L’EUROPA LEGALIZZA LA PEDOFILIA CON UN TRUCCO: E L’ITALIA ESEGUE GLI ORDINI

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Redazione | 25-11-2014

di Gianni Lannes

fonte: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2013/10/leuropa-legalizza-la-pedofilia-con-un.html

Per l’Europa dei banchieri, dei politicanti prezzolati e dei burocrati, la nuova regola – verniciata con un sedicente ideale – da imporre a tutti i popoli del vecchio continente è inquietante: è lecito il sesso tra adulti e bambini. Non ci credete? Allora provate a leggere nell’idioma che preferite la Raccomandazione CM/Rec (2010) 5 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. All’articolo 18 c’è scritto testualmente:
«Gli Stati membri dovrebbero assicurare l’abrogazione di qualsiasi legislazione discriminatoria ai sensi della quale sia considerato reato penale il rapporto sessuale tra adulti consenzienti dello stesso sesso, ivi comprese le disposizioni che stabiliscono una distinzione tra l’età del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra eterosessuali; dovrebbero inoltre adottare misure appropriate al fine di abrogare, emendare o applicare in modo compatibile con il principio di non discriminazione qualsiasi disposizione di diritto penale che possa, nella sua formulazione, dare luogo a un’applicazione discriminatoria».

Detto e fatto. L’Italia ha aderito prima di tutti. Infatti, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), istituito all’interno del Dipartimento per le Pari Opportunità, ha pubblicato le linee guida di una Strategia Nazionale LGBT per l’applicazione dei princìpi contenuti nella suddetta Raccomandazione. Protagonista indiscussa dell’operazione, il ministro del Lavoro con deleghe per le Pari opportunità Elsa Fornero che ha disposto due Direttive (2012 e 2013).

Ora, secondo il nostro ordinamento (articolo 606 quater codice penale), l’età del consenso (fissato in Italia a 14 anni) è la determinazione dell’età minima per disporre validamente della propria libertà sessuale e vi sono alcune condotte per le quali è dirimente il suo raggiungimento al fine di configurare o meno una condotta penalmente rilevante: minore di 13 anni: il consenso non viene considerato valido, indipendentemente dall’età dell’autore dei fatti; tra i 13 e i 14 anni: il consenso non è ancora considerato pienamente valido, ma esiste una causa di non punibilità nel caso in cui gli atti sessuali vengono compiuti consenzientemente con un minore di 18 anni, purché la differenza di età tra i due soggetti non sia superiore a tre anni; tra i 14 e i 16 anni: viene considerato validamente espresso il consenso, salvo che l’autore dei fatti sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore ovvero conviva con il minore, o che il minore gli sia stato affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia; tra i 16 e i 18 anni: viene considerato validamente espresso il consenso, salvo che il fatto venga compiuto con abuso di potere relativo alla propria posizione da una delle figure citate nel punto precedente.

La ratio della legge e di tutta la relativa giurisprudenza è pertanto quella secondo cui al di sotto di una certa soglia d’età minima (14 anni) «la violenza (da parte del maggiorenne) è presunta in quanto la persona offesa è considerata immatura ed incapace di disporre consapevolmente del proprio corpo a fini sessuali». Ora questa Raccomandazione europea, prontamente recepita dal, governo tricolore, auspica l’azzeramento di ogni distinzione d’età – in Italia come negli altri Paesi – col grave rischio di considerare domani lecite condotte oggi costituenti reato in un progressivo scivolamento culturale e giuridico verso il basso.
Se il criterio per considerare lecito e normale – e pertanto generatore di diritti – qualsiasi tipo di unione sessuale ed affettiva è la libertà ed il libero consenso delle parti, dopo aver sdoganato penalmente e quindi culturalmente i rapporti tra maggiorenni e minori anche di anni 14, si passerà a sdoganare l’incesto (che già oggi è reato solo in caso di pubblico scandalo) e la poligamia, in modo tale da richiedere per entrambi il riconoscimento giuridico con relativi diritti.
Se, infatti, l’ unico imperativo morale è la libertà che non può essere conculcata da nessun principio o legge naturale, non si vede perché un domani, in base a tali presupposti, due o tre donne consenzienti non potranno sposarsi con un uomo o viceversa (e quindi pretendere gli stessi diritti delle obsolete e banali famiglie monogamiche ed eterosessuali tradizionali) o un nonno sposarsi con la nipote consenziente o un padre con la figlia. Ciò che può apparire una provocazione, ma che sul piano logico-giuridico non lo è affatto, si spera sia sufficiente ad evidenziare la folle antropologia che sta alla base di tali documenti.

Per adeguarsi a questi deliranti programmi, il documento dell’UNAR impone l’obbligo di considerare l’omosessualità equivalente all’eterosessualità in tutto e per tutto, senza ammettere alcun dubbio. Anzi, tutto ciò che non rimanda a una piena approvazione di ogni diritto richiesto dalla comunità di lesbiche, gay, bisessuali e trans (LGBT) è automaticamente considerato omofobia, rientra cioè in quei “pensieri dell’odio” che la legge punisce severamente. In pratica è obbligatorio – per legge – pensare che le relazioni omosessuali siano una pratica assolutamente naturale e, perciò, sia anche sacrosanto il matrimonio tra persone dello stesso sesso, perché come radice dell’omofobia viene indicato l’eterosessismo, vale a dire il pensare che solo il rapporto eterosessuale sia naturale.

Paradossalmente siamo all’inversione per legge di ogni diritto naturale. Siamo arrivati al punto che gli eterosessuali, coloro che giudicano innata e regolare la sessualità praticata tra individui di genere diverso, sono diventati soggetti malati o da rieducare.

“Gli omofobi sono cittadini meno uguali degli altri”. Lo ha detto Piero Grasso, presidente del Senato, partecipando ad una iniziativa in Senato in occasione della giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia.

“Una corretta educazione su questi temi – ha sostenuto l’ex magistrato – la dobbiamo fare soprattutto per chi soffre di questa “malattia”, per chi vive male, sopraffatto da un’irrazionale paura, dal terrore di uscire di casa, dall’ansia di avere tra i suoi compagni di scuola, di lavoro, tra i suoi amici, i suoi familiari, una persona omosessuale. Diciamocelo, sono cittadini meno uguali degli altri, sono chiusi nel loro guscio, si frequentano solo tra loro, non allargano i loro orizzonti né il loro cerchio di amicizie. Temono i viaggi all’estero, le feste, gli studentati all’università, gli spogliatoi delle palestre. E’ un problema sociale che dobbiamo affrontare davvero, da subito, a partire dai più giovani. Dobbiamo farlo insieme, le istituzioni con le associazioni”.

Affermazioni farneticanti? Sono forse l’inquietante segnale di quanto sia degenerata la situazione e di quanto sia diffusa ormai l’irragionevolezza su tale questione a tutti i livelli, istituzionali, politici e massmediatici. Non a caso si fa riferimento a “incitamenti all’odio e alla discriminazione che permangono nelle dichiarazioni provenienti dalle autorità pubbliche e da alcuni rappresentanti delle istituzioni politiche ed ecclesiastiche veicolate costantemente dai media italiani” che violerebbero spesso e volentieri questo punto, solo in quanto costoro rimangono fermi nella preferenza verso una sessualità non deviata e non uniformante a quella gay. E si preannunciano restrizioni alla libertà di esprimere opinioni non conformi, ovvero persino alla libertà di “avere opinioni” proprie.

La scuola sarà il principale teatro di operazioni per la creazione del nuovo cittadino con una nuova coscienza antidiscriminatoria mediante il cambiamento dei programmi scolastici e l’indottrinamento forzato per promuovere lo stile di vita LGBT. I cardini di questa iniziativa sono, ad esempio, l’ampliamento delle conoscenze e delle competenze di tutti gli attori della comunità scolastica sulle tematiche LGBT; il favorire l’empowerment delle persone LGBT nelle scuole, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni; il contribuire alla conoscenza delle nuove realtà familiari, per superare il pregiudizio legato all’orientamento affettivo dei genitori e per evitare discriminazioni nei confronti dei figli di genitori omosessuali; la realizzazione di percorsi innovativi di formazione e di aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni sulle materie antidiscriminatorie, con un particolare focus sul tema LGBT e sui temi del bullismo omofobico e transfobico; l’integrazione delle materie antidiscriminatorie nei curricula scolastici; il riconoscimento presso il Ministero dell’Istruzione delle associazioni LGBT; corsi di approfondimento che daranno crediti formativi. Inutile dire che è previsto che siano direttamente le associazioni LGBT a gestire i corsi di istruzione sul tema. Le scuole divengono in tal modo campi di rieducazione in chiave omosessuale e di sdoganamento della pedofilia, le palestre dell’umanità del terzo millennio decadente e promiscua.

Per quanto riguarda il mondo del lavoro il discorso è analogo, con l’aggiunta di corsie preferenziali per l’assunzione e la formazione di personale LGBT (dopo le quote rosa anche quelle arcobaleno) e di formazione per tutti i lavoratori sul tema per cancellare ogni residua resistenza. Corsi di formazione e iniziative varie che saranno finanziate con i fondi strutturali europei, vale a dire con i soldi, in massima parte, della Commissione Europea, ossia le nostre tasse. Questo indottrinamento è previsto poi per categorie specifiche che svolgono nel sociale particolari attività, dai giornalisti, ai tutori dell’ordine pubblico, al personale carcerario.
Inoltre, è prevista un’inquietante “cabina di regia”: il “Sistema integrato di governance”, composto da UNAR, organizzazioni di gay e lesbiche, diversi ministeri, Ordine dei Giornalisti, sindacati. In tal modo il 20 novembre 2012 è stato costituito il Gruppo Nazionale di Lavoro LGBT.
La Raccomandazione del Consiglio d’Europa che è alla base della Strategia Nazionale è infatti un protocollo cui si aderisce su base volontaria; non c’è alcun obbligo politico di recepirlo. E quindi è possibile per un nuovo governo ritirarsi dal progetto in qualsiasi momento. Il ministro delle Pari Opportunità, tuttavia, Josefa Idem, nel suo breve mandato, aveva già sposato la visione più radicale degli omosessuali, dichiarando di voler procedere nella direzione del matrimonio gay e di volerlo fare anche rapidamente. Nessuna meraviglia perciò se prossimamente tra i problemi reali che affliggono il Paese, tra la disperazione dei cittadini e degli imprenditori che arrivano al suicidio, tra i drammi delle famiglie e dei lavoratori travolti dalla crisi, tra le difficoltà dell’economia e le incertezze sul futuro degli italiani, la sinistra cercherà di inserire con manovre ricattatorie e ipocrite le problematiche (dell’immigrazione e quelle) dei gay. Saremo aggrediti dalla propaganda anti-omofoba, contro gli argini tradizionali della eterosessualità additata come colpa e malattia e martellati dalle richieste per i presunti diritti degli omosessuali a sposarsi, a ottenere riconoscimenti genitoriali per adozioni o “uteri in affitto” e a porsi in concorrenza sul terreno delle tutele e delle agevolazioni con le famiglie tradizionali, senza “discriminazioni” sessiste collegate ai concetti di normalità e naturalità. L’obiettivo ultimo è intuibile: permettere che gay e lesbiche possano sposarsi tra loro, costituire delle famiglie, adottare dei bambini e un domani (molto prossimo) poter avere dei figli propri accedendo all’inseminazione artificiale in “combinato disposto” con l’utero in affitto.
Ma cosa vuol dire discriminare? Vuol dire distinguere, differenziare, scegliere. Allora la discriminazione non è un male in sé, ma lo diventa quando essa è priva di valide ragioni e di senso. Se ad esempio impediamo ad un non vedente di pilotare un aereo noi lo stiamo discriminando ma, facendolo per una più che sacrosanta ragione, quella discriminazione sarà giusta. Altrettanto non si potrebbe dire se impedissimo allo stesso soggetto di salire a bordo del velivolo come passeggero. In questo caso la discriminazione sarebbe irragionevole e quindi ingiustificata. Come comportarci, quindi, con il non vedente?
Concedendogli tutto, forzando e piegando la verità delle cose per permettergli, a discapito degli altri, anche ciò che non può fare per una presa di posizione ideologica (ovvero costruita, artificiale, creata dall’uomo) o assecondando e sottomettendoci tutti alla realtà dei fatti e della natura? Perché allora non permettere che una coppia omosessuale possa sposarsi, adottare o avere dei propri figli? Perché discriminarli? Perché la “scelta”, la “distinzione”, la “discriminazione” è stata operata dalla natura? Essa ha scelto che un bambino possa nascere unicamente dall’unione di un uomo e una donna e che quell’ambiente familiare sia l’unico adeguato ad uno sviluppo ed una crescita psichica sana, positiva.
Cosa fare allora? Coartare, forzare, sottomettere la natura per dare a tali soggetti anche ciò che non gli appartiene, per permettergli ciò che non possono, o adeguarsi alla verità del concreto e del reale?
La storia ha più volte tragicamente insegnato che quando l’essere umano ha tentato di azzerare la realtà e la natura stessa dell’uomo per piegarla e sottometterla a una sua idea e visione del mondo “perfetto” ha dato vita ai peggiori abomini e crimini dell’umanità. Al contrario dell’omofilia, la pedofilia viene invece vista, giustamente, come un crimine spaventoso. A causa di questa contrapposizione tra un’omofilia (teorica e pratica) “buona” e una pedofilia “cattiva”, diventa difficile riflettere su un dato lampante: gran parte degli atti di pedofilia sono atti di pedofilia omosessuale. Sono cioè molto più frequenti le violenze subite da bambini maschi di quelle subite da bambine (in un rapporto, secondo le ricerche di Philip Jenkins sulla pedofilia di preti e pastori protestanti negli Usa, di circa 8 a 2). Mentre spesso si sottolinea il legame tra celibato ecclesiastico e pedofilia (che non è particolarmente significativo, dato che moltissimi pedofili sono sposati), si parla pochissimo di quello tra omosessualità – o bisessualità – e pedofilia, perché il conformismo dell’ideologia dominante e il “terrorismo intellettuale” di un movimento omosessuale sempre più aggressivo impediscono una seria riflessione al riguardo.
Eppure, basterebbe rileggere alcune delle affermazioni, passate e presenti, di numerosi esponenti del movimento omosessuale, per renderci conto che questo rapporto c’è, ed è significativo. Uno dei fondatori e teorici del movimento omosessuale italiano, Mario Mieli, così scriveva nel suo libro, del 1977, “Elementi di critica omosessuale” (pubblicato da Feltrinelli):
«Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica».

In tanta lucida follia, è stato quindi lo stesso Mieli a descrivere, oscenamente ma sinceramente, il rapporto che lega “le checche”, “i pederasti”, alla pedofilia. A questo signore, che tra l’altro si definiva anche “coprofago” (amava nutrirsi di escrementi) è intitolato un noto circolo di “cultura omosessuale” a Roma. Ciò ci spiega come ancora oggi il movimento omosessuale lo ritenga un pioniere e un punto di riferimento teorico.
Forse meno influente di Mieli, ma senz’altro più popolare alla platea televisiva, è Aldo Busi, lo scrittore omosessuale dichiarato e militante. Qualche anno fa, sulla rivista omosessualeBabilonia, il gayBusi pubblicò un articolo intitolato “Scusi mi dà una caramella?” in cui, tra le altre cose, chiosava le seguenti affermazioni:
«Che sarà mai se un ragazzino di 5 o 10 o 12 anni fa una sega a uno più in là negli anni o se la fa fare?… Un bambino senza curiosità sessuali è un bambino già subnormale… All’offerta sessuale del bambino bisogna che l’adulto responsabile dia una risposta sensuale e non una risposta astratta a base di rimproveri, ammonizioni e di sfiducia… Se per fare questo gli prende in mano il pisello o le si accarezza la passerina – gesti che io non ho mai fatto comunque con nessuno: sarà per questo che tutti i bambini e le bambine della mia vita mi hanno girato le spalle per sempre – che sarà mai?».
Parole rivoltanti, che affermano forse l’estraneità dell’omosessuale militante Busi dalla pratica pedofilica, ma anche la sua disgustosa giustificazione del fenomeno. Non solo di giustificazione teorica della pedofilia, ma anche della sua orribile pratica dà testimonianza è il libro Gran bazar, un volume pubblicato nel 1975 da Daniel Cohn Bendit, protagonista del Maggio francese, bisessuale, strenuo difensore dei “diritti gay”, già capogruppo dei Verdi al parlamento europeo.

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=cohn+bendit

Argomenta così Cohn Bendit, narrando delle sua esperienze di maestro in un asilo autogestito:
« Il mio costante flirt con tutti i bambini assunse presto connotazioni erotiche. Potevo veramente sentire come all’età di 5 anni le piccole avevano già imparato a corteggiarmi. La maggior parte delle volte mi sentivo senza difese. Mi accadde diverse volte che i bambini mi aprissero la patta dei pantaloni e cominciassero ad accarezzarmi… Ma quando continuavano e insistevano io cominciavo ad accarezzarli».
Era la Francia degli anni Settanta, in cui Sartre, la de Beauvoir, Foucault (il filosofo omosessuale che teorizzava la “pedofilia dolce”), Jack Lang e altri firmavano petizioni a favore della liberalizzazione dei rapporti sessuali con i minori.
Certo, non tutti i teorizzatori della “normalità” della pedofilia sono omosessuali. In Italia Daniele Capezzone, già portavoce del Pdl, così commentava nel 1998 la decisione dei radicali di promuovere il convegno “Pedofilia e Internet”:
«Al pari di qualunque orientamento e preferenza sessuale, la pedofilia non può essere considerata un reato».
Nichi Vendola in una memorabile intervista a La Repubblica (“Il gay della Fgci”, pubblicata il 19 marzo 1985, – giorno della festa del papà – a pagina 4) così si era espresso:
«Non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro o con gli adulti – tema ancora più scabroso – e trattarne con chi la sessualità l’ha vista sempre in funzione della famiglia e della procreazione».
La rileggiamo. Dice esattamente così: «diritto dei bambini ad avere una sessualità tra loro o con gli adulti».
Possibile? In realtà il ragionamento non è nuovo, si trova in tutti i siti di pedofilia. Primo: nei bambini la sessualità si sviluppa molto prima di quanto non si creda. I più coraggiosi fissano anche l’età: 10-11 anni. Dunque, se la sessualità infantile si sviluppa così presto, è lecito considerare i bambini, anche a livello sessuale, al pari degli adulti. E parlarne. Semplice e chiaro. La dichiarazione, riportata da un quotidiano nazionale non da un bollettino qualunque, non suscita scalpore.

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/03/19/il-gay-della-fgci.html

Solo Vittorio Feltri sul quotidiano Libero ha colto nel segno quando ha scritto: «C’è una lobby che difende i pedofili. Non immaginiamoci una massoneria segreta. La ragione sociale di questa combriccola è far sì che l’attrazione verso i bambini sia considerata, almeno giuridicamente, un orientamento sessuale lecito come un altro. In Parlamento o altrove, dovunque si è missionari di questa idea. A questo livello, oggi, si gioca la battaglia. Il modo è semplice: visto che l’omosessualità è socialmente – e giuridicamente – riconosciuta, basta assimilare ad essa la pedofilia e il gioco è fatto. Non c’entrano destra o sinistra. Si tratta di solidarietà tra chi la pensa allo stesso modo. Chi denuncia queste trasversalità, viene zittito».

Vendola ai giorni nostri ha negato pubblicamente di aver pronunciato quella frase, però La Repubblica non ha mai ricevuto né pubblicato una lettera di smentita o comunque di rettifica da parte di Vendola. Comunque pochi mesi dopo, ovvero il 6 maggio 1985 (pagina 4), la rivistaNuova Solidarietà riporta la stessa frase e sempre attribuita a Nichi Vendola. Citiamo di nuovo e la fonte, questa volta, non è La Repubblica: «diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti sessuali con gli adulti».
L’avrebbe pronunciata davanti all’assemblea dei militanti della Fgci quando, nel marzo del 1985, venne eletto membro della segreteria nazionale. Dunque due testi, diversi e indipendenti tra loro, riportano lo stesso episodio. Evidentemente non fu solo il giornalista di Repubblica a capire male. Poco tempo fa lo stesso Vendola – fidanzato con un compagno canadese – ha dichiarato in un’intervista a Luca Telese: “Voglio un figlio”. Ma voi l’affidereste un bambino a Nichi Vendola?
Non è tutto. Ecco il fil rouge.  Dopo: il 24 ottobre del 1996 viene presentata in Parlamento una proposta di legge (numero 2551). Chi è il primo firmatario? Nichi Vendola. Il testo è agli atti. Si chiede di modificare la legge del 25 giugno 1993 «in materia di discriminazione». In pratica si propone di estendere le norme anti-discriminatorie già presenti per quanto riguarda la razza, l’etnia, la nazionalità e la religione, all’«orientamento sessuale». L’intento è nobile. Vuol dire non discriminare chi ha propensioni sessuali diverse dalla media. E chi non è d’accordo? Peccato che tra le righe passi un concetto pericoloso. Non a caso, quando in commissione venne discusso il testo, si scatenò una feroce polemica proprio su questa definizione: «orientamento sessuale». Un parlamentare di An accusò: in questo, modo si finisce per legalizzare la pedofilia.

E ancora: c’è la politicante Rosi Bindi appena nominata presidente della commissione parlamentare antimafia, e le sue relazioni con la comunità del Forteto in Toscana, dove minori hanno subito violenze e abusi sessuali.
Per la cronaca, secondo i dati ufficiali (sottostimati) del ministero dell’Interno in Italia scompaiono circa 2 mila bambini ogni anno, tanti dei quali oggetto di merce sessuale per adulti depravati che spesso, risiedono indisturbati e impuniti ai piani alti del potere. e delle gerarchie militari nonché giudiziarie.

http://www.pariopportunita.gov.it/images/strategianazionale_definitiva_29aprile.pdf
http://www.coe.int/t/dg4/lgbt/Source/RecCM2010_5_IT.pdf
http://www.europeanrights.eu/index.php?funzione=S&op=3&id=288
http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/bandi-e-avvisi/47-avvisi/2187-contrasto-alle-discriminazioni-al-via-la-manifestazione-dinteresse-rivolta-alle-associazioni-per-la-definizione-del-programma-del-consiglio-deuropa
http://www.pariopportunita.gov.it/images/stories/documenti_vari/UserFiles/Il_Dipartimento/bandi_avvisi/UNAR_decreto_rep.175_20giugno2012.pdf
http://www.pariopportunita.gov.it/images/stories/documenti_vari/UserFiles/Il_Dipartimento/bandi_avvisi/ALLEGATO_A_decreto%20rep.%20175%20del%2020%20giugno%202012.pdf
http://www.risorselgbti.eu/sito_statico/pdf/summary_ita_13-02-13.pdf
http://www.articolo29.it/documentazione-giuridica/comitato-dei-ministri-del-consiglio-deuropa-raccomandazione-cmrec20105-del-comitato-dei-ministri-agli-stati-membri-sulle-misure-per-combattere-le-discriminazioni-in-ragione-dellorientamento-sess/
http://www.csm.it/CCJE/pdf/CMREC201012I.pdf
http://www.puta.it/blog/documenti/Elementi_di_critica_omosessuale.pdf
http://www.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/sk3000/frontesp/2551.htm
http://www.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/sk3000/articola/2551.htm
http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1079714/Vendola-si-confessa–il-mio-sogno—Adesso-voglio-un-figlio.html
http://www.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/sk3000/relazion/2551.htm
http://www.consiglio.regione.toscana.it/upload/9/CM28/evidenze/evi214.pdf

Pubblicato daGianni Lannes 14:41

Renzi annuncia che verrà eliminato il contante

Redazione | 21-11-2014

Renzi annuncia che verrà eliminato il contante ma nessuno se ne accorge
Di  on 21 novembre 2014

Il video in cui il Presidente del Consiglio Matteo Renzi annuncia l’eliminazione degli “scontrini”.

In un pezzo da manuale della comunicazione il Premier annuncia che verrà tolto il contante senza mai nominarlo direttamente.

Un’operazione che cambierà (in peggio) le nostre vite.

Renzi: «Verso addio agli scontrini. Serve tracciabilità totale»“, questo il titolo col quale sul Corriere della Sera è stato riportato il discorso tenuto da Matteo Renzi alla presentazione dei 100 “digital champion”. Personalmente mi sono fatto l’idea che quando qualcosa in politica viene presentato con un termine inglese nasconda una fregatura, e questa dei “digital champion” non sembra proprio fare eccezione. I campioni digitali sono stati istituito dalla UE nel 2012 e nominati per modernizzare la pubblica amministrazione e in generale l’alfabetizzazione digitale, come viene spiegato sul sito digitalchampions.it. In Italia la scelta del “Digital champion” è stata operata dallo stesso Presidente del Consiglio ed è ricaduta suRiccardo Luna giornalista di Repubblica e primo direttore di Wired Italia, questi ha poi indicato altri 100 nomi in base alle candidature giunte sul sito digitalchampions.it.

Bene, iniziativa interessante che potrebbe aiutare a informatizzare e a rendere più efficiente la pubblica amministrazione senza gravare sulle casse della Stato in quanto i “champions” non vengono retribuiti per la loro opera.  Chi potrebbe commentare negativamente un’iniziativa così?

Ecco in sintesi, dal Corriere della Sera, cosa ha detto Matteo Renzi alla presentazione:

Il premier Renzi ha approfittato dell’evento odierno per dare il suo sostegno all’intera squadra ‘digitale’ del Paese – da Luna a Poggiani passando per il consulente Paolo Barberis -, “non possiamo fallire, abbiamo i migliori in campo”, e per ribadire come l’agenda digitale non sia solo “un tema da addetti ai lavori”.

“La vera spending review è mettere online tutte le spese delle pubbliche amministrazioni”, ha dichiarato incalzando con la proposta di “eliminazione degli scontrini” e “tracciabilità totale così che l’Agenzia delle entrate non venga più avvertita come un avvoltoio sulle spalle ma come una sorta di consulente per le aziende”

Alla fine di un lungo articolo sulla modernizzazione del Paese ecco che Renzi dedica un breve passaggio alla “eliminazione degli scontrini”, un’innovazione che viene presentata come un modo per migliorare il rapporto con l’Agenzia delle Entrate che non verrà più vista come un “avvoltoio” o forse come un “gufo”, ma come una realtà amica del contribuente che verrà aiutato nell’adempimento dei propri doveri fiscali.

Analizziamo l’operazione compiuta:

1- viene costituito un gruppo di esperti per migliorare l’informatizzazione del Paese. (notizia positiva)

2- viene annunciato il superamento di un rapporto di sfiducia/controllo da parte dello Stato (notizia positiva)

3- viene detto che per ottenere il punto 2 si procederà all’eliminazione dello scontrino per ottenere la “tracciabilità totale”. (notizia criptica ma vagamente liberatoria).

Quello che non viene detto è che questo significa procedere all’eliminazione del contante, la tracciabilità assoluta e il superamento della necessità dello scontrino non si possono conseguire che eliminando la possibilità di pagare in contanti, cosa che avrebbe dovuto essere detta con chiarezza. E così senza neanche nominare il contante è stato dato l’annuncio della sua prossima eliminazione, nessuno dei lettori del Corriere che hanno commentato l’articolo (al momento sono 58 ndr) ha capito che di questo si tratta.

Quella dell’eliminazione del contante è un’idea che viene proposta in modo ricorrente, un’idea di cui ci eravamo già occupati nell’Aprile 2012 su CS in seguito alla campagna che in tal senso era stata lanciata dalla trasmisssione Report del 15 dello stesso mese.

Oggi come allora va ripetuto che il contante non è un problema perché la grande evasione non avviene con pagamenti “cash”, perché la grande evasione utilizza mezzi legali e complicemente accettati dagli Stati come ad esempio i paradisi fiscali.

Quando si usa il contante non si devono pagare commissioni alle banchecosa che invece avviene con il POS e altri mezzi analoghi. Se usiamo il contante una banconota da 100 € varrà ancora cento Euro anche dopo essere passata di mano 100 volte, se invece ad ogni operazione con il POS fosse applicata una commissione sul transito pari ad una media del 2,5% (dati riportati da Wired), dopo 25 passaggi di mano un pagamento iniziale di 100€ sarebbe ridotto a 53 Euro  circa con 47 Euro passati nelle casse delle banche. In pratica le banche disporrebbero di una vera e propria tassazione su ogni transazione, raddoppiando le tasse per i cittadini e drenando denaro che verrebbe in questo modo sottratto alle attività commerciali e soprattutto ai cittadini stessi.

L’uso di denaro elettronico sarebbe inoltre totalmente legato alla disponibilità di energia elettrica e di moderne reti di telecomunicazioni, un ipotetico black out renderebbe impossibile affrontare una situazione d’emergenza acquistando generi di prima necessità.

L’uso del denaro elettronico non eliminerebbe la possibilità di furti, comporterebbe solo che i futuri ladri saranno degli hacker.

L’uso del denaro elettronico tutelerebbe le banche dalla possibilità che i clienti possano optare per tenere una parte dei loro risparmi fuori del circuito bancario (cassaforte dentro casa o simili).

L’uso del denaro elettronico determinerebbe di fatto il controllo assoluto sulle attività dei singoli cittadini registrando ogni loro acquisto anche quando questo fosse collegato a comportamenti eventualmente ricattabili e riguardanti ad esempio la vita sessuale.

L’eliminazione del contante favorirebbe la possibile nascita di monete non ufficiali alternative e fuori controllo, qualcosa del genere dei mini assegni che cominciarono a circolare nel 1975.

L’eliminazione del contante porterebbe alla possibile nascita di fenomeni come la Borsa nera del tipo di quella nata nella II Guerra Mondiale e che ebbe l’effetto di far fiorire forme di baratto che spinsero alla miseria le famiglie che non avevano beni da barattare (vedi Wikipedia).

Di tutto questo, giusto o sbagliato che sia, oggi non si parla, si accenna solo un po’ alla futura scomparsa dello scontrino, cosa che non importa poi molto a nessuno.

Il tutto veicolato da un Presidente del Consiglio che propone la cosa in modo divertente e un po’ volutamente impacciato, negando di essere il grande comunicatore che si dice in giro. 

Non resta che ammirare un apparato di comunicazione davvero efficace. Complimenti agli spin doctors del Presidente.

Alta velocità, dai primi cittadini un esposto sui costi alla Corte dei Conti

novembre 18 2014
Un esposto sui costi della Tav alla Corte dei Conti italiana, a quella francese e alla Comunità Europea. Gli autori saranno circa venti sindaci della Valsusa contrari all’alta velocità, che vogliono far chiarezza sulle «preoccupanti anomalie» del reale peso sulle casse dello Stato della Torino – Lione.

La decisione arriva dopo la lettera dei primi cittadini della valle al premier Matteo Renzi, in cui è stato chiesto di incontrarli e dir loro il vero costo della Tav e in cui hanno argomentato che l’opera «se il Pil cresce l’opera è troppo cara, se il Pil diminuisce l’opera non serve».
L’esposto è stato affidato agli avvocati Stefano Bertone ed Emanuele D’Amico. Non solo. I sindaci hanno anche chiesto al presidente del Senato Pietro Grasso e a quello della Camera Laura Boldrini di istituire una commissione d’inchiesta parlamentare sul progetto della nuova ferrovia.

Le squadre speciali usavano la “cella zero” per violenze di ogni tipo. Ecco cosa succedeva

a. Gom

Incappucciati, spogliati nudi e azzannati dai cani di razza fino a fargli mordere i genitali. A seguito della nostra inchiesta sui Gom, i reparti speciali del corpo della polizia penitenziaria conosciuti anche per i loro metodi non propriamente democratici e civili, ci scrive l’ex detenuto Pietro Ioia che ci racconta la terribile esperienza vissuta negli anni 80 al carcere di Poggioreale.

In particolar modo ci descrive l’utilizzo della cosiddetta ”cella zero” e i metodi di tortura delle squadrette speciali, i precursori dei Gom. Erano gli anni della faida interna della criminalità organizzata campana. Una guerra tra la ”nuova camorra organizzata” di Raffaele Cutolo e la ”nuova famiglia”, la quale si combatteva anche all’interno delle carceri. Per salvaguardare la propria incolumità, ogni detenuto, anche chi non era affiliato, doveva proteggersi con la pistola e fare da sentinella armata all’interno del proprio padiglione. Per far fronte a tutto ciò, lo Stato faceva intervenire il corpo speciale della polizia penitenziaria, la quale utilizzava metodi simili alla tortura di Pinochet.

Pietro Ioia attualmente è un uomo libero e ha fondato un’associazione napoletana che si batte per i diritti dei detenuti. A primavera uscirà un suo libro intitolato L’origine e fine della cella zero, dove racconta tutta la terribile vicenda della cella utilizzata per torturare i detenuti. L’eventuale ricavato delle vendite, verrà utilizzato per aiutare i detenuti più poveri che non hanno i soldi per comprare i beni essenziali utili per sopravvivere all’interno del carcere.

Grazie alle denunce e testimonianze di Pietro Ioia, la Procura di Napoli ha aperto un’inchiesta per far luce sull’utilizzo recente della ”cella zero”. Secondo la denuncia, tale cella è stata utilizzata fino a qualche mese fa. Oggi, grazie anche al cambio della dirigenza, il carcere di Poggioreale è diventato un po’ più ”dignitoso”. A seguire, la sua lettera shock dove racconta la brutalità delle squadre speciali

Erano le 11 del mattino ed eravamo situati al terzo piano del ”padiglione Salerno” del carcere di Poggioreale. Fuori dalla mia cella si commentava il trasferimento notturno e coatto di alcuni boss mafiosi avvenuti nei giorni scorsi, quando all’ improvviso ci fu l’irruzione armata delle ”teste di cuoio” dei penitenziari, la squadretta che dopo anni verrà chiamata Gom: spararono all’impazzata verso il soffitto del padiglione e tutti noi ci rifugiammo all’interno delle nostre celle. Io mi infilai sotto al mio letto dove sentivo fischiare le pallottole fin dentro la mia cella. Il tutto durò per pochi e interminabili minuti e restammo chiusi per tutta la giornata nelle celle. La ”pace” finì presto.

Verso le 19 e 45 della stessa giornata, mentre stavamo guardando il Tg3 regionale, sentimmo delle urla strazianti in lontananza. Piano piano si fecero sempre più forti finché fu la volta della nostra cella: entrarono due uomini alti, robusti e incappucciati dove con fucili alla mano ci intimarono di spogliarci nudi. Una volta spogliati ci pestarono con il calcio del fucile e ci obbligarono ad uscire di corsa fuori dalla cella. Ad aspettarci c’erano altri uomini che ci accompagnarono con calci, pugni e manganellate giù al piano terra. A quel punto, sotto il tiro delle armi, faccia al muro fummo pestati con manganelli dietro la schiena e sui glutei. Poi ci fecero correre tra le due fila composte da giovanissimi guardie che arrivarono dalla scuola della polizia penitenziaria di Portici. Continuarono a pestarci con manganelli, pugni e, come se non bastasse, venimmo azzannati da cani di razza, i pastori tedeschi.

Ad alcuni detenuti, i cani gli morsero i genitali e rischiarono di farseli strappare. Poi di corsa, tutti tumefatti, pieni di sangue e senza alcuna assistenza medica, fummo portati giù alle compresse dove all’epoca cerano celle segrete molte ampie. Dopo due giorni, legato mani alla schiena e incappucciato, venni prelevato e portato in un ufficio. A quel punto mi fu tolto il cappuccio e vidi davanti a me molti uomini con il viso coperto. Alla domanda dove avevo nascosto la pistola, io risposi di non saperlo. Quindi mi fu rimesso il cappuccio e portato di peso al piano terra di un padiglione, mi fu tolto di nuovo il cappuccio e vidi una cella vuota con una luce rossa opaca, uno sgabello e una corda a cappio. Al tal punto io subito dissi dove nascosi l’arma e mi fu risparmiata l’ennesima tortura.

Correva l’anno 1982 ed era in corso la guerra di camorra di Raffaele Cutolo e la ”nuova famiglia”: era in quell’anno che io e molti altri detenuti abbiamo assistito alla nascita della cella zero.

*Pietro Ioia, presidente “ex detenuti organizzati napoletani”

Report del presidio al cantiere di Trasta

 

26 novembre 2014

 Genova NEWS Val Polcevera

Riceviamo e pubblichiamo

Venerdì 21

Bel pomeriggio, nonostante il tempo grigio, in quel di Trasta, davanti al campo base.

Il presidio ha occupato lo spazio intorno al cancello, appeso striscioni e manifesti sulle reti, le ringhiere ed il cancello stesso, per poi chiuderlo e bloccarlo a lungo.

Sono stati distribuito centinaia di volantini alle macchine di passaggio, in allegato il testo, mentre un gruppo di provetti imbianchini scriveva sul muraglione lungo il Polcevera “Il sabotaggio è compagno di chi lotta. Chiara,  Claudio, Mattia, Niccolò  liberi”.

Dopo le 19 fumogeni, petardi ed un fitto lancio di uova ripiene di vernice gialla e rossa regalavano immeritato brio e colore allo scempio che, il giorno seguente sotto un pallido sole, mostrava i suoi pois facendo sorridere chi si recava al volantinaggio a Pontedecimo.

Ancora una volta abbiamo capito che vivendo in prima persona i valori della resistenza, dell’amicizia, della condivisione, con gioia e traendone forza per sostenere tutti, nel rispetto dei diversi modi, si interiorizzano gli elementi fondanti del “si parte e si torna insieme”.

No Tav, (No) Terrorismo: la parola alle difese – diretta udienza 26 novembre 2014

 Un granello di sabbia nell’ingranaggio non è terrorismo, nell’intercettazione ambientale la frase “L’obiettivo era anche non fare male a nessuno” e la comprovata distanza delle molotov da agenti e operai dimostrano chiaramente che la qualificazione giuridica di quei fatti è del tutto sproporzionata.

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Nell’ultima udienza i PM hanno richiesto 9 anni e 6 mesi per Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia. Il 26 novembre la parola passerà alle difese.

Inizia la difesa, la parola all’Avv.Novaro

Credo sia facile giudicare la distanza da quei fatti chiamati terrorismo e i fatti che dovrete giudicare, una distanza enorme…. in Italia ci sono state moltemanifestazioni in solidarietà con gli imputati che vengono definiti terroristi, in Val di Susa e a Torino, il che dimostra che c’è una percezione sociale, almeno nell’ambito di chi si riconosce in queste lotte, straordinariamente distante rispetto a questa qualificazione giuridica, che non vuol dire nulla, perché voi dovrete giudicare a prescindere dall’opinione pubblica….. Noi dovremo confrontarci con l’impalcatura internazionale, due fra tutte… la decisione quadro del consiglio dell’UE del 13 giugno 2002 sulla lotta contro il terrorismo, che riproduce il disposto del 270 sexies ma lo integra con indicazioni specifiche rispetto ai fatti che possono essere definiti terrorismo, ve ne cito alcuni: attentati alla vita che possono causare il decesso, attentati gravi all’integrità fisica della persona, distruzioni di infrastrutture che possono mettere a rischio vite… diffusioni di sostanze pericolose… etc. Questo è terrorismo, secondo la decisione quadro dell’UE, diverso è il discorso per un fatto così circoscritto per un fatto che dovete giudicare.
Cito la convenzione di New York del 1999, art.2 comma 1 lett. b, parla di atti destinati a uccidere o ferire gravemente un’altra persona che non partecipa direttamente a situazioni di conflitto armato. I fatti di cui ci occupiamo oggi, salendo i tradizionali tre gradini che qualsiasi giudice deve salire per una ricostruzione, ricostruire il fatto storico, definire il ruolo degli imputati, che hanno ammesso di esserci stati e qualificare giuridicamente quei fatti.
Partiamo da alcuni dati forse residuali ma altrettanto importanti per la ricostruzione storica, noi abbiamo un quadro probatorio con tanti elementi di natura dichiarativa, le testimonianze, le dichiarazioni degli imputati, elementi che voi dovrete sottoporre ad un vaglio critico, capire se il contenuto è attendibile, incrociare le diverse dichiarazioni che i testi hanno fatto e poi incrociarle con elementi ulteriori, esterni. Poi avete le consulenze , che sono di straordinaria importanza, poi avete i filmati, e i documenti prodotti… intercettazione ambientale.
Partiamo dalle dichiarazioni degli imputati, molto belle e molto significative.. [ qui i testi delle dichiarazioni, qui il video ] Loro hanno decisamente detto che nel loro alfabeto politico termini come terrorismo non ci stanno proprio, hanno detto di essere stati presenti quella notte, hanno rivendicato la loro appartenenza ad un movimento variegato, quello NO TAV e hanno spiegato com’è possibile che dei giovani scelgano di rischiare il carcere per compiere quell’azione…hanno spiegato che si sentono valsusini perché si sentono parte di quella straordinaria comunità fatta di fitte relazioni tra individui diversi tra di loro, fatta di un sapere scientifico diffuso tra le persone, una comunità fatta di tante soggettività… unita dal contrasto al progetto dell’alta velocità. Avete uno spaccato dalle loro dichiarazioni, che  rimanda ad un quadro preciso, uno degli imputati ha detto che l’intenzione era contrastare il cantiere attraverso il sabotaggio, e tutto questo trova conferma nei documenti prodotti dai PM, es. Lavanda. Si parla normalmente con la possibilità di contrastare le attività del cantiere, azioni dirette… lo dico subito, in qualche modo sono simboliche, perché credo sia evidente a tutti che poi un’azione come quella non può bloccare realmente il cantiere, si tratta di indicare un percorso politico che è quello del sabotaggio e questa è la logica in cui si muove anche la produzione documentale.
C’è poi l’intercettazione… io non so dire se davvero una delle due persone intercettate abbia partecipato o meno a quell’azione di maggio, qualsiasi scambio comunicativo  ci sono profili di natura relazionale tra i due soggetti, la comunicazione comporta sempre, soprattutto tra persone con una militanza, anche elementi di millantato credito. Alcune cose che si raccontano non sono vere, si fa riferimento all’uso di una saldatrice che sarebbe servita a tagliare la recinzione del cantiere ma noi sappiamo che è stata tagliata con una tenaglia, come hanno detto i testimoni…
In quell’intercettazione ambientale è stato detto… cito uno scambio: “L’obiettivo era anche di non fare male a nessuno… e per ottenere l’obiettivo che ti dicevo un attimo fa avremmo dovuto forzare un po’ di più ma nessuno se la sentiva di far male alla gente”…. qui c’è un’indicazione che va ad evidenziare che non c’era la volontà … (..)  Ma i PM ci dicono che quella notte volevano attentare all’incolumità delle persone, ma è un punto di vista completamente sbagliato!

Facciamo una ricostruzione, sapendo che il ricordo può essere offuscato, la memoria non è un archivio dentro al quale abbiamo inserito dati che possiamo ripescare facilmente con la stessa chiarezza con cui li abbiamo inseriti. La memoria è un meccanismo complesso di reinterpretazione dei fatti alla ricerca di un senso di quello che tentiamo di dire…  E gli errori sono all’ordine del giorno, perché magari l’abbiamo immagazzinata male. Vi farò toccare con mano come le dichiarazioni testimoniali sono molto diversificate tra loro e c’è un problema nel capire chi dei testimoni abbia detto qualcosa di oggettivamente vero. Noi abbiamo però dei dati esterni, dati obiettivi, che ci permettono di arrivare ad un quadro finale sul piano probatorio. I PM si sono bastati da  soli, si sono basati sulle loro prove ma non funziona così il confronto dialettico, proprio il confronto dialettico è la superiorità ETICA del RITO ACCUSATORIO, perché consente alle parti di confrontarsi a tutto campo, e consente di arrivare alla verità attraverso un confronto con le prove che porta l’avversario. Invece i PM hanno bypassato la nostra consulenza che è fondamentale, rispetto ai risultati. Il geometra Abbà è risucito a ricollocare sul campo … e consente di dire dove sono stati lanciati certi oggetti rispetto ad altro, l’oggetto che ci interessa di più è la bottiglia molotov, per la micidialità… la principale micidialità sta nelle bottiglie molotov, sono l’oggetto più pericoloso che la giurisprudenza classifica come arma da guerra, quindi uno dei nodi è cercare di capire dove sono stati lanciati, rivolti a qualcuno o solo ai mezzi del cantiere? La repertazione di Abbà consente di arrivare a conclusioni indiscutibili. Noi abbiamo sentito il teste Crapanzano che ha fatto i rilievi tecnici, e la mappatura. Avrete capito nel corso dell’audizione del teste Crapanzano che c’è stato un clamoroso errore iniziale da parte della polizia scientifica, nel senso che ci sono… la polizia scientifica aveva collocato i reperti con questa modalità…. quando i nostri consulenti hanno avuto accesso al cantiere si sono accorti che la piantina era sbagliata, non era fatta in scala e soprattutto l’ingresso del cantiere non era quello effettivo, che era 70 metri sotto. In un’altra slide vediamo l’operazione di recupero da parte della polizia scientifica, dopo che i ns consulenti hanno spiegato l’errore, hanno replicato la loro planimetria che NON E’ IN SCALA, nuovamente sbagliando di qualche metro l’ingresso del cantiere ma con una dimensione più accettabile. La POLIZIA SCIENTIFICA inaspettataente NON HA FATTO MISURAZIONI SUL CAMPO.

I reperti sono stati collocati sul campo dal geom. Abbà sulla base di quel meccanismo che ha dettagliatamente descritto nella sua consulenza, sulla base degli elementi che hanno consentito di collocare con precisione i reperti nella zona del cantiere. L’altra particolarità di quegli schizzi è che non sono per nulla in scala… questi pallini hanno una dimensione di 10 mq l’uno, a fronte di una bottiglia molotov che è di pochi cm, invece la consulenza di Abbà consente di collocare gli elementi sul punto preciso. Va detto che la polizia scientifica ha fatto l’errore perché il processo di formattazione ha alterato l’oggetto inizale (…)… ma  vediamo quali reperti ci interessano, le bottiglie molotov: abbiamo 9 reperti indicate ai numeri 4,16,17,18,20,20bis, 21,23. La molotov non è sul piazzale ma vicino al camminamento. Poi reperti 11,12 si trovano, secondo gli stessi repertanti della polizia scientifica, poi vi farò vedere una foto, al di fuori del cantiere, vicino all’ingresso del cancello 4. Di queste bottiglie, tutte queste sono esplose, ce ne sono due costituite da bottiglie integre: la 14, sul piazzale, trovata alla distanza maggiore dal luogo dei lanci. Ultimo e più distante 23 e 14.. il 14 è una bottiglia che non si è rotta, quindi forse è rotolata di un paio di metri…il 14 è li’ perché forse ha fatto qualche metro in più rispetto agli altri reperti.

Giudice: Vorrei ricordare ancora una volta che gli imputati e i giudici popolari non vogliono essere ripresi, perché la volta scorsa i giudici popolari sono stati ripresi dal TG3 e ho dovuto telefonare con qualche difficoltà.. ve lo dico ancora una volta, non riprendete né gli imputati, né i giudici popolari.

Qui Abbà, l’unico errore di questa consulenza è che chiama i gruppi A e C, ma secondo la descrizione dei testi della pubblica accusa le sigle erano diverse… Poi vengono collocati i lanci direttamente sulla planimetria, sulla base di alcuni dati di riferimento, vengono collocati sul campo i lanciatori. Rispetto all’area di lancio questa è l’area del cantiere, quelli in verde sono i diversi reperti, il più lontano è il 14, vedete che dal punto di lancio del gruppo A che in realtà sarebbe il C2, e dal gruppo C, queste sono le aree di lancio. La distanza massima che intercorre da dove si trovano i lanciatori e l’ultimo reperto è di 25 metri, stesso dato che trovate nella parte scritta di Abbà nelle varie slide, ma quest’immagine animata vi dà la sensazione della zona dove sono stati lanciati i reperti. Un dato significativo, quando ci confronteremo con soggetti che si trovavano a 50 metri e che dicono che le molotov sono state lanciate contro di loro. L’operazione quella notte parte alle 3:14, CAM1 e CAM2 sono sincronizzate, alle 3:14 c’è una fontana luminosa in cielo che dà inizio all’operazione, che finisce circa 4 minuti dopo. I lanci delle molotov durano circa un minuto e mezzo. Alcuni testi, Occhilupo e Petroni, vi hanno detto come l’operazione fosse stata pensata (…). Le altre operazioni sono definite diversive, per consentire ad una serie di persone di entrare dal cancello 8 bis ed effettuare i lanci. quindi abbiamo due manovre diversive e poi l’attacco al cantiere, ai MEZZI del cantiere, all’8bis. Il PM si chiede perché la scelta dell’8bis…per la semplice ragione che li’ c’erano i mezzi importanti, quelli che lavoravano in galleria….
Ci sono 4 situazioni critiche che voi dovrete enucleare, e che rimandano a soggetti che hanno parlato di lanci di molotov in zone diverse del cantiere. La prima riguarda gli operai che erano dentro quella galleria che era lunga 150 metri, non c’era la possibilità di recarsi in fondo se ci fossero stati problemi di respirazione e rispetto a questo vi mostreremo il filmato da cui si evince che forse quel famoso tubo che poteva trasportare dentro il fumo all’esterno forse non è neanche stato colpito, ma rimando all’avvocato Losco…  Gli altri 3 passaggi interessanti sono quelli del sergente maggiore Pagliaro, il teste più esaustivo sulle molotov. Secondo quello dei cancelli 4 e 5, e terzo passaggio quello dei lanciatori di lacrimogeni. Vi faccio vedere due esempi rapidissimo, il pickup bianco. Ad un certo punto qualcuno dice che un operaio è uscito dalla galleria per spostare il pickup bianco e colloca quest’iniziativa a ridosso dei lanci.

Ma dai filmati si capisce che non è andata così: qui abbiamo abbinato CAM1 e CAM2… alle 14:50 vedete un pickup bianco vicino all’imbocco della galleria… passaggio successivo alle 3:20:18 si vede nuovamente il pickup bianco fermo davanti alla galleria, quindi se c’è stato uno spostamento sicuramente non è avvenuto tra le 3:14 e le 3:20:18, il pickup resta fermo fino alle 3:20:26, nessuno l’ha spostato… il pickup viene ripreso sempre fermo. Non lo si vede più nell’immagine successiva, 3:24:11. Il pickup è stato spostato tra le 3:20:26 e le 3:24:11, siccome i lanci sono terminati molto prima possiamo dire che il pickup è stato spostato alcuni minuti dopo che i lanci erano terminati.
Vene farei vedere un altro, che riguarda il famoso daily della polizia di cui ha parlato il teste Petronzi. CAM2 3:14:22 voi vedete… quello che noi riteniamo essere un daily sulla CAM2, c’è un mezzo che lì è fermo, ad un certo punto si muove e si notano le due lucine, quindi alle 3:14:22 è fermo e alle 3:14:40 inizia a partire, vedete compaiono le due lucine laterali. Alle 3:16:42 si vede lo stesso daily vicino alla famosa casetta di fianco al capannone, posizionato fermo vicino al capannone. Allora qui si tratta di capire se quello noi diciamo che è un daily, ma siccome abbiamo un teste, Pagliaro, che dice di essere sceso e di essersi posizionato attorno al capannone la domanda è quello può essere il mezzo con cui è arrivato Pagliaro? No, per le misurazioni che faremo… e poi perché è fermo e Pagliaro dice che è salito sul mezzo per arrivare alla zona dei lanci. Quello è un daily della polizia, e si vedono degli agenti, che secondo la procura sarebbero stati attinti da molotov… ma dai video non si vedono fuochi accesi e noi sosterremo che sicuramente li non sono arrivate bottiglie molotov, i bagliori riguardano i fuochi d’artificio sparato. Proviamo a incrociare le testimonianze….

Dunque, partendo dalle dichiaraioni proprio di Pagliaro, sergente maggiore, con altri due alpini, sentito all’udienza di giugno, dice che passando con la macchina vede lanciare bottiglie molotov verso il cantiere… se noi incrociamo la dichiarazione di Pagliaro con il dato obiettivo, che le bottiglie stanno di fuori. Lo stesso Di Bello dice “non vengono lancaite bottiglie molotov, ma i petardi dentro al cantiere”. Questo dato testimoniale deve essere incrociato con il ritrovamento del reperto e tra i due il ricordo più preciso è quello di Di Bello. Di Bello dice che le molotov sono state lanciate prima del loro arrivo… da qui capiamo che Pagliaro non può essere stato attinto in alcun modo dalle molotov. Poi c’è un problema di tempi, Pagliaro nel corso del suo esame descrive le tempistiche delle sue azioni e su questo vi intratterrà l’avv. Losco. Quello che è certo è che noi non possiamo collocare il teste Pagliaro vicino alla casetta, immagine 3:16:42 dove si vedono lanci di oggetti pirotecnici in direzione dei due uomini che si trovano pochi metri prima della casetta, ma se anche fosse stato Pagliaro, con le misurazioni di Abbà siamo in grado di dirvi che quelle non possono essere molotov perché l’ultima molotov è stata trovata a 25 metri di distanza e il capannone DOVE SI TROVANO GLI OMINI è a 65 metri (mostra l’immagine). La distanza che intercorre tra il punto C e i lanciatori è di 65 metri, la distanza rispetto ai due omini è di 55 metri, più o meno. Quindi lì le bottiglie molotov NON potevano arrivare, perché la più lontana, il reperto 14, è arrivata ad una distanza di 25 metri.  Il reperto non ci consente di dire che sono state lanciate MOLOTOV verso Pagliaro, se quello è Pagliaro.
POi avete una pluralità di indicazioni, Frattini (alpino) dice “sono state lanciate due molotov, una è esplosa, l’altra no”, De Marco dice che sono esplose tutte e due, Pisani dice che ha visto tutto con la telecamera termica e le bottiglie sono state 4 o 5, Lega parla di 4 bottiglie incendiarie, Di Paola parla di bombe carta e molotov e dice che non sono stati colpiti perché c’era la rete, Cavallaro parla di 2 molotov, una al cancello 4 e l’altro al 5, infine Rumma dice che ai colleghi sono state lanciate delle molotov  (….)

Questi dati vanno confrontati con i rilievi fatti dalla PS… Quelli sono i due reperti, 11 e 12, tutti e due esterni al cancello, allora le uniche due bottiglie molotov lanciate in quella zona, vengono lanciate sì delle bottiglie, ma restano all’esterno e sono solo due…. fermate dalle reti, questo si ottiene incrociando fonti diverse. Analoghe valutazioni…. in rapporto a quello che capita al cancello 8 con i lanciatori di lacrimogeni che ad un certo punto si spostano (Occhilupo, Ragni, Lo Cicero…), c’è un dato che coincide in tutte le testimonianze, dopo una serie di spostamenti i lanciatori di lacrimogeni (che ne sparano due al cancello 8 e 8 all’8bis) si trovano vicino alle scalette che sono un punto preciso del cantiere, alcuni testi sono precisi nel dire che lì i lanci non arrivavano, vediamo le slide di Abbà… qui c’è una misurazione specifica, il geom. Abbà ha fatto delle rilevazioni sul campo, è riuscito a dirci che la distanza che intercorre tra l’ultimo reperto trovato e l’inizio delle scale è di circa 15 metri, allora è evidente che voi dovete ritenere attendibili le testimonianze che vi dicono che le molotov non sono state lanciate contro di loro…  Il dato obiettivo ci consente di dire che nessuna molotov è arrivata nei pressi di chi si trovava lì.

Lo scopo principale di queste mie osservazioni riguarda la qualificazione giuridica, dare un nome ai fatti. Nella ricostruzione storica che vi offriremo questi fatti vanno chiamati con “assalto al cantiere per andare a bruciare un compressore, punto”. Ma se anche fosse possibile fare propria la ricostruzione dei PM, sono state lanciate bottiglie e razzi per attentare all’incolumità di una serie di soggetti, comunque non si può fare riferimento al 280 e 280 bis, noi vi proponiamo come ricostruzione storica un attentato al cantiere verso i mezzi vicino alla galleria, in particolare al compressore. Le due fattispecie, 280 e 280 bis, reati di attentato, ne parlerà il prof. Dominioni, io non dirò nulla sul punto, mi concentro invece sul problema della definizione di finalità di terrorismo contenuta in entrambi le fattispecie. Nel 280 si fa anche riferimento all’eversione ma è questione che non interessa questo processo. Qual è la norma base a cui si fa riferimento? Il 270 sexies nella quale il legislatore indica la finalità di terrorismo, quindi bisogna confrontarsi con elementi richiamati dai PM, natura e contesto delle condotte che deve essere idonea a provocare grave danno al paese, poi il dolo specifico che nel ns caso riguarda la costrizione dei pubblici poteri a compiere un determinato atto… Allora io ho fatto una lunga memoria su questi temi, se volete non prendere appunti vi produrrò la memoria… tento di mettere in relazione i punti di vista che i giudici hanno avuto nel corso del tempo. Un punto di vista rilevantissimo è quello della Corte di Cassazione che a maggio scorso ha annullato con rinvio l’ordinanza del riesame di Torino, credo sia sentenza che non offra grandi spazi di manovra rispetto alle prospettazioni della pubblica accusa. La dottrina e la giurisprudenza hanno rilevato come quest’indicazione fosse poco tassativa e poco determinante, la nozione di terrorismo e di eversione sono concetti vaghi…. Prima di provare ad esaminare in concreto gli elementi contenuti nella fattispecie del 270 sexies, nature condotte, dolo specifico, finalità, vorrei fare due riflessioni sul principio di offensività. Da tempo la dottrina e la giurisprudenza si sono domandati se questi elementi debbano essere agganciati solo a elementi di natura psichica del soggetto che le realizza o anche agli elementi criminosi che vengono messi in campo… Questo modo interpretativo è stato sviluppato in riferimento ad una serie di fattispecie che non occupano questo processo ma che hanno le stesse indicazioni… Cito Cassazione  2001 5578 processo Pelissero, che parte proprio da Torino, e un’altra 1 marzo 1996, la Cassazione dice, in riferimento all’intento eversivo “è necessario che l’intento si ponga in modo diretto”, cioè non basta che la finalità sia ideativa ma è necessario che nel comportamento materiale concretamente messo in campo si possa in qualche modo riverberare un comportamento in linea con questo terrorismo. Offensività specifica, idoneità offensiva delle condotte … Cioè si possono punire quelle condotte che METTONO A REPENTAGLIO i BENI GIURIDICI.
La Cassazione nel maggio 2014 queste cose le rileva, e parla di indicatori specifici per la finalità di terrorismo, le varie componenti della fattispecie, come i misuratori della specifica offensività… Il meccanismo argomentativo messo in campo dalla pubblica chiusa parte invece dall’INTENZIONE, da modelli dell’INTENZIONE. Tenete presente che questo elemento complessivo deve permeare la vostra valutazione, andiamo a vederli a partire dal grave danno al paese…. La norma fa riferimento a condotte che per loro natura o contesto possono arrecare un grave danno al paese o ad un’organizzazione internazionale. Non è necessario che il grave danno sia stato realizzato ma che ci sia l’intenzione. Ovviamente bisogna tentare di riempire di contenuto le diverse locuzioni con tutti i rischi che questo comporta. Il legislatore introduce nell’ordinamento elementi talmente poco tipici che tocca poi ai giudici concretamente riempire di contenuto.

270 sexies, la natura delle condotte: il PM ha detto che occorre riferirsi alle condizioni di tempo e luogo, alle modalità dell’azione, micidialità, tecniche di guerriglie, lanci di molotov, travisamento, schede telefoniche di servizio (inopinatamente definiti telefoni di organizzazione) etc.. in realtà quello che manca è che si pongono premesse di fatto non congruenti rispetto alle conclusioni, il PM dice che la natura delle condotte è importante… per modalità specifiche che consentono di creare il possibile danno al paese, ma a me pare proprio di no…se fosse stato fatto di giorno e non di notte ci sarebbe stato un danno minore? Se le modalità organizzative, e in ogni reato concorsuale c’è un minimo di organizzaizone, ma se fossero state diverse sarebbe  cambiato qualcosa? Cioè la natura delle condotte non va isolata e valutata in se e per sé ma in riferimento al suo potenziale offensivo rispetto al grave danno. Infatti la Cassazione nel maggio 2014 dice “la soluzione del problema interpretativo in armonia con l’assetto istituzionale dei valori in gioco deve essere trovato dal collegamento dei valori richiamati dalla norma. Rispetto alla natura dell’azione, dice la cassazione, questa va apprezzata rispetto alla sua capacità e idoneità a provocare un grave danno e non può essere VALUTATA IN ASTRATTO. Allora gli elementi richiamati da Rinaudo in requisitoria, modalità, tempi, avrebbero implementato l’effetto di costrizione? Evidentemente no, le osservazioni sono del tutto irrilevanti rispetto al contesto che ci interessa.

Secondo elemento il CONTESTO che ci interessa…  Ci siamo confrontati nel corso del processo con una tavola sinottica che voi troverete nella lista testi e che riguarda episodi avvenuti tra gennaio 2012 e ottobre 2013, diversi tra di loro, spesso di INCERTO AUTORE, persino il movimento NO TAV talvolta ha preso le distanze da alcuni di questi episodi… attacchi notturni al cantiere fatti con il taglio delle reti e rivendicati dal movimento no tav che parla di passeggiate notturne, avete minacce a giornalisti e avvocati che vengono tutti ricondotti all’interno di questa tavola sinottica. Noi dobbiamo analizzare la vicenda del 13-14 maggio all’interno del SUO contesto. Un conto è la responsabilità politica per quello che è capitato nei due anni in val di susa, un conto è la responsabilità giudiziaria per quell’attacco…. Il contesto deve essere riconosciuto dagli imputati, dico subito che le minacce ai giornalisti fatte da chissà chi che c’entrano in questo processo, infatti non c’entrano nulla per cui non sono state richiamate…. (….)

Davanti a noi i PM hanno cambiato rotta, hanno accantonato la tavola sinottica e hanno fatto un riferimento diverso, Rinaudo ha parlato di un contesto soggettivo culturale sociale e storico in cui si inserisce la condotta degli imputati. Si fa riferimento anche al blocco dell’autostrada, che no ha nulla a che vedere con le vicende che riguardano quest’azione notturna, poi si fa riferimento al contesto soggettivo… ricordate la cassazione.. bisogna lasciare da parte i modelli IDEATIVI e bisogna soffermarsi sui principi di MATERIALITA’. Rinaudo parla di connotazioni precisi, area anarchica, non agiscono secondo metodi democratici perché ritengono che le regole della democrazia non permettono di raggiungere il ruolo che si prefiggono, “il solo modo che conoscono è il dialogo con la violenza, condotte di contrapposizione violenta, mettendo in pericolo l’incolumità degli addetti, praticano violenza con una forma coercitiva verso lo stato per indurlo a retrocedere sulla scelta operativa, l’alta velocità”. Qui veramente queste osservazioni van viste nel diritto penale d’autore, non solo sono straordinariamente superficiali e caricano sugli imputati condotte mai accertate, poi fanno riferimento a un contesto soggettivo che è un contesto d’autore, tra l’altro citato malamente, ci si riferisce… un calderone da cui non si capisce più di tanto, l’unica cosa che credo si possa dire è che il contesto soggettivo non ha nessun pregio rispetto ai temi che si contestano.

Terzo punto, le persone offese.Persone “attaccate in quanto simboli per costringere lo Stato a retrocedere”. Parole nette senza nessun tipo di giustificazione rispetto agli atti di causa, le persone non sono state attaccate…. Si confondono i piani di valutazione, il contesto storico, le finalità. la loro collocazione ideologica etc etc. Vediamo cosa dice la cassazione: il contesto ha effettivamente un ruolo di allargamento dei confini della fattispecie.

(…)
Proviamo a tirare le fila sul profilo del danno grave…  Rispetto al danno grave si tratta di capire qual è il potenziale danno grave che quelle condotte potevano causare al paese. Qui abbiamo oscillato tra interpretazioni variegatissime, siamo partiti da quelle del GIP stoppate dalla Cassazione e infine i PM nella requisitoria hanno introdotto delle novità. Gip e Tribunale si erano riferiti a parametri x il danno grave, soprattutto danno all’immagine del paese e di natura economica, hanno parlato di danno riferito alla legalità democratica perché la scelta di realizzare l’opera era frutto di un inter legittimo… hanno parlato di incolumità fisica degli operatori del cantiere e di danno al sistema di trasporti, danno all’immagine del nostro paese a livello internazionale “quale partner affidabile”… Ora, consapevoli della, come dire, stravaganza di questa interpretazione, ma soprattutto del punto di vista della cassazione, i PM provano a cavalcare una prospettiva diversa, Rinaudo ha fatto una breve rassegna sui danni, anche da eventuale cessazione dell’opera. Ci ha detto che non è un danno ancora sufficiente ad integrare il disposto del 270 sexies… ha parlato di danni che hanno obbligato a predisporre un adeguato sistema di sicurezza, ma anche questi non sono sufficienti. Ha parlato di danno all’immagine, ma anche questo è stato accantonato. Infine non resta che riferire alla lesione di beni… l’integrità fisica, psicica, funzionale ed estetica dei soggetti presenti in cantiere. Secondo Rinaudo in prima battuta c’è una lesione di beni di rango costituzionale perché si è attentato all’integrità di beni e delle forze di polizie. E non sta in piedi, perché poi Rinaudo fa rientrare dalla finestra tutta una serie di cose che aveva accantonato…. e torna la scelta di contrastare una scelta economica dello stato, come si possa con volo pindarico straordinario partire da fatto così localizzato e arrivare al condizionamento delle scelte politiche e istituzionale è difficile capirlo. Cita poi art. 41,42,43, c’è scarsa omogeneità… ma quello che conta è che secondo il PM si volevano colpire le strutture fondamentali dello Stato. Mi sembra che la confusione regni sovrana… si fa riferimento a scelte di politica economica e a strutture fondamentali che nulla c’entrano con la pospettazione iniziali.

Torniamo alle convenioni internazionali, Rinaudo ci ha parlato di incolumità individuale, ma le convenzioni in tema di individualità parlano di uccisione, ferimento grave, conflitti armati… allora è evidente che senza adottare la prospettiva delle convenzioni internazionali noi rischiamo di ritenere terroristici gran parte dei reati contro la libertà individuale… ma non basta per dire che la rapina è un reato correlato alla finalità di terrorismo, deve esserci un passaggio che il PM ha completamente obliterato.

Vi ricordo che li’ non si sta costruendo il tunnel dell’alta velocità, ma il tunnel GEOGNOSTICO, figuriamoci se un tunnel GEOGNOSTICO possa avere le conseguenze di cui parla il PM….  (…)

Qui si dice che un fatto di questo tipo può creare un grave danno al paese facendolo retrocedere dalla realizzazione di questa infrastruttura, forse non tutti sanno che.. la Torino Lione non è più nel corridoio 5 ma è nell’asse 6 e l’asse 6 NON E’ un trasporto ad alta velocità… la Ferrovia Torino Lione è stata riammodernata di recente, e nell’accordo del 2001 si diceva che i governi si impegnavano a realizzare l’opera solo quando la linea vecchia fosse stata saturata per eccesso di merci da trasportare. Vi abbiamo prodotto i dati di ALPINFO, organo istituzionale svizzero che fa monitoraggio trasporto merci e passeggieri UE, dati della Comunità Montana, dati di RFI… la linea attuale, ancora in funzione, può sopportare il passaggio di 20 milioni di tonnellate di merci, attualmente ne passano 4 quindi siamo lontanissimi dalla saturazione! Il costo che si prospetta, 26 miliardi di euro, è insostenibile, e tendono a lievitare…. non potete venirci a dire che siamo un partner inaffidabile perché forse retrocediamo da quell’opera… (come sostiene l’avvocatura di Stato) noi siamo inaffidabili perché paghiamo 235 MILIONI al KM l’alta velocità contro i 10 milioni al KM degli altri paesi, ECCO perché siamo inaffidabili!

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Anche i protagonisti di quell’azione sapevano che sarebbe stato un atto simbolico, era un messaggio politico, quel sabotaggio non ha comportato conseguenze se non per il povero compressore, unico dato concreto e materiale. Anche chi ha realizzato quell’azione ben sapeva che questa era una prospettiva su cui si muoveva, una prospettiva politica che tentava però di rallentare i lavori.  Allora, io ho il timore che qui ci sia un deficit di conoscenza politica… Se ci confrontiamo con certe documentazioni, come LAVANDA, dobbiamo capire il retroterra culturale da cui provengono…. pensare che un anarchico faccia un’azione di questo tipo per costringere lo Stato a fare retromarcia è velleitario, qui si introduce un granello di sabbia che rallenti l’operatività del cantiere, quella è l’idea, non certo costringere lo stato a fare retromarcia, perché culturalmente non ci stà proprio, non appartiene all’alfabeto politico di quelle aree dentro le quali secondo i PM si muoverebbero gli imputati. Si tratta di ragionare, al di là dei documenti, sulle indicazioni normative.  Per andare sul concreto, se le BR sequestrano il presidente della DC e chiedono la liberazione di 10 detenuti politici è evidente che vogliono costringere lo stato a compiere un atto, quello è un intervento che tenta di costringere ma qui è tutta un’altra storia, che non riguarda soprattutto NESSUN RAPPORTO DIRETTO con le ISTITUZIONI. Sostanzialmente io credo che per la costrizione si debbano intendere in riferimento a quei poteri di sovranità dello Stato, perché se no il bene giuridico tutelato dallo Stato diventa del tutto evanescente…  Questo mio punto di vista che avevo veicolato fin dall’inizio l’ho poi ritrovato in parte dalla sentenza della cassazione e anche da uno dei pochi commenti che ho seguito, uscito dalla dr.ssa Barberini che ha fatto un lungo articolo… qui fa un ragionamento su quello che dev’essere il potere di costrizione e il dolo specifico e dice “quando si parla di costringere lo Stato ad astenersi dal compiere qualcosa non ci si può che riferire ad un atto che coinvolge in modo rilevante le funzioni dello Stato, soltanto quei fatti compiuti jure imperii ” (…).

Discrimine tra org. sovversiva e eversiva: la cassazione dice che la finalità di terrorismo non è soltanto uno scopo, ma significa una strategia che si caratterizza per uso indiscriminato della violenza, rivolta ad personam per generare panico… la discrimine sta proprio nella violenza, che in un caso è violenza comune, in un altro è violenza terroristica… La violenza terroristica dev’esser sempre presente in tutte le finalità di dolo specifico richiamate dalla norma, nel tentativo di creare un panico, violenza ad personam, ma qui è stata usata nei confronti del povero compressore che è la vera persona offesa del presente procedimento.

Le osservazioni dei PM non hanno la capacità di ripotare i parametri della norma al caso concreto. Non è un caso che a questa definizione giuridica… chiamare le cose con il loro nome, questa vicenda all’inizio si chiamava devastazione e saccheggio, addirittura tentato omicidio, nel corso del tempo si sono spostati sul 280 e 280 bis ma è del tutto evidente che siamo lontanissimi da tutti questi temi e le argomentazioni dei PM sono spesso sbagliate, perché fanno confusione con una serie di parametri contenuti nelle norme. Ci sembrava evidente sin dall’inizio…  La sentenza della Cassazione dà le esatte interpretazioni, a Roma ci hanno dato interpretazione diretta…  ultima osservazione, credo che la carcerazione sofferta dai 4 signori che vedete nelle gabbie è particolarmente dura, divieti di incontro, lunghi periodi di isolamento… la corte lo sa, io credo si tratti di mettere fine a questa detenzione e ragionare sulla vicenda senza le forzature che ci sono state dall’inizio, quindi per il capo A richiedo  l’assoluzione perché il fatto non sussiste.  Chiedo le attenuanti generiche in ragione dell’età degli imputati, della loro incensuratezza, della loro ammissione di responsabilità, del fatto oggettivo che è comunque localizzato, circoscritto e rivolto contro beni materiali, infine la questione della pena. E’ evidente che il legislatore dà una serie di parametri…  Però vorrei provare a formulare qualche indicazione dal mio punto di vista, io credo debba cadere il primo capo d’imputazione, noi ci confrontiamo con altri capi d’imputazioni che vanno dai due anni in su, con le attenuanti scenderemmo al di sotto dell’anno, ma anche senza le attenuanti resteremmo nei due anni… i PM hanno fatto un calcolo, per la continuazione, di 1 anno e 6 mesi, ma ci stavano molti più reati, quindi anche nella richiesta dei PM, la stessa richiesta dei PM…. stiamo sicuramente nei margini della sospensione condizionale, sarà la corte a decidere se darla o no, ma la pena non potrà oscillare molto dalla pena condizionale, si parte dai due anni e si arriva semmai a tre, il reato base è di porto o fabbricazione delle bottiglie molotov che parte da 2 anni, ma qui le molotov sono sicuramente al più basso dei gradini perché le armi da guerra sono indicate come munizionamento, le molotov sono u nfatto più contenuto, proprio sul piano materiale è evidente che dobbiamo partire dai livelli minimi della scala sanzionatorio, io chiedo quindi la concessione della sospensione condizionale della pena.

Parti civili: sull’avvocatura ho già detto…. una concezione un po’ autoritaria anche dei rapporti tra cittadini, istituzioni e quant’altro… nessuna delle parti civili è riuscita a quantificare  un danno specifico, tutto chiedono la separata sede civile, ma non c’è contraddittorio sul punto, le parti civili non sono riuscite a provare nulla rispetto al danno sopportato, tanto più il sindacato di polizia che lamenta il danno d’immagine… che però non è riuscita a spiegarci in nessun modo perché la sua immagine sarebbe stata messa a repentaglio dall’azione fatta dagli imputati.

Giudice:visto l’amplissimo respiro di questa arringa auspico che le altre siano più brevi, lo dico subito…. e anche per una questione nostra di sopravvivenza, bravissimo ma…. faarei una piccola pausa .. di un quarto d’ora.

 Avv. Losco

Avv. Losco dà alcune connotazioni storiche su linea TAV e documenti Consiglio Europeo, tra cui c’è 1) decisione che ratifica che ASSE 6 non rientra in tale direttiva, 2) documento/relazione sempre a livello europeo in cui si dà atto che c’è già linea franciaitalia che funziona bene e che è stata ammodernata modificando galleria Frejus per passaggio treni + sofisticati e moderni, quindi all’evidenza si dà atto che non c’è esigenza. Ma ora mi occuperò altra questione: l’art. 280 come ha bene spiegato collega che mi ha preceduto, precisa che l’azione deve finalizzata con atti idonei in modo non equivoco, provocare morte o lesione persone. Su questo si soffermerà pro. Dominioni, ad ogni modo quello che si può dire è che bisogna raggiungere la prova del nesso causale e non sarebbe sufficiente la dimostrazione che ci sarebbe stato il rischio, ma quello che io voglio sostenere è che l’azione era diretta in modo chiaro a causare danni a mezzi che si trovavano nel cantiere, azione di SABOTAGGIOm, infatti l’azione è stata diretta dove i mezzi erano allocati.

Questo è il sabotaggio, un’azione diretta a colpire beni che si trovavano nel cantiere, che si trovavano nel piazzale dove poi sono state lanciati la maggior parte dei razzi e degli artifizi pirotecnici. Io partirò analizzando l’azione prendendo spunto dai dati oggettivi, voglio chiarirvi che l’azione ha una durata di pochissimi minuti, che è stata più volte vista e rallentata e magari potete esservi fatta un’idea che sia stata un’azione lunga e complicata ma così non è, l’azione ha un inizio ben chiaro e preciso. inizia alle 3:14, quando viene sparato in aria un fuoco d’artificio, probabilmente una fontana luminosa, e il momento finale è intorno alle 3:18:23, fotogramma dove l’azione  è già finita, si vedono i partecipanti che si allontanano da un sentiero per uscire dalla zona, quindi circa 4 minuti e 23 secondi.  Ma quello che più ci interessa, l’azione principale all’interno del cantiere ha una durata di circa UN MINUTO E MEZZO, ce l’ha riferito anche il teste D’Amore che ha commentato proprio le immagini riprese dalle varie telecamere presenti quella sera all’interno del cantiere.

L’azione, che poi termina alle 3:17:03 quando vengono lanciati i lacrimogeni da parte dell’agente Occhilupo che ce lo riferisce all’udienza del 13 giugno, dice di essersi avvicinato al cancello 8 bis e di aver lanciato alcuni lacrimogeni individuati poi in 8 lacrimogeni. Quali oggetti sono stati lanciati all’interno del cantiere? Una decina di molotov, sicuramente. Questo aspetto ve l’ha già spiegato il collega Novaro, facendo anche una sovrapposizione tra la consulenza di Abbà ed il luogo dove sono stati trovati i reperti è già stata indicata la piantina… ed è stato anche fatto vedere il raggio d’azione delle molotov, lanciati da due gruppi diversi, uno chiamato gruppo A e uno gruppo C, è un raggio d’azione di 25 metri, l’ultimo reperto, il 14 è andato ad una distanza massima di 25 metri. E’ un reperto inesploso, che quindi potrebbe anzi essere arrivato a quella distanza per aver rimbalzato in precedenza contro il suolo e poi essersi spostato di qualche meto successivo, quindi potrebbe essere anche una distanza inferiore quella del raggio massimo d’azione delle molotov. Sono poi stati lanciati vari artifizi pirotecnici, alcuni di questi sono quelli arrivati vicino a quelle due figure che si vedono in questo fotogramma delle 3:16:42, illuminate da un faro di un mezzo che poi scopriremo di che mezzo si tratta, due figure che alla scorsa udienza sono state indicate dal dott. Padalino come Pagliaro e Bello, due alpini, Pagliaro era il caposquadra degli alpini presenti, in particolare della compagnia Foxtrot che aveva il compito di controllare la parte bassa del cantiere. Questi artifizi, che chiaramente sono artifizi e non bottiglie incendiarie, sono state… perché dico che sono artifizi? Perché poi come vedremo sono stati lanciati… possiamo far vedere da che posizione, ecco questo è il filmato.. abbiamo il primo bagliore di quello che io identifico in un fuoco d’artificio e NON una MOLOTOV, che poi si spegne subito, non abbiamo un fuocherello…. e possiamo vedere anche quale sia il punto possibile di lancio, che è esterno al cantiere. Può fermare un attimo, ci è stato spiegato anche dal teste D’Amore che vi era un gruppo di “assalitori” posizionato tra il cancello 8 bis e il cancello 8 e da quel punto venivano lanciati degli oggetti.
Che oggetti sono? Ci è stato spiegato, nella deposizione di D’Amore, che quelli potrebbero essere oggetti lanciati con il mortaio oppure dei lanciarazzi, ma ci sono dati oggettivi che ci dicono che quelli non sono stati lanciati con il mortaio.. si tratta di oggetti lanciati in sequenza.

Noi riusciamo ad identificare dalle camere 3 fuochi, e sono in sequenza: 3:43, 3:45, 3:47, è evidente che non possono essere stati lanciati con dei mortai, con quei mortai che sono poi stati reperiti, perché il mortaio come ci ha spiegato il consulente Sala ha bisogno di essere ricaricato quindi si tratta di un’operazione che ovviamente non può essere fatta in due secondi, il ns consulente ha spiegato che i mortai non possono essere utilizzati per il lancio delle molotov. Non può essere neanche il riferimento lo shuttle, il lanciarazzi, cui ha fatto riferimento il consulente della pubblica accusa, anzitutto perché ne è stato usato uno solo, poi ha un meccanismo diverso, una fiammata di tipo assolutamente diverso, viene lanciato in aria, esplode e lascia un segnale luminoso rosso, dopo di che questo segnale luminoso cade al suolo in maniera molto lenta grazie all’usilio di un paracadute, viene usato in navigazione in caso di SOS.

Inoltre l’involucro di questo razzo shuttle non è stato trovato in quel punto, nella stradina tra il cancello 8 bis e il cancello 8 ma in un’altra zona, nei pressi dei cancelli 4 e 5, quindi dobbiamo supporre che quello è il luogo da cui è stato lanciato. Allora dobbiamo individuare di che tipo di artifizi pirotecnici si tratti, lo vediamo dalla piantina. Vediamo anzitutto la distanza tra il luogo del lancio e il luogo dove questi oggetti raggiungono il suolo è una distanza di 50 metri e c’è una totale incompatibilità perché il raggio di azione massimo delle molotov è di 25 metri. Vediamo che reperto è stato trovato in quel luogo, è una foto a colori estratta dall’album rilievi della PS, rilievo numero 6, repertato in quella zona, nel tratto dei cancelli 8 bis e 8 e se vedete bene, questa è una foto fatta in controcampo, da quella zona si vede il cantiere, si trova esattamente sopra al cunicolo esplorativo, quindi del tutto compatibile con il filmato che vi ho fatto notare prima. Andrei avanti, qua abbiamo il particolare, purtroppo da queste immagini non si vede benissimo, si tratta di quella che in gergo viene chiamata torta, si tratta di una serie di piccoli fuochi d’artificio tra di loro collegati che vengono innestati con una sola azione, si accende la miccia e poi i razzi partono in sequenza, ce l’ha spiegato anche il ns. consulente dott. Soldati, sono razzi facilmente reperibili in commercio, non sono affatto pericolosi e ce lo dice il teste La Sala, consulente del PM, che il 18 settembre, nel descrivere questo tipo di fuoco d’artificio ci parla di un artificio “da festa di paese”, usa proprio questa espressione. Il nostro consulente ci ha dato anche un’indicazione di questo fuoco artificiale, lo vediamo meglio, nel catalogo ha anche un nome particolare “Spettacolo Grisù”, anche il nome fa supporre che non sia di elevata pericolosità… anche questo artificio è composto da 19 piccoli tubetti, sono gli stessi, n.19, reperto n.6. Questo per spiegarvi che sicuramente quegli artifici non potevano essere molotov, come indicato da PM nella sua discussione, per queste ragioni, per la distanza eccessiva dal luogo del lancio (50 mt.) perché poi, nel luogo dove sono caduti questi oggetti NON SONO STATI TROVATI REPERTI, BOTTIGLIE MOLOTOV, FRAMMENTI DI VETRO, quelli più vicini sono quelli del reperto 14. Non possono poi essere ovviamente molotov perché sparate in sequenza e, come vi ho detto, anche per l’effetto, quel bagliore che è solo un bagliore, possiamo vederlo anche…. gli effetti della molotov e del… di questo fuoco artificiale, sono completamente diversi.

Quando viene lanciata una molotov che contiene benzina e che ha com scopo di portare da un luogo all’altro un principio di fiamma, di incendio ,si crea un piccolo fuocherello nella zona in cui viene lanciata, ma come potete notare nella zona dove è stato lanciato quello che secondo me è un fuoco artificiale non c’è alcuna fiammella, è evidente che non possono essere molotov.

Si è svolta anche un’azione diversiva presso altri cancelli, in particolare 4,5 e 8. Ne ha già parlato anche il collega Novaro. Quest’azione diversiva serviva proprio, probabilmente, per facilitare l’azione principale che era quella di danneggiare i beni del cantiere che doveva essere effettuata da chi è entrato al cancello 8 bis. I cancelli 4 e 5 sono stati poi, come ci hanno detto i testi e come risulta dai sequestri, chiusi dall’esterno. Questo a mio parere dimostra proprio la volontà da parte degli autori dell’azione di evitare ogni tipo di contatto, perché l’intenzione era colpire il cantiere NON avere problemi… o colpire in qualche modo le persone e questo è un punto piuttosto interessante. Presso i cancelli 4,5 e 8 sono stati trovati anche qui alcuni reperti che possiamo vedere nella slide successiva. Sono stati lanciati alcuni fuochi artificiali, probabilmente anche il razzo shuttle nella zona e sono stati trovati anche due reperti di molotov, solo ai cancelli 4 e 5, solo al cancello 4. Nessun ulteriore reperto  è stato trovato all’interno del cantiere nei pressi dei cancelli 4 e 5, perché si trattava di un’azione diversiva, non vi era alcun intento di colpire le ffoo, anche perché era impossibile che alcuni oggetti potessero raggiungere le ffoo, in particolare al cancello 4, dove non c’era solo la rete esterna del cantiere, quella che segue tutta la circonferenza del cantiere, dove ci sono poi i vari ingressi, ma vi era anche un’ulteirore rete più interna, una rete che, collegata al viadotto autostradale che si trovava in corrispondenza dei cancelli 4 e 5, arrivava fino a terra. Abbiamo anche scoperto dalla deposizione del teste RUMMA, carabiniere presente in quel luogo, le ffoo, sia carabinieri che alpini della pattuglia Bravo, si trovavano dietro questa recinzione. Il teste Rumma ci parla esattamente di queste due reti, il 14 luglio, una dal cavalcavia a terra e l’altra ad altezza uomo, distanziate a uno-due metri. Quindi è evidente che nessun oggetto poteva raggiungere le persone che si trovavano dietro il cancello 4… i testi parlano di bottiglie o comunque oggetti che si sono infranti contro il pilone del viadotto e altri di ogetti infranti contro il cancello 4, del tutto compatibile con il luogo dove sono stati trovati i reperti delle bottiglie Molotov, come vi ha mostrato Novaro.

Il teste Cavallaro, carabiniere al cancello 5, poi ci dice che il residuo di bottiglia ricorda di averla vista il mattino seguente quando ha fatto la ricognizione, e chiarisce a domanda delle difese che il reperto era stato trovato tra il cancello 4 e il 5, reperto 11 e 12 della PS, tutti in prossimità del cancello 4, nessun reperto è stato trovato presso il cancello 5. Azione diversiva che come vi ho detto è stata fatta anche nella parte iniziale presso il cancello 8, descritta dagli operanti deo quinto reparto mobile che parlano di alcuni fuochi artificiali esplosi al cancello 8 all’altezza di quella che era una volta la baita, tanto che presso il cancello 8 è stato trovato il reperto n.5 che  è il contenitore di un fuoco d’artificio. Quindi dai dati oggettivi, dalle immagini, dagli oggetti posti in sequestro e dai luoghi in cui sono stati trovati si può escludere che ci sia stato un dolo diretto alle persone, è evidente che hanno agito SOLO per colpire i MEZZI, in particolare il COMPRESSORE che si trovava all’ingresso del tunnel. Ce lo dice una prova molto importante e diretta delle volontà che avevano le persone che hanno agito quella sera, ed è l’intercettazione ambientali. E’ evidente, a prescindere dal fatto che Lucio Alberti ci riferisca quello che è successo e che magari non abbia esagerato nel racconto che era un racconto da bar,  viene espresso un concetto chiaro a pagina 39 e 40 della perizia ambientale, e l’obiettivo era comunque quello di NON FAR MALE A NESSUNO e Savini dice “beh, c’è stato l’obiettivo”, “beh si avremmo dovuto forzare un po’ di più però nessuno SE LA SENTIVA DI FAR MALE ALLA GENTE, NONOSTANTE QUELLO CHE ovviamente DICONO i giornali”. Già solo questo dovrebbe essere sufficiente a chiarire le intenzioni delle persone che hanno operato quella sera. Padalino sostiene che si tratta di un’intercettazione del tutto affidabile, genuina, che non presenta profili di millanteria, anche per il luogo dove è stata registrata e che non può che essere stata rilasciata da una persona che era presente ai fatti della notte del 13-14 maggio, quindi è ATTENDIBILE. Ma il dott. Rinaudo invece ci dice che, certo, è attendibile e conforta la nostra ricostruzione, ma sul punto che l’obiettivo era quello di NON FARE MALE sembrerebbe smentita da tutti gli altri elementi, perché “avrebbero potuto compiere quell’azione in un altro luogo del cantiere” ma io vi ripeto che si sono recati in quella zona perché proprio in quel punto erano presenti I MEZZI del cantiere.

Ulteriore aspetto che mi conforta in questa ricostruzione è che nessun elemento è stato fornito dalla publbica accusa in relazione al fatto che gli imputati fossero a conoscenza della presenza di operai, di personale, all’interno del cantiere quella notte. Lo si dà per scontato, io non capisco bene perché. Si tratta di un’azione compiuta di notte, alle 3 di notte, era già difficile pensare che alle 3 di notte il cantiere fosse in opera, gli operai non si trovavano nel piazzale, si trovavano quasi tutti all’interno del tunnel, quindi è evidente che chi ha agito non poteva essere a conoscenza né che il cantiere fosse attivo, né che gli operai si trovassero all’interno del tunnel in quel momento. Dopo che ho analizzato questi dati oggettivi io mi voglio soffermare sulle varie testimonianze, in particolare uno dei testi più particolari, il sergente PAGLIARO. Perché PAGLIARO è forse l’unico delle ffoo che ci ha raccontato di essere stato oggetto DIRETTO di un lancio di una bottiglia incendiaria, lancio che ha specificato essere avvenuto a una certa distanza da lui, a una decina di metri. Vi ho già antiicpato che il PM ha indicato PAGLIARO e BELLO che era un suo sottoposto, che dalla control room lo porta con la macchina nel piazzale, si trovavano presenti nel cantiere, e le individua in quelle due persone illuminate in quel fotogramma visto più volte, e poi ci fa vedere che quelle due persone sono state oggetto di lancio di bottiglie molotov ma vi ho già dimostrato che così non è stato perché non erano bottiglie molotov. Ma quello che voglio spiegarvi in questa ricostruzione è che quelle persone non potevano essere né Pagliaro, né Bello, ce lo dimostreranno sia le immagini delle telecamere sia la tempistica che non consente a Pagliaro di essere li in quel momento, che l’intreccio delle testimonianze di Pagliaro e degli altri testi presenti…..

Giudice: avvocato senza ripetersi troppo….
Avv.: In quest’immagine vediamo che trattasi di un mezzo della polizia, per la particolare conformazione e per le lucette, si tratta di un Daily… lo vediamo mentre è in movimento e si va a posizionare… che si tratta di un Daily ce lo dice Petronzi il 9 ottobre “si, è un mezzo, minuto 3:16:42, quello è il tipico mezzo della polizia, dovrebbe essere un daily”, ma sappiamo che Pagliaro e Bello viaggiavano su un mezzo diverso, un DEFENDER, come risulta dalle testimonianze di Bello, il 14 giugno ci dice che era un defender. Già questo aspetto dovrebbe escludere che le persone davanti al Daily fossero Pagliaro e Bello, ma non ritornano neanche i termini. Questo che vedete nella slide è il percorso che il defender avrebbe dovuto compiere dalla control room verso il piazzale…. si tratta di un percorso tortuoso con vari tornanti che ha una lunghezza di 700 e passa metri, con dislivelli, per una lunghezza totale di 1 km. Il consulente ci ha detto che data la pendenza di questo percorso e la pres…. (mi perdo un pezzo è saltata la linea)

(….) L’avv. ricostruisce quei momenti dalle testimonianze della Cianciulli e di Pagliaro… non si comprende con chiarezza chi sia uscito per primo, chi si sia recato per primo nel cantiere, ma può esserci un’indicazione sempre dalle indicazioni della teste Cianciulli all’udienza del 14 luglio, le si chiede se quando lei è uscita Pagliaro è rimasto dentro la control room o è venuto nella discesina con lei, chiede il Presidente, “No, sicuramente non è sceso con me”, risponde. Abbiamo anche un altro dato, sappiamo che sicuramente il defender di Pagliaro e Bello non è passato per la strada che porta fuori al piazzale tra le 13:15 e le 13:15:42 perché la CAM1  rimane fissa per una cinquantina di secondi in quella zona e se il mezzo fosse passato in quel momento lo vedremmo in quelle immagini, noi vediamo che passa un mezzo bianco, un mezzo del cantiere, poi andremo a vedere di cosa si tratta. Andiamo avanti, nessun mezzo passa in quel momento. Ma… poi la telecamera si sposta e non sappiamo se il mezzo sia passato successivamente dopo le 3:15:42 in quel punto ma possiamo anche ipotizzare che sia passato successivamente. QUello che sappiamo è che il mezzo di Pagliaro e Bello non si vede…
“Il mezzo dove l’avete posteggiato, davanti a quel container?” “Si, davanti alla casetta…” Ma abbiamo visto che il mezzo non si vede. Poi ci sono i lanci di lacrimogeni e il mezzo di Pagliaro non si vede anche nei fotogrammi successivi alla fine dell’azione. In particolare 3:17:37, questa è la linea dove abbiamo indicato tutti gli spostamenti e dove facciamo vedere che alle 3:14…. 3:14:50…. sicuramente Pagliaro non fosse ancora giunto nei pressi del piazzale, ma non lo si vede neanche nei momenti successivi, 3:17:37 si inquadra nuovamente l’area di cantiere e il mezzo di Pagliaro non è presente. Lo notiamo solo in epoca successiva, qui (salta di nuovo la linea, sorry).

A Di Bello viene contestata una relazione di servizio, dice  che potrebbe essere stata scritta male ma in realtà non è un verbale di sommarie informazioni, è il suo pensiero che lui ha trascritto in un atto formale… Ma questa ricostruzione poi combacia perfettamente con la dichiarazione della dr.ssa Cianciulli, che anche lei riferisce che quando  è giunta nel piazzale ha dovuto indossare la maschera antigas perché erano già stati lanciati i lacrimogeni. Anzi lei, secondo questa ricostruzione, sarebbe partita o poco prima o poco dopo l’agente Pagliaro ma arriva in un momento molto successivo sia al lancio delle bottiglie che dei lacrimogeni, perché riferisce di essere praticamente arrivata nel piazzale contestualmente all’arrivo del mezzo idrante.. che arriva intorno alle 3:24, in un momento successivo, si vede chiaramente in un filmato che non ho qua, alle 3:23:28 inquadrato dalla CAM2, insieme ad un defender con i colori della polizia che potrebbe essere proprio quello della Cianciulli. Questa ricostruzione emerge anche dalle testimonianze rilasciate da tutto il personale del Quinto reparto Mobile, dai poliziotti presenti nella parte bassa del cantiere, che all’inizio di trovavano all’interno del Daily e abbiamo già visto  il percorso che ha fatto, all’inizio si trovava nella parte alta, vicino al cancello 8, poi il mezzo, per evitare i fuochi artificiali, si va a posizionare nella zona dove viene inquadrato nel fotogramma alle 3:16:42… Quelle persone quindi  non possono che essere dei poliziotti, Occhilupo e Locicero, che si sono occupati di lanciare i lacrimogeni, Occhilupo è il lanciatore e Locicero era l’addetto alla sacca, forniva quindi i lacrimogeni lanciati da Occhilupo. Occhilupo ci racconta che ha attraversato la parte del cantiere, si è posizionato vicino al container “con il tetto blu”, dice. E che da quel luogo ha lanciato gli artifici lacrimogeni, alcuni verso il cancello 8 e gli altri verso il cancello 8 bis, la maggior parte, perché avevano visto almeno 4 soggetti entrare e lanciare bottiglie incendiarie verso il cunicolo esplorativo e in quel momento “ho iniziato a lanciare artifizi lacrimogeni per farli desistere e allontanare, ne ho sparati una decina, ho cercato di avvicinarmi ma l’aria nel frattempo si era saturata di lacrimogeni e nel frattempo loro sono andati via”. Analoga dichiarazione viene rilasciata dal teste Locicero che dice che i lacrimogeni sono stati lanciati in direzione del cunicolo esplorativo, sono state lanciate anche bottiglie incendiarie verso la loro direzione ma si trovavano ad una distanza tale che tali oggetti non potevano raggiungerli.
Da nessuna dichiarazione di persone che si trovavano nel piazzale emerge la presenza degli ALPINI.
Un altro aspetto sempre sulla distanza dei poliziotti rispetto alle bottiglie molotov, che quindi non potevano raggiungere in alcun modo i soggetti che hanno lanciato i lacrimogeni, lo possiamo vedere anche dalla consulenza del geom. Abbà,  è stata fatta una triangolazione facendo riferimento a dei punti precisi del cantiere, è stato individuato il punto esatto dove si vedono quelle due persone, è stata calcolata la distanza tra quelle persone e il luogo di lancio e di reperimento dei resti delle molotov.. vedete che è una distanza molto considerevole. La circostanza di questa distanza viene riferita anche dalla Cianciulli che ci spiega che è stata costretta a utilizzare il lanciatore GL40 perché erano entrati all’interno del cantiere, si è ritenuto di utilizzarli PER LA DISTANZA (rispondendo a precisa domanda).
Cercherò di concludere questa parte  saltando alcuni elementi, volevo citarvi altre testimonianze che confermano che vicino al Daily siano arrivati solo fuochi artificiali ma mi sembra chiaro… Mi soffermo brevemente sulle dichiarazioni rilasciate dagli operai che si trovavano quella sera al lavoro. Sono stati sentiti 9 operai e da una disamina complessiva delle loro dichiarazioni non emerge che nei confronti di alcuni di questi operai siano stati lanciate bottiglie incendiarie, quasi tutti gli operai si trovavano, nel momento dell’azione, all’interno del cunicolo… abbiamo solo 3 operai che non si trovavano nel cunicolo e sono i testi PERRI, URU e ACIA (?). Perri e Uru si trovavano nell’officina, anzi il teste URU si trovava vicino al cancello 5 dove c’è un magazzino dove vengono riposti i mezzi di cantiere, ha visto i fuochi artificiali, ha preso il suo mezzo che forse è quello inquadrato dalla CAM1… e ricorda di aver visto anche l’operaio PERRI. C’è solo un teste che riferisce di essere stato nei pressi … il teste ACIAM che parla di fuochi che scendevano dal cielo ma riferisce che nulla è stato lanciato nei suoi confronti, dice che si trovava a circa 100 metri dall’ingresso del cunicolo esplorativo, nei pressi di una pompa rossa , per il cemento. Una distanza notevole dal lancio degli oggetti , delle bottiglie incendiarie.
RIPETO: NESSUNO DI QUESTI TESTI ha CONFERMATO le parole dette dal PM, che quando queste persone uscivano dal cantiere sono stati oggetto del lancio di bottiglie incendiarie, neanche UNO di questi testi. Poi dalla ricostruzione fatta anche da NOVARO è evidente che questi testi sono usciti quando l’azione era già terminata, e le persone erano già uscite dal cancello 8 bis, infatti dicono di vedere solo il fuoco sprigionato dal compressore, resti di bottiglie incendiarie e null’altro, una situazione di quasi continuità. Teste Roccia, anche lui si trovava all’interno della galleria dove stava gettando dei tiranti per il cemento, dice “ad un certo punto c’era un gran fumo dentro, ho visto delle fiamme fuori, siamo usciti, tutto lì”… Che fosse una situazione di non allarmante pericolo lo dimostra poi il fatto che gran parte degli operai dopo circa un’ora da questi fatti sono rientrati nel cunicolo a completare il LORO LAVORO, in particolare quel getto di cemento che doveva essere fatto quella sera a una distanza di 150 metri.
Vorrei farvi notare un ultimo aspetto, è stato sottolineato dal PM che ci può essere stato un attacco all’integrità fisica dei lavoratori anche per il SOLO FUMO che è entrato nel tunnel e che ha causato problemi respiratori… tenete presente che di questi testi NESSUNO ha subito LESIONI a causa dell’inalazione del fumo sprigionato dal compressore se non il teste SIBILLE che ci ha riferito di essersi assentato dal lavoro per una bronchite asmatica, però ha chiarito che si è allontanato dal lavoro dopo una settimana… bronchite asmatica di cui soffriva da almeno 2 anni.

Del fumo dei lacrimogeni ne parlano molti testi… teste Urru “c’era un fumo acre, dava fastidio, pizzicava pure, io non l’avevo mai sentito”, così anche il teste SIBILLE, riferisce nel verbale di sommarie informazioni “mi sono accorto che la polizia aveva sparato lacrimogeni le cui esalazioni erano filtrate all’interno del cunicolo, mi bruciava sia gli occhi che la gola”.
Ultimo aspetto è proprio il fumo del tunnel di areazione. Sono riuscito a reperire nella CAM2 probabilmente l’immagine del compressore che brucia, che non si era bene riusciti a individuare tanto che anche il consulente Abbà ha avuto difficoltà perché il mezzo era stato spostato a indicare il punto preciso… Fotogramma 3:21:56 possiamo andare avanti, si vede il compressore, con le fiamme, e un fumo che sale in maniera verticale… si tratta del compressore.. notiamo il famoso pickup che viene poi spostato successivamente dagli operai. Possiamo vedere in questo fermo immagine il fumo del compressore che sale in maniera verticale, che non entra direttamente nel TUNNEL e possiamo vedere anche l’IMBOCCO DEL TUO DI AREAZIONE, possiamo notare che l’imbocco non è posto direttamente davanti a quel fumo che sale dal compressore, quindi NON CORRISPONDE A VERITA’ NE’ CHE IL TUBO DI AREAZIONE SI SIA INCENDIATO, perché le fiamme che escono dal compressore sono a qualche metro, né si può dimostrare che quel fumo del compressore andava a incanalarsi in quel tubo portando aria malsana all’interno del tunnel geognostico. NON SI PUO’ ESCLUDERE PERTANTO CHE QUEI DANNI riferiti dai testi NON POSSANO ESSERE ADDEBITATI ANCHE DAL FUMO DEI 10 LACRIMOGENI LANCIATI DALLE FORZE DELL’ORDINE.

L’azione di quella sera era diretta esclusivamente a sabotare i mezzi del cantiere. Chiedo l’assoluzione in relazione al capo A non solo perché il fatto non sussiste ma in relazione al fatto soggettivo perché IL FATTO NON COSTITUISCE REATO.

Avv. Dominioni

Il mio compito riguarda alcune riflessioni sull’argomento del dolo nei reati di attentato, in particolare dell’art. 280 e 280 bis.Io credo che si possa partire da questo dato acquisito come pacifico, anche dopo l’impostazione della sentenza sul cautelare e poi anche dalla requisitoria dei PM. Non è sufficiente il dolo eventuale , a me pare che questo sia il dato ormai acquisito pacificamente e che quindi mi esima da ulteriori e particolari argomentazioni al riguardo. Vorrei fra l’altro richiamare soltanto la sentenza di cassazione Thyssen recentissima dove, se dovessimo parlare di dolo indiretto, di dolo eventuale, dovremmo immediatamente chiudere la partita, secondo quanto messo a punto non improvvisamente ma a seguito di importanti elaborazioni della Suprema Corte, dovremmo subito chiudere la partita circa il problema addirittura se vi sia il dolo, se sia individuabile un dolo eventuale poiché si dice “perché sussista il dolo eventuale non è sufficiente l’accettazione del rischio ma poiché, trattandosi pur sempre di DOLO occorre che il RISCHIO SIA CERCATO DALLA PERSONA con la propria condotta”. Ma questo mi limito ad osservarlo soltanto per una delimitazione degli ambiti di discussione. Certo il processo era partito , il procedimento era partito nell’impostazione del PM puntando sul dolo eventuale…. L’ordinanza del riesame sul punto, poi ha ricevuto le critiche dalla Corte di Cassazione.  Il fatto è che mi pare si debba osservare che il PM, portata la propria linea sul dolo diretto, in effetti sia e non abbia potuto fare a meno, perché.. altro comunque non c’è, è rimasto fermo agli argomenti e a risultanze probatorie originarie. Come dire, arrivando a portare avanti una linea distonica …dico che occorre il dolo diretto ma lo provo con argomenti e circostanze storiche che evocavo per sostenere la sussistenza del dolo indiretto, in termini che, ripeto, nemmeno mi pare potessero sostenere addirittura un dolo eventuale. Ma se è consentito un breve passo indietro prima di… arrivare direttamente sul punto del dolo diretto. In relazione alla condotta , e questo occorre tenerlo presente perché mi pare che il pubblico ministero quando deve parlare di dolo diretto in effetti parla di condotta di atti idonei diretti in modo non equivoco per dimostrare la condotta di attentato, sovrapponendo i propri …. sovrapponendo a questi i discorsi sul dolo diretto.  Il PM ha detto in requisitoria “la punibilità dei delitti di attentato si estende anche agli atti preparatori”. Perché c’è un’anticipazione della tutela, mi pare che debba esser e anche qui il dato ormai per acquisito, in giurisprudenza … le condotte di attentato si sovrappongono allo schema normativo delle condotte di tentativo e che quindi gli atti preparatori restano fuori dall’area di punibilità degli uni e degli altri. Il PM dice “i parametri per ragionare su tutto questo sono quelli indicati dall’art.56”.  Devo confessare che qualche fatica a seguire la linearità di questo ragionamento l’ho avuta , anche se mi rendo conto che quello che si dice ha delle logiche più interne che vanno comprese e ho cercato di comprenderle…. credendo non siano assolutamente condivisibili. Dice “i parametri sui quali dobbiamo lavorare per individuare se c’è una condotta di attentato, nel nostro caso, e assieme se c’è un dolo diretto sono quelli dell’art. 56, idoneità dell’azione, concreta possibilità in ordine alla realizzazione dell’evento, atti violenti ad attentare alla incolumità. Anche qui debbo dire che non vi sia modo di arrivare a dire qualcosa di piuttosto concreto e specifico sul problema se ricorre nel nostro caso il dolo diretto oppure no. Il PM ha concluso “l’azione era idonea e inequivoca e quindi c’è il dolo diretto”. proprio artt. 280 e 280 bis.. ho individuato una condotta idonea e inequivoca e quindi con questa ho anche individuato la ricorrenza del dolo diretto.  (…) cioè dire che quando ci si trovi di fronte ad una condotta di questo tipo non è necessaria la dimostrazione del dolo perché questa affermazione è da troppo tempo bandita dai principi e dalle regole del nostro ordinamento.

Il dolo DIRETTO deve invece essere provato. Ma qui credo, la particolare complessità che c’è in questo processo in ordine all’individuazione della sussistenza del DOLO, debba far porre una domanda, e rispondervi. Una domanda che spesso non ci si pone, proprio perché non ci si trova magari di fronte a difficoltà di questo genere: COME SI PROVA IL DOLO? Questa è la domanda.. io non uso slide, non perché non mi piaccia usare slide, ormai sono molto importanti dal punto di vista comunicativo, ma la ricerca e la sussistenza del dolo non può essere fatta mediante fotografie, il dolo è un MOTO INTERIORE, per usare una frase così, se ne possono usare 100 per dire che il dolo è qualcosa che deve essere provato ma… problemi di prova suoi specifici che sono specifici rispetto a quelli che sono della condotta, che appartiene al mondo esteriore della persona e non all’interiore della persona. Chiaro, possiamo dare una risposta, come diamo. Come dire onnicomprensiva, il dolo certo appartiene all’interiore della persona, non è fotografabile ma può essere dimostrato con tutte le possibili circostanze oggettive di fatto che consentano dei ragionamenti che portino a dire quella persona nel tenere quella condotta era mossa da quel dolo. In altri termini, lo dico perché .. non per dire una banalità… consenta la corte, perché certamente lo sarebbe in altri processi, ma qui ha una sua precisa caratura e indicazione di metodo allora il dolo lo si ricostruisce per via INDIZIARIA. Non c’è prova diretta, o meglio prova RAPPRESENTATIVA o prova STORICA che consenta la dimostrazione del dolo. E questo per dire quanto il problema sia delicato e quanto sia delicato in situazioni come quelle che ci impegnano in questo processo. Così delicate che mi pare, che mi pareva che questo argomento dovesse essere rimarcato.  Non intendo assolutamente ripetere quanto già è stato detto ma prendo qualche indicazione giusto per fruirne ai fini dell’argomento che sto trattando. Il PM nella sua requisitoria ha fatto un lungo elenco di circostanze addotte contemporaneamente per dire ci sono gli atti diretti in modo non equivoco e per dire ecco qui c’è il dolo diretto.  Orario notturno dell’attacco, un dato neutro ai fini che qui interessano, di giorno o di notte la circostanza non avrebbe nessuna influenza sull’individuazione o no del dolo.  Vengono appiccate le fiamme al compressore e sopra il tunnel rimando a quanto è stato detto e fatto dai difensori che mi hanno preceduto e la conclusione che si può trarre in ordine alla sussistenza o no del dolo diretto, anche qui mi pare che non ci sia nessun elemento di concludenza tra questo elemento e quello. Il travisamento, elemento ancor più che neutro. Si voleva impedire una reazione, anche qui non c’è nessuna concludenza… Consapevolezza da parte degli imputati che nella galleria c’erano gli operai, MA NON C’E’ LA PROVA e questo voglio anch’io rimarcarlo in modo più preciso, NON C’E’ LA PROVA CHE SI SAPESSE che nella GALLERIA, in quel CUNICOLO GLI OPERAI LAVORASSERO DI NOTTE SEMPRE E DA SEMPRE. Perché solo se fosse stata acquisita la prova su questa circostanza allora si potrebbe quanto meno cominciare a imbastire un ragionamento sulla possibilità di concludenza in ordine al dolo. Le condizioni in cui lavoravano gli operai, la capacità diffusiva delle fiamme, il pericolo di avvelenamento, conoscenza della posizione dei mezzi, circostanza poi risultata non vero. Così rimandando a tutte le altre circostanze richiamate dal PM mi pare che si possa dire che il PM NON HA OFFERTO NESSUN ELEMENTO DI FATTO riconducibile IN MODO PRECISO ed anzi IN MODO RIGOROSO e debbo dire IN MODO MOLTO PRETENZIOSO al concetto di INDIZIO.

Che è quella serie di elementi che attraverso un ragionamento portano necessariamente alla CONCLUSIONE : le persone lì hanno AGITO con DOLO DIRETTO. qui è molto importante, allora, il controllo sulla prova mediante la categoria dell’indizio, proprio perché l’indizio è l’elemento, il tipo di prova necessario per dimostrare il DOLO. E allora sappiamo cosa sono gli indizi, mi limito soltanto a richiamarlo… la camera di consiglio sicuramente sotto la guida del Presidente avrà modo anche per i giudici popolari di analizzare attentamente questo, ma dire che qui ci sono INDIZI, secondo l’art. 192 che hanno precise caratteristiche dalle quali si possa indurre in modo necessario e inesorabile che le persone lì abbiano agito con dolo DIRETTO mi pare che sia cosa che NON SIA ASSOLUTAMENTE SOSTENIBILE.

Ho detto poc’anzi e a me sembra molto importante, un argomento viceversa molto SVILITO dal PM. Allora ho precisato poc’anzi come il procedimento probatorio, la prova dell’elemento soggettivo è di tipo indiziario, il processo s’imbatte, questo processo s’imbatte ad un certo punto nell’intercettazione ambientale tra Alberti e Savini, che stanno mangiando attorno a un tavolo di una trattoria cinese, come sappiamo. Allora dico subito che è molto difficile, anzi impossibile, sarebbe come dire negare d’un colpo e qui e in questo momento e su questa prova, su questa risultanza probatoria, tutto il bagaglio di valutazione delle intercettazioni ambientali che ha accumulato la giurisprudenza , mi pare sia impossibile dire che queste dichiarazioni non siano state genuine e mi sembra impossibile, e mi richiamo senza esplicitare a tutte le indicazioni di merito accumulate dalla giurisprudenza per valutare le intercettazioni ambientali… non quelle telefoniche, perché sappiamo che c’è una differenza. Innanzitutto parlo sul piano della tenuta, al giudizio di attendibilità fra le une e le altre. L’intercettazione ambientale è quella che in modo più… mi sia consentito questo termine, in modo più SPIETATO porta davanti al GIUDICE affermazioni di determinate persone, le persone intercettate in questo modo. Perché sappiamo che, viceversa, l’intercettazione telefonica ha bisogno anche sul piano dell’attendibilità di una serie di valutazioni perché spesso ci si trova di fronte a dichiarazioni criptiche, al fatto che le persone che parlano sospettano che il loro telefono sia intercettato, etc etc. Tutte cose che, viceversa, non valgono per l’intercettazione ambientale, frutto dell’esperienza giudiziaria che da anni si è vissuta e si sta vivendo. Allora io credo che questo sarà , questo dell’intercettazione Alberti inserita in questo modo nel processo, credo che diventerà un caso di scuola, tanto singolare è e tanto significativo è sul piano della prova, tanto da infirmare quello che di solito vale per l’elemento soggettivo e cioè che esso proceda soltanto di prova indiziaria, qui siamo quasi in presenza di una prova dichiarativa, cioè di una dichiarazione che non è esattamente prova dichiarativa perché non è fatta davanti al giudice nella sede del processo e nel contraddittorio delle parti ma che vale come una dichiarazione spontanea che quando ha tutti i crismi propri della prova dichiarativa ne ha il grande e PIENO VALORE PROBATORIO. Ed anzi questa ,in modo particolare, perché è una dichiarazione che viene fatta nella inconsapevolezza  di essere ascoltati mentre la si fa, in TOTALE SPONTANEITA’, in TOTALE SINCERITA’, fuori da ogni possibile immaginabile carico.  Questo se vogliamo spendere gli strumenti di valutazione della prova in modo molto preciso, per questo dico eccellentissima corte che questo diventerà un caso di scuola e sarà un caso che d’ora in avanti i repertori di giurisprudenza sulla prova dell’elemento soggettivo, i manuali eccetera dovranno registrare e dire guardate che per regolare l’elemento soggettivo si prova per VIA INDIZIARIA ma ci possono essere situazioni nelle quali questa prova può essere raggiunta con modalità che la tecnologia attuale in definitiva avvicina alla prova dichiarativa, rappresentativa di un fatto. Una dichiarazione che rappresenta, quindi che non indica in via indiziaria, che non fa indicare attraverso un ragionamento, ma che indica e rappresenta un elemento che appartiene all’interiore della persona. Questa è la particolarità. Allora quello che dice il contenuto di questa dichiarazione intercettata in via ambientale è che l’obiettivo.. io credo si debbano sottolineare due cose importanti: che l’obiettivo era quello di attaccare delle COSE. Che si aveva l’obiettivo di NON FAR MALE ALLE PERSONE, che NESSUNO VOLEVA FAR MALE ALLE PERSONE e l’ultima cosa, la terza che si aggiunge, è che parlando di questo Alberti dice che per raggiungere effettivamente in modo efficace quell’obiettivo di danneggiare quelle cose “avremmo dovuto forzare la nostra azione ma ci abbiamo rinunciato perché NESSUNO SE LA SENTIVA DI FAR MALE ALLA GENTE”.  Questa è una dichiarazione MOLTO ARGOMENTATA, come si dice quando si devono valutare dichiarazioni di testimoni, un conto è che un testimone faccia un’asserzione, assuma un certo fatto, e un altro è che anche sotto l’incalzare di domande, che qui fra l’altro c’è chi fa domande, quella persona fa da testimone e spiega e ragiona sulle sue stesse dichiarazioni, e le approfondisce e le articola. E esprime in piena ampiezza quello che vuole essere il contenuto della propria dichiarazione. Io credo che questo non debba, non possa essere assolutamente sottovalutato ma ani debba essere attentissimamente valutato e colto in tutta la sua portata formidabile PROBATORIA. Pressoché un inedito.
In ordine alla valutazione del PM, io non sto qui ad affrontare il problema se questa intercettazione sia attendibile o no per altri aspetti, come una valutazione di altri aspetti di questa intercettazione possano influire sulla valutazione di questa, non vorrei insistere, ma anche qua torna in continuazione il richiamo alle regole sulla testimonianza. Anche le dichiarazioni testimoniali,  è un principio fondamentale, giurisprudenziale e di letteratura, che non devono essere valutate in blocco ma possono essere frazionate anche nel giudizio di attendibilità. E quando una parte delle dichiarazioni riceve, deve ricevere un giudizio di attendibilità questo assolutamente non contrasta con eventuale giudizio diverso che debba essere dato ad altre parti di queste dichiarazioni. Il PM ha detto che le parole di ALBERTI sono SMENTITE dalle CONDOTTE provate dai fatti e dai testimoni. Mi pare che il ragionamento debba essere esattamente rovesciato, perché il PM passa in rassegna una serie di elementi di fatto, ne dà una sua interpretazione, non c’è ricostruzione di un fatto che non sia debitrice anche di una interpretazione di chi fa questa ricostruzione. Ricostruisce una serie di elementi di fatto dandole un’interpretazione, questi fatti… in sintesi, questi fatti sono tali che per la loro unidirezionalità etc etc conducono alla prova del dolo diretto e quindi questi fatti smentiscono le dichiarazioni di Alberti, ma il ragionamento deve essere rovesciato, le dichiarazioni di Alberti smentiscono le interpretazioni dei fatti fornite dal PM, questa è la proposizione corretta…

13.10 nemmeno come si fa ad essere d’accordo su valutazioni del PM su Alberti. Dica che non ci creda, non che sono vuote e inconsistenti, grazie Presidente

Avv. Pelazza

Vista ora e situazione, dico che mi sento come il cavallo che vorrebbe non saltare l’ostacolo ma tornare nella stalla.
Preliminarmente, ottino avv. Novaro ha richiamato attenzione su schede Digos documenti allegati dal PM che lì non possono essere, e sottolineo questo dato materiale che devono essere tolte.
Capo B eversione art. 21 e 29 legge 1975, una delle prime leggi che introducono l’emergenza. Qui il PM ha chiesto assoluzione perché fatto non costituisce reato, ma voglio solo annotare che art. 424 e 425 danneggiamento seguito da incendio, hanno sempre per finalismo di mettere in pericolo la vita delle persone, quindi il cerchio si chiude.
Poi c’è la nozione di detenzione, qualcosa non di estemporaneo, ma chiede relazione durevole, infatti nel capo c pm non vi si appella, ma modifica art.38 TULPS, che prevede termine preciso sulla detenzione armi da fuoco.
Capo C, problematica adozione arma da guerra in relazione art. 1 l.110 del 1975 che equipara bottiglie incendiarie ad armi da guerra, particolare offensività bombe molotov bengala bombe carta artifizi pirotecnici… Partiamo dal fondo, per quanto riguarda bombe carta, non c’è alcuna relazione probatoria; unico elemento cartaceo è reperto n.5 Polizia Scientifica, nessuno ha visto altro.
Artifizi pirotecnici: consulenza dott. Soldati, legge 895, definite come sostanze non micidiali, mentre per micidialità s’intende rilevante effetto distruttivo, e molte sono le sentenze in merito che non prevede nemmeno contravvenzione per detenzione artifizi, se inferiori a 5 kg. L’art. 83 regolamento attuativo TULPS che lenca prodotti esplodenti anche gli airbag delle cinture di sicurezza, quindi muoviamoci in questo campo con prudenza. La legislazione recente inoltre prevede che i prodotti pirotecnici siano un settore a sé, e disciplina detenzione e vendita, dimostrando differenza concettuale tra esplosivi e artifizi pirotecnici. Anche il ministero Interni recentemente in regolamento consente la vendita temporaneamente di petardi, doppi petardi, candela romana, tubo di lancio, fontana ecc. Insomma, è la dimostrazione tra assoluta separatezza e differenza proprio concettuale.
Quindi parlare di mortai che invece sono solo tubi di lancio e di congegni esplosivi per i bengala contrasta questo DL del 2014, non sono lanciarazzi, non sono ARMI DA GUERRA, e anche nell’art. 2 della L.110/75 e art. 5 legge del 1977 non vengono considerate armi, siamo proprio al di fuori. Al massimo si punisce con ammenda.
Veniamo invece ora al fatto + interessante dal punto di vista giuridico, + nuovo: la questione bottiglia incendiaria arma da guerra. La successione delle leggi nel tempo, a partire dalla legge del 1975, nei fatti viene abrogato l’art. 33 del regolamento attuativo del TULPS, poi la legge 185  del 1990 elenca all’art.2 prevede come arma da guerra i materiali tali da considerarsi per prevalente uso militare o di polizia: dalle armi nucleari, chimiche, bombe razzi ecc. Ovviamente nessuna menzione delle bottiglie incendiarie. All’art. 1 si dice testualmente che
sono escluse da arma da guerra, o armamento, armi sportive da caccia..fumogeni… Claudio Lo Curto, magistrato di spessore culturale, occupatosi a Caltanissetta di reati di Mafia, Gip e ora procuratore generale in Sardegna, ha scritto un libro e parlato espressamente di come vada disciplinata la distinzione tra armi di guerra e armi comuni da sparo. Gli interessava la questione di Beretta… fino allora considerata arma da guerra, poi declassata in arma comune da sparo. Quindi la successione delle leggi nel tempo ci impone di cambiare le definizioni, e Lo Curto dice che massimi esperti sul punto concordano tranne un’unica isolata sentenza della Cassazione. Anche l’Unione Europea si accoda a questa conclusione, armi vietate e armi consentite, di implicita abrogazione arma da guerra per armi ammesse con particolare disciplina. E mi accodo a intervento-piccolo vadecum per magistrati svolto al convegno a Lecce di aprile 2013, di adeguarsi anche in osservanza impegni presi in sede internazionale. La soluzione quindi è univoca, anche se capisco il forte senso innovativo: in via subordinata, se non vengano accolte queste tesi, farei una questione di costituzionalità a mio giudizio molto evidenti: la ns. Costituzione, art. 3, impone che situazioni uguali siano trattate in modo uguale e che situazioni differenti siano trattate in modo diverso.
Presidente dice che a quest’ora non riesce ad essere ben lucido sull’argomento INCOSTITUZIONALITA’ e lo invita ad andare avanti.
Avv. Pelazza procede passando al capo D: artt. 423 e 42144 e 425 scopo danneggiare cose altrui, danneggiamento ecc. La questione è stata sviscerata molto: non c’è stato alcun incendio vasto, difficile da spegnere, diffuso e con tendenza a diffondersi.., mentre l’incendio che c’è stato è stato solo quello del compressore senza alcun pericolo ulteriore, quindi senza citare altre sentenze, sinteticamente penso si tratti di DANNEGGIAMENTO SEMPLICE. La disciplina del danneggiamento: è perseguibile a querela se non ci sono aggravanti. Le aggravanti sono quelle di pubblica utilità, ma lo stesso cantiere è sito strategico nazionale e bisogna vedere se si può sovrapporre a pubblica utilità tale concetto, puramente strumentale all’esigenza militarizzare un territorio, utilizzato per la prima volta in Campania per rifiuti pericolosi. INOLTRE certo il compressore non è bene di pubblica utilità, poi c’è la MANCANZA DI QUERELA: la querela è stata presentata da Gilli, che si definisce “ho la delega LTF” ma non ne ha la veste di rappresentante legale. Inoltre il compressore era della ditta Giuliano che lo noleggiava; la ditta Giuliano non ha presentato alcuna querela, né il consorzio che lo utilizzava all’interno del cantiere. 14.12

… Il compressore era della ditta Giuliano che lo noleggiava al consorzio d’imprese, la ditta Giuliano non ha presentato nessuna querela…  paradossalmente a mio giudizio l’oggetto, il cuore materiale di questo processo deve essere… almeno un giudizio di improcedibilità dell’azione penale per quanto riguarda il suo danneggiamento per la mancanza della querela. E quindi penso di essere stato abbastanza rapido, ho ancora solo due punti da affrontare, due rapide osservazioni sulle parti civili. Per l’Avvocatura dello Stato c’è una considerazione da fare sul fatto che l’autorizzazione anomala, dal sottosegretario Del Rio, un atto che autorizza la parte civile nell’interesse del CDM, del ministero degli Interni, ministero della Difesa e Arma generale dei Carabinieri, pur non avendo alcun potere da questi soggetto… fa riferimento ad “attentati presso cantiere TAV”, quindi l’autorizzazione è per i reati di attentati. Se non bastasse questo bisogna poi rilevare come … l’osservazione accidentale, la stessa avvocatura di stato ci dice, dopo tutti i discorsi sul fatto grave, che il pregiudizio che i fatti hanno arrecato nel suo insieme si configura essenzialmente come DANNO NON PATRIMONIALE. E comunque anche questo danno non patrimoniale deve essere provato, questo l’ha osservato l’avvocato Novaro, siamo in tema di esercizio dell’azione civile nell’azione penale, ci dev’essere la motivazione per la quale io agisco nel giudizio e la cosa che io pretendo nel giudizio… e non si capisce se si è in giudizio per i fatti del 13-14 maggio o per tutta l’opposizione del movimento no tav alla linea ferroviaria. Ulteriore rilievo che la giurisprudenza della Corte dei Conti che viene citata è tutt’altra cosa, non  ci può essere una costrizione dei pubblici poteri che legittimi una costituzione di parte civile o una sottrazione di sovranità addirittura, e non si può legare un danno all’immagine da reati che sono di comune esperienza reati che si verificano quotidianamente, come la detenzione di sostanze pericolose, o la resistenza, il danneggiamento, allora vorrebbe dire che c’è un affiancamento dell’accusa pubblica che è quella deputata … (…) in ogni tipologia di reato.
Per quanto riguarda LTF, produce la lettera che ricever da CMC ma in relazione a questi pretesi danni, si tratta di danni puramente eventuali, la lettera che ha prodotto con nota del 5 novembre 2014 è indirizzata sia a Geodata che LTF, si rappresenta un’eventualità. l’iscrizione nel libro contabile dei danni, in relazione al fatto poi, sottolinea la scrivente CMC, i rischi amministrativo-sociali, manifestazione-danneggiamenti provocati dalla popolazione, fanno capo alla committente… le accuse private e le accuse pubbliche dovrebbero mettersi d’accordo se le popolazioni della VALSUSA sono parte di turbamento … (…)

C’è anche un riferimento ad un risarcimento che non riguarda LTF, da parte dell’assicurazione, quindi si tratta esclusivamente di danni eventuali e non si può ritenere provata ai fini della provvisionale… le somme che LTF ha richiesto.
Sulle parti civili ho terminato, adesso solo una rapida illustrazione della richiesta subordinata… per i reati per i quali vi sarà condanna per l’attenuante di cui all’art. 62 n.1 particolare valore sociale e morale. Il problema è quello delle circostanze del reato.

L’avv. Pelazza cita poi una sentenza sul centro sociale Leoncavallo, sui particolari valori sociali e morali.

Ex Isis confessa: I turchi combattevano al nostro fianco

26 novembre 2014

«I turchi cooperavano con noi, erano nostri amici». «All’interno della base Nato erano tutti così gentili con noi». Ex fondamentalista conferma l’inconfessabile.

di Franco Fracassi

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«Il nostro comandante all’interno dell’Isis ci disse di non preoccuparsi quando si attraversava il confine con la Siria, perché i turchi cooperavano con noi, erano nostri amici. “Nulla ci accadrà fino all’arrivo ad Aleppo”, aggiunse il comandante». Un ex militante dell’Isis, nome di battaglia Sherko Omer, ha spiegato al settimanale statunitense “Newsweek” quanto stretti siano i legami tra la Turchia (membro cardine della Nato) e i fondamentalisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante, che della Nato formalmente sono nemici mortali.

Tra gli altri incarichi, Omer conduceva enormi Tir carichi di armi e aiuti di vario genere dalle basi Nato in Turchia alla linea del fronte anti Assad, in Siria. «A volte attraversavamo aree controllate dai curdi. Mai avuto un problema. Anche perché prima che passasse il convoglio battaglioni dell’esercito turco bonificavano la strada, attaccando, se necessario, le postazioni dei turchi siriani, amici di quelli turchi». La Turchia (e gli Usa) è alleata dei curdi iracheni e al tempo stesso nemica dei curdi turchi. I curdi siriani sono un po’ nemici, un po’ amici. Dipende dalle situazioni.

«La prima volta che entrai in una base Nato non credevo ai miei occhi. Erano tutti così gentili con noi. In particolare lo erano i soldati turchi. Questi ultimi, poi, ci hanno dato una mano decisiva nel massacrare i curdi che difendevano Rojava», una città che si trova nel nord-est della Siria.

Ancora Omar: «I curdi erano nemici di entrambi, dell’Isis e dei turchi. Li massacravamo. Eccome se li massacravamo. È anche per questo che non faccio più parte dell’Isis. Non ne potevo più di assistere alle mattanze dei curdi. La distruzione dei curdi turchi e siriani è uno dei principali obiettivi sia dell’Isis, sia della Turchia».

«Come sono entrato nell’Isis? Sono figlio di un uomo d’affari di successo nel Curdistan iracheno. Mio padre mi ha incoraggiato ad andare a combattere con la resistenza siriana. E così, mi sono arruolato nell’Esercito di liberazione siriano. Volevo combattere Bashar al Assad. Invece mi sono ritrovato risucchiato all’interno dell’Isis, impossibilitato ad andarmene. Come prima cosa mi è stato dato un lavoro come tecnico delle comunicazioni dal centro di comando Isis di Raqqa. Anche laggiù era un viavai di ufficiali turchi. Perfino la lingua più parlata non era l’arabo, bensì il turco. In seguito sono stato spostato prima alla guida di un camion e poi in un battaglione che combatteva nel nord-est del Paese, vicino al confine iracheno», ha concluso l’ex membro dell’Isis Sherko Omer.

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“WOC-WARNING IN CRIME: COME PREFETTURA E UNIVERSITÀ DI TORINO VORREBBERO LAVARE LA COSCIENZA DELL’OSSERVATORIO TO-LY”.

http://www.marcoscibona.it/home/

http://www.m5sp.it/comunicatistampa/2014/11/tav-frediani-scibona-m5s-woc-warning-in-crime-come-prefettura-e-universita-di-torino-vorrebbero-lavare-la-coscienza-dellosservatorio-to-ly/

TAV – FREDIANI – SCIBONA (M5S): “WOC-WARNING IN CRIME: COME PREFETTURA E UNIVERSITÀ DI TORINO VORREBBERO LAVARE LA COSCIENZA DELL’OSSERVATORIO TO-LY”.

 Apprendiamo che ieri la Prefettura e l’Università di Torino hanno redatto e sottoscritto un ennesimo protocollo per contrastare le infiltrazioni mafiose nelle grandi opere.

In Italia si ricorre sempre al rimedio “formale e mediatico” per porre rimedio a situazioni che, attraverso controlli “effettivi e sostanziali” sarebbero già evitabili attraverso la legislazioni vigente antimafia.

Già l’11 settembre 2012 venne redatto dalla Prefettura di Torino e Lyon Turin Ferroviarie un altro protocollo di intesa che indicava, quale straordinario mezzo di contrasto alle infiltrazioni mafiose nel cantiere Tav di Chiomonte (TO), l’analisi dei flussi finanziari attraverso il CUP, un codice alfanumerico attribuito ad ogni opera.

Tale protocollo si scontrava, nella sostanza, con l’erroneità del codice antimafia già segnalato anche alla Prefettura di Torino nel 2012. Tale CUP (c.d. codice in funzione antimafia e controllo flussi di danaro) venne corretto solo su segnalazione di un avvocato della Comunità Montana alla Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPE che lo corresse a dicembre del 2012.

Ma non basta: nel corso dei due anni di vigenza del CUP errato (2010-2012) all’interno del cantiere di Chiomonte della Lyon Turin Ferroviarie hanno lavorato imprese (Italcoge – Italcostruzioni e Toro) vicine o riconducibili alla criminalità organizzata, come risulta dall’operazione Minotauro e dall’operazione San Michele.

Ciò che più ci stupisce è l’inesistenza sostanziale della tanto decantata – nella nuova intesa – “opera di prevenzione e controllo” considerato che, proprio sotto gli occhi della Lyon Turin Ferroviaire, Questura e Prefettura di Torino, nel più controllato cantiere del Mondo, la Toro S.r.l. (riconducibile all’ndrangheta) asfaltava le strade e si nascondeva dalle telecamere del TG RAI 3 ed il cui interlocutore era certo Ferdinando Lazzaro che si interfacciava con la stessa Prefettura di Torino – parole di Lazzaro intercettate dagli inquirenti Op. San Michele – per ottenere i permessi per la Toro S.r.l. al fine farla entrare nel cantiere medesimo.

E’ con questa chiave oggettiva di lettura che ci stupiamo nel leggere di una nuova intesa che prevede la partecipazione anche dell’Osservatorio per il Collegamento Ferroviario Torino-Lione ancora presieduto dall’Arch. Virano, soggetto coinvolto in un procedimento penale per rifiuto di atti di ufficio.

Ci opponiamo alla presenza di quell’Osservatorio che ha sempre superficialmente difeso opera e ditte lavoratrici alcune delle quali gestite da oscuri personaggi in odore di mafia e colpiti dalla c.d. ordinanza San Michele.

Il nuovo protocollo di intesa, probabilmente, non sortirà effetto alcuno in quanto sostanzialmente è una vera e propria “pezza mediatica” alla follia della maggioranza parlamentare che, ratificando il trattato del 2012 tra Italia e Francia, ha escluso dall’applicazione del Codice Antimafia proprio i lavori in Italia del Tav Torino Lyon.

Cosa serve spendere altri soldi quando era sufficiente, da parte dello stesso Virano, Magister TAV, leggere, accorgersi e bloccare quella follia giuridica o patente di immunità dell’accordo internazionale ? Si sarebbe potuto continuare ad applicare la normativa antimafia italiana al posto di quella inesistente francese.

Questa è l’ennesima manovra grossolana per lavarsi la coscienza!

Se Virano non ne sopporta più il peso valuti seriamente l’idea di andar in pensione ma la smetta di contribuire alla creazione di specchietti per le allodole. Ormai non ci casca più nessuno!

E al Prefetto di Torino chiediamo di interrompere la reiterazione incostituzionale (per oltre 3 anni) delle ordinanze ex art. 2 TULPS, come più volte censurata dalla Corte Costituzionale.

Francesca Frediani, Consigliere regionale M5S Piemonte

Marco Scibona, Senatore M5S

Anche l’Unione Montana Alta Valle Susa difende l’Ospedale di Susa

TG Valle Susa
 Anche l’UMAVS a difesa dell’Ospedale di Susa.
di Leonardo Capella

Una lettera indirizzata al presidente della regione Piemonte Sergio Chiamparino e all’assessore alla Sanità Antonio Saitta dai Sindaci dell’Unione Montana Alta Valle Susa. 

Logo UMAVS

“L’ospedale di Susa è un malato grave: si parla della maternità, ma anche di ogni altro settore sanitario, dal pronto soccorso, all’ortopedia, alla chirurgia, alla medicina, eccetera” e ancora “I valligiani hanno diritto alla vita, hanno diritto di fruire in modo paritario dei servizi sanitari rispetto agli abitanti metropolitani. I politici hanno il dovere di garantire queste pari opportunità; hanno il dovere di non associarsi ad aride logiche gestionali, che privilegiano la moneta alla persona” .

In queste parole leggiamo le preoccupazioni che sono di tutti cittadini in relazione ad una visione della Sanità dal mero aspetto economico e leggiamo anche degli enormi rischi per l’incolumità dei cittadini che un allontanamento delle struttura sanitaria comporterebbe.

 Con questo scritto gli amministratori dell’Alta Valle, anche se non presenti in massa alla manifestazione del 23 novembre davanti all’Ospedale di Susa, fanno comunque fronte comune con gli altri colleghi della valle e seppur con diverse sensibilità chiedono una seria riflessione sulle decisioni prese dall’Assessorato, sottolineata con queste parole molto forti: “La presente lettera vuole costituire sprone per una giusta riflessione e per l’adozione di giusti provvedimenti al fine di evitare che la politica sia macchiata dall’epiteto dell’omicidio volontario ed è quindi palese che la Valle di Susa si trova costretta a chiedere fortemente la conservazione del proprio ospedale per legittima difesa, cioè per non veder morire persone a causa della logistica, delle distanze e dei tempi di percorrenza”.

L.C. 26.11.14

Valerio Mastandrea al Torino film festival. “Sono No Tav e rifirmerei l’appello per i quattro ragazzi”

post 24 novembre 2014 

Valerio-Mastrandrea-558x264da Tgvallesusa –

Valerio Mastrandrea, protagonista di Ogni maledetto Natale, è a Torino il 22 novembre per la presentazione del film al Torino Film Festival. È molto legato alla città: “Vorrei essere al Torino Film Festival, a cui sono legato in maniera particolare, come spettatore per vedere ciò che più mi interessa” dice. “Soffro ad essere qui da addetto ai lavori, non per le interviste, ma perché sono molto legato alla città dove ho girato uno dei film più importanti che ho fatto all’inizio della mia carriera Tutti giù per terra e perché’ mi piace vivere la città’ con interesse e curiosità”.

Ma sabato 22 novembre è anche la giornata che porta in piazza a Torino un migliaio di No Tav per chiedere la scarcerazione dei quattro ragazzi accusati di terrorismo per aver incendiato un compressore, in un’azione notturna contro il cantiere dell’alta velocità di Chiomonte (Val di Susa) nel maggio 2013.

“Purtroppo non vado alla manifestazione dei No Tav – ha dichiarato Mastrandrea –, ma ho firmato un appello per quella situazione e se me ne proponessero un altro lo firmerei ancora una volta”.