Sarà più facile dichiarare guerra

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EDITORIALE

—  Francesco Vignarca, 12.12.2014

La noti­zia si dif­fonde timi­da­mente, anche gra­zie alla recente pre­sen­ta­zione di emen­da­menti alla Camera dei Depu­tati: ma con gli altri impor­tanti temi sul tavolo poli­tico, il rilan­cio fatica ad uscire dalla sor­dina. Eppure stiamo par­lando di una modi­fica costi­tu­zio­nale che va addi­rit­tura a toc­care la deli­be­ra­zione dello stato di guerra. È una delle con­se­guenze dirette della Riforma Costi­tu­zio­nale Boschi con il rior­dino delle attri­bu­zioni par­la­men­tari voluto da Renzi. Ciò in auto­ma­tico tocca tutte quelle fun­zioni ora attri­buite in modo pari­te­tico alle due Camere, tra cui appunto la pos­si­bi­lità di dichia­rare guerra pre­vi­sta dall’Articolo 78 della Costi­tu­zione repub­bli­cana. Una scelta che dav­vero spiazza, con­si­de­rato che comun­que il Senato — cosid­detto delle auto­no­mie — non è stato can­cel­lato e che anche da esso pas­serà, ad esem­pio, la pro­ce­dura di ele­zione del Pre­si­dente della Repub­blica. Per la quale con­ti­nuerà a valere la regola di una mag­gio­ranza qua­li­fi­cata, men­tre invece si potrà deci­dere di ini­ziare una guerra con uno Stato estero solo con il voto della Camera dei Depu­tati e addi­rit­tura a mag­gio­ranza semplice.

Pare pro­prio che qual­siasi ten­ta­tivo di modi­fica, che sia per inse­rire nuo­va­mente anche il Senato nella deci­sione o quan­to­meno per innal­zare il quo­rum neces­sa­rio alla dichia­ra­zione, verrà respinto dal Governo Renzi alla Camera, dove la discus­sione giace attual­mente in Com­mis­sione Affari Costi­tu­zio­nali, come già suc­cesso al Senato. Il risul­tato, per certi versi para­dos­sale, sarebbe quello di avere un accesso più facile ad una deci­sione grave come que­sta, addi­rit­tura ren­den­dola meno dif­fi­cile da pren­dere della già nomi­nata ele­zione del Capo dello Stato. Inol­tre l’effetto com­bi­nato con la riforma della legge elet­to­rale, anch’essa sul tavolo par­la­men­tare, ci potrebbe pro­iet­tare in una situa­zione per cui una mino­ranza non solo dell’elettorato ma anche del totale dei voti espressi, gra­zie al pre­mio di mag­gio­ranza, potrebbe per­met­tersi una dichia­ra­zione di guerra in asso­luta auto­no­mia rispetto al resto del Paese.

Chia­ra­mente non stiamo dicendo che la riforma isti­tu­zio­nale attual­mente in discus­sione abbia come obiet­tivo prin­ci­pale quello di per­met­tere ad un pros­simo governo di poter andare a far la guerra facil­mente in giro per il mondo… Ed oltre­tutto è ormai pas­sato il tempo in cui i con­flitti bel­lici veni­vano dichia­rati for­mal­mente dagli amba­scia­tori, con una sorta di antico gala­teo tra Stati. Ormai viviamo in un mondo dalla con­flit­tua­lità liquida e dif­fusa, in cui la parola d’ordine per le fri­zioni politico-economiche è «bassa inten­sità» con il minore coin­vol­gi­mento pos­si­bile degli appa­rati pub­blici e sta­tali. Eppure dal punto di vista squi­si­ta­mente poli­tico si tratta di un pas­sag­gio pro­ble­ma­tico e non banale. Per­ché ancora una volta, come accade per molte altre que­stioni fon­da­men­tali nella vita del Paese e dei suoi Cit­ta­dini, si impo­ve­ri­sce il con­fronto poli­tico ridu­cendo la que­stione ad una deci­sione presa in ambiti ristretti e con una estre­miz­za­zione dell’idea di «ver­tice». Si con­ti­nua insomma verso quella voca­zione lea­de­ri­stica che ha dro­gato la poli­tica ita­liana negli ultimi anni per cui tutto appare sacri­fi­cato all’altare della cosid­detta «gover­na­bi­lità» o meglio ancora del deci­sio­ni­smo. Anche su un tema, come quello della guerra e della pace, in cui invece la rifles­sione calma e appro­fon­dita dovrebbe essere natu­rale ed imprescindibile.

Una modi­fica di pro­spet­tiva che sta avve­nendo ad un secolo esatto di distanza dal primo con­flitto mon­diale: la san­gui­nosa Grande Guerra di cui tutti oggi ricor­dano orrori e distru­zioni. Ma forse que­sto ricordo è cele­brato solo per­ché siamo (solo in Ita­lia) tran­quil­la­mente lon­tani nel tempo da morti, san­gue, fame e con­se­guenze nega­tive. Vogliamo dav­vero un modello di società in cui le deci­sioni più gravi ed impor­tanti ven­gano prese in poco tempo e sulla base di un man­dato con­fe­rito da una mino­ranza del Paese? Spe­riamo pro­prio di no. Ed anche per que­sto sarà oppor­tuno che il mondo della Pace e della non­vio­lenza si fac­cia sen­tire con forza su que­sto enne­simo ten­ta­tivo pastic­ciato di inde­bo­lire i capi­saldi della nostra Carta Costituzionale.

Sarà più facile dichiarare guerraultima modifica: 2014-12-14T17:48:08+01:00da davi-luciano
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