NoTav: il movimento reagisce alla vergognosa condanna. Bloccata l’autostrada. Cariche e fermi.

  • gennaio 27, 2015
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Dopo la vergognosa sentenza di condanna, emessa oggi nell’aula bunker di Torino, a carico di attivisti No Tav condannati a 140 anni complessivi di reclusione, il movimento ha subito reagito con una manifestazione popolare, con un concentramento a Bussoleno.

Durante il precorso viene occupata l’autostrada. Immediatamente sono scattate violente cariche della polizia con lanci anche di lacrimogeni ed idranti. Fermati cinque attivisti, due dei quali verranno rilasciati.
A tutto il movimento No Tav la nostra sincera e viva vicinanza e solidarietà!

Le condanne non ci fermano: bloccata l’autostrada

post — 28 gennaio 2015

imageSe qualcuno pensava di intimidire i notav ha sbagliato i calcoli. Non bastano 140 anni di condanna per toglierci la voglia e le ragioni per lottare. Questa sera in centinaia ci siamo trovati a Bussoleno davanti al negozio di Mario il barbiere, uno dei condannati del maxiprocesso, per portare solidarietà a lui e a tutti. Un momento festoso, vissuto a testa alta nonostante risarcimenti ed anni di condanna, come si fa da queste parti.

Nel giorno in cui si è consumata la vendetta di stato, capace di dare a 53 notav più anni di galera degli autori del disastro del Vajont ( ben 130 anni in più), non ci siamo accontentati di stare fermi e in corteo ci siamo diretti verso l’autostrada, attraversando il centro storico di Bussoleno.
A metà strada un ingente numero di carabinieri e poliziotti ci ha sbarrato la strada, ma non hanno fatto i conti con i notav. Mentre una parte del corteo si fronteggiava sulla statale, un’altra parte di notav, dimostrando di conoscere a fondo il proprio territorio, con un abile mossa, è salita in autostrada dai campi vicini alla statale.
Una volta bloccata l’autostrada i notav hanno lanciato dei fuochi artificiali (artifizi pirotecnici micidiali?) e il popolo notav ha esultato sulla statale.
A quel punto le forze dell’ordine si sono accorte della sorpresa e sono intervenute massicciamente, quasi tutti sono riusciti a rientrare al corteo,tranne tre notav, che fermati e portati in questura e probabilmente rilasciati a breve. (agg.00:47 denunciati per: resistenza aggravata, danneggiamento aggravato, interruzione di pubblico servizio e accensioni pericolose)
E anche oggi, nonostante la giornata pesante, andiamo a dormire consapevoli che il cammino sarà ancora lungo ma partiremo e torneremo sempre insieme.

Val Susa, scontri sull’autostrada. Cariche, lacrimogeni e fermi

Val Susa, scontri sull’autostrada. Cariche, lacrimogeni e fermi
gennaio 27 2015

Dopo i 140 anni di condanna comminati dalla magistratura nel maxi processo, relativamente ai fatti dello sgombero de La Libera Repubblica de La Maddalena e degli scontri al cantiere di Chiomonte, il Movimento No Tav ha risposto a quella che ritiene più una vendetta che altro. Immediatamente dopo la lettura della sentenza da parte del giudice Quinto Bosio, gli attivisti No Tav hanno bloccato la tangenziale di Torino all’altezza di corso Regina Margherita, quindi appena fuori dell’aula bunker del carcere de Le Vallette.
Un nuovo appuntamento che i No Tav si sono dati è stato in Val Susa, oggi pomeriggio alle 18, a Bussoleno. Mezz’oretta dopo, il presidio convocato nel piazzale della Stazione si è mosso, dirigendosi verso la Statale, fronteggiato dalle forze di polizia, che sono stati però poco dopo sorpresi da un gruppo del corteo che ha occupato anche l’autostrada Torino-Bardonecchia. Gli spintoni degli agenti in assetto anti-sommossa sulla Statale e i lacrimogeni sparati contro i manifestanti No Tav hanno fatto salire la tensione, che è culminata nello sgombero dell’autostrada da parte della polizia e con il successivo inseguimento dei No Tav in fuga nei boschi.
Dopodichè i manifestanti si sono ritrovati sulla Statale occupata. Quattro persone del Comitato di lotta popolare di Bussoleno sono state fermate durante gli scontri. Per tenetare di liberare le carreggiate, la polizia ha minacciato di far uso degli idranti, che sono stati fatti avanzare.
La mobilitazione No Tav si è conclusa con il ritorno del corteo nel centro di Bussoleno, ripercorrendo in corteo la Statale.

Navalny: 1° marzo protesta di “primavera” a Mosca. “Rivoluzione colorata” in Russia?

mercoledì, 28, gennaio, 2015

Contro la crisi economica incombente su Mosca, ma soprattutto contro Vladimir Putin: il blogger dell’opposizione russa Aleksei Navalny intende organizzare, via Facebook, una manifestazione nella capitale il prossimo primo marzo dal titolo simbolico: “primavera”.

“Dai forza, pacificamente e in maniera tranquilla, torniamo in piazza”, ha scritto il blogger. Intanto il tribunale di Mosca ha respinto un suo ricorso contro gli arresti domiciliari a cui è stato condannato.

http://www.imolaoggi.it/2015/01/28/navalny-1-marzo-protesta-di-primavera-a-mosca-rivoluzione-colorata-in-russia/

il precedente

blogger anti Putin? Uno squallido soldato al soldo del dip di stato usa

Mosca, caos in piazza dopo condanna Navalny

Tre anni e mezzo al blogger anti-Putin

Russia, il blogger Navalny viola gli arresti domiciliari: arrestato il giorno della…

Russia – Usa, Putin: il presidente americano Obama ha un’attitudine ostile verso Mosca .

di Giuseppe D’Amato

Si alza all’improvviso la tensione politica in Russia. Aleksej Navalnyj, oppositore di Vladimir Putin, è stato condannato da un tribunale per truffa. Dopo poche ore migliaia di persone si sono radunate in una piazza centrale di Mosca a protestare. Il famosissimo politico-blogger è stato successivamente fermato dalla polizia in strada, mentre si accingeva a unirsi alla manifestazione, ed è stato ricondotto a casa.

 SENTENZA ANTICIPATA

La lettura del verdetto sul cosiddetto affaire “Yves Rocher” era programmata per il 15 gennaio. Inaspettatamente due giorni fa il giudice ha comunicato di aver «finito prima». Ieri i fratelli Navalnyj sono stati condannati a 3 anni e mezzo per frode. Oleg li trascorrerà in carcere, mentre Aleksej avrà la libertà vigilata. Il blogger è agli arresti domiciliari dal febbraio scorso, poiché sta già scontando una sentenza “sospesa” di 5 anni per “appropriazione indebita” ai danni di una società di legname. Secondo le opposizioni questi processi con le relative condanne sono motivati “politicamente”.

In un’intervista per il popolarissimo quotidiano moscovita “Mk” il noto avvocato Vadim Prokhorov classifica la vicenda “Navalnyj” come una «barzelletta». Secondo il giurista si fa fatica a trovare due sentenze del genere in Russia e serve «consultare le statistiche». Stando ad alcuni commentatori il «potere» non ha voluto incarcerare il blogger, poiché teme la reazione della piazza. Adesso lo mette definitivamente fuori gioco per le prossime consultazioni elettorali.

Nel settembre 2013, alle municipale capitoline Aleksej Navalnyj arrivò secondo, dietro al candidato del Cremlino, con un sorprendente 27% di voti. L’anticipo del verdetto è stato forse dettato dalla paura per quanto potrebbe avvenire a gennaio, dopo la fine delle feste, all’apertura dei mercati finanziari. La morsa della crisi economica si fa sentire e crea incertezza tra la popolazione. «La libertà vigilata – ha commentato il 38enne blogger a Radio Eco di Mosca – non è nulla in confronto a quanto succede nel nostro Paese. Non me ne andrò da solo di qui. Da pochi, prima o poi saremo in milioni».

Aleksej Navalnyj, che in passato ha organizzato nella capitale le principali manifestazioni anti-Putin, ritiene che il carcere per il fratello sia un modo per «fare pressioni su di me». Il Cremlino non ha voluto commentare il caso. Critiche, invece, piovono da Stati Uniti ed Unione europea. Il Dipartimento di Stato Usa definisce la sentenza «disegnata per punire ulteriormente e scoraggiare l’attivismo politico». Della stessa opinione Bruxelles, che giudica «non dimostrate le accuse». Un portavoce dell’alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Federica Mogherini, ha sottolineatoo che le decisioni dei tribunali «devono essere indipendenti e libere da interferenze politiche». Per Berlino questo è un «colpo alla società civile».

LA REAZIONE

La reazione dei sostenitori di Navalnyj non si è fatta attendere. In fretta e furia, grazie ai social network, è stata organizzata una manifestazione nella centralissima piazza del Maneggio, proprio sotto al Cremlino. Appuntamento: ore 19. Sono arrivati in circa duemila nonostante il centro fosse stato blindato con alcune fermate delle metropolitana bloccate e i meno 10 gradi di temperatura. «La vostra azione è illegale – ha urlato incessantemente un poliziotto al megafono -. Non è stata concordata! Si chiede, per favore, di andar via. Evitate di rispondere a provocazioni». Alcuni tafferugli sono infatti scoppiati con un gruppo di anti-Navalnyj. Un centinaio di presenti sono stati fermati dalla polizia per l’identificazione. Una giovane donna è stata trascinata via dagli agenti mentre cantava una canzone contro Putin, molto popolare durante le proteste per la democrazia a Kiev.Il blogger nel frattempo era stato riportato dagli agenti a casa.

Mercoledì 31 Dicembre 2014, 05:53 – Ultimo aggiornamento: 1 Gennaio, 23:14

http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/ESTERI/mosca_caos_condanna_aleksej_navalny/notizie/1094471.shtml

Russia. Mosca, protesta pro Navalny. Opposizione promette: è solo inizio

30 dicembre 2014

Mosca, 30 dic. (askanews) – L’opposizione russa promette: “E’ solo l’inizio”, ma nella Mosca intorpidita dal freddo (oggi -14 gradi), la protesta a sostegno del blogger Aleksey Navalny e di suo fratello Oleg, non è riuscita neppure a raggiungere la meta: la Piazza del Maneggio è stata ampiamente cordonata dalla polizia russa, in una capitale mai tanto presidiata e blindata nell’era Putin. Agenti ovunque. Non soltanto attorno alla zona “calda”, ossia quella chiusa che andava da Piazza della Rivoluzione sino a ben oltre il Maneggio e al Cremlino. Forze speciali, soldati in assetto anti sommossa e persino i cosacchi, erano dappertutto: nelle stazioni della metropolitana, nei sottopassi, sulle scale e lungo i marciapiedi. Molti i fermi: un centinaio secondo il ministero degli Interni russo, 245 secondo alcune fonti dell’opposizione, che parlano di 17 pulmini delle forze dell’ordine riempiti di attivisti.

L’appuntamento era non solo per protestare contro la condanna al blogger nel caso Yves Rocher, ma soprattutto contro la pena ben più dura comminata nello stesso processo al fratello Oleg, considerata un vero e proprio ricatto politico: tre anni e sei mesi di carcere, a fronte dei tre anni con sospensione condizionale per il leader dell’opposizione. “La protesta di oggi al Maneggio è diventata ancora più significativa” diceva Mikhail Khodorkovsky in un tweet. E l’ex miliardario e nemico di Putin, uscito da un anno dal carcere poichè graziato dallo stesso leader del Cremlino, aggiungeva: “Il nome non è importante, un tale sistema non può esistere!” Ed è chiaro che la volontà di chi protestava, era quella di trasformare la piazza del Maneggio in una nuova Maidan, la spianata nel centro di Kiev diventata simbolo delle “rivoluzioni colorate” nell’ex Urss.

Ma il messaggio dato, dal potere centrale, attraverso la straordinaria presenza delle forze dell’ordine andava proprio in senso inverso: a Mosca nessuna Maidan c’è mai stata e ci sarà. “Sono qua per assistere la polizia contro i tirapiedi degli americani”, ha detto un cosacco secondo quanto riporta Ilya Ponomarev, esponente dell’opposizione sul suo Facebook. Intanto le persone affluite a sostegno dei fratelli Navalny scandivano: “Libertà per i prigionieri politici!” E rivolgendosi ai cosacchi urlavano: “Pagliacci!”

L’affluenza per la verità non è stata straordinaria, secondo quanto ha potuto constatare askanews sul posto. Secondo la polizia si parla di 1500 persone che volevano manifestare in centro. A tutto questo si aggiungeva un clima gelido e surreale tra piazza della Rivoluzione e Piazza del Maneggio, quest’ultima deserta e isolata. La folla non poteva raggiungerla e si era assiepata dietro le grate, vicino al museo archeologico, mentre una voce al megafono, evidentemente di un poliziotto continua a ripetere: “Gentili cittadini, non infrangete la legge. Le vostre azioni sono illegali. Non infrangete l’ordine pubblico. Non piegatevi alle provocazioni. Scorrete verso la metropolitana piazza della Rivoluzione, il passaggio di lì è libero”. Un altro poliziotto con un altro megafono, nel sottopasso della metropolitana invitava i moscoviti ad “andare a casa: lì c’è un bel calduccio”.

Anche lo stesso Navalny è stato riaccompagnato a casa sua, dove si trova agli arresti domiciliari, dopo la condanna per un altro processo, l’affare Kirovles. Lui, figura carismatica del fronte anti Putin, oggi voleva scendere in piazza e vi era quasi arrivato, finchè la polizia non l’ha fermato vicino al Ritz Carlton e non lo ha riportato indietro. In un giorno certo non fausto per la sua famiglia, con la condanna che ha portato il fratello Oleg dietro le sbarre. E il fatto che nonostante i divieti, Aleksey Navalny, abbia cercato di arrivare in metro al Maneggio, fa capire quanto complesso sia il momento per lui.

Dalla parte di Navalny c’è evidentemente gran parte del fronte occidentale, per il quale il 2014 e la crisi ucraina sono state il tempo e il luogo per entrare in piena rotta con Vladimir Putin. La condanna del leader dell’opposizione russa “è uno sviluppo inquietante” e gli Stati uniti sono “turbati dal verdetto”, ha affermato il portavoce del dipartimento di Stato, Jeffrey Rathke. Mentre da Bruxelles, esponenti dell’Ue parlano di “motivazione politica della condanna”.

Questa è una notizia dell’agenzia TMNews.

http://archivio.internazionale.it/news/russia/2014/12/30/mosca-protesta-pro-navalny-opposizione-promette-e-solo-inizio

CHI E’ NAVALNY

Secondo il Guardian, la difesa “ha cercato di chiamare 13 testimoni, tra cui il leader dell’opposizione Alexey Navalny.” Navalny, naturalmente, è un vecchio agente che riceve sostegno politico e finanziario dall’occidente, nel tentativo di minare il governo della Russia e riportarla ai tempi in cui Wall Street e Londra la saccheggiavano senza ostacoli, come è successo negli anni ’90.
Alexey Navalny è stato Yale World Fellow, e nel suo profilo si legge: “Navalny è la punta di diamante delle sfide legali per conto dei soci di minoranza nelle grandi società russe, tra cui Gazprom, VTB Bank, Sberbank, Rosneft, Transneft e Surgutneftegaz, attraverso l’Unione degli azionisti di minoranza. Ha costretto con successo le imprese a fornire informazioni ai propri azionisti e ha citato in giudizio singoli manager di diverse grandi aziende, per presunte pratiche di corruzione. Navalny è anche co-fondatore del movimento democratico alternativo ed è stato vice-presidente della sezione moscovita del partito politico Jabloko. Nel 2010, ha lanciato RosPil, un progetto sovvenzionato con una raccolta di fondi pubblici senza precedenti, in Russia. Nel 2011, ha avviato RosYama, che combatte le frodi nel settore delle costruzioni stradali.”
Alternativa democratica, anche scritta DA!, è invece destinataria dei fondi del National Endowment for Democracy, il che significa che Alexey Navalny è un agente della sedizione finanziata dagli USA. E nonostante posi da campione della “trasparenza”, Navalny nasconde volontariamente tutto questo ai suoi seguaci. Lo stesso Dipartimento di Stato USA lo indica come operativo dei “movimenti giovanili” in Russia: “DA!: Marija Gajdar, figlia dell’ex primo ministro Egor Gajdar, guida DA! (Alternativa Democratica) Lei è un’ardente promotrice della democrazia, ma realista, per gli ostacoli che incontra. Gajdar ha detto che DA! è focalizzata sull’attività non-partigiana volta a sensibilizzare il mondo politico. Ha ricevuto finanziamenti dal National Endowment for Democracy, un fatto che non pubblicizza per timore di apparire compromessa con una connessione statunitense”.
Navalny è coinvolto direttamente nella fondazione del movimento finanziato dal governo degli Stati Uniti, e ad oggi sono le stesse persone che finanziano DA! che lo difendono su tutti i media occidentali. La menzione della co-fondatrice Marija Gajdar rivela anche come lei abbia collaborato a lungo e, occasionalmente, sia stata arrestata con Ilija Jashin, un altro leader di un gruppo “attivista” d’opposizione russo finanziato dal NED

CONTINUA SU https://altrenotiziedalweb.wordpress.com/tag/vladimir-putin/

FRANCIA, ROM ESPULSI E RIMPATRIATI: “SONO TROPPO DIVERSI E RUBANO”

Meno male che non governa la Le Pen, ci sarebbero già rivolte di piazza

 La Francia contro i Rom

PARIGI – La Francia dice ‘Stop’ ai campi nomadi sul proprio territorio nazionale: l’annuncio viene direttamente dal ministro dell’Interno francesce Manuel Valls.

 ”Gli accampamenti illegali in Francia verranno smantellati e gli zingari romeni e bulgari verranno espulsi nei loro paesi d’origine. Hanno la vocazione di tornare in Romania o in Bulgaria”, commenta il ministro durante un’intervista alla radio francese ‘France Inter’ -Queste popolazioni hanno uno stile di vita estremamente diverso dal nostro: l’unica soluzione è la loro espulsione.

 Il Ministro Valls ha ordinato, nel mese scorso, lo smantellamento del campo nomadi di Lille, nella Francia del nord: si trattava di uno dei più grandi campi nomadi illegali di Francia.

http://www.leggo.it/NEWS/ESTERI/francia_rom_espulsi_e_rimpatriati_quot_sono_troppo_diversi_e_rubano_quot/notizie/330826.shtml

81enne vive senza acqua, luce e gas: “Nemmeno in guerra ho sofferto tanto”

Qualcuno si è indignato per questo trattamento? A lei il Comune non le paga le bollette, perché?

lunedì, 26, gennaio, 2015

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Un’anziana signora di Marghera chiede aiuto. Rita ha 81 anni, e per colpa della crisi la sua vita è “peggio che ai tempi della guerra, non ho mai sofferto così”. L’appartamento in cui vive versa in pessime condizioni. Il gas è staccato da cinque mesi. L’elettricità permette solo di accendere due lampadine, altro che stufe. E dai rubinetti esce solo qualche goccia d’acqua. Come se non bastasse tutto questo, Rita è stata colpita alcuni anni fa da un ictus, e vivere in un ambiente del genere per lei può essere molto pericoloso.

“Cinque mesi fa – racconta la donna – mi hanno staccato il gas perché non sono riuscita a pagare una bolletta di 1500 euro. Non è ammesso che una donna alla mia età debba vivere in queste condizioni”. L’anziana ha scritto una lettera al Gazzettino per raccontare la sua situazione. “La realtà, entrando nel suo appartamento, supera ogni immaginazione” scrive il quotidiano.

Scatoloni ingombrano il corridoio: «Li ho preparati cinque anni fa quando sembrava confermato il trasferimento in un altro appartamento. Poi – ricorda – non se ne è fatto nulla e sono rimasti lì». Lo scarico dei lavandini di casa non funziona più. Solo uno nel bagno scorre a malapena, in cui neppure il water riesce a svolgere la sua funzione.

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http://www.imolaoggi.it/2015/01/26/81enne-vive-senza-acqua-luce-e-gas-nemmeno-in-guerra-ho-sofferto-tanto/

Roma: Sfratto esecutivo per anziana 80enne, “Io, vittima del governo Renzi”

Proteste? Sit-in di solidarietà? Gli indigenti italiani non sono un business da difendere

27 gennaio 2015

Il 29 gennaio busserà alla porta di Anna Badatin l’ufficiale giudiziario. Non è la prima volta, la donna ha 80 anni e già da tempo il proprietario di casa sta provando a mandarla via nonostante paghi ogni mese con grande puntualità l’affitto, i canoni accessori e tutti i conguagli richiesti. Finora il governo aveva prorogato il blocco degli sfratti e offerto una possibilità a chi era in difficoltà. Quest’anno il governo ha scelto di cambiare verso e dire addio alle proroghe. “Il ministro Lupi non vuole, e noi che fine faremo?”, si chiede la signora. Il ministro ha spiegato di aver stanziato fondi e di voler risolvere il problema in modo diverso ma quando il 29 gennaio l’ufficiale giudiziario busserà alla porta che cosa gli dirà la signora Betadin? Che il governo ha promesso una cifra che sembra sostanziosa ma in realtà è la somma degli stanziamenti fino al 2020? E che cosa gli dirà il signore del piano di sopra che si trova nella stessa situazione e con un tumore da curare e anche un giorno di tranquillità in meno perché da lui l’ufficiale arriverà già domani?

Siamo a via Giolitti in quelle che un tempo erano le case dei ferrovieri. In cambio della loro piena disponibilità, e quindi della possibilità di chiamarli a qualsiasi ora della notte oltre al normale lavoro durante il giorno, gli operai ottenevano un appartamento a due passi dalla stazione. In caso di incidenti o guasti, in cinque minuti erano sul posto, pronti ad intervenire. Nulla di lussuoso. Visto dall’esterno il palazzo sembra un blocco di marmo circondato dai binari: quelli del tram lungo la strada e quelli dei treni sul lato opposto. Il marmo è lo stesso della stazione Termini perché della stazione l’edificio è sempre stato il prolungamento naturale.

Il marito della signora Anna, Ubaldo Urbani, aveva ottenuto uno dei 12 appartamenti del palazzone. Era uno dei più piccoli, al piano terra, 80 metri quadrati circa, una cucina e due stanze con vista sulla mensa delle ferrovie e unite sul lato opposto da un lungo corridoio buio. Quello che basta per crescere tre figli e vivere in modo dignitoso a chi, per anni, è stato costretto a correre nel cuore della notte, prima come operaio poi come verificatore.

All’inizio degli anni Novanta arriva il momento di andare in pensione. Purtroppo due anni dopo una malattia si porta via Ubaldo, la signora Anna rimane da sola con la pensione di reversibilità del marito nella piccola casa dal corridoio buio e la vista sulla mensa dei ferrovieri.

Un giorno arriva una lettera. Il proprietario del palazzo fa capire che c’è una possibilità di acquistare ma promette di lasciare comunque gli inquilini in affitto nell’appartamento, a patto che paghino e abbiano un reddito inferiore a 58 milioni di euro l’anno. “E chi li aveva! Magari avessimo avuto una cifra simile, saremmo andati a vivere altrove. E, quindi, non ci siamo preoccupati” racconta la signora Anna. Nel frattempo, però, le Ferrovie sono state spezzettate, gli immobili sono diventati di proprietà della società Metropolis poi passeranno a Grandi Stazioni, una Spa controllata al 60% da Ferrovie dello Stato e al 40% dalla società Eurostazioni Spa, di cui fanno parte Edizione Srl (Gruppo Benetton), Vianini Lavori Spa (Gruppo Caltagirone), Pirelli & C. Spa (Gruppo Pirelli) e Sncf Partecipations S.A. (Société Nationale des Chemins de Fer).

Non è solo una questione di nomi, per gli inquilini del palazzo cambia tutto. Siamo nel nuovo Millennio, la signora Anna ha settant’anni e un’invalidità all’80%: non le toglie la possibilità di camminare ma gli acciacchi si sentono. I figli sono lontani, ognuno di loro ha la sua famiglia. Nel 2006 scade anche l’ultimo contratto stipulato con Metropolis. La signora Anna e Marino Riva, l’inquilino del piano di sopra, mandano lettere su lettere per chiedere il rinnovo, nessuna risposta. La signora Anna inizia a preoccuparsi: senza contratto non ha più alcuna protezione. Fa domanda per un alloggio popolare, le assegnano un punteggio abbastanza alto: invalida, vedova e con un reddito non alto come potrebbe essere diversamente? Se il Comune di Roma assegnasse delle case popolari potrebbe anche ottenerne una. Ma in Campidoglio nulla si muove.

La signora Anna è costretta a rimanere dov’è. Se potesse lascerebbe quest’appartamento dove la vita diventa ogni giorno più difficile. In bagno e in quella che un tempo era la stanza dei figli sono pure scoppiati i tubi del riscaldamento, la casa si è mezza allagata e nessuno è venuto ad aggiustarli. Ma di affitto paga 96 euro, più altri 116 di oneri accessori. Se si sommano anche i conguagli, le spese di gas, luce, telefono, riscaldamento e nettezza urbana ogni mese vanno via almeno 400 euro. Ne entrano poco meno di mille grazie alla pensione del marito, vuol dire rimanere con 500 euro per vivere. “Va bene così ma non ho i soldi per andare ad affittare un’altro appartamento con i prezzi che ci sono a Roma”, spiega. Invia altre lettere per proporre un aumento di affitto, vorrebbe pagare anche il doppio, ma nessuno risponde. E’ un dialogo fra sordi. Grandi Stazioni non ha alcuna intenzione di lasciare lei e l’altro ex-ferroviere dentro quelle case, e non importa se anche Marino Riva ha un’invalidità all’80% e ora un tumore accertato per cui sta iniziando a curarsi. A poco a poco è riuscito a mandare via la gran parte dei vecchi inquilini dal palazzone di marmo, per riempirlo di uffici e di affitti che nemmeno l’intera pensione della signora Anna basterebbe per pagare.

Nel 2008 arriva il primo ordine di sfratto, nel 2011 la sentenza che rende lo sfratto esecutivo. Da quel momento a salvare la signora Anna e Marino Riva sono solo il governo e la proroga del blocco agli sfratti per persone in condizioni di particolare bisogno come loro. Quest’anno la proroga non è stata riconfermata, il governo ha annunciato misure di sostegno ma quando la settimana prossima l’ufficiale giudiziario busserà alla porta la signora Anna che cosa gli dirà per evitare di finire sotto un ponte? ‘Gli dirò che il governo ha promesso un sostegno – mormora fa sé la signora Anna – ma finirà che prima o poi ci manderanno via come bestie’.

 Fonte lastampa

http://www.crisitaly.org/notizie/roma-sfratto-esecutivo-per-anziana-80enne-io-vittima-del-governo-renzi/

Schengen addio, l’Italia ripristina i controlli alle frontiere sugli extracomunitari

Il PD ha ordinato di non far uscire i clandestini………..sarebbe un danno per il suo business !!!! Quello che rende più della droga per intenders

Scritto da Redazione Infiltrato.it |

Pubblicato Lunedì, 26 Gennaio 2015 15:40

 Nonostante le rassicurazioni dopo la strage di Charlie Hebdo, il Ministro dell’Interno Angelino Alfano ha preso una decisione drastica: ripristinare i controlli alle frontiere sugli extracomunitari. Ecco tutti i dettagli.

Sul trattato di Schengen e la chiusura o meno delle frontiere lo scontro politico era stato durissimo. Dopo la strage di Charlie Hebdo c’era chi ne chiedeva a gran voce la sospensione – su tutti la Lega di Salvini e il Front National di Le Pen – e chi, invece, difendeva questo diritto acquisito.

Angelino Alfano, Ministro dell’Interno italiano, era tra questi ultimi ma evidentemente deve aver cambiato idea. O, più probabilmente, l’allerta terrorismo ha influito sulla sua decisione.

Come ha riportato Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, “l’Italia ripristina i controlli alle frontiere e chiede la lista passeggeri dei voli che arrivano da tratte a rischio. Mentre scattano accertamenti su una quarantina di stranieri ritenuti «sospetti» – residenti nel Lazio, in Lombardia e in Campania – per valutare nuove espulsioni, il prefetto Alessandro Pansa potenzia l’attività della polizia di frontiera per realizzare «la piena efficacia dei dispositivi e delle misure»”.

Nella circolare trasmessa dal Dipartimento dell’Immigrazione del Viminale vengono sottolineate le “recenti segnalazioni concernenti un incremento dell’utilizzo fraudolento di documenti e titoli di viaggio sottratti in bianco e le diversificate procedure di falsificazione degli stessi”.

La preoccupazione che i terroristi arrivino in Italia è altissima e le minacce dell’Isis hanno fatto il resto. Se ci aggiungete le informative allarmanti dei servizi segreti è facile comprendere il passo indietro di Alfano.

Non si tratta di una sospensione piena del trattato di Schengen ma la realtà dei fatti prevede che “ad essere controllati ai confini potranno essere non solo i cittadini extracomunitari ma tutti coloro che sono ritenuti potenzialmente pericolosi per la sicurezza nazionale”.

La nuova strategia anti-terrorismo del Viminale mette in campo anche “il sistematico accesso alle banche dati per migliorare il processo di gestione dei rischi e contrastare adeguatamente l’immigrazione irregolare e il terrorismo internazionale» soprattutto potenziando «l’utilizzo del sistema Bcs per l’acquisizione anticipata delle liste dei vettori provenienti da tratte a rischio”.

Il 14 gennaio scorso Alfano ha parlato chiaro anche in tema di Pnr, il cosiddetto Passenger Name Record: “Per limitare il rischio terrorismo in Europa voglio portare avanti l’idea di una registrazione del nome dei passeggeri: quelli che attraversano i confini di Schengen devono essere registrati, noi abbiamo il diritto e il dovere di registrare i passeggeri in entrata. Rivolgo quindi un appello al Parlamento europeo approvi la direttiva sul ‘Passenger Name Record’ che – ha spiegato Alfano – imporrebbe alle compagnie aeree di registrare e lasciare per un po’ di tempo registrati i nomi dei passeggeri che attraversano la frontiera di Schengen. Difendere quella frontiera significa difendere la nostra liberta.”

Il limite tra privacy – quindi libertà personale – e sicurezza diventa sempre più labile fino a scomparire: in nome della sicurezza, di stato e dei cittadini, si potrà fare tutto o quasi.

Ecco perchè, a questo proposito, Alfano ritiene che il punto di equilibrio tra privacy e sicurezza deve variare a seconda dei momenti storici che si attraversano. In questo momento occorre un nuovo punto di equilibrio e si potrebbe trattare, per esempio, sul numero di anni per la conservazione dei dati”.

In queste ore, come spiegato dalla Sarzanini sul Corriere,i poliziotti dell’Antiterrorismo e i carabinieri del Ros continuano il monitoraggio di quegli stranieri nei confronti dei quali non ci sono elementi per un provvedimento giudiziario ma si deve valutare l’opportunità di farli rimanere in Italia. Sono 43 le persone controllate ieri perché finite «sotto osservazione» per aver inneggiato alla jihad su internet oppure nei luoghi di incontro, visionato siti web ritenuti pericolosi, programmato viaggi verso il Medio Oriente. Nei prossimi giorni sarà il capo della polizia Pansa, d’accordo con il ministro Alfano, a valutare se tra loro ci sia chi deve essere espulso”.

In passato, e anche oggi, sono stati diversi i paesi che hanno sospeso – temporaneamente o per sempre – il trattato di Schengen.

L’Italia lo ha fatto in occasione del G8 a L’Aquila e qualcuno propone di farlo anche per l’Expo 2015; l’Austria, appena pochi mesi fa, valutava seriamente la sospensione del trattato; la Francia ha chiuso le frontiere nel 2005, dopo gli attentati di Londra; la Danimarca, invece, è stato il paese più drastico in materia, con una sospensione netta del trattato.

Voi cosa ne pensate? Quale esempio dovrebbe seguire l’Italia?

“NON PUNITE LA DANIMARCA PERCHÈ HA CHIUSO LE FRONTIERE” – GUARDA IL VIDEO

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