La piazza contro la Leopolda, farsa del 25 ottobre

i sindacati “ribelli”, contro il governo, una barzelletta. Non si contano più le firme ai vari patti, “per la crescita”, “Per il lavoro”, patti che smantellavano e preludevano ad un continuo smantellamento dei diritti. Che cosa aspettarsi da chi firmò ed avallò la Biagi….ora fanno i “ribelli”...

Ma d’altronde lo dicono loro stessi, in piazza si fa a far “festa”…..una festicciuola, NON UN ATTO DI  RIVOLTA. Sia mai, è sempre il gov amico.
L’art è stato scritto prima della sceneggiata del 25. Non è che ci vogliano doti di preveggenza, solo onestà intellettuale per scrivere LA VERITA’

di Eugenio Orso – 22/10/2014

Fonte: Pauperclass

Giocare al poliziotto buono e a quello cattivo, fingere una competizione che non c’è, simulare improbabili opposizioni, politiche e sindacali, contrastare il capoccia per poi sostenerlo in parlamento e chiamarlo “il mio segretario” davanti ai microfoni, come fa Bersani con Renzi. Il pd, con la cgil e la fiom che gli reggono il sacco, è abilissimo in questi giochetti, è bravissimo nell’inscenare farse come “la piazza contro la Leopolda”, o anche “la sinistra contro i renziani” di turno.
Parte la cgil con una manifestazione pacifica e palesemente inutile, da incontro in piazza nel week-end, e l’”opposizione” interna piddina ne approfitta. Evidente che dietro c’è un copione da seguire, ma senza spaccare il pd e far cadere il governo … che è comunque il loro governo, benedetto e sostenuto dalla troika almeno per il momento.
Campioni nella truffa e nella manipolazione del popolo bue, i piddini fingono due schieramenti, per mantenere e acquisire consensi a tutto campo. Il primo è quello dei renziani, che vorrebbero le riforme del mercato del lavoro in barba ai “privilegi” dei lavoratori protetti, il secondo schieramento, che nella farsa dovrebbe opporsi con risolutezza al primo, è la cosiddetta sinistra del partito, “sensibile” alle istanze sociali e perciò “conservatrice”, con la cgil e la fiom in torta. I primi alla Leopolda, i secondi in piazza con il sindacato. A ciascuno di questi infami è stato assegnato un ruolo ben preciso, nella farsa.
La difesa dell’articolo 18, per quanto riguarda il secondo schieramento, non è che un pretesto per fottere ancora una volta i lavoratori e trattenere tessere e consensi, nel pd, nella fiom e nella cgil, così come nei primi anni duemila (marzo 2002) ha rappresentato un pretesto per far cadere il governo Berlusconi II, senza però riuscirvi. I renziani, dal canto loro, vorrebbero lavoratori tutti uguali e tutti senza diritti, licenziabili in ogni momento, per “dare lavoro ai giovani” (il solito slogan vuoto, che però funziona) e per “una questione di equità” sociale, ma in senso neocapitalistico, ossia tutti sottopagati e sfruttati davanti al capitale finanziario. A ciò si aggiunge la “contesa” riguardante la stessa natura del partito unico collaborazionista (della troika), cioè il pd. Se i renziani andrebbero verso il “partito della nazione” allargato o addirittura onnicomprensivo, aperto a tutto e al contrario di tutto, per fagocitare sel, ncd, i resti di sciolta civica e forse una parte degli inutilissimi grillini, i “sinistri” vorrebbero mantenere una “comunità di uomini e donne” (stronzate che dicono un Cuperlo o un Bersani) un po’ più ristretta, fingendo di restare “orgogliosamente ancorati alla loro storia”, anche se i collaborazionisti della troika, in quanto servi del Gran Capitale disposti a ogni sorta di tradimento e bassezza, non possono avere né storia né dignità politica. Così, la sceneggiata che si profila sabato 25 ottobre è a tutto campo, e in moltissimi crederanno veramente che nel pd ci siano opinioni e “proposte politiche” diverse, non soltanto quelle della bce, della commissione europoide e del fondo monetario internazionale. Che bel pluralismo! Eccola, l’essenza della democrazia liberale che anima il partito unico!
La ripugnante infamia chiamata sinistra avrà un giorno di gloria e darà spettacolo. Da una parte la sinistra-sinistra apostata del comunismo: cgil + fiom + Cuperlo + Bersani + Civati + Fassina + Mineo + Damiano + varie ed eventuali. Dall’altra la sinistra liberal ultramodernista, raccolta intorno allo sbruffone Renzi in una vecchia stazione ferroviaria fiorentina, scopertamente e fanaticamente devota al mercato, agli investitori, alle signorie finanziarie e alla loro moneta unica.
Peccato che lo jobs act, al senato, è stato da poco approvato con maggioranza ampia che più ampia non si può (165 sì!), e questo, soltanto questo, è ciò che conta per il futuro dei lavoratori. I più “coraggiosi” sinistri pd, come Mineo, si sono astenuti – non avendo avuto neppure il coraggio di votare contro – mentre gli altri hanno votato a favore. Tanto varrebbe che sabato se ne andassero tutti alla Leopolda, ad applaudire il loro segretario! Nessuno è uscito dal pd stracciando la tessera e nessuno lo farà il 25 di ottobre, ma la sceneggiata s’ha da fare, per ingannare ancora una volta il popolo bue.
La piazza contro la Leopolda, prossimamente in scena.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=49604

