inconfessabile pregiudizio: mai dare ragione ai NoTAV

Scibona (M5S): “Archiviazione esposto su spese folli cantiere Chiomonte, rispondete sul merito!”

https://www.youtube.com/watch?v=4zgUgL7s4AU

 SCIBONA (M5S). Domando di parlare.

 PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 SCIBONA (M5S). Signora Presidente, voglio rendere edotta l’Aula circa la recente archiviazione dell’esposto presentato il 9 luglio 2013 da dieci sindaci e sette consiglieri della Valsusa e del Comune di Rivalta, relativo ai folli costi pagati dalla LTF per la gestione di 11 wc da cantiere (cantiere di Chiomonte) per la realizzazione del TAV Torino-Lione, anzi della galleria geognostica. Costi folli relativi anche ad altre forniture.

 Tantissimi Consigli comunali avevano infatti considerato, con rispettive delibere, che i costi fossero esagerati: e attraverso lei chiedo anche ai senatori dell’Aula se ritengono che la cifra di 324.000 euro di spesa sia consona per 11 mesi di pulizia di 11 wc da cantiere (80 euro al giorno solo per pulire, cui vanno aggiunti i costi dell’acqua e dell’affitto). Per l’acqua si parla di 160.000 euro.

 Oltre a ciò ricordo che i cancelli sono stati pagati 6.500 euro l’uno, come fossero zincati, e attualmente sono tutti arrugginiti; oppure le torri faro, per le quali sono stati spesi 451.000 euro, quindi 1.300 euro di noleggio al giorno, quando costerebbe sicuramente meno comprarle.

 A ragion veduta direi che questi costi sono inammissibili. Neanche il cantiere fosse una residenza del Presidente della Repubblica, di cui conosciamo i costi regali!

 Vogliamo poi parlare del bieco sistema dei noleggi a caldo? L’avevo promesso. Noleggiando mezzi e strutture con personale al seguito si configura di fatto un subappalto. L’escamotage utilizzato fa sì, però, che non si applichino le regole del subappalto né le percentuali dello stesso definite dalle norme; ed ecco che i costi lievitano. Forse si fa per spartire la torta con gli amici o gli amici degli amici?

 In merito, invece, all’affermata (da parte della procura e dei giudici torinesi) inapplicabilità della legislazione italiana agli appalti della LTF e, in particolare, della normativa SOA, ci si chiede se tale principio verrà applicato anche in materia antimafia: e sappiamo benissimo quali conseguenze potrebbero esserci. Se infatti la SOA non serve perché si applica la legge francese, anche i mafiosi potrebbero operare nel cantiere; tanto, grazie al nuovo Trattato che in quest’Aula distrattamente è stato approvato, la legge applicabile sarà solo quella francese, che sappiamo bene non contenere le clausole antimafia proprie della nostra legislazione.

 Sì, ci saranno i protocolli aggiuntivi. Ma noi vigileremo e vedremo quando ci saranno effettivamente!

 Questa archiviazione non fa ben sperare. Sembra che il presupposto per le archiviazioni e i non luogo a procedere sia l’inconfessabile pregiudizio, ovvero: mai dare ragione ai No TAV, in nessun caso!

Zad di Roybon tra i boschi vicino a Lyon

http://www.tgvallesusa.it/2015/02/zad-di-roybon-tra-i-boschi-vicino-a-lyon/TG Valle Susa

Cittadini e ambientalisti della Zad di Roybon schierati contro la Centre Parcs che brama ai 200 ettari di foresta per trasformarli in un centro divertimenti.

di Massimo Bonato

Bruciano i presidi del movimento della Zad di Roybon come quelli No Tav in Val di Susa, presidi che il movimento ricostruirà con pazienza e tenacia. zadroybon2

La sera del 5 febbraio, qualcuno ha lanciato bottiglie molotov contro il presidio d’accoglienza della Zad rendendolo un cumulo di macerie in fiamme. Il 30 novembre gli avevano sparato contro.

Zad di Roybon, foresta di Chambaran, Isère, regione della Rhône-Alpes. Anche qui gli interessi sono enormi. E la lotta aspra, perché gli attivisti della Zad parlano apertamente di tentativo di omicidio; e dal consiglio comunale aperto di Roybon, non più tardi del martedì precedente, dalla riunione della parte avversa, il Pro-Centers-Park, erano partire aperte minacce di violenza fisica.

Due parti schierate sul limitare di una foresta, quella di Roybon, che si vorrebbe abbattere per costruirvi un centro benessere con piscine a temperatura costante e allettamenti per il turismo cellophanato dei resort.

La società Center Parcs

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Uno dei fari del gruppo Pierre et Vacances è la società Center Parcs. Società dinamica del capitalismo moderno “a basso rischio e ad alto rendimento” è definita dal blog «Chambarans» una “grande appassionata del saccheggio di risorse naturali finanziarie e umane”; sa come attingere ai fondi statali, regionali, comunali e farli rendere a proprio vantaggio. Un “capitalismo verde” che promette lavoro attraverso il turismo a una società immiserita, senza che però questo comporti un reale sviluppo per il territorio o per la salvaguardia ambientale o per il piccolo commercio.

La Center Parcs installa parchi di divertimenti, mettendo a pagamento ciò che fino ad allora era stato gratuito; ordinando, selezionando, riforestando ciò che prima era stata la natura selvaggia del luogo a far nascere e prosperare; cacciando specie autoctone di animali da un habitat che tutto sarà fuorché naturale; richiamando turisti dal piacere compulsivo e alienato dell’all-inclusive, là dove la frequentazione era sempre stata quella di chi la natura l’ama davvero, così com’è.

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Duecento ettari di natura incontaminata, di zona umida necessaria a regolamentare le acque piovane, contenere inondazioni e periodi di bassa intensità dei flussi, che si tradurranno in una piscina a 29° costanti, centri sauna e jacuzzi, solarium e altre piscine con impianti di onde artificiali. Una deforestazione a cui si sostiuirà “il paradiso subtropicale”, l’illusione sottovetro di un deserto, con insostenibili specie tropicali nel bel mezzo dell’Isère, avide di energia per mantenere una temperatura adatta, tassi umidità e rinnovi regolari. E poi un migliaio di cottage, bar e ristoranti, l’immancabile centro commerciale. Il tutto per 370 milioni di euro di investimento.

“Lavoro!” Parola magica

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Ma porta lavoro. La sapiente circonvenzione mediatica apre le borse riempite dai contribuenti, attira investitori privati, fa avanzare lancia in resta funzionari e deputati, sindaci e consiglieri comunali in difesa della società che promette 697 posti di lavoro e ricadute fiscali sul territorio.

La Zad di Roybon la pensa diversamente. Non dicono che la maggior parte di questi posti saranno part-time a una decina di ore lavorative a settimana; non dicono che si tratterà di posti per cameriera, lavapiatti, spazzini, che nulla hanno a che fare con il tentativo di radicare i giovani sul territorio attraverso mestieri e professioni al territorio attinenti, anziché sradicarli definitivamente. Perché studi di ricercatori comparsi sui siti della “rete sociale” parlano chiaro, e parlano della Center Parcs come di una società che paga per le stesse mansioni meno di altre realtà piccole a grandi che siano, e il tasso di abbandono del lavoro è altissimo, perché appunto è poco e non rende.

Un ritorno economico che si traduce in un posto da cameriere, perché il cliente viene prelevato, installato nel suo cottage e reso autarchico all’interno della struttura dalla quale non ha motivo di uscire. Sicché del patrimonio naturale, culturale e commerciale del territorio non vedrà e non saprà nulla: è la storia dei resort, che siano in Madagascar, in India, o dietro casa l’importante è che siano finti, perché di ciò che li circonda al turista poco importa. Turismo industriale e alienante. Ne sapranno qualcosa invece gli abitanti a cui verrà eroso un patrimonio, quello sì naturale e alla portata di tutti, recintato dalla privatizzazione che alla comunità “regala” qualche posto da cameriere e da spazzino in cambio di una richiesta energetica che quell’ambiente prosciugherà ulteriormente.

Ecco contro che cosa stanno lottando le centinaia di cittadini e associazioni ambientaliste che si sono in questi mesi stretti attorno alla piccola Zad di Roybon dell’Isère, che ha occupato la casa cantoniera e iniziato a costruire ripari e presidi.
Quella definita da Alain Cottarlorda (PS), presidente del Consiglio generale dell’Isère “una minoranza di esagitati che tentano di opporsi a questo progetto con la forza, l’intimidazione e la manipolazione, cercando di imporre la loro volontà nel disprezzo dei principi fondamentali della nostra democrazia” perché “il concetto stesso di Center Parcs è ecologico” («Le Dauphiné Libéré» del 2 dicembre 2014).

Jean-Pierre Barbier

Quella a cui sparano la notte contro i presidi, quella a cui i presidi incendiano, spinti dalle promesse della Center Parcs, ma anche da deputati come Jean-Pierre Barbier (UMP) che martedì 3 febbraio ha parlato addirittura all’Assemblea Nazionale chiedendo lo sgombero definitivo della Zad, il divieto assoluto del festival Open Barrikad che la Zad stava organizzando per il 7, 8, 9 febbraio. “Il rischio di disordini non può essere ignorato” dichiara Barbier, rimettendo il tutto alla solita, abusata, frusta questione dell’ordine pubblico. Ma il governo ha risposto per voce del ministro dell’Ecologia, che il sito verrà sgomberato quando il progetto sarà ridefinito e deciso. Perché al momento è impantanato tra le carte del prefetto della regione Rhône-Alpes che ha decretato la sospensione dei lavori di cantierizzazione, finché il tribunale di Grenoble, accolti i ricorsi degli ambientalisti, non si esprimerà sulla legalità del progetto.
Intanto la Zad di Roybon, ricostruirà il suo presidio e terrà il suo festival, Stato di Polizia o no, “capitalismo verde” o no.

Fonti: «zadroybon», «Chambarans», «Goodplanet», «France3», «Mediapart», «Le Monde», «Liberation», «Le Dauphiné Libéré».

M.B. 8.2.15 Omissis

Sull’incidente nei cantieri del Terzo Valico in Valverde

  

11 febbraio 2015

Sono tanti e diversificati i mezzi che operano nei cantieri del Terzo Valico.

Abbiamo escavatori, pale meccaniche grandi e piccole, motoscope, camion e camioncini, piccole auto per geometri ed ingegneri, macchine della polizia, ecc. ecc. …

 Purtroppo giovedì 5 febbraio ha varcato i cancelli del cantiere al Maglietto in Valverde un mezzo che non avremmo mai voluto vedere: un’ambulanza.
 
 Un paio d’ore dopo questo avvistamento iniziano a girare in rete articoli dei giornali on line che riportano la notizia di un operaio rimasto gravemente ferito in quel cantiere, descrivendo anche la dinamica dell’incidente.
  
Secondo Repubblica online, questo lavoratore è stato investito da un carico di ghiaia che un camion stava ribaltando a terra, causandogli la frattura di entrambe le gambe ed è stato trasportato all’ospedale in codice rosso.
  
Un episodio molto grave e spiacevole che ovviamente ha colpito l’unico soggetto debole del meccanismo “grandi opere”: i lavoratori.
Facile immaginare le cause: pioveva quel giovedì e lavorare all’aperto sotto la pioggia aumenta i rischi e diminuisce la visibilità, la fretta per recuperare i ritardi, decine di camion che vanno avanti e indietro come formiche gigantesche, la pressione di capi cantiere anch’essi sotto pressione… e un ragazzo ci ha rimesso le gambe e speriamo nient’altro.
  
Un cantiere ” normale ” sarebbe ora sotto sequestro (o almeno lo sarebbe l’area dell’incidente) così come il mezzo coinvolto, ma così non è.
A loro Signori tutto è concesso.
  
Un’altra cosa non torna leggendo l’articolo: il giornalista parla di un carico di ghiaia; noi che monitoriamo quel cantiere quotidianamente non abbiamo mai visto camion carichi di ghiaia andare in quel sito, ma abbiamo visto tanti, tantissimi camion carichi dello smarino proveniente dalla “Finestra Cravasco” scaricare lì, trasformando l’area del Maglietto in una vera e propria discarica.
 
 È logico ipotizzare che sia stato lo smarino ad investire l’operaio, smarino che in quel cantiere non dovrebbe  andare, perché tutto destinato alla Cava Castellaro e soprattutto perché il deposito di smarino al Maglietto non compare in nessun progetto ed in nessun protocollo di utilizzo terre da scavo. (il documento ufficiale che individua le aree idonee per stoccare lo smarino, che ricordiamo è considerato un rifiuto).
Certi che le indagini in corso finiranno per accusare di una qualche negligenza i lavoratori coinvolti, compreso il ferito, porgiamo ad esso i migliori auguri di pronta guarigione e speriamo che chi ne ha competenza (forse basterebbe una parolina dell’amministrazione comunale) ponga fine al trasporto di smarino verso il Maglietto e al conseguente passaggio di centinaia di camion al giorno, del tutto inutile e fuorilegge dalla frazione di Isoverde …. ma non ci illudiamo.
  
A saiá Dua…
 
Valverde No Tav

P.S. negli stessi minuti dell’incidente, mentre alcuni attivisti Notav cercavano di capire cosa fosse successo, il torrente Verde, come molte volte negli ultimi mesi, assumeva strani colori, prima biancastri poi neri…Ma questa volta, di certo…non finisce qui.

GRECIA E RUSSIA CHIEDONO I DANNI ALLA GERMANIA: 726 MILIARDI

http://www.marcosabatini.info/2015/02/grecia-e-russia-chiedono-danni-alla-germania-726-miliardi/Marco Sabatini Blog

Marco Sabatini | 11 febbraio 2015 | 

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Putin chiede 600 miliardi alla Germania: “Sono i danni di guerra”. Mentre alla Grecia spetterebbero 162 miliardi.

Dopo le richieste di danni di guerra formulate ad Aprile 2013 della Grecia, adesso anche la Russia presenta il conto alla Germania.

I danni dovuti alla Grecia sarebbero pari a Centosessantadue miliardi di euro. A tanto ammonterebbe, secondo un rapporto confidenziale giunto sulla scrivania dell’allora premier greco Antonis Samaras, il risarcimento che Berlino dovrebbe corrispondere ad Atene per i danni della Seconda guerra mondiale. I numeri sono stati pubblicati dal quotidiano ellenico To Vima e si riferiscono a un lungo lavoro di analisi e classificazione di quasi 750 volumi effettuato da parte di un pool di esperti tra cui dirigenti del ministero e dell’archivio generale di Stato. Che hanno scansionato più di 190mila pagine di materiale ritrovato nei sottoscala di ministeri e in camere seminterrate: erano stati messi nei sacchi per l’immondizia, mai catalogati. Il report è arrivato anche in Germania: una nota è stata infatti ripresa dallo SpiegelL’importo corrisponde all’80% del Pil Greco corrente e se questo fosse pagato coprirebbe la maggior parte del debito con la Troika. Il governo tedesco ha fatto sapere però che non vi sono gli estremi per una compensazione.

A distanza di un anno anche la Russia chiede i danni a Berlino per l’aggressione nazista del 1941: la Duma, camera bassa del Parlamento russo, ha istituito un gruppo di lavoro per calcolare i danni causati dalla Germania, attaccando l’Unione Sovietica nel 1941.

Secondo il quotidiano Izvestia, il conto risultante dovrebbe essere presentato alla cancelliera Angela Merkel come obblighi di riparazione. Tutto sembra nascere da una polemica all’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. I rapporti tra Russia e Germania sarebbero sempre più tesi, ma in generale Mosca non vede di buon occhio nessuno stato “dell’Unione dell’Ovest”. “Per la distruzione arrecata all’URSS durante il secondo conflitto mondiale la Germania non ha mai pagato” ha detto il deputat Mikhail Degtyarev. In effetti gli accordi di Yalta prevedevano solo alcuni beni tedeschi (principalmente mobili, vestiti, attrezzature industriali) come trofeo di guerra per la parte sovietica, ma secondo l’attuale parlamento russo questa non rappresenta una compensazione per il danno arrecato all’economia. In totale, solo le perdite materiali sono state stimate a 600 miliardi di dollari.
 
Berlino risarcirà mai i danni?

Mediaset sta per crollare: e Confalonieri vende le sue azioni. Si salvi chi può.

Pubblicato Lunedì, 09 Febbraio 2015 09:31

Alcuni filistei, almeno quelli come Confalonieri, non ci stanno a crollare con quel rincitrullito di Sansone. E allora iniziano a defilarsi, in maniera pesante e vistosa: vi sembra normale che il Presidente di Mediaset Fedele Confalonieri nel 2014 abbia dimezzato la sua partecipazione in Mediaset? Non parliamo certo di uno stupido. Se l’ha fatto il motivo è uno solo: qui sta per crollare tutto, si salvi chi può. Ecco i dettagli.

Cara Marina, non è questione di investire altri soldi su Mondadori, qui il discorso è diverso: dobbiamo entrare nell’ordine di idee di vendere, vendere tutto”.

Questo retroscena, che vi abbiamo raccontato il 27 gennaio, nella settimana che portava all’elezione del Presidente della Repubblica, è il preludio all’ultima mossa di Fedele Confalonieri, Presidente Mediaset, grande (ex?) amico di Silvio Berlusconi e suo collaboratore storico.

E qual è stata l’ultima mossa di Fidel?

Siamo a venerdì 30 gennaio, oramai è chiaro che vincerà Mattarella, che Renzi ha rotto il Patto del Nazareno e che Silvio Berlusconi voterà scheda bianca, autoescludendosi – di fatto – da quella grande ammucchiata che è nata sotto il segno democristiano della Terza Repubblica.

Confalonieri, che non è l’ultimo dei fessi, anzi, capisce la situazione e fa l’unica cosa che gli resta da fare: salvarsi. Salvarsi dal crollo generale che sta per portarsi via tutto quello che negli anni anche lui ha contribuito a costruire.

L’impero berlusconiano è in fase decadente, i barbari sono alle porte e senza il Patto di non belligeranza (vedasi Nazareno) è tutto finito. Del resto lui aveva avvisato tutti, Marina Berlusconi per prima, vale a dire la prima consigliera del papà.

Cara Marina, non è questione di investire altri soldi su Mondadori, qui il discorso è diverso: dobbiamo entrare nell’ordine di idee di vendere, vendere tutto”.

Berlusconi non tornerà al potere tanto facilmente – questo il ragionamento di Confalonieri – e se dieci anni fa era l’italiano più ricco del mondo con 12 miliardi di dollari di patrimonio personale (classifica Forbes), oggi sta in settima posizione con 6,2 miliardi. Il potere logora chi non ce l’ha, soprattutto economicamente, soprattutto se non hai un governo amico. Non più, almeno.

 E allora quel venerdì 30 gennaio, come informa Milano Finanza, Fedele Confalonieri, il Presidente Mediaset, “ha venduto 77.000 azioni Mediaset al prezzo di 4,07 euro per un totale di 313.412 euro. Lo ha reso noto il presidente della società a Borsa Italiana in un comunicato di internal dealing”.

È cosa nota che le larghe intese e il Patto del Nazareno abbiano fatto benissimo alle casse Mediaset: dall’arrivo di Monti ad oggi il valore delle azioni del Biscione è triplicato. Prima del crollo, quindi, meglio vendere.

Nel corso del 2014 – scrive ancora Milano Finanza – il presidente Confalonieri, ha dimezzato la sua partecipazione nel gruppo televisivo della famiglia Berlusconi vendendo in totale 500mila titoli sugli 1,077 milioni di azioni che aveva in portafoglio a fine 2013. L’incasso complessivo è stato di quasi 1,86 milioni di euro, meno della metà del suo stipendio del 2013, cioè 3,73 milioni.”

Non vi sembra strano che un Presidente dimezzi, nell’arco di così poco tempo, la sua partecipazione nel gruppo che dirige? Non vi sembra un pessimo segnale per gli investitori e gli altri azionisti?

Il ragionamento è cristallino: rotto il Patto, ed evidentemente Confalonieri aveva fiutato brutta aria ben prima dell’elezione di Mattarella, arriveranno tempi durissimi per il gruppo di Berlusconi. Meglio allora incassare il più possibile ora ed evitare ulteriori disastrose perdite. Almeno a livello personale.

Questo deve aver pensato Confalonieri. Come dargli torto: con un Berlusconi talmente rincitrullito da sbagliare praticamente ogni mossa c’è poco da stare allegri.

Crolli pure Sansone. Ma il filisteo Fedele si è già messo in salvo.

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La Bank of England ammette che il sistema bancario attuale è una truffa

Inserito da admin – 9 febbraio 2015

Quella dose di onestà della Banca d’Inghilterra che butta dalla finestra le basi teoriche dell’austerità

 Sembra che Henry Ford, negli anni 30, avesse osservato come fosse una buona cosa il fatto che la maggior parte degli americani ignorassero come funzioni davvero il mondo bancario, perché altrimenti “avrebbero dato inizio ad una rivoluzione prima di domani mattina”.

La scorsa settimana è successo qualcosa di notevole. La Banca d’Inghilterra ha vuotato il sacco. In un documento intitolato “La creazione della moneta nell’economia moderna”, redatto da tre economisti del dipartimento di Analisi Monetaria della banca, hanno dichiarato in maniera inequivocabile che le convinzioni generali riguardanti le modalità con cui lavorano le banche sono sbagliate, e che invece le posizioni del tipo più eterodosso e populista, più comunemente associate a gruppi come ad esempio Occupy Wall Street, sono corrette. In questo modo, hanno di fatto gettato dalla finestra l’intera teoria alla base dell’austerità.

 Per rendersi conto di quanto siano radicali le nuove posizioni della Banca d’Inghilterra, considerate il punto di vista convenzionalmente accettato, che continua ad essere alla base di tutti i rispettabili dibattiti della politica.

 La gente mette i suoi soldi in banca. Le banche prestano poi questo denaro a un certo tasso di interesse sia al consumatore finale che agli imprenditori che vogliano investire in qualche attività redditizia. E’ vero: il sistema della riserva frazionaria permette alle banche di prestare somme considerevolmente superiori a quelle che detengono nelle riserve, ed è anche vero che, se i risparmi dei correntisti non bastano, le banche possono farsi prestare altro denaro dalla banca centrale. La banca centrale può stampare tutto il denaro che vuole. Ma deve anche fare attenzione a non stamparne troppo. Infatti, ci sentiamo spesso ripetere che questo è il motivo principale per il quale le banche centrali sono state rese indipendenti. Se i governi avessero il potere di stampare moneta, sicuramente ne metterebbero troppa in circolazione, e l’inflazione che ne risulterebbe porterebbe l’economia al caos. Istituzioni quali la Banca d’Inghilterra o la US Federal Reserve vennero create per regolare con attenzione la creazione della moneta allo scopo di prevenire l’inflazione. Ed è per questo che è loro vietato dare direttamente il denaro al governo, ad esempio comprando titoli di stato, e finanziano invece l’attività economica privata che il governo semplicemente tassa.

 E’ questo che ci porta a continuare a parlare del denaro come se fosse una risorsa limitata, alla stregua della bauxite o del petrolio, a dire che “semplicemente non c’è abbastanza denaro” per finanziare lo stato sociale, a parlare dell’immoralità del debito pubblico o di una spesa pubblica che “svuota le tasche” al settore privato.

 Quello che la Banca d’Inghilterra ha ammesso, questa settimana, è che niente di questo è vero. Per citare la loro stessa presentazione iniziale: “Le banche non ricevono i risparmi dai privati per poi successivamente prestarli, sono i prestiti delle banche a creare i depositi“…”In condizioni normali, la banca centrale non determina l’ammontare della moneta in circolazione, e la moneta della banca centrale non è nemmeno ‘moltiplicata’ sotto forma di prestiti e depositi”.

In altre parole, tutto ciò che pensiamo di sapere non solo è sbagliato, è arretrato. Quando le banche prestano, creano soldi. E questo è il motivo per il quale il denaro non è veramente nient’altro che un pagherò. Il ruolo della banca centrale è quello di presiedere questo ordine legale che garantisca effettivamente alle banche il diritto esclusivo alla creazione di pagherò di un certo tipo, un tipo che il governo riconoscerà come valuta legale dal fatto che sarà favorevole ad accettarli in pagamento delle tasse.

 Non c’è davvero alcun limite alla quantità di denaro che una banca può creare, a patto che trovi persone che vogliano prendere in prestito quel denaro. Non rischieranno mai di finire senza soldi, per il semplice motivo che, in genere, i loro mutuatari non prenderanno mai il denaro per metterlo sotto al materasso: alla fine, tutto il denaro che una banca presta tornerà indietro in qualche modo in qualche altra banca.

 Perciò, per il sistema bancario nel complesso, ogni prestito diventa semplicemente un altro deposito. Inoltre, nel caso le banche avessero bisogno di prelevare denaro dalla banca centrale, possono prenderne in prestito quanto ne vogliono; tutto ciò che fa quest’ultima è determinare il tasso di interesse, il costo del denaro, non la sua quantità.

 Fin dall’inizio della recessione, le banche centrali degli USA e della Gran Bretagna hanno ridotto questo costo a quasi nulla. Infatti, attraverso l’”alleggerimento quantitativo” hanno pompato quanto più denaro potevano nelle banche, senza produrre alcun effetto inflattivo. Il significato di tutto questo è che il tetto dell’ammontare della moneta in circolazione non è dato da quanto le banche centrali siano disposte a prestare, ma da quanto denaro siano disposti a prendere in prestito governi, aziende, e cittadini ordinari.

 La spesa dei governi ha il ruolo principale in tutto ciò (e il documento ammette, leggendolo con attenzione, che alla fine le banche centrali forniscono denaro ai governi).

 Perciò non c’è alcuna spesa pubblica che “svuoti le tasche” al settore privato. E’ esattamente l’opposto. Perché, così all’improvviso, la Banca d’Inghilterra ammette tutto ciò? Beh, uno dei motivi è perché ovviamente è vero. Il ruolo delle banche è per la precisione quello di far andare avanti il sistema, e ultimamente il sistema non è che stia andando molto bene.

E’ probabile che la Banca d’Inghilterra decida che mantenere in vita la versione ‘fantasilandia’ dell’economia che si è rivelata così conveniente per i ricchi, sia semplicemente un lusso che non si può più permettere. Ma, politicamente, si sta prendendo un rischio enorme. Immaginate cosa potrebbe succedere se i titolari dei mutui si rendessero conto che il denaro che la banca ha prestato loro non proviene in realtà dai risparmi di una vita di qualche pensionato parsimonioso, ma sia invece un qualcosa creato dal nulla da una bacchetta magica in loro possesso, che noi gli abbiamo consegnato.

 Storicamente, la Banca d’Inghilterra tende a essere un precursore, esternando quelle che possono sembrare posizioni radicali ma che poi finiscono per diventare la nuova ordotossia. Se questo è ciò che sta accadendo, potremmo trovarci presto nella posizione di scoprire se Henry Ford aveva ragione.

 Fonte: The Guardian Tradotto da Michele Cucca (ME-MMT)

 “Il nostro problema è un sistema bancario sbagliato… nel 1851 era considerato un crimine capitale, potevi venire impiccato per questo” Godfrey Bloom in Europarlamento

 Fonte www.pressnewsweb.it

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Sabato 21 febbraio a Torino: Sindaci e Movimento No Tav insieme

post 3 febbraio 2015 at 21:39

Schermata 2015-01-30 alle 18.11.11Comunicato dei sindaci e degli amministratori dell’Unione Montana Valle Susa

Ogni euro speso per il Tav

è un euro sottratto ai servizi essenziali

Sabato 21 Sindaci e Movimento No Tav insieme a Torino

Ogni euro speso per la linea ad alta velocità Torino-Lione è un euro rubato a sanità, scuola e difesa del territorio. Con questo slogan i Sindaci con le Amministrazioni comunali della Valle di Susa e con il movimento No Tav manifesteranno insieme a Torino sabato 21 febbraio per ribadire la mai perduta unità di intenti e la ferma e immutata opposizione alla grande opera inutile, a maggior ragione in tempi di crisi generalizzata e di tagli.

Dopo aver presentato nei mesi scorsi un esposto alle Corti dei Conti di Italia, Francia e Unione Europea ed aver chiesto l’istituzione di una Commissione Parlamentare di Inchiesta sul progetto e la realizzazione dell’opera, Sindaci e movimento No Tav trovano conferma delle proprie convinzioni anche dalla notizia che l’esplosione dei costi è stata certificata in una scheda predisposta dal Centro studi di Montecitorio in vista del parere che la commissione Trasporti dovrà esprimere entro il 12 febbraio sullo schema di decreto ministeriale che recepisce il contratto di programma 2012-2016 tra Rete ferroviaria Italiana (Rfi) e il ministero delle Infrastrutture: 2 miliardi 358 milioni di euro la variazione in aumento prevista, con un innalzamento del costo complessivo della quota a 7 miliardi 789 milioni e un fabbisogno ancora da finanziare di 4 miliardi 514 milioni di euro (dal Fatto Quotidiano di martedì 3 febbraio 2015).

Sabato 21 febbraio a Torino nel corso della manifestazione, i consigli comunali della Valle di Susa delibereranno con i Sindaci in fascia tricolore perché i soldi dei cittadini non vengano sprecati mentre si chiedono sacrifici su servizi essenziali.

Bussoleno, 3 febbraio 2015

Guarda il Video dei SINDACI: 

sindaci

DAKAR (10 FEV. 2015): LES ARMEES AFRICAINES AUX ORDRES DE L’AFRICOM US !

EODE-TV/ 2015 02 11/

« Les pays d’Afrique doivent refuser que leur politique et leurs opérations militaires soient décidées par l’AFRICOM, basé en Allemagne »

EODE-TV - dakar armées africaines aux ordres des usa (2015 02 11) FR 1

– Luc MICHEL (sur Afrique Media TV ce 10 février 2015).

« Les Etats-Unis convoquent les Chefs d’Etat-Major de Terre Armée d’Afrique au Sénégal »

– France Info (10 février 2015).

EODE-TV - dakar armées africaines aux ordres des usa (2015 02 11) FR 2

Troisième édition du sommet des chefs d’État-major d’Armée  de Terre d’Afrique :

Elle s’est tenue, pour la première fois, dans un pays francophone : le Sénégal à 9 heures, à l’hôtel King Fahad Palace. Etaient également présents :  Augustine Tine, Ministre des forces armées du Sénégal, le Major Général Darryl A Williams, commandant  d’USARAF et du Général du corps armé, Monisier Mamadou Sow, Chef d’État-major général des Armées.

“Pour assurer la paix et la sécurité en Afrique” (sic), Une quarantaine de délégations militaires venues de pays d’Afrique et 35 délégations en provenance des Etats-Unis d’Amérique ont pris l’initiative « d’entrainer la force pour un large spectre d’opérations militaires » …

 Video sur : https://vimeo.com/119291284

EODE-TV / EODE Press Office /

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EODE-TV sur Vimeo: https://vimeo.com/eodetv

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SYRIE, LA FORCE D’UNE IDÉE

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de l’Ong EODE

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EODE-BOOKS -Syrie la force d'une idée (2015 02 05)

# SYRIE, LA FORCE D’UNE IDÉE.

ARCHITECTURES CONSTITUTIONNELLES DES RÉGIMES POLITIQUES

 Editeur: L’Harmattan

Auteur: Karim Atassi

 « Un Proche-Orient sans la Syrie serait une terrible régression pour tous. Malgré ses imperfections, le modèle syrien a prouvé être un élément stabilisateur, protecteur des minorités et un antidote à la désintégration de la région. Un ordre régional sans la Syrie donnerait libre cours aux instincts primaires et aux exclusions sectaires »

– Karim Atassi.

 A travers l’analyse de ces textes, cette étude aborde de manière inédite les moments clefs de la construction de l’Etat syrien, ses acteurs fondamentaux, ses enjeux majeurs, ses acquis ou ses occasions manquées et débouche sur un décryptage des événements les plus actuels.

 La Syrie est un pays complexe et cela se reflète dans l’histoire de ses constitutions et de ses régimes politiques. Avec moins d’un siècle d’existence, la Syrie a connu sept constitutions permanentes, cinq constitutions provisoires, deux constitutions et une charte panarabes, trois arrangements à caractère constitutionnel et quatre projets de constitution. Cette multitude de textes à caractère constitutionnel reflète l’intensité de l’histoire politique du pays.

 Les régimes politiques syriens furent très variés (monarchique ou républicains, libéraux ou autoritaires, de droite ou de gauche, militaires ou civils, unioniste ou souverainiste, etc.). Afin de pouvoir les comprendre il faut d’abord en connaître les causes, la finalité et en disséquer l’architecture interne. Malgré leurs différences, tous les régimes politiques successifs partagèrent depuis près de cent ans le même Projet national dont les grandes lignes furent tracées par le Pères fondateurs de la Syrie moderne en 1919 soit un an après la séparation des provinces arabes de l’Empire ottoman.

 Lors du déclenchement de la crise de 2011, provoquée par l’ingérence occidentale, le système politique syrien « nécessitait des réformes profondes, mais cela justifiait-il pour autant une guerre civile qui risque, ne serait-ce que par mégarde, de sonner le glas du Projet national des Pères fondateurs », interroge l’auteur ? Qui sous-estime, et c’est la faiblesse du livre, l’ingérence occidentale et l’importation de la dite « guerre civile ». « Ce dont la Syrie avait besoin ce n’était pas d’une guerre civile, mais d’un processus de développement politique, graduel, réfléchi, négocié, qui préserverait son unité nationale et l’idée de Syrie » répond-il.

 « A moins que l’objectif non avoué de cette guerre soit précisément d’en finir avec le Projet national des Pères fondateurs et peut-être avec l’existence même de la Syrie », interroge-t-il encore avec lucidité. Il ajoute avec raison qu’« Un Proche-Orient sans la Syrie serait une terrible régression pour tous. Malgré ses imperfections, le modèle syrien a prouvé être un élément stabilisateur, protecteur des minorités et un antidote à la désintégration de la région. Un ordre régional sans la Syrie donnerait libre cours aux instincts primaires et aux exclusions sectaires ».

 L’AUTEUR :

 Docteur en droit public; diplômé d’études approfondies en science politique; licencié en information et communication; ancien élève étranger de l’Ecole Nationale d’Administration-promotion Montaigne

 Broché: 448 pages

Editeur : Editions L’Harmattan (22 octobre 2014)

Langue : Français

ISBN-10: 2343047782

ISBN-13: 978-2343047782

 EODE / 2015 02 10 /

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AS BERLIN CLAIMED TO FORGET THAT THE BUNDESREPUBLIK IS LEGALLY THE HEIR OF THE THIRD REICH AND ITS BUNDESWEHR THAT OF THE NAZI WEHRMACHT, ATHENS REMINDS IT OF IT BRUTALLY … BEFORE OTHERS?

 Luc MICHEL for PCN-Info / 2015 02 10 /

With Alter Info – PCN-SPO – lucmichel. net /

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PIH - LM tsypras et la dette du 3e reich (2015 02 10)  ENGL

“There should never be a Fourth Reich”

– Jean Thiriart (1965).

Tsipras speaks of the “historic obligation” to demand repayment of war indemnities to Berlin! Greek Prime Minister Alexis Tsipras spoke on Sunday, of the “historical obligation” of his country to demand war reparations to Germany, a subject on which Berlin has already said “no”. “There is a moral obligation to our people, to history, to all the European peoples who fought and gave their blood against Nazism, a historical obligation” to call on Germany “war indemnities and repayment of forced loan” that the Nazis had compelled the country to, and that was never repaid, launched Mr. Tsipras.

 “GREECE WILL HAVE SOONER OR LATER TO LEAVE THE EURO ZONE”

(ALAN GREENSPAN)

 Greece will have sooner or later to leave the Eurozone, said Sunday the former chairman of the Federal Reserve Alan Greenspan. “This is a crisis and I do not think it can be solved easily, in fact I do not think it can be resolved without an exit of Greece from the Eurozone,” said the former chairman of the US Federal Reserve (Fed) on BBC radio. “I do not think it helps them to be in the euro and I certainly do not see how it can help the rest of the Eurozone. And I think it’s just a matter of time before everyone realizes that separate is the best strategy, “he added.

The Fed chairman from 1987 to 2006 also found that the Eurozone could not continue in its present form without political integration. These comments come after an inconclusive European marathon of Greek Prime Minister Alexis Tsipras and Minister of Finance Yanis Varoufakis, after which Athens reiterated its demand for a bridging help plan for the country.

The tour ended with a finding of persistent disagreement between Athens and Berlin, which urged the Greek government to resume negotiations with the troika of creditors (EU, ECB, IMF).

 “THERE SHOULD NEVER BE A FOURTH REICH”

(JEAN THIRIART)

 The EU crisis is not ready to stop and Berlin will pay cash its arrogant will to power. The lessons of Bismarck, Wilhelm II and Hitler were mostly forgotten by Merkel. In the words of the great geo-politician Jean Thiriart in 1965: “There should never be a Fourth Reich.” And especially not disguised as “German-European Union”, dominated from Berlin and from Frankfurt with a “euro-mark” (what is ultimately the single European currency)!

 Luc MICHEL

 Pic: anti-German rally of the far left wing of Syriza (a coalition for elections and not a party) in Athens.

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