L’attacco a Chiomonte non fu terrorismo

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manifesto

—  Mauro Ravarino, TORINO, 17.12.2014

No Tav. I quattro imputati condannati per danneggiamento, fabbricazione e trasporto di armi

Chiara, Clau­dio, Mat­tia e Nic­colò, i quat­tro mili­tanti No Tav arre­stati il 9 dicem­bre del 2013, non sono ter­ro­ri­sti, né lo sono mai stati come invece ha soste­nuto, durante il loro pro­cesso, la pro­cura di Torino. Cade così il far­dello più pesante, l’accusa più grave nei con­fronti del movi­mento che da anni lotta con­tro la Torino-Lione: il ter­ro­ri­smo. «Il reato non sus­si­ste», la Corte d’Assise pre­sie­duta da Pie­tro Capello, ieri, ha, infatti, assolto i quat­tro atti­vi­sti dall’accusa di aver agito con fina­lità ter­ro­ri­sti­che. Li ha, però, con­dan­nati – in rife­ri­mento all’assalto al can­tiere di Chio­monte del 14 mag­gio 2013 – a tre anni e mezzo di car­cere cia­scuno, per dan­neg­gia­mento seguito da incen­dio, fab­bri­ca­zione e tra­sporto di armi (in rela­zione all’utilizzo di mol­tov) e vio­lenza a pub­blico uffi­ciale. Delle parti civili, solo Ltf ha otte­nuto il diritto a un inden­nizzo, che è stato negato all’Avvocatura dello Stato e al Sap, il sin­da­cato auto­nomo di poli­zia che si era costi­tuito parte civile.

Alla let­tura del dispo­si­tivo, nell’aula bun­ker delle Val­lette, parenti e atti­vi­sti No Tav hanno urlato «libertà», iden­tico coro si è ripe­tuto fuori dalla strut­tura, dove un pre­si­dio, ha aspet­tato l’esito, in pieno stile val­su­sino con dolci e vin brulé.
Abbracci e lacrime tra gli impu­tati — Clau­dio Alberto, 23 anni, Nic­colò Blasi, 24 anni, Mat­tia Zanotti, 29 anni, Chiara Zenobi, 41 — che prima di lasciare la cella dell’aula bun­ker, hanno stretto a lungo le mani dell’avvocato Clau­dio Novaro, a capo del pool difen­sivo e autore di un lavoro cer­to­sino.
«L’accusa di ter­ro­ri­smo era mani­fe­sta­mente infon­data. È una vit­to­ria su tutta la linea. Era la pena che auspi­ca­vamo. Avevo detto ai miei clienti — ha sot­to­li­neato Novaro — che sotto i 4 anni sarebbe stata una vit­to­ria». I legali, ora, chie­de­ranno i domi­ci­liari per i quat­tro mili­tanti di area anar­chica, in car­cere da oltre un anno, sog­getti a un regime di alta sor­ve­glianza. «Troppo tempo, troppo — ha pre­ci­sato Nico­letta Dosio, voce sto­rica del movi­mento, pre­sente in aula — i ragazzi devono essere subito scar­ce­rati, li vogliamo liberi».
Sod­di­sfatta a metà per la sen­tenza: «Certo, poteva andare peg­gio, ma tre anni e 6 mesi sono sem­pre tanti. Non è quindi una vit­to­ria, ma siamo felici che sia stata scon­fes­sato l’impianto della pro­cura tori­nese. E sia caduto il reato di ter­ro­ri­smo. La nostra volontà di giu­sti­zia non passa dai tri­bu­nali, ma dal con­flitto sociale».
I fatti, per i quali la Corte d’Assise di Torino era stata chia­mata a deci­dere, risal­gono al 2013, alla notte tra il13 e il 14 mag­gio, quando un gruppo di per­sone incap­puc­ciate attaccò il can­tiere del cuni­colo esplo­ra­tivo di Chio­monte, in loca­lità La Mad­da­lena, pro­vo­cando l’incendio un com­pres­sore, non lon­tano dal tun­nel esplo­ra­tivo, dove lavo­ra­vano una doz­zina di ope­rai.
I pm Andrea Pada­lino e Anto­nio Rinaudo ave­vano chie­sto, per i quat­tro impu­tati, nove anni e mezzo di pena, facendo leva sulle fina­lità ter­ro­ri­sti­che, smen­tite com­ple­ta­mente dalla deci­sione della Corte. «È una grande gior­nata per­ché abbiamo bat­tuto la pro­cura e i suoi castelli cam­pati in aria» ha detto Alberto Perino, all’inizio dell’assemblea svol­tasi in serata a Bus­so­leno. «La Pro­cura – ha aggiunto – ha perso due volte per­ché il tri­bu­nale non si è appiat­tito sulle idee di Caselli, Pada­lino, Rinaudo».
La sen­tenza ha, invece, molto infa­sti­dito il mini­stro dei Tra­sporti Mau­ri­zio Lupi: «Se non è asso­cia­zione con fina­lità ter­ro­ri­sti­che incap­puc­ciarsi e orga­niz­zare l’attacco allo Stato, qual­cuno mi deve spie­gare cosa sia. Mi auguro che i pm fac­ciano ricorso in secondo grado e li rin­gra­zio per il corag­gio».
In serata, il movi­mento si è ritro­vato a Bus­so­leno, nel cuore della Valle, per festeg­giare l’assoluzione dalla gra­vis­sima accusa di ter­ro­ri­smo, espri­mere disap­punto per una con­danna rite­nuta comun­que alta e soprat­tutto chie­dere la libe­ra­zione dei com­pa­gni.
Un cor­teo, aperto dallo stri­scione «Siamo No Tav, fer­marci è impos­si­bile» ha attra­ver­sato le vie del borgo. È stata bloc­cata l’autostrada del Fre­jus e poi la sta­tale 25. Pre­sidi anche a Roma, Milano, Bolo­gna, Bre­scia e Firenze. Nella gior­nata è stato oscu­rato il sito della pro­cura di Torino, l’attacco infor­ma­tico è stato riven­di­cato da Ano­ny­mous.
Il Movi­mento 5 Stelle con i con­si­glieri regio­nali Fran­ce­sca Fre­diani e Davide Bono auspica «una rapida libe­ra­zione degli atti­vi­sti No Tav ancora reclusi». Per Paolo Fer­rero, segre­ta­rio di Rifon­da­zione, «caduta l’assurda accusa di ter­ro­ri­smo resta una con­danna enorme e pura­mente repressiva».

