http://ilmanifesto.info/la-parola-contraria-al-tav/
— Mauro Ravarino, TORINO, 28.1.2015
Erri De Luca. In tanti a sostenere lo scrittore accusato di “reato di opinione”
Corre l’anno 2015, anche se non sembrerebbe dal carattere dell’accusa che rispolvera il «reato di opinione». E lo scrittore è, ovviamente, Erri De Luca, che ieri si è presentato in anticipo nell’aula del Tribunale di Torino, per la prima udienza del suo processo. A porte aperte, apertissime; il rito abbreviato, che aveva rifiutato durante l’udienza preliminare, le avrebbe, invece, avute chiuse. Un processo alla parola deve essere pubblico, di questo n’è sempre stato convinto.
E fuori e dentro il Palagiustizia sono venuti in tanti – attivisti No Tav, lettori, cittadini comuni – a esprimere vicinanza al grande autore napoletano. Hanno distribuito gratuitamente le copie di La parola contraria, il libro appena pubblicato da Feltrinelli e uscito in contemporanea in Francia, Germania, Spagna, Paesi dove il processo a De Luca sta suscitando scalpore. Il pamphlet, letto collettivamente fuori dal Tribunale, rivendica «il diritto a esprimere la propria opinione anche quando è contraria, non solo quando è ossequiosa e gradita». In aula, il folto pubblico ha esposto cartelli con la scritta «Je suis Errí» (parafrasando lo slogan coniato dopo la strage a Charlie Hebdo) che il giudice Immacolata Iadeluca ha fatto abbassare prima dell’avvio dell’udienza. De Luca ha, comunque, subito escluso ogni possibile equiparazione fra il suo processo e «il massacro» alla redazione del periodico satirico parigino.
«Sento la responsabilità delle cose che dico e scrivo. Sono uno scrittore, non penso di poter istigare nessuno se non alla lettura e alla scrittura», ha detto Erri De Luca prima dell’inizio del dibattimento. «Sono qui anche per conoscere le persone, nomi e cognomi, che avrei istigato, come sostiene l’accusa, e che cosa hanno fatto spinti dalle mie parole». Ha rivendicato la sua opinione sul Tav e le parole usate per esprimerla: «Sabotare per me è un verbo nobile, utilizzato anche da Gandhi, che va oltre allo scassare attrezzature. Il suo significato è molto più vasto e non intendo farmelo sottrarre. Nell’autunno del 1980 ho partecipato alla lotta operaia e sono stato per 37 giorni davanti alla Fiat partecipando a quel grande sabotaggio. Non è certo necessario fare un reato per sabotare».
La Procura difende il proprio operato. «Abbiamo il dovere di verificare se certi casi debbano essere sottoposti al vaglio di un giudice. E in questo caso riteniamo di sì», ha spiegato il pm Andrea Beconi nel suo intervento. «Il reato di istigazione a delinquere è discutibile e si presta a strumentalizzazioni, ma nell’ordinamento esiste e dobbiamo farci i conti. Qui – chiarisce Beconi – non si sta cercando di comprimere un diritto fondamentale come la libertà di manifestare il proprio pensiero. E nemmeno di entrare nella diatriba sul Tav».
La giudice Iadeluca ha respinto la richiesta della Procura di fare testimoniare l’architetto Mario Virano, presidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione, una decisione accolta con favore dalla difesa dello scrittore. «Diversamente – ha detto l’avvocato Gianluca Vitale – questo sarebbe diventato un processo contro l’intero movimento No Tav e con un’apologia del Tav». Da ora in poi sarà un processo sulle frasi pronunciate dallo scrittore. «Continuo a pensare – ha aggiunto De Luca – che il Tav vada sabotato, ma sono convinto che si saboterà da solo perché non ci sono i soldi per costruirlo. Il buco del Tav sarà un “buco interrotto”, un “bucus interruptus”».
Il processo, che vede sul banco degli imputati per istigazione a delinquere solo Erri De Luca, è stato rinviato al 16 marzo. «Se sarò condannato non farò ricorso. Quello che ho da dire è quello che ho già detto». Poi, ha aggiunto: «Uno scrittore – ha aggiunto – deve difendere le sue opinioni, che in questo caso per me sono poi diventate convinzioni. Cosa altro deve fare se non difenderle?». L’autore si è allontanato dall’aula del Palagiustizia circondato da fotografi e giornalisti, italiani e stranieri, e fra gli applausi del pubblico. Rispondendo ai cronisti sul peso delle parole dette da uno scrittore, De Luca ha, inoltre, sottolineato: «Quello che riconoscono a me perché non lo riconoscono a Bossi o Berlusconi? Io sono uno e valgo uno, non ho un partito».
A margine del processo si è ancora espresso sulla battaglia No Tav. «Cosa c’è di più democratico e civile di oltre di 20 anni di lotta alla Tav? Lotta che continua civilmente». E sulle 47 condanne inflitte, martedì, ad altrettanti militanti, ha affermato: «Non hanno voluto applicare le attenuanti, è una cosa grave che mi colpisce molto».