Pasolini, Longanesi e la sinistra degli arricchiti

purtroppo per le sinistre gli ultimi non sono i disoccupati senza reddito di cittadinanza, non sono i cassintegrati o coloro in liste di mobilità, non sono gli sfrattati e le famiglie che vivono in macchina, non sono quel 70% di pensionati con un’entrata sotto i mille euro. Gli utlimi per la sinistra non sono gli operai che si vedono chiudere l’azienda o licenziare. Basti pensare all’opposizione alla precarizzazione che va avanti imperterrita senza alcun ostacolo. Il sistema concede di fare qualche sfilata ogni tanto per consentire loro di salvarsi la faccia e gestire il malcontento. Non esistono, sono invisibili perché la povertà indigena non esiste, gli italiani sono solo  evasori.

Han detto chi rappresentano a gran voce, come dimostra lo scandalo degli appalti di Roma capitale.

La sinistra italiana, o presunta tale, ha sacrificato il contadino per il docente universitario e le sue lezioni. Ha venduto l’osteria per la platea alla Leopolda. Ha snobbato il mercato rionale per abbracciare BlackRock. Questa non è una sinistra, non è la sinistra di un Pasolini.

LA REDAZIONE – 22 NOVEMBRE 2014

Di Alessandro Catto

Proprio pochi giorni fa, Vittorio Sgarbi, ospite di una trasmissione mattutina di La7, è intervenuto in maniera efficace sul nuovo corso della Lega Nord. Nei pochi minuti della durata del suo intervento è stato capace di spiegare le motivazioni della forte crescita nei consensi del Carroccio in questi giorni, e di gettare contemporaneamente un’ombra di discredito piuttosto pesante sui partiti di sinistra di oggi. L’aspetto emblematico e altresì paradossale è che un apprezzamento delle tematiche salviniane è possibile, e Sgarbi ce lo dimostra, facendosi carico del lascito ideologico non di intellettuali di Destra, bensì di alcuni dei personaggi che più di tutti hanno caratterizzato la storia della Sinistra in Italia, primo tra tutti Pasolini.
L’intervento di Sgarbi metteva in luce, infatti, la capacità della Lega Nord e dei suoi esponenti di farsi portatori oggi più che mai di istanze popolari, di dare voce al popolo. Il miglior alleato della Lega in Romagna, oggi, pare essere quel Casadei che attraverso la sua musica ha dato fiato all’amore per la propria terra, per le proprie tradizioni e la propria cultura. Quel Casadei simbolo rusticano di un patriottismo sano, col sorriso, di quel senso di appartenenza e identità che oggi a sinistra pare non trovare più posto. Pare trovare invece posto in questa Lega Nord, una Lega pasoliniana come la definisce Sgarbi, capace di difendere tipicità, tradizioni, eccellenze. Capace di farsi portatrice di senso di appartenenza, di cui le persone hanno bisogno oggi più che mai. Capace di ribadire la propria provenienza popolare, di sapersi aggrappare ad un mondo che si vorrebbe in tutta fretta far scivolar via. Il Carroccio oggi è una sorta di confidente di ciò che il paese vorrebbe tornare ad essere e anche di ciò che più teme, un confidente al quale si può raccontare tutto, anche se politicamente scorretto. Dalla festa di quartiere alla cucina tipica, dai dialetti al sorriso in osteria fino alla battuta tra paesani, la Lega sa esserci, e questa è una delle sue grandi forze, quella che le ha permesso di superare malversazioni, mal gestioni e scandali, e di presentarsi oggi ancora più radicata in un tessuto sociale italiano sempre più in crisi, non solo economica ma anche ideologica.
Crisi ideologica che coinvolge in primo piano moltissimi partiti, che coinvolge in primo piano la sinistra. Torniamo, per esempio, a Pasolini. Cosa direbbe oggi Pasolini di partiti come il PD, o Sel? A dispetto di ciò che credono i militanti e i simpatizzanti di queste forze, ne sarebbe, probabilmente, schifato. Non solo per gli scandali, per i malaffari, per la posizione prona nei confronti della politica estera a stelle strisce. Non solo per questi, che sono effetti, ma ne sarebbe schifato in primis per le cause. Sarebbe schifato dal depauperamento ideologico che ne sta alla base, dalla totale incapacità di parlare al popolo e alla sua miseria.
La miseria di cui parlava pure un Longanesi, la miseria che conserva, dignitosa, saperi e arti, bellezze, tipicità. La sinistra di oggi queste tipicità le calpesta in nome del Verbo della globalizzazione economica e non, dell’indistinto e dell’appiattimento morale, etico e personale. La transessualità dei valori in una sinistra colma di ipocrisie, figlia di rinnegazioni e cambi di nome, di posizione, di programma. Svenduta a sé stessa, divisa e incapace di rendersi popolare, ferma a combattere battaglie a scapito della popolazione, forte soltanto della propria, autoreferenziale, dittatura culturale. In una spirale di esterofilia, europeismo a tutti i costi, buonismo spicciolo ed inglesismi questa sinistra non è più capace di parlare il dialetto, di interloquire con la miseria, di parlare ai ceti più indifesi, ai piccoli artigiani, ai disoccupati. Una incapacità che si estende pure ai lidi estremi di tutto il panorama della sinistra, e che tocca anche partiti come Rifondazione Comunista o l’esperimento L’Altra Europa. L’incapacità, pur in un periodo di crisi, di una sinistra che per tornare veramente tale dovrebbe ripensare alla base il proprio rapporto con il paese. Paese inteso come insieme di abitanti, ma anche di tradizioni, culture, ricchezze. Pasolini con i ragazzi di vita delle borgate e dei rioni parlava, interloquiva, li ascoltava e sapeva capire. Non li bollava come razzisti, non li etichettava come invece si fa a gara a fare oggi.

Il linguaggio del ragazzo di borgata ma anche del contadino o dell’operaio non è quello di una Barbara Spinelli, quello di un Oggionni, di un Vendola, di una Annunziata, di un Migliore. E’ un linguaggio semplice, schietto, diretto, campestre, orgoglioso di essere politicamente scorretto. La sinistra italiana, o presunta tale, ha sacrificato il contadino per il docente universitario e le sue lezioni. Ha venduto l’osteria per la platea alla Leopolda. Ha snobbato il mercato rionale per abbracciare BlackRock. E se permettete questa non è una sinistra, non è la sinistra di un Pasolini. E’ un contenitore amorfo, dal quale è giusto staccarsi se, coscientemente, si continua a voler difendere il più debole, e se si continua a preferire il contadino al professorone. Una sinistra arricchita male, ipertrofizzata col nulla e cresciuta peggio, oggi antipopolare come mai lo è stata in passato. E’ una sinistra da cui in primis si sarebbe staccato un Pasolini.
http://www.lintellettualedissidente.it/italia-2/pasolini-longanesi-e-la-sinistra-degli-arricchiti/

Pasolini, Longanesi e la sinistra degli arricchitiultima modifica: 2014-12-08T10:45:58+01:00da davi-luciano
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