“Un regolamento contrattuale non può nulla contro la mafia”.

http://www.marcoscibona.it/home/?p=723

PROMOTORE TAV – SCIBONA (M5S): “Un regolamento contrattuale non può nulla contro la mafia”.

Siamo stati dall’ex-Procuratore Capo di Torino e abbiamo sollevato in tutte le sedi competenti la problematica legata alla normativa antimafia applicabile alla Nuova Linea Torino – Lione e siamo stati trattati come visionari.

Abbiamo poi scoperto che le istituzioni procedevano maldestramente a cercare una pezza per il problema da noi sollevato, problema creato dalle stesse istituzioni in sede di accordi internazionali.

Apprendiamo oggi che l’Architetto Virano, Presidente della CIG e dell’Osservatorio voluto per normalizzare e sedare ogni voce fuori dal coro degli ultrà del TAV, gongola di aver trovato la panacea di tutti i mali ovvero una menzione dell’antimafia nel regolamento contrattuale del promotore dell’opera.

Riteniamo irresponsabile e, giuridicamente, palesemente errato convincere l’opinione pubblica della sufficienza di un regolamento contrattuale per ovviare al problema dell’inapplicabilità del codice antimafia così come indicato da Virano.

Se le istituzioni pensano di contrastare le ditte in odore di mafia che lavoreranno nel cantiere, magari le stesse già scoperte dal GITAV, con un regolamento contrattuale possiamo solo pensare che le istituzioni stesse siano colluse più di quanto si possa immaginare.

Marco Scibona – Senatore M5S

GUERRE ECONOMIQUE CONTRE LA RUSSIE : UN POUTINE INFLEXIBLE FAIT FRONT !

Luc MICHEL pour PCN-Info / Avec RIA Novosti  – AFP/ 2014 12 18/

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Lors de sa grande conférence de presse annuelle, Poutine promet « une sortie de crise dans 2 ans et accuse l’Occident de se comporter en “empire”. »

 Le président russe se trouve dans une situation paradoxale à l’issue d’une année de crise ukrainienne. Le retour de la Crimée à la Russie l’a rendu plus populaire que jamais, avec une cote de confiance dépassant 80%, et incontournable sur la scène internationale. Mais le pays sort isolé de l’Europe occidentale par les sanctions, qui ont affaibli le rouble, ensuite coulé par la chute vertigineuse des cours du pétrole, principale source de revenus pour l’Etat russe. « Et la crise actuelle, par son ampleur et surtout sa durée prévue, est la plus délicate qu’ait eu à gérer le président depuis son arrivée au pouvoir en 1999 » analyse l’AFP.

 POUTINE FLEXIBLE FACE AUX OCCIDENTAUX

 Vladimir Poutine a promis ce jeudi de « régler dans les deux ans la grave crise monétaire que traverse la Russie », sans toutefois se montrer précis sur les moyens d’y parvenir, et s’est montré inflexible dans le dossier ukrainien estimant que « les Occidentaux se comportaient en impérialistes ».

 Au moment où le président russe prenait la parole devant un millier de journalistes russes et étrangers réunis pour sa conférence de presse rituelle de fin d’année, l’Union européenne, plus soumise et vassalisée aux USA que jamais, annonçait une nouvelle série de sanctions, interdisant tous les investissements européens, ainsi que les croisières, dans la péninsule ukrainienne de Crimée annexée en mars par la Russie.

 Silencieux depuis le début du tourbillon monétaire qui touche de plein fouet son pays et menace les piliers de l’économie russe, élément central de la guerre économique que font les USA  et l’UE  à la Russie et qui vise à y provoquer un changement de régime, Vladimir Poutine et ses solutions étaient très attendus. “Dans le scénario le plus défavorable pour la conjoncture internationale, la situation peut durer deux ans mais elle peut se corriger avant”, a-t-il déclaré, avouant la difficulté à établir une quelconque prévision face à “de nombreux facteurs d’incertitude”. “Nous allons utiliser les mesures que nous avons employées avec succès en 2008″ lors de la crise financière, a ajouté le président. Il a simplement assuré qu’il ne prendrait aucune mesure dirigiste pour encadrer le marché et a qualifié les décisions prises par le gouvernement et la banque centrale d'”adéquates” malgré quelques critiques. S’il a mis en cause les “facteurs extérieurs” et en premier lieu la chute des prix du pétrole, il a reconnu que la Russie avait sa part de responsabilité, n’ayant pas profité suffisamment des années passées pour diversifier son économie, très dépendante des cours des hydrocarbures.

 « Signe que le marché n’est pas complètement rassuré, le rouble, en hausse en début de journée, reculait après son intervention, malgré un net rebond des cours du pétrole. Vers 13H10 GMT, il était en légère baisse à 61,14 roubles pour un dollar et 75,30 roubles pour un euro. Les deux indices de la Bourse de Moscou gagnaient, eux, plus de 5% », commente l’AFP. Même s’il a retrouvé des couleurs par rapport aux heures les plus noires de sa chute mardi, le rouble reste en baisse de 40% par rapport à son niveau au début de l’année et l’onde de choc monétaire du début de semaine promet de difficiles mois à venir pour l’économie russe. La presse russe rapporte que certains fournisseurs et importateurs ont suspendu leurs livraisons en attendant de voir l’évolution de la monnaie ou ont déjà augmenté leurs prix.

 UKRAINE : « LA RUSSIE A RAISON ET LES OCCIDENTAUX ONT TORT »

 Cette crise monétaire clôt une année tumultueuse pour la Russie engagée dans un bras de fer sans précédent depuis la chute de l’URSS avec les Occidentaux. Les événements en Ukraine ont creusé un fossé immense entre Moscou et Kiev, mais également entre Moscou et Bruxelles et Washington. Où les faucons, aussi bien démocrates que républicains, l’ont emporté et entendent imposer une nouvelle guerre froide ! Dans un entretien publié jeudi, le ministre de l’Economie, Alexeï Ouiloukaïev a évoqué des sanctions américaines appliquées, “semble-t-il pour des décennies”. L’Ukraine n’étant qu’un prétexte …

 Et alors que ces derniers jours, des dirigeants occidentaux lançaient des appels au président russe « pour qu’il montre des signes de désengagement du dossier ukrainien » et « accepte sa défaite » (sic), la réponse du président a été cinglante: « la Russie a raison, les Occidentaux ont tort et la stratégie en Ukraine est la bonne ». Il a ainsi accusé les autorités putschistes ukrainiennes de mener une “opération punitive” contre les rebelles de l’Est. “J’estime que nous avons raison en ce qui concerne la crise en Ukraine. Et comme je l’ai déjà dit, nos partenaires occidentaux ont tort”, a par ailleurs dit le président dans une formule lapidaire.

 LES OCCIDENTAUX « RESPONSABLE DU NOUVEAU MUR » QUI DIVISE L’EUROPE …

 Interrogé sur l’édification, 25 ans après la chute du mur de Berlin, d’un nouveau mur entre la Russie, la « seconde Europe » et l’Europe occidentale, il a accusé les Occidentaux d’en être responsables. “Il s’agit d’un mur virtuel, mais il commence déjà à être construit”, a déclaré le chef de l’Etat, rappelant le précédent de l’élargissement de l’Otan jusqu’aux portes de la Russie (pays Baltes) et du bouclier antimissile en Europe orientale.

 “Nos partenaires ont décidé qu’ils étaient les vainqueurs, qu’ils étaient désormais un empire et que les autres étaient des vassaux qu’il faut faire marcher au pas”, a-t-il fustigé. “Le problème, ce n’est pas la Crimée, c’est que nous défendons notre indépendance, notre souveraineté et notre droit à l’existence”, a-t-il martelé.

 Très populaire en Russie, en Eurasie, en Afrique et dans la « gauche latino-américaine », mais mis au ban des nations occidentales, Vladimir Poutine a ainsi opposé une fin de non-recevoir à l’appel du pied de Washington. A Londres mardi, le secrétaire d’Etat américain John Kerry avait prévenu que les sanctions occidentales pouvaient être levées “en quelques semaines ou quelques jours, en fonction des choix du président Poutine”. Au même moment, le polonais Tusk, russophobe enragé et nostalgique de la « grande Pologne », menaçait à nouveau la Russie …

 Luc MICHEL

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No TAV: tutti liberi!

http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/piemonte/2014/12/-sono-cadute-le-accuse.html

Da il M5S Piemonte – il 18/12/2014 15:22:37|

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Sono cadute le assurde accuse di terrorismo formulate dalla Procura di Torino nei confronti degli attivisti No Tav Chiara, Mattia, Niccolò e Claudio. Accuse che ci sono sembrate da subito sproporzionate e fuori dalla storia, con buona pace di chi anche grazie a questo processo ha provato a costruirsi un pezzo di carriera politica. Fin dall’inizio abbiamo sostenuto come fosse senza senso considerare come prova di “terrorismo” il danneggiamento di un compressore, come peraltro evidenziato pochi mesi fa dalla stessa Cassazione. Quel gesto, peraltro rivendicato dai 4 attivisti nel corso delle deposizioni, è stato un’azione di sabotaggio del cantiere. E come tale va giudicata.

Terrorismo è, fortunatamente, un’altra cosa. Quella parola rimanda ad anni bui della storia del nostro Paese, tristemente segnati da gesti ed episodi luttuosi, che nulla hanno a che fare con la giusta, ferma e nonviolenta opposizione a questa grande opera inutile. E’ caduta anche l’accusa secondo la quale gli attivisti No Tav avrebbero colpito *”lo Stato ed i suoi interessi fondamentali”*. A prescindere dalla lettura delle motivazioni della sentenza, anche a noi è sempre apparsa un’accusa insostenibile, campata in aria.

Le cronache di questi mesi dimostrano ancora una volta come gli interessi dello Stato e della collettività non coincidano per nulla con il cantiere di Chiomonte. Al contrario il Tav è il paravento dietro cui si celano anche interessi legati alla malavita organizzata e al mantenimento del clientelismo politico, come dimostrano le recenti inchieste sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Piemonte.

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Stride pensare come 3 anni e 6 mesi siano le condanne date ai 4 poliziotti responsabili della brutale uccisione di Federico Aldrovandi. Insomma, al di là delle motivazioni, una vita di una persona, qualunque essa sia, vale come il danneggiamento di un macchinario di cantiere? Con una ulteriore grande differenza: Per i ragazzi oltre un anno di carcere duro in isolamento per gli sbirri neppure un giorno di cella.

Arrivati a questo punto invochiamo l’immediata liberazione degli attivisti No Tav ancora reclusi, che peraltro hanno subìto una eccessivamente lunga e punitiva detenzione cautelare.

Siamo consapevoli di come questa sentenza rappresenti comunque una vittoria per il movimento No Tav, movimento oggetto come non mai di un attacco virulento da parte dei partiti, rallentati nella loro corsa alla spartizione della torta dei mega-cantieri. Cantieri che temiamo finiranno come col Mose e con l’Expo. Oggetto di dure reprimende postume da parte delle istituzioni che si dichiarano ingenuamente (?) sconvolte delle infiltrazioni malavitose.

Non possiamo che auspicare la rapida calata del sipario su di un’opera inutile, devastante per il territorio e le casse dello Stato. E l’uscita dal mondo della politica di coloro che hanno sostenuto la fondamentale necessità del Tav/Tac Torino – Lione in spregio a ogni evidenza scientifica di costi-benefici.

Dove sono finiti i terroristi?

 http://ilmanifesto.info/dove-sono-finiti-i-terroristi/manifesto di Livio Pepino

 C’è un giudice a Torino! C’è voluto un anno, un anno – non dimentichiamolo  – di carcere duro in condizioni di isolamento, un anno di massacro mediatico, un anno di repressione finanche delle idee di chi solidarizzava, un anno di assordante silenzio di gran parte dei giuristi e degli intellettuali. Ma, alla fine, la Corte di assise di Torino ha detto, senza mezzi termini, che l’“attacco al cantiere di Chiomonte” del 14 maggio 2013 non ha niente a che fare con il terrorismo. Sono rimasti i reati (incontestati) di danneggiamento seguito da incendio e di porto di bottiglie molotov, per cui è stata inflitta una pena tutt’altro che mite. Ma il nodo centrale – per gli imputati, che rischiavano dieci anni e più di carcere, e per il Movimento No Tav, criminalizzato da questa vicenda nella sua interezza – era l’attentato con finalità di terrorismo. Già la Cassazione, il 15 maggio, aveva smontato, nel giudizio cautelare, l’imputazione. Ma i pubblici ministeri avevano insistito: anche con la richiesta, nei giorni scorsi, di una nuova misura cautelare con la stessa imputazione nei confronti di altri tre imputati, regolarmente emessa dal gip. Per questo la sentenza della corte d’assise, composta – è bene sottolinearlo – anche da giudici popolari (un pezzo di popolo italiano), è importante.

Il fatto contestato consiste, come noto, in un “assalto” al cantiere della Maddalena realizzato da una ventina di persone nel corso del quale alcuni componenti del gruppo avevano incendiato un compressore mentre gli altri ostacolavano l’intervento delle forze di polizia con il lancio di sassi e di «artifici esplosivi e incendiari». I pubblici ministeri hanno motivato la contestazione di terrorismo, da un lato, con l’asserita attitudine del gesto a intimidire la popolazione e/o a costringere i poteri pubblici ad astenersi dalle attività necessarie per realizzare la nuova linea ferroviaria e, dall’altro, con l’affermata idoneità del fatto ad arrecare un grave danno al Paese («è indubbio che azioni violente come quella della notte di maggio arrechino un grave danno al Paese quanto all’immagine – in ambito europeo – di partner affidabile». Evidente l’evocazione della categoria del terrorismo non per riconoscere reati contrassegnati da caratteristiche specifiche ma per stigmatizzare fatti ritenuti di particolare gravità e, per questo, meritevoli di più intensa riprovazione sociale. Ché la connotazione terroristica di un atto – secondo il comune sentire e una giurisprudenza consolidata – ha necessariamente a che fare col sovvertimento dell’assetto democratico dello Stato e con la destabilizzazione dei pubblici poteri mentre l’affermazione secondo cui la mancata realizzazione di una linea ferroviaria comporterebbe «un grave danno per il Paese» e per la «sua immagine di partner europeo affidabile» sfiora il grottesco. Eppure l’operazione era stata avallata anche dai giudici della cautela e salutata in termini trionfalistici da tutta la grande stampa. Forse per l’autorevolezza della Procura torinese, che non aveva mancato di supportare l’iniziativa con termini enfatici che evocavano addirittura la guerra. Certo per la progressiva caduta nel nostro Paese, con riferimento al conflitto sociale, della cultura delle garanzie, accompagnata dalla costruzione, legislativa e giurisprudenziale, di una sorta di diritto penale del nemico in cui quest’ultimo va perseguito, senza esclusione di colpi, per quel che è più ancora che per le sue azioni specifiche. A contrastare la deriva sono stati in pochi a fianco del Movimento No Tav (capace, da parte sua, di reggere lo scontro anche quando è parso che ad essere messa sul banco degli imputati fosse la stessa opposizione alla linea ferroviaria Torino-Lione).

Oggi è intervenuto un segnale nuovo. C’è un giudice a Torino! Un giudice consapevole che il proprio compito è – secondo una autorevole definizione – «assolvere in assenza di prove anche quando l’opinione pubblica vuole la condanna e condannare in presenza di prove anche quando l’opinione pubblica vuole l’assoluzione». Non è poca cosa. Ed è auspicabile che aiuti a comprendere che quella del Tav è una grande questione politica irrisolta e non una questione di ordine pubblico.

Una precisazione sul fatto che “furono tirati SASSI”….. in realtà nel processo questo emerge solo da dichiarazioni INDIRETTE, cito:
 
 Udienza 13 giugno:
Il teste presta servizio presso il quinto reparto mobile, operatore di reparto, da 3 anni è addetto all’idrante. Quella notte prestava servizio in cantiere a Chiomonte, turno 01-07, era alla guida del mezzo.
Teste: ero in un punto vicino al cancello 5, stazionavo in quella zona (indica con il puntatore sulla mappa ,ma da qui non riusciamo a vedere) da qui non si vede, è qua sotto, dietro qui… dietro il viadotto. Ero li’ con il discovery, il mezzo era nella parte alta dove c’è il museo, lo tenevamo li’ perché è il punto più veloce per raggiungere tutti i punti del cantiere. Ero sul discovery a leggere un libro e sono stato preso di soprassalto da una bomba carta esplosa davanti al discovery, quando ho alzato lo sguardo sono arrivati contro il mezzo dei fuochi d’artificio. In quel momento ho chiamato il mio collega che era entro il container a prendere un caffè e siamo andati con il discovery a prendere l’idrante. Mentre salivamo continuavano ad arrivare razzi.. fuochi d’artificio verso il nostro mezzo poi per un attimo ho perso di vista tutto perché il museo è sopra e non riuscivo a vedere ma per radio sentivo alcune note che dava la squadra sotto al cantiere, dicevano che erano stati lanciati sassi, pietre e fuochi d’artificio e bombe molotov.
  
“Dicevano che erano stati lanciati sassi, pietre etc…”. Ma nelle testimonianze dirette questi sassi scompaiono. Nella ricostruzione dell’azione, quella fatta dall’avv. Losco, ci sono anche i video della procura ed in effetti non si intravedono lanci di sassi. Questo perché l’uso dei fuochi d’artificio serviva in qualche modo a distrarre e anche ad evitare di far male a qualcuno, questo secondo me è un punto chiave che emerge poco ma che fa la differenza. Soprattutto se correlato con i video dove si sentono gli agenti INTENTI NEL PRENDERE LA MIRA per COLPIRE INTENZIONALMENTE I MANIFESTANTI. tanto per fare un esempio…. 
 
Qui il VIDEO con la ricostruzione fatta in aula dall’avv. LOSCO: https://www.youtube.com/watch?v=wYHbPDVBO3s
Ci sono anche le testimonianze ed il passaggio in cui La Sala, consulente tecnico della procura, definisce quei fuochi d’artificio come tipici di “feste di paese” che “creano scompiglio”… 
Questo per ridimensionare un po’ il concetto di “attacco al cantiere”. 
 
Simonetta – TGMaddalena.

No TAV: non fu terrorismo. Il video della sentenza

 “Niente e’ buono o malvagio in se, è  il pensiero che lo rende tale”

[Amleto – Shakespeare]

sent2

#notav = #noterrorismo, cadono i capi d’imputazione terrorismo ed eversione, condanna a 3 anni e 6 mesi per Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia che da oltre un anno sono detenuti in regime AS2, assolti perché IL FATTO NON SUSSISTE. Restano i capi C,D,E: fabbricazione e trasporto in luogo pubblico di armi da guerra (molotov), danneggiamento seguito da incendio, con aggravanti e violenza contro pubblici ufficiali. Riconosciute a TUTTI le attenuanti, cancellate quindi le aggravanti, un risultato che ribalta il teorema della procura e che per gli avvocati offre buone speranze di rivederli a casa per Natale, ma si continua fino a quando non saranno tutti liberi! Ricordiamo che Lucio, Graziano e Francesco sono detenuti in isolamento con le stesse accuse dissolte nella sentenza odierna, si parte e si torna insieme, perché su quei sentieri c’eravamo, ci siamo e ci saremo tutti e tutte!

Scarceriamo i NOTAV: non sono terroristi

 

 

Oggi, per i NOTAV in car­cere con l’accusa di ter­ro­ri­smo, è stata una gior­nata dura, per loro quat­tro, ma impor­tante per la sto­ria, diciamo la nostra pic­cola sto­ria della Resi­stenza NOTAV.

La Corte d’Assise di Torino li ha oggi –17 dicem­bre — assolti dall’accusa di ter­ro­ri­smo “per­ché il fatto non sus­si­ste”. Per­tanto, allora, crolla — come già crollò per Sole e Baleno e Sil­vano Pel­lis­sero molti anni fa —  l’impianto accu­sa­to­rio for­mu­lato dalla Pro­cura Tori­nese, oggi iden­ti­fi­ca­bile con i pm Pada­lino e Rinaudo, ieri con altri pub­blici ministeri.

I quat­tro ragazzi sotto pro­cesso, Chiara, Clau­dio, Mat­tia e Nicolò, erano respon­sa­bili rico­no­sciuti di essersi intro­dotti nel can­tiere del Tun­nel geo­gno­stico di Chio­monte ed aver dato fuoco ad un com­pres­sore mediante l’uso di bot­ti­glie incen­dia­rie. Da un punto di vista stret­ta­mente giu­ri­dico, era pre­ve­di­bile una loro con­danna per l’atto di sabotaggio.

La posta in gioco era però più ampia, sia per loro quat­tro, che per altri tre dete­nuti in attesa di giu­di­zio per lo stesso epi­so­dio, ma  anche per l’intero movi­mento. L’accusa di ter­ro­ri­smo, se con­fer­mata, avrebbe rotto un dia­framma assai peri­co­loso, aval­lando de facto la vul­gata che i pro­pu­gna­tori del TAV hanno cer­cato con ogni mezzo di pro­pa­gan­dare e alla quale la Pro­cura tori­nese ha for­nito un volto “lega­li­ta­rio”: chi si oppone al TAV è: o un ter­ro­ri­sta (i “cat­tivi”, la “fran­gia vio­lenta”, etc etc), o un “fian­cheg­gia­tore del ter­ro­ri­smo”, o nella migliore delle ipo­tesi un “utile idiota” che vede stru­men­ta­liz­zata la pro­pria “giu­sta o non giu­sta” pro­te­sta da “ter­ro­ri­sti”. Tutte le vir­go­lette qui appo­ste non sono casuali: rias­su­mono la vul­gata di cui sopra, pro­pa­gan­data da chi cerca di distrarre l’opinione pub­blica dai veri dati di fatto: il TAV è un pro­getto inu­tile, costoso, dan­noso, non “una que­stione di ordine pubblico”.

Bene: tutto que­sto — e una volta per tutte — non è vero. Oggi ne abbiamo avuto una con­ferma “lega­li­ta­ria”, appunto. Ter­ro­ri­smo è una parola pesante, che si rife­ri­sce a pen­sieri ed azioni che sono del tutto estra­nei al movi­mento NOTAV. Più e più volte il Movi­mento lo ha dimo­strato, se mai ce ne fosse stato biso­gno, nei fatti, anche ad esem­pio respin­gendo al mit­tente le molte offerte di “aiuto” e “con­di­vi­sione” che nel tempo sono arri­vate da sedi­centi gruppi o da per­sone coin­volte con la lotta armata o con il terrorismo.

È quindi quello di oggi un passo impor­tante, per chi rie­sce a guar­dare lontano.

D’altra parte, però, è anche neces­sa­rio guar­dare vicino, cioè al destino di que­ste quat­tro per­sone da un anno die­tro le sbarre, e di cosa accade loro in que­sto momento. Ora, il 17 dicem­bre 2014.

Chiara, Clau­dio, Mat­tia e Nic­colò sono stati con­dan­nati a 3 anni e 6 mesi per dan­neg­gia­mento aggra­vato, porto d’arma da guerra e vio­lenza a pub­blico uffi­ciale. E stata com­mi­nata ad ognuno, inol­tre, una multa di 5000 euro e un risar­ci­mento, per ora ignoto, a Ltf (la ditta del can­tiere e del com­pres­sore). Sono stati negati i risar­ci­menti  richie­sti dall’avvocatura dello stato e dal Sap (il sin­da­cato di polizia).

Tre anni e mezzo: non si tratta di una con­danna leg­gera. Igno­riamo al momento se e quali cir­co­stanze aggra­vanti o atte­nuanti siano state con­si­de­rate. Pos­siamo subito discu­tere, andando ad un esame del det­ta­glio, la liceità della con­danna per vio­lenza a pub­blico uffi­ciale, dato che i quat­tro, dopo il sabo­tag­gio, si sono allon­ta­nati senza inte­ra­gire con le FF.OO., e  sono poi stati tratti in arre­sto mesi e mesi dopo il fatto.

Il ridi­men­sio­na­mento delle accuse è un fatto posi­tivo, anche per­ché — dopo oltre un anno di deten­zione dovuto all’imputazione grave di ter­ro­ri­smo, si pro­fila per loro la scar­ce­ra­zione, con l’applicazione di misure più blande stante l’assai più lieve sostanza dei reati dei quali sono stati rite­nuti colpevoli.

Chie­diamo quindi con forza che i quat­tro ven­gano posti fuori dal car­cere, e che anche per gli altri tre sui quali pende l’imputaziione per ter­ro­ri­smo ven­gano annul­late le recenti misure restrit­tive che a loro sono state appli­cate pro­prio in virtù di que­sta accusa.

Il bic­chiere è quindi mezzo pieno, se guar­diamo lon­tano, e mezzo vuoto se guar­diamo vicino.

Su que­sta stessa linea, stanno le dichia­ra­zioni a caldo di Alberto Perino, figura impor­tante del Movi­mento NOTAV (non lea­der, per­ché lea­der nel movi­mento non ce ne sono), che ripor­tiamo inte­gral­mente a con­clu­dere que­sta nostra analisi.

“Fino a quando le bot­ti­glie incen­dia­rie ven­gono qua­li­fi­cate armi da guerra le san­zioni sono quelle pre­vi­ste dal codice penale. Il dan­neg­gia­mento indub­bia­mente c’è stato e nes­suno poteva né voleva negarlo. Quello che stride e che non si capi­sce è la resi­stenza a pub­blico uffi­ciale, visto che da video si evince che i ragazzi se ne sono andati dal can­tiere prima dell’arrivo delle FFOO.
Ora, sic­come non era affatto scon­tato che la corte d’assise di Torino respin­gesse in toto l’accusa di ter­ro­ri­smo dob­biamo dire che è andata molto bene. Anche per i tre che sono ancora in attesa di giudizio.

Osti­narsi a vedere solo il bic­chiere vuoto è porsi al di fuori della realtà.

La pro­cura di Rinaudo, Pada­lino e Caselli è stata inte­ra­mente scon­fitta nel suo impianto accu­sa­to­rio di fondo. E que­sto fa scuola.”

no-TAV

Anonymous colpisce ancora: il sito della Procura di Torino è “tango down” contro la sentenza dei quattro No Tav

Anonymous colpisce ancora: il sito della Procura di Torino è “tango down” contro la sentenza dei quattro No Tav
dicembre 17 2014
Anonymous manda in “tango down” il sito della Procura di Torino. La sentenza del processo ai quattro attivistiNo Tav, Niccolò Blasi, Mattia Zanotti, Chiara Zenobi e Claudio Alberto, accusati di terrorismo, e assolti perché il fatto non sussiste, non è piaciuta ad Anonymous.

Nella tarda mattinata di oggi, la Corte li ha infatti condannati a 3 anni e 6 mesi di carcere per il reato di danneggiamento di un compressore la notte tra il 13 e il 14 maggio del 2013 nel cantiere di Chiomonte. Condanna per molti comunque troppo dura e che, come detto, non è andata giù agli hackers di Anonymous, che per questo hanno attaccato al sito della Procura di Torino, ora  bloccato.

TAV, LA POLIZIA CONTROLLA I PENDOLARI ALLA STAZIONE: IN RITARDO I TRENI DIRETTI IN VAL SUSA

BY  – PUBLISHED: 12/17/2014 
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In vista del raduno dei No Tav in programma tra poco a Bussoleno, ci sono ritardi sulla linea ferroviaria Torino-Bardonecchia, ma non si tratta di sabotaggi o dei soliti guasti. Lo segnalano a ValsusaOggi alcuni pendolari che sono sul treno con partenza da Porta Nuova delle ore 16.20, partito in ritardo 40 minuti dopo, solo alle ore 17, a causa dei controlli effettuati in stazione dalla polizia.

“Gli agenti stanno controllando decine di giovani che prendono questo treno – spiegano i pendolari – e siamo partiti da Torino alle 17. Forse pensavano di trovare qualche cosa di strano, invece era tutto a posto”. Il treno è partito da Torino solo un quarto d’ora fa.

Una scelta forse dettata dai timori che a Bussoleno possano esserci problemi: “Però che si tratti di guasti e disservizi di Trenitalia, o controlli delle forze dell’ordine, alla fine chi ci rimette siamo sempre noi” spiegano i pendolari.

Intanto, a Bussoleno si stanno già radunando decine di manifestanti.

Non ha soldi per il ticket, niente analisi al figlio

il compagno Alessandro Volpi, sindaco di Massa ha detto qualcosa? No, perché avrebbe dovuto intervenire? Mica fa parte della categoria degli ultimi, non c’è il busco su certe categorie, perciò non interessano alla regione da sempre amministrata DAI GIUSTI. Anzi che brutto esempio questa donna, evasora!!
Il massimo gesto di solidarietà dalle autorità dei giusta sarà il sequestro del figlio se non è in grado di provvedere a lui. 

Massa, la madre avrebbe dovuto pagare 38 euro, ma non li aveva. Si è offerta di pagare all’atto del ritiro dei risultati ma il prelievo al bambino di 9 anni è stato ugualmente rifiutato
16 dicembre 2014

cup
Il Cup di Massa
MASSA. Al Cup di Massa hanno rifiutato di fare le analisi del sangue a un bambino di 9 anni, perchè la madre non aveva i soldi per pagare il ticket di 38 euro. “Volevo firmare un’autocertificazione – racconta – con la quale mi impegnavo al pagamento del ticket al ritiro delle analisi, ma mi è stato detto che non era possibile”. Pensava di non dover pagare nessun ticket avendo un Isee inferiore a 36 mila euro l’anno, ma al Cup non risultava, e quindi le è stato richiesto il pagamento del ticket. Non avendo soldi con sé, le analisi al figlio, prescritte da un pediatra, le sono state negate.
 
“Se è andata veramente così – spiega Enrico Raggi, responsabile dei Cup per la Asl 1 di Massa Carrara – le addette hanno sbagliato, perchè la procedura vuole che in casi specifici si debba avvertire il responsabile del distretto e chiedere come doversi comportare. In questo caso – continua Raggi – le analisi a un minore sarebbero certamente state consentite, e la madre avrebbe avuto la possibilità di pagare al loro ritiro”.
 
Questo è l’ennesimo episodio nel giro di pochi mesi che mette in cattiva luce la Asl di Massa Carrara: la scoperta della tana di topi nel controsoffitto dell’ospedale di Massa, con chiusura temporanea per settimane delle sale operatorie; il caso della pinza chirurgica da 14 cm dimenticata nell’addome di un paziente e la morte improvvisa di un anziano, trovato morto nel letto di ospedale da un parente.