Cavie da laboratorio

di Andrea Marcon – 22/10/2014
 
Fonte: Il giornale del Ribelle
 
stadi
 Il c.d. “decreto stadi” è stato definitivamente approvato dal Parlamento, con la rapidità e la solerzia dovuta ad un problema di ordine pubblico così rilevante. In un Paese che conta circa 500 morti all’anno per violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, è evidente che debba avere la priorità assoluta il fenomeno della violenza negli stadi, che di vittime ne ha causate meno di dieci (compresi gli omicidi commessi da poliziotti) negli ultimi 30 anni. Del resto la dittatura mediatica significa proprio che ciò che conta è solo quello che finisce nell’occhio della telecamera. La morte del povero Ciro Esposito indigna (giustamente), mille altre passano inosservate. Chi “regge” la telecamera, in definitiva, detta la priorità dell’agenda politica. Niente di sorprendente, la storia recente è piena di episodi ancora più significativi di questo meccanismo, vedasi da ultimo le vittime dell’ISIS a confronto con quelle di oltre dieci anni di stragi americane in Afghanistan.
Purtroppo non sorprende neppure il silenzio, o peggio ancora il plauso, che sta accompagnando l’introduzione di una legge che difficilmente avrebbe potuto essere approvata nel Cile di Pinochet.
Autentiche “perle” come la sperimentazione della pistola elettronica, laparificazione degli ultras a mafiosi e terroristi sotto il profilo dell’applicazione di misure restrittive della libertà personale, l’introduzione del DASPO di gruppo (un abominio giuridico senza precedenti), l’arresto in flagranza differita per chi intona cori di “discriminazione etnica e territoriale” non sono però semplicemente provvedimenti di stampo autoritario e liberticida. Sono sperimentazioni molto più sofisticate, perfettamente in linea con lo spirito dei tempi, nei quali alla democrazia (se mai è esistita) si sostituisce il sondaggio di gradimento, allo Stato di diritto quello di emergenza, alla censura l’apartheid mediatico, all’olio di ricino il DASPO.
Il Potere non deve far paura, deve creare i presupposti perché sia il cittadino bue ad invocarne l’intervento senza badare troppo al sottile.
Funziona più o meno così: prima di tutto si crea l’emergenza. In questo è fondamentale, come abbiamo appena detto, il ruolo dei media. Ma sbaglierebbe chi pensa che siano per forza tutti pilotati. Qui, ed è questo in fondo il vero dramma, non c’è neppure bisogno della Spectre. Qualche giornalista cerca anche la verità, ma in un mondo nel quale la verità è solo quella che appare (in televisione), al giornalista stesso non resta che amplificare un fenomeno di per sé già mediatico. Ed il calcio, specie in Italia, si presta perfettamente allo scopo. Un insulto razzista pronunciato in una lite tra automobilisti non fa notizia, ma se è proferito durante la rissa di una partita di serie A scatena processi mediatici infuocati, con spietata caccia alla lettura del labiale incriminato. È facile dunque far apparire una scazzottata da stadio come un grave ed intollerabile problema di ordine pubblico e Genny la carogna un cancro da estirpare al pari di Osama Bin Laden (l’accostamento non è casuale…). Basta leggere, ad esempio nel blog dei quotidiani on line, i commenti dei lettori a notizie come quella relativa all’approvazione della legge in questione: il più moderato si scandalizza perché invece del DASPO andrebbe data la galera.
Gli stadi, nella ricostruzione mediatica della realtà, vengono dipinti come luoghi dove le attività criminali dilagano senza controllo, autentiche terre di nessuno dove sarebbe in vigore un diritto molto più lassista e mite nei confronti dei delinquenti. Strano, pensavamo che questo fosse vero per certi quartieri dove la Polizia neppure osa entrare o per interi paesi dove regna la pax mafiosa, non per un luogo al quale non si può accedere neppure con un accendino in tasca, dove è vietato usare un megafono, si entra previa identificazione con un apposito strumento (la tessera del tifoso), si è costantemente spiati dalle telecamere e sono schierate imponenti forze di Polizia.
Una volta creato (o infinitamente ingigantito, che è la stessa cosa) il problema, scatta la necessità delle inevitabili contromisure. Non bastano le leggi ordinarie, urgono provvedimenti speciali. Ad invocarli è il popolino, quello che si esprime sui social network o nei talk show, questa massa indiscriminata al contempo generatrice e vittima delle idee che fanno tendenza. Al massimo è indifferente davanti all’ennesima violazione di quelli che vengono ancora spacciati come diritti inviolabili.
E poi, diciamolo chiaramente: ma chi se ne frega degli ultras. Quattro imbecilli violenti che si picchiano per un pallone non meritano altro.
È passato il Patriot Act, cosa volete che sia la legge sugli stadi?
Ed ecco che è bello pronto un pacchetto di misure che domani potrà tornare buono per qualche altra categoria, magari i manifestanti nelle piazze. Certo, solo quelli violenti e cattivi. Tipo, che so, i NO TAV. Una bella pistola elettrica calmerà anche i loro bollenti spiriti.
È ora di farla finita con questa gente che ha ancora voglia di indignarsi, di lottare, di resistere. Che non si mette in fila in strada solo per comprare l’ultima generazione di I-phone.
Un po’ di repressione, ma soprattutto il consenso – o il silenzio – di chi è rimasto in casa. Statevene lì, sotto una calda coperta. Accendete la televisione e gustatevi lo spettacolo.

A proposito di Bene Comune …

Tutti i cittadini senza eccezione sono i beneficiari delle coste, dei corsi d’acqua, dell’aria, delle foreste, delle terre fragili da un punto di vista ecologico.

“La dottrina della pubblica sicurezza si basa innanzi tutto sul principio per cui alcune risorse come l’aria, l’acqua del mare, le foreste, abbiano, per l’insieme della popolazione, un’importanza così grande che sarebbe totalmente ingiustificato farne oggetto di proprietà privata. Le suddette risorse sono un dono della natura e dovrebbero essere messe a disposizione di tutti in modo gratuito, indipendentemente dalla posizione sociale. 

Poiché tale dottrina impone al governo di proteggere queste risorse, in modo che l’insieme della collettività possa usufruirne, nessuno può autorizzarne l’utilizzo da parte di privati o a fini commerciali […]. Tutti i cittadini senza eccezione sono i beneficiari delle coste, dei corsi d’acqua, dell’aria, delle foreste, delle terre fragili da un punto di vista ecologico. In quanto amministratore, lo Stato, per legge, ha il dovere di proteggere le risorse naturale [le quali] non possono essere trasferite alla proprietà privata”…

http://www.cdca.it/spip.php?article896
Estratto della sentenza, del Dicembre 2003, della Corte Suprema dell’India, nei confronti del caso “Coca-Cola/Stabilimento di Plachimada”.

Quando la lingua e la legge sono utilizzate per trasmettere “valori in linea con la teoria dell’essenza umana”, coincidenti con quello stato di “giustizia nativa perché originaria”… allora si (ri)esce a percepire una apertura interiore finalmente proiettata anche nello scenario 3d esteriore.

Tutto sembra “fare pace”, con tutto.

Le suddette risorse sono un dono della natura e dovrebbero essere messe a disposizione di tutti in modo gratuito, indipendentemente dalla posizione sociale…

Tutti i cittadini senza eccezione sono i beneficiari delle coste, dei corsi d’acqua, dell’aria, delle foreste, delle terre fragili da un punto di vista ecologico…

Tratto da qui: http://sacroprofanosacro.blogspot.it/2014/10/come-mai-non-ne-hanno-ancora-scritto-i.html#more

Vedere anche questo:

Lesotho Highlands Water Project – Acqua.

Il progetto consiste nella costruzione di cinque dighe e di oltre 200 km di tunnel. Sostenuto dalla Banca Mondiale, vede la partecipazione dell’italiana Impregilo.

Gli ingenti danni provocati dalle dighe non sono stati risarciti alla popolazione locale…

http://www.cdca.it/spip.php?article245

Tratto da qui:
http://sacroprofanosacro.blogspot.it/2014/10/legge-e-lingua-pugnali-ed-identita.html

Le casseforti dell’Isis sono Ubs e Hsbc. E Obama lo sapeva dal 2008

di Franco Fracassi – 22/10/2014
Fonte: frontediliberazionedaibanchieri

Una squadra speciale d’investigazione dei servizi segreti Usa aveva scoperto nel 2008 che gran parte del denaro di Al Qaida passava per conti presso la banca svizzera l’Ubs. l’allora senatore Obama era tra quelli che seppero della cosa. Venne tutto insabbiato. Oggi da quei conti passano i soldi dell’Isis.
I media occidentali ci hanno raccontato che l’Isis è l’organizzazione terroristica più ricca al mondo, ci hanno raccontato che parte delle risorse finanziarie dell’Isis provengono dalle vendita del petrolio, ci hanno spiegato che l’Isis è un gruppo (il più potente, probabilmente) che fa parte della galassia di Al Qaida. Vi siete mai chiesti dove viene custodita questa montagna di denaro? Otto anni fa la Cia e l’Fbi si erano posti la stessa domanda. L’Isis non esisteva, ma Al Qaida sì. Venne messa su una squadra speciale di cui fecero parte membri di tutti i servizi segreti Usa (compresi dei consulenti esterni). Dopo due anni di indagine la cassaforte era stata individuata. I consulenti vennero pagati profumatamente, venne stilato un rapporto, venne tenuta una seduta a porte chiuse presso una sottocommissione del Congresso. E alla fine venne tutto insabbiato. Chi sapeva e tenne la bocca chiusa fece carriera, chi si ribellò finì in galera. La banca in questione era l’Unione banche svizzere (Ubs). Membro di quella commissione era l’allora senatore dell’Illinois Barak Obama. Il principale finanziatore delle sue campagne presidenziali è divenuto il presidente di Ubs Americans. La rete finanziaria e bancaria di Al Qaida è oggi utilizzata dall’Isis. Ma andiamo per ordine.
In piena “guerra al terrore”, promossa dall’Amministrazione Bush, negli Stati Uniti 2006 venne creata una squadra speciale d’investigazione finanziaria su Al Qaida. Cia ed Fbi stavano nel contrasto al terrorismo. E così si pensò che prosciugando i loro fondi bin Laden e gli altri estremisti islamici potessero esaurire la loro spinta bellica. Popoff in passato ha spiegato (documenti alla mano) di come fossero gli stessi servizi segreti statunitensi ad aiutare Al Qaida. Ma come tutte le strutture umane, anche quella dell’Amministrazione Usa non era un monolite: fianco a fianco lavoravano persone che servivano padroni e ideali diversi e che perseguivano scopi talvolta opposti.
 
A capo della squadra venne messo un consulente esterno. Booz Allen Hamilton era da tempo già consulente per il Pentagono. Era stato lui ad aver selezionato Edward Snowden quando era stato assunto dal National Security Agency. Hamilton era anche esperto di finanza internazionale. Facevano parte della sua squadra anche l’ufficiale dell’esercito Scott Bennett (vice di Hamilton), il capo dell’ente di controllo dei servizi segreti Mike McConnell e altri quattro funzionari del Nsa: James Clapper, Thomas Drake, William Binney e J.Kirk Wiebe.
 
Nell’anno e mezzo successivo i sette uomini indagarono sotto traccia in tutto il mondo. Seguirono molto tracce. Ma soprattutto trovarono un uomo, un funzionario della seconda banca svizzera: l’Unione banche svizzere, più conosciuta come Ubs. Brad Birkenfeld era il classico banchiere tutto d’un pezzo e (cosa, invece, non comune) convinto che il buon nome del suo istituto di credito fosse più importante della quantità di soldi ammassati nei suoi caveau.

Birkenfeld era anche un uomo interessato al denaro. E i centoquattro milioni di dollari versati dalla squadra di Hamilton su un suo conto furono un argomento molto convincente. Lo svizzero fornì i numeri di diciannovemila conti bancari, e poi numeri di cellulare, numeri di stanze d’albergo, date di appuntamenti, indirizzi email e altre informazioni in grado di smantellare la rete finanziaria del terrorismo.

«Ci vollero sei mesi per verificare tutte le informazioni dateci da Birkenfeld e per scrivere il rapporto finale. Finalmente, all’inizio del 2008 eravamo pronti per essere ascoltati dalla sottocommissione presieduta dal senatore democratico del Michigan Carl Levin», ha spiegato Benett a Popoff.
Le audizioni si tennero a porte chiuse. Solo i nove senatori poterono ascoltare tutta la storia e leggere il rapporto, intitolato “Shell Game” (127 pagine che Popoff ha avuto modo di visionare). Tra questi c’era il senatore dell’Illinois Barak Hussein Obama, futuro presidente degli Stati Uniti.
Ancora Bennett: «Ascoltarono Birkenfeld, ascoltarono me, ascoltarono altri testimoni chiave. E poi che cosa fecero? Minacciarono l’Ubs e la Hsbc? Le comminarono una multa? Denunciarono pubblicamente la cosa? Si rivolsero al governo svizzero e a quello britannico? Non fecero nulla di tutto questo. Insabbiarono tutto, sbatterono in galera me e Birkenfeld, secretarono “Shell Game” e si dimenticarono della faccenda. Ecco quello che fecero».
I due colossi bancari (l’Hsbc è la quarta banca del pianeta, l’Ubs la quattordicesima) non subirono alcun contraccolpo e i diciannovemila conti proseguirono nel veder transitare i soldi del terrorismo islamico. Bennett: «La cosa che scopersi solo dopo è che parte di quei conti era talvolta utilizzati anche dalla Cia. Ecco perché è stato insabbiato tutto, pensai. Ma forse c’erano anche altre ragioni più importanti, di valore geopolitico».

il relatore del documento “Shell Game”, Scott Bennett,  ha lavorato per anni per i servizi segreti statunitensi.IL RELATORE DEL DOCUMENTO “SHELL GAME”, SCOTT BENNETT, HA LAVORATO PER ANNI PER I SERVIZI SEGRETI STATUNITENSI.
Che cosa ne è stato dei membri della sottocommissione e di tutti coloro che hanno messo gli occhi su quel rapporto? C’è chi è diventato ambasciatore, chi capo dell’antiterrorismo, chi presidente di commissione e chi inquilino della Casa Bianca.
Lo sapete chi è stato il principale finanziatore singolo della campagna presidenziale di Obama del 2008 e di quella che ha portato alla sua rielezione? Un certo Robert Wolf, presidente della Ubs Americas, il ramo statunitense dell’Unione banche svizzere. Ha donato mezzo milioni di dollari la prima volta e 434.800 dollari la seconda.

Ha concluso Bennett: «Oggi Quei diciannovemila conti sono la linfa vitale dell’Isis. Si sarebbe potuto evitare tutto questo. E, invece… Gli stiamo permettendo di finanziarsi e gli facciamo guerra al tempo stesso». Li hanno anche addestrati e armati, come ha dimostrato Popoff in diversi articoli già pubblicati da questo giornale.
Dichiarazione del generale statunitense Martin Dempsey, capo degli stati maggiori riuniti di fronte alla commissione senatoriale di controllo delle Forze armate.
Senatrice repubblicana Lindsey Graham: «Lei è al corrente che i nostri principali alleati arabi si sono alleati all’Isil?».
Dempsey: «Sono a conoscenza del fatto che i nostri maggiori alleati arabi li stanno finanziando».
Graham: «Sì, ma sono diventati alleati?».

Dempsey: «Li finanziano perché l’Esercito di liberazione siriano non è in grado di combattere contro Assad».

Tratto da:http://popoffquotidiano.it

Torino Lione, aumento di costi confermato ma per il commissario Virano stima «lontana dalla realtà»

http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/art/infrastrutture24/2014-10-24/torino-lione-aumento-costi-200207.php?uuid=AbSqxkXK

Il ministero delle Infrastrutture non smentisce l’aumento da 8,5 a 12 miliardi della tratta internazionale, ma avverte: «Il valore indicato dalle Ferrovie è sovrastimato»

di Maria Chiara Voci – 27 ottobre 2014

 La nuova stima di costo della tratta internazionale della Torino-Lione, contenuta nel Contratto di Programma di Rfi firmato lo scorso agosto e che porterebbe la cifra da 8,5 a 12 miliardi (si veda il Sole 24 Ore di ieri), è confermata dal ministero delle Infrastrutture. Tuttavia, secondo Mario Virano, commissario di Governo per l’opera e presidente italiano della Cig: «Il valore indicato dalle Ferrovie è sovrastimato. La cifra di 12 miliardi deriva dal fatto che, a partire dall’ammontare del progetto preliminare, è stato applicato, anno dopo anno, un tasso tendenziale di inflazione pari al 3,5%. Ma il costo del denaro è oggi molto più basso. Nell’ultimo biennio siamo su valori dello 0,7%. Il risultato è che la quota riportata è lontana dalla realtà».

Leggendo i documenti delle Ferrovie, ciò che si desume è che l’investimento necessario per la costruzione del tunnel di base, più le stazioni internazionali e i raccordi con le linee storiche, a costi correnti (cioè tecnicamente aggiornati all’oggi) sarebbe di 11.977 milioni. Contro gli 8,5 miliardi dichiarati in tutti i contesti ufficiali e che fanno riferimento alle cifre stimate dalla Francia che, però, ragiona a costi costanti, fermi al valore di approvazione dell’ultimo progetto. L’ipotesi di Rfi imporrebbe all’Italia, su cui grava secondo il trattato Italia-Francia del 2012 il 57,9% della spesa per i lavori, la necessità di dover garantire (al lordo del probabile cofinanziamento da parte dell’Ue) la copertura di 6,9 miliardi, contro i 4,8 miliardi fino ad oggi calcolati.

«Anche nel caso della discenderia aggiuntiva di Saint-Martin-de-la-Porte, di recente appaltata in Francia – prosegue Virano – la stima di spesa era di 450 milioni, ma alla fine l’appalto è stato chiuso a 298 milioni. Dal punto di vista della contabilità pubblica, si è preferito adottare un principio di cautela. Che sarà però smentito dai fatti». Aggiunge il senatore del Pd, Stefano Esposito: «Se le stime di Rfi dovessero risultare vere – dichiara – io stesso presenterò una mozione in Parlamento per chiedere la cancellazione della Torino-Lione. In caso contrario, però, penso si debba accertare la responsabilità di chi, inserendo dati gonfiati all’interno di un documento pubblico, finisce con il falsare la realtà. Sono convinto che il costo della tratta internazionale sarà, alla fine, aderente alle stime che fino ad oggi sono state ufficialmente comunicate. E’ ovvio che si debba sempre tener conto di un certo margine per via degli oneri finanziari. Ma supponendo che l’opera sia anche sostenuta con un prestito alla Bei, il tasso di inflazione che deve essere applicato è ben lontano dal 3,5%». Prudente la valutazione della Regione Piemonte. «La questione è di mera natura contabile – afferma Francesco Balocco, assessore alle Infrastrutture della Regione Piemonte -. Prendiamo atto della differenza di stime fra Italia e Francia, ma confidiamo che non ci siano aggravi nei costi».
A definire nero su bianco le cifre finali per l’Italia sarà l’approvazione (che dovrebbe essere imminente) del progetto definitivo della tratta internazionale da parte Cipe. La procedura di conferenza dei servizi è nella sostanza ultimata, ma manca ancora un’ultima firma da parte del Ministero dell’Ambiente, che era attesa entro metà ottobre, ma tarda ad arrivare. «Per ciò che riguarda il cofinanziamento da parte dell’Europa alla Torino-Lione – spiega ancora Virano – è comunque già certo che i fondi saranno erogati tenendo conto delle cifre correnti. E’ auspicabile che il Cipe approvi il progetto prima di febbraio, scadenza entro la quale dovremo presentare i documenti a Bruxelles. In ogni caso, è bene tenere conto che alla Commissione Europea chiederemo un sostegno economico non per l’intera opera, ma per quella porzione di lavori che, ragionevolmente, saranno realizzati entro il 2020».

Non rifiuti ma petrolio: nuova Terra dei fuochi in Basilicata

22 ottobre 2014 
Sotto il lago Pertusillo il più grande giacimento di idrocarburi d’Europa. Eni e Shell trivellano senza sosta. I pesci muoiono e le coltivazioni marciscono.

di Edoardo Bettella

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Ogni giorno 2.658.861 uomini, donne, bambini bevono l’acqua proveniente dal lago Pertusillo. La popolazione delle province di Bari, Taranto e Lecce. Con la stessa acqua, vengono irrigati i campi della Basilicata che producono alcune tra le eccellenze dell’agricoltura italiana: vino doc e biologico, olio, fagioli, peperoni, frutta.Accade che, nel 2011, il lago inizia a puzzare. La brina del mattino, segno di una notte che se ne va e di un nuovo giorno che nasce, brucia le piante su cui si poggia, appena viene toccata dai primi raggi del mattino. È acida. Accade che l’uva, quando la si mette in bocca, sa di petrolio. Anzi, in molti nemmeno riescono ad assaggiarla: è già tanto se si riesce ad arrivare al raccolto. Accade che la pera campanella, peculiarità lucana, non riesce più a maturare sull’albero, come dovrebbe, perché cade prima. E accade che le carpe, pesci che vanno a cercare il cibo tra i sedimenti del fondale, muoiono.

 L’area in cui si trova il Pertusillo, la Val d’Agri, si trova nella Basilicata occidentale, e ospita anche il più grande giacimento di idrocarburi in terraferma d’Europa. E, da anni, l’Eni e la Shell trivellano senza sosta. I pozzi si trovano proprio in prossimità del lago e dei fiumi immissari. Secondo le autorità competenti, però, non c’è rischio di inquinamento: «Se in Basilicata c’è un problema di inquinamento da polveri sottili è in centro a Potenza e non certo in Val d’Agri», dichiarò nel 2012 l’ex presidente Pd della Regione Basilicata Vito De Filippo, ora sottosegretario alla Salute nel governo Renzi.

 L’Eni, tramite Enrico Cingolani, vice presidente esecutivo per la regione Europa meridionale e orientale, ha sostenuto, sempre nel 2012: «Un sistema di controllo puntuale ed efficiente è la migliore assicurazione sui nostri investimenti, la nostra forma di tutela più forte. Stiamo per consegnare alla Regione le chiavi di una rete di monitoraggio unica in Italia e probabilmente in Europa, capace di verificare non solo la qualità dell’aria, ma anche dell’acqua e degli ecosistemi, che verifica la soglia del rumore e quella del cattivo odore, vigilando anche su eventuali rischi».

 Nel 2011, però, l’Ehpa (Associazione per la tutela della salute e dell’ambiente di Basilicata) in collaborazione con l’Oipa (Guardie eco-zoofile di Potenza) ha compiuto delle analisi sui sedimenti del lago, provando a dare delle risposte. I risultati sono stati sconcertanti: nelle acque le concentrazioni di idrocarburi superano i limiti di riferimento: esse misurano fino a 6.458 microgrammi/litro, e cioè sono fino a 646 volte superiori al limite di dieci microgrammi/litro fissato dall’Istituto superiore di Sanità. Non solo. È stata trovata anche la presenza di bario, una sostanza altamente inquinante, potente veleno per gli organismi, usata dalle industrie petrolifere per i fanghi di trivellazione ad alto peso specifico.

DSC_6327 Lago del PertusilloIL LAGO PERTUSILLO, NELLA VAL D’AGRI (BASILICATA OCCIDENTALE). SOTTO E INTORNO A QUESTE ACQUE SI TROVA IL PIÙ VASTO GIACIMENTO DI IDROCARBURI D’EUROPA.

Giuseppe Di Bello, tenente della polizia provinciale di Potenza, che aveva già condotto autonomamente delle indagini sullo stato delle acque inquinate del Pertusillo, è stato condannato a due mesi e venti giorni di reclusione, per aver diffuso quelle informazioni. «Abbiamo scoperto l’incidenza dell’attività estrattiva petrolifera sