Napoli: Famiglia con bimbo malato vive nell’ex biglietteria, rischia lo sfratto

stesso discorso per le altre famiglie, un di Oristano, l’altra di Grosseto e tante altre in Italia di cui i giornali sussidiati dal regime non parlano. L’italia ha dei doveri solo verso i profughi.

 22 gennaio 2015

La famiglia del dodicenne Maurizio Mennella, affetto dalla nascita dalla sindrome di Ondine – rischia in qualsiasi momento di morire nel sonno – dopo cinque anni trascorsi in un’abitazione concessa gratuitamente nella stazione di via Del Monte, l’Ente autonomo Volturno, rischia lo sfratto.

 Il dodicenne fu protagonista anni fa di una gara di solidarietà che culminò nell’affidamento alla famiglia del giovanissimo di un’abitazione nell’ex stazione di Torre del Greco, ma ora pare che l’Eav voglia sfrattare Maurizio. Il bambino, per sopravvivere, è costretto ad essere sempre allacciato quando dorme a un grosso macchinario che supporta il respiro durante il sonno.

 Ora però l’Ente Autonomo Volturno chiede alla famiglia di Maurizio il canone di locazione. Lo sfratto sarebbe dovuto arrivare già il 15 gennaio, ma il provvedimento è stato differito in attesa di una soluzione alternativa che potrebbe emergere dall’incontro di mediazione con gli assistenti sociali, l’Eav e la famiglia del ragazzo, previsto per la settimana prossima.(…)

 Leggi tutto su napolitoday

http://www.crisitaly.org/notizie/napoli-famiglia-con-bimbo-malato-vive-nellex-biglietteria-rischia-lo-sfratto/

Martignacco: Spav, sequestro e quasi fallimento, 78 lavoratori a rischio licenziamento

tanto ci sono le proverbiali leggi dello stato e riforme varie a tutelarli no?

L’importane non erogare il reddito di cittadinanza a tutti. Se lo impone la società civile depositaria dell’eguaglianza e così sia.

 22 gennaio 2015

Il destino produttivo e occupazionale della “Spav” di Martignacco è appeso a un filo. Le prospettive di salvezza date alla società lo scorso 24 dicembre, con la decisione del tribunale civile di Udine di ammetterla alla procedura di concordato preventivo, sono state prontamente disattese dall’ordinanza con la quale il gip dello stesso tribunale udinese, in quelle medesime ore e accogliendo un’istanza della Procura, ha disposto il sequestro preventivo a carico della Spav e del suo legale rappresentante, Roberto Turello, di beni per un valore equivalente all’Iva non versata nel 2012. Ossia, per un ammontare pari a 684.250 euro.

 E questo è bastato a mandare all’aria l’operazione, visto che il blocco del denaro ha di fatto impedito all’azienda di depositare i 200 mila euro di anticipo indicati dal collegio per le spese della procedura. Risultato: la fissazione di una nuova udienza, questa volta per discutere la revoca dell’ammissione al concordato.

 Il dado sarà tratto domani, davanti al collegio presieduto dal giudice Alessandra Bottan e formato dai colleghi Lorenzo Massarelli e Andrea Zuliani. Diametralmente opposte le soluzioni sul tappeto. Quella più cupa dello stop alla procedura concordataria condurrebbe dritti alla dichiarazione di fallimento. Sulla Spav, da luglio, pende l’istanza di fallimento avanzata dal procuratore facente funzioni, Raffaele Tito, e che solo il via libera dato al concordato aveva “congelato”. In settembre, un’ulteriore domanda era stata presentata da un fornitore.

 Esiste però anche una via di scampo. Se è vero che il mancato deposito in cancelleria della somma per le spese della procedura – stabilito in 400 mila euro, di cui la metà di immediata consegna – comporta la revoca dell’ammissione, la Spav spera comunque di recuperare fiducia in extremis, depositando domani stesso i 200 mila euro richiesti. Nei giorni scorsi, infatti, l’azienda è riuscita a ottenere un finanziamento da terzi e, nonostante il termine del 7 gennaio per il deposito sia ampiamente scaduto, chiederà al tribunale di essere comunque considerata adempiente. Ai giudici sarà inoltre sottoposta una sentenza fresca di Cassazione – è stata pronunciata il 16 gennaio scorso -, in base alla quale i beni non possono essere sequestrati alla società, ma soltanto alla persona sottoposta a indagine.(…)

 Leggi tutto su messaggeroveneto

http://www.crisitaly.org/notizie/martignacco-spav-sequestro-e-quasi-fallimento-78-lavoratori-a-rischio-licenziamento/

Cuneo: Edilizia, cassa integrazione per 100 operai di 3 tra le maggiori ditte della provincia

Della crisi non si deve parlare, quando lo diceva lo psiconano, la parte sana del paese si incazzava, ora che si succedono in tre governi non eletti, la crisi è un’invenzione anche per loro. Tanto più se rigurada le aziende del Nord, il nord è ricco ed evasore questa è l’immagine affibbiata dai bravi giornali sussidiati dal regime i e così deve rimanere in eterno

22 gennaio 2015

Cassa integrazione straordinaria per cento lavoratori del settore edile della provincia di Cuneo. Il provvedimento riguarda operai di tre tra le più grandi ditte del settore a livello provinciale, dipendenti delle aziende Fantino Costruzioni di Cuneo (52 lavoratori), Ferrero Attilio di Ceva (33 lavoratori) e Edilcebana di Lequio Tanaro (15 lavoratori). I protocolli d’intesa sono stati firmati dopo un’intesa tra la Provincia di Cuneo, Inps, i Comuni coinvolti, Banca Regionale Europea, Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e le organizzazioni sindacali. Per i dipendenti dell’azienda Fantino Costruzioni di Cuneo il provvedimento coinvolge, oltre alla Provincia, il Comune di Cuneo e la Fondazione Crc che insieme si suddividono gli oneri economici della procedura. Stessa procedura per la Ferrero Attilio di Ceva, in cui è coinvolto il Comune di Ceva, e la Edilcebana, con il Comune di Lequio Tanaro.

Fonte Ansa

http://www.crisitaly.org/notizie/cuneo-edilizia-cassa-integrazione-per-100-operai-di-3-tra-le-maggiori-ditte-della-provincia/

Oristano: Famiglia sotto sfratto minaccia di darsi fuoco in Sardegna

aiutare una famiglia italiana indigente sarebbe razzismo. E pure omofobia se tale coppia è etero. Silenzio sulla vicenda da tg e giornalacci, quelli abilitati a stabilire cosa è scandaloso cosa no.

 22 gennaio 2015

I componenti di una famiglia, padre, madre e un figlio, si sono asserragliati in una soffitta e minacciano di darsi fuoco per evitare lo sfratto forzoso dalla casa e dall’azienda, ad Arborea (Oristano), che è stata venduta all’asta e che devono consegnare al nuovo acquirente. Il capofamiglia Giovanni Spanu, di 76 anni, la moglie, e il figlio, non intendono andar via e si sono cosparsi di benzina, lo ha riferito una figlia che segue con angoscia dall’esterno quanto sta accadendo nell’abitazione. È scattato, infatti, nella tarda mattinata il blitz delle forze dell’ordine, un centinaio di uomini in assetto antisommossa, impegnati a attuare lo sfratto della famiglia Spanu, disposto dal Tribunale, dalla casa e dall’azienda vicino alla strada consortile sulla 22 ovest di Arborea. Già ieri Spanu avevano annunciato di non avere alcuna intenzione di lasciarsi portare via la loro casa e la loro azienda. «Vivi da qui non ce ne andiamo» avevano ribadito ai funzionari della Questura che, anche questa mattina, hanno tentato di convincerli ad accettare, assieme al resto della famiglia, il trasferimento nei bungalow del villaggio turistico ex Alabirdi, a pochi chilometri di distanza. L’intervento delle forze dell’ordine deve consentire a un imprenditore cagliaritano, che ha acquistato l’azienda all’asta giudiziaria, di prenderne possesso.Fonte Ansa

http://www.crisitaly.org/notizie/oristano-famiglia-sotto-sfratto-minaccia-di-darsi-fuoco-in-sardegna/

Pompei: Gestione cimitero, ex sindaco D’Alessio del Pd arrestato, ai domiciliari

ssshhh è un’inchiesta che coinvolge il PD, zitti, si sa che i moralmente superiori, in nome della loro strana eguaglianza, a parità di reato nessuna protesta, nessun tg ne deve parlare….

22 gennaio 2015

L’ex sindaco di Pompei (Napoli), Claudio D’Alessio è stato posto agli arresti domiciliari nell’ambito dell’indagine sulla gestione del locale cimitero. Oggi gli agenti del commissariato, guidati dal vice questore Maria Rosaria Romano, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Torre Annunziata (Napoli) che ha portato due persone in carcere, cinque ai domiciliari e disposto due divieti di dimora. Ai domiciliari, oltre che D’Alessio, anche un attuale consigliere comunale, Attilio Malafronte, esponente dell’opposizione. Coinvolti nell’indagine Pasquale Cesarano, ex dipendente comunale, ora in pensione, e Carmine Casciano, dipendente comunale, ex direttore del cimitero di Pompei: i due sono stati condotti in carcere. L’inchiesta è relativa a fatti accaduti tra il 2011 e l’inizio del 2014. La società ‘Mircà, che ha gestito il cimitero fino alla revoca del contratto decisa qualche giorno fa dalla giunta del nuovo sindaco Nando Uliano, è coinvolta – secondo l’ipotesi formulata – per un paio di episodi ma l’inchiesta era partita già precedentemente all’affidamento della gestione dei servizi del cimitero ai privati. Le denunce dei cittadini erano state determinanti nell’innescare l’indagine che ha portato alle misure cautelari eseguite oggi.

Fonte Ansa

http://www.crisitaly.org/notizie/pompei-gestione-cimitero-ex-sindaco-dalessio-del-pd-arrestato-ai-domiciliari/

Besana in Brianza: Riceve lettera licenziamento, donna 51enne si suicida gettandosi sotto un treno

la donna se non è vittima del marito non deve essere tutelata. I tiggi ne parlano di questa donna che insieme a tanti altri uomini viene assassinata dallo stato perché non  è in grado di garantir un reddito di cittadinanza? Le famose tutele proteggi tutti di cui banfano Renzi e Fornero dove sono?

21 gennaio 2015

Si è gettata sotto un treno in transito all’alba di martedì nel tratto tra Dervio e Bellano.

 Ha scelto di morire così la 51enne di Besana Brianza ritrovata senza vita sui binari dopo la tragedia avvenuta intorno alle 5.30. All’origine del gesto la disperazione per aver perso il lavoro.

 La donna, dipendente di un’azienda di Costa Masnaga, aveva appena ricevuto la lettera di licenziamento dal suo posto di lavoro e la delusione, unita all’ansia di non riuscire più a far fronte alle esigenze quotidiane senza una prospettiva lavorativa l’hanno portata al gesto estremo.

Fonte monzatoday

http://www.crisitaly.org/notizie/besana-in-brianza-riceve-lettera-licenziamento-donna-51enne-si-suicida-gettandosi-sotto-un-treno/

Firenze: Staccano il gas a 85enne perchè morosa, l’anziana donna colpita da emorragia cerebrale

questa ottantenne deve essere aiutata? Mica è una profuga, potrebbe provare  trasferirsi in un campo nomadi, le bollette là sono offerte dal Comune, o meglio, dagli altri contribuenti italiani che il Comune generosamente depreda per  redistribuire agli indigenti, purché non autocnoni

 21 gennaio 2015

“Guardi, signora, che possono venire i carabinieri se non pagate”, le hanno detto gli addetti del gas. Poi le hanno chiesto di esaminare il contatore e senza avvertirla hanno staccato il gas. Quando l’anziana pensionata se ne è accorta ha avuto un malore ed è finita all’ospedale. Emorragia cerebrale. Dopo gli accertamenti al pronto soccorso è stata ricoverata in terapia intensiva a Santa Maria Nuova.

 Non si trattano così le persone anziane, anche se indietro con i pagamenti, si indigna l’avvocato Guglielmo Mossuto, che preannuncia un esposto alla magistratura: «Se un utente è moroso si avviano le procedure per farlo pagare. Ma non puoi minacciarlo e non puoi staccargli il gas con l’inganno», protesta. Ieri mattina l’anziana pensionata, 85 anni, era sola in casa, in un appartamento nel quartiere delle Cure, quando sono arrivati due addetti di Eni Gas. «Guardi che la mia mamma non apre a nessuno», racconta la figlia: «Le ho fatto una testa così sui malintenzionati che truffano e derubano le persone anziane. Lei è molto prudente. Ma mi ha detto che credeva di conoscere uno dei due e purtroppo ha aperto». «Lei ha delle bollette arretrate da pagare», le hanno detto. «Non so niente — ha risposto la pensionata — se ne interessa mia figlia. Aspettate che torni».

«C’ho le mie colpe anch’io», scuote la testa sconsolata la figlia: «C’avevo quasi 9.000 euro di gas da pagare e a lei non avevo detto niente. L’avevo tenuta all’oscuro. Volevo preservarla. Ho tanti problemi, sono senza lavoro. Capisco che quelle due persone fanno il loro dovere. Ho peccato ma c’era bisogno di dirle che potevano venire i carabinieri? E c’era bisogno di fare quello che hanno fatto?».

«Aspettate, mia figlia torna presto», ha detto l’anziana ai due addetti del gas. Ma dopo un po’ i due tecnici le hanno chiesto dove si trovava il contatore, spiegandole — ha raccontato — che dovevano fare dei controlli. Hanno armeggiato un po’. Dopo hanno salutato la pensionata e le hanno spiegato che sua figlia avrebbe dovuto chiamare il numero verde 800700900 dell’Eni. La anziana donna è rimasta piuttosto scossa. Ma il turbamento è divenuto angoscia quando ha messo sul fuoco un pentolino d’acqua per farsi la borsa dell’acqua calda. Ha tentato invano di accendere il fornello. Il gas non c’era. Era stato staccato. Ha chiamato la figlia: «Senti, non s’accende il gas». «Aspetta, arrivo», le ha detto la figlia. Quando è rientrata in casa l’ha trovata in condizioni assai critiche. La bocca le si storceva in maniera allarmante. «Balbettava, si piegava. Ho chiamato il 118». Da quaranta anni sua madre soffre di cuore. Tre anni fa aveva avuto una piccola ischemia. «Ma stamani, alle 7 e mezzo, quando sono uscita, stava benissimo», assicura la figlia: «E ora è in terapia intensiva e i medici non mi hanno dato neppure tante speranze».

«Io non mi voglio scusare», si tormenta: «E’ colpa mia se quella bolletta del gas si è gonfiata. Ma siamo sole e abbiamo tanti problemi. Non ho lavoro. Le altre bollette le sto pagando pian piano. Con il gas sono rimasta indietro e alla mia mamma non avevo detto niente. Ho sbagliato ma volevo tenerla fuori dai miei guai. Ho chiamato l’avvocato e lui mi ha detto che questo non è il modo per far pagare le bollette».

Fonte firenze.repubblica

firenze-staccano-il-gas-a-85enne-perche-morosa-lanziana-donna-colpita-da-emorragia-cerebrale

SCIBONA (M5S): “Anche la Valle di Susa è Italia!”

Sindaci della Val Susa incontrano Lupi al Ministero delle Infrastrutture. Comunicato di Marco Scibona.

Nonostante non fossi invitato ieri pomeriggio (21 gennaio, N.d.R.) mi sono presentato al Ministero Infrastrutture e Trasporti per poter seguire l’incontro tra il Ministro Lupi e gli amministratori valsusini contrari alla Grande Opera Inutile della Torino – Lyon.

L’appuntamento era importante, finalmente dopo molti, troppi, anni di esclusione dal dialogo istituzionale, i cosiddetti amministratori “non allineati” alle politiche del tondino e del cemento hanno potuto esprimere il punto di vista dei cittadini che li hanno eletti. La finta democrazia del Governo non gli permetteva neanche più di presentare le ragioni di una contrarietà fastidiosa per i manovratori.

Le ragioni della delegazione di amministratori erano sostenute e corroborate dai dati reali e scientifici presentati dal comitato tecnico, questi dati, come spesso è successo, si sono infranti sul muro di gomma governativo del “dobbiamo proseguire i lavori ad ogni costo” e, dico io, nonostante l’evidenza dei fatti esposti.

Al di là delle rispettive posizioni quelle che sono mancate sono le risposte alle puntuali questioni poste al Ministro e ai funzionari ministeriali presenti.
Risposte alle richieste di chiarimento sul costo effettivo dell’opera, sulla tratta di cui si richiede il finanziamento, sulle tempistiche di realizzazione della galleria geognostica di Chiomonte, sulle tempistiche di presentazione e ratifica parlamentare dei protocolli aggiuntivi relativi agli accordi franco – italiani del 2012 per garantire che tutte le operazioni relative agli appalti, contratti e lavorazioni siano sottoposti alle clausole antimafia che allo stato attuale non sono applicabili. Questo solo per citare i punti salienti delle tante questioni enunciate.

Inoltre in quest’occasione si è appreso che richiederanno il finanziamento all’Europa suddividendolo in due tranche, una richiesta avverrà in questa legislatura europea per metà tunnel di base, per l’altra metà verrà richiesto nella prossima legislatura. Vogliono quindi fare uno spacchettamento della richiesta di finanziamento perchè evidentemente non ci sono abbastanza soldi per finanziare il 40% dell’opera e cercano quindi di reperili su più legislature.

Ancora una volta abbiamo assistito al mercanteggiamento del consenso tramite la promessa delle compensazioni e della possibilità di sforare il patto di stabilità. Proposte rimandate al mittente dagli amministratori che rivendicano per i propri concittadini almeno gli stessi diritti degli altri italiani.

La situazione reale della Valsusa è al limite, l’assistenza sanitaria annullata con la chiusura di reparti del nosocomio di valle, il Trasporto Pubblico Locale totalmente allo sbando, la Pubblica Istruzione che si sgretola sotto gli edifici inadeguati.
Nulla di tutto ciò è dovuto per compensare un ulteriore danno che si vorrebbe arrecare al già provato territorio valsusino, ma fa parte dei diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione e dovuti a norma di legge ai cittadini italiani: vi stupirà ma anche la Valle di Susa è Italia!

Marco Scibona – Senatore M5S

ITALIA RINUNCIA A PARTE DELLA TORINO-LIONE. GOVERNO PROPONE ALL’UE SOLO MEZZO TUNNEL.

Pensavo fosse un treno invece è un calesse. Forse Massimo Troisi commenterebbe così l’incontro dei Sindaci della Val Susa con il Ministro delle Infrastrutture, nel  pomeriggio del 21 gennaio 2015 a Roma. Svaniti i fumi della retorica governativa, resta solo la nuda sostanza. “La Tav si farà. O forse no.”.

Ma andiamo con ordine.

Francia e Italia fanno il Tav solo nella speranza di acchiappare i soldi europei, è notorio. Non sono le uniche, molti progetti hanno la stessa ambizione. L’Europa ha sempre meno soldi per il gioco delle grandi opere. Tutto questo è arcinoto da tempo (1).

Eppure, a dispetto di ogni logica, i governi Italiano e francese hanno continuato pervicacemente ad affermare la loro decisione di realizzare il Tunnel di Base della Torino-Lione (2).

Fino ad oggi. Davanti ad oltre 20 amministratori valsusini, Lupi e Virano hanno dovuto gettare la maschera. I soldi non bastano. I finanziamenti disponibili nel settennato 2014-2020 (ovvero il mandato della Commissione Juncker) non saranno sufficienti a realizzare la tratta transfrontaliera della Parte Internazionale della Torino-Lione; in altri termini, per fare il Tunnel di Base.

Quindi che si fa? Ecco la soluzione. Metà soldi? Metà tunnel!

Basta trasformare la madre di tutte le grandi opere in uno spezzatino.

Da “gustare” un boccone alla volta, nei secoli. L’opera infinita, sul modello della Salerno – Reggio Calabria. Perché la verità è che l’opera serve a spendere: un paradiso degli appalti con un brulicare di cantierini.

Poi, al prossimo giro, dopo il 2020, si vedrà. Magari l’Europa offrirà altri soldi, oppure no. Nessuno può saperlo. A Lione non ci andremo mai? E chissenefrega.

Si sapeva già? Forse. Ma non lo ammetteva nessuno. Oggi i mandarini del Ministero non hanno più potuto fare la manfrina e l’hanno detta tutta, senza filtro.

I francesi hanno già rinunciato alla loro tratta nazionale (3).

Per quella in territorio italiano non c’è nemmeno un euro (4).

Ora il Tunnel a metà. Ormai è chiaro: la Torino-Lione non esiste più.

 

(1) http://www.notav.info/documenti/credito-esaurito-comunicato-notav/

(2) http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2014-09-17/il-ministro-lupi-avanti-la-torino-lione-priorita-italia-e-francia-181957.shtml?uuid=AB9IUiuB

(3) http://www.ladocumentationfrancaise.fr/rapports-publics/134000396/

(4) http://torino.repubblica.it/cronaca/2015/01/20/news/l_ue_finanzier_il_solo_dopo_lo_scavo_del_tunnel_di_base-105377953/

Processo ai No Tav. “Guarda quante zecche…sono anarchici”

Cosi le comunicazioni tra poliziotti di sorveglianza alla stazione di Chiomonte in quel lontano 3 Luglio 2011. Rivelatrici di quanto si stava preparando per i manifestanti. Chiuse le arringhe della difesa, niente repliche. Ora si attende una sentenza ad oggi imprevedibile.

di Fabrizio Salmoni

Si conclude col botto di due obici della difesa, Claudio Novaro e Roberto Lamacchia, questo processo duro e controverso i cui esiti sono quasi oggetto di scommessa. Pessimisti a metà gli avvocati, ottimisti a metà quelli che sperano nella forza degli argomenti espressi dal numeroso collegio di avvocati ma, come abbiamo già avuto occasione di scrivere, è in realtà tutto appeso al coraggio dei giudici (dubbio) e agli equilibri tra Tribunale e Procura. Non ci sono indizi apparenti se non la precisione con cui oggi il Presidente ha fissato la lettura della sentenza: dopo le 14,30 del 27 Gennaio. Cosa che fa pensare che, malgrado il numero delle posizioni personali da stabilire, delle decisioni siano già state prese, almeno nella testa dei giudici.

poster barbiere

Capiremo allora quanto avranno pesato gli sforzi di un valoroso collegio di difesa che si è impegnato a fondo nella ricostruzione dettagliata della successione degli eventi e del contesto in cui si sono svolti i fatti dell’estate 2011 per farne argomento imprescindibile alla comprensione del quadro generale degli eventi. Nelle voci dal bunker, si stima che condanne non superiori ai due anni e niente danni da pagare sarebbero un buon successo.

“E’ stato un processo fuori dalla norma” dice Lamacchia (foto sotto), con falsità evidenti, ruvida contrapposizione dei pm con imputati e difensori, provocazioni di pm e dell’avvocato di Stato, richieste pesanti sulla base di un teorema preconcetto su cui si sono cercate prove mai raggiunte ma solo rivendicate, identificazioni raffazzonate, omertà, silenzi e archiviazioni preventive sulle violenze della polizia. E poi ancora, le violazioni delle norme del Testo Unico di Polizia e delle ordinanze del Questore da parte di dirigenti sul campo e vicequestori che scatenano la soldataglia e le permettono di sfogarsi sui fermati.

Lamacchia

Proprio dei due casi peggiori si è parlato oggi, dei fermi di Nadalini e di Soru, semilinciati da una turba di agenti e carabinieri travisati con maschere da motociclista e ciò malgrado, imputati di resistenza e lesioni, con la Rai che, richiesta dei filmati, dice di averli persi e con la reiterata negazione del giudice preliminare ai difensori di visionare il fascicolo con la motivazione che “Non è opportuno”.

In quei giorni – insiste Novaro – i diritti costituzionali furono messi a repentaglio dai comportamenti delle forze dell’ordine e dai loro dirigenti“. Novaro aveva esordito elencando le criticità principali dell’offensiva giudiziaria che ha portato al processo: il contesto complessivo, cioè l’incapacità – o non volontà – di fare i conti con la portata del conflitto sociale in Val Susa e con la consapevolezza che la politica è ben presente nella questione Tav; con “un’impalcatura normativa e costituzionale che avrebbe dovuto tutelare i dimostranti;” un contesto di rapporti continuativi tra attori contrastanti (popolazione e polizia) per una durata di lunghi anni in cui “ogni azione comporta una reazione contraria ma bisogna valutare se le condotte della polizia non siano state eccessive e sproporzionate. C’è stata una volontà prevaricatrice nei confronti del cittadino, condotte arbitrarie, sconvenienti, scorrette“. E in quei giorni d’estate ci fu premeditazione da parte delle forze dell’ordine sul campo. Già le frasi captate e messe agli atti dei poliziotti in osservazione alla stazione di Chiomonte prefiguravano l’atteggiamento aggressivo che avrebbe avuto concretezza nell’attacco alla manifestazione.

Novaro(foto a destra) si affida anche  alla giurisprudenza citando sentenze che ammettono la resistenza se c’è disprezzo e minaccia della persona da parte del pubblico ufficiale (Genova 2001 è stata una tragedia ma ha prodotto indagini e sentenze che a posteriori hanno raddrizzato in qualche misura i torti).

Novaro

Ma dice anche che “Il racconto di Petronzi (capo della Digos) al Tribunale è una caricatura dei fatti tanto da essere smentito sui dati riferiti dal Questore Manganelli“. Insomma, da parte della polizia sul campo c’è stata”esasperazione preventiva che ha prodotto una strategia coercitiva fatta di quattromila lacrimogeni, una quantità fuori dall’ordinario“. La chiusa è rivolta ancora ai pm che avevano accusato gli avvocati di atteggiamento precostituito nei confronti dei testi d’accusa: “Io ce l’ho con chi mente e con chi non inquisisce chi mente”. Dal pubblico scatta un applauso soffocato.

L’arringa del cerimoniosissimo avv. Ettore Grenci (foto in basso) di Bologna fa da intermezzo alla mattinata mentre tra il pubblico girano Tshirt con rasoio e pennello incrociati e la scritta Io sto con Mario, il barbiere di Bussoleno imputato. Grenci si limita  a una difesa tecnica dei suoi assistiti prima di lasciare la sbarra a Lamacchia che riprende alcuni temi-chiave della storia del movimento valsusino fino a ricordare la sorte dei due ragazzi anarchici Sole e Baleno, arrestati per terrorismo dal fu procuratore Laudi e suicidati in carcere per poi essere prosciolti da successive indagini, una storia che si ripete oggi con le nuove accuse di terrorismo, un’ombra che ancora grava sulla Procura torinese. Lamacchia ricorda i tanti episodi che hanno negli anni radicalizzato la situazione come l’esclusione dei sindaci contrari al Tav dall’Osservatorio e la chiusura dei lavori per non considerare l’Opzione Zero. Contesta ulteriormente gli argomenti della pm Pedrotta, che sbuffa e si agita sul suo scranno, prima di disaminare le posizioni dei suoi assistiti.

E’ un silenzio teso e preoccupato che domina l’ultima giornata di dibattimento. Il dado è tratto. Martedi 27 ci sarà mobilitazione dentro e fuori dall’aula in attesa di una sentenza che in un senso o nell’altro farà storia.

avv.Grenci

(F.S. 21.1.2015)