si ferma più. Non ci riesce a fermare il grande tritacarne nemmeno un giovane svizzero, in qualche modo somigliante al copilota Lubitz, e che ha persino la sfiga di chiamarsi anche lui Andreas Günter. In un’intervista – non ripresa dai media più importanti – spiega che la foto che i media hanno diffuso e stampato nella mente di milioni di persone in tutto il mondo non è quella del copilota della Germanwings, ma la sua: lo fa capire con calma, tenendo la foto in mano. Quella foto, per mezzo mondo che crede di sapere tutto sulla vicenda, è il volto di Lubitz. E invece è la foto di un montanaro elvetico che non ha mai pilotato un aereo in vita sua.

Cosa sappiamo davvero della vita di Lubitz? Cosa sappiamo del caso Germanwings, davvero?

Fonte: Megachip

http://www.informarexresistere.fr/2015/04/08/la-narrazione-frettolosa-del-caso-germanwings/

La narrazione frettolosa del caso Germanwingsultima modifica: 2015-04-12T22:08:12+02:00da davi-luciano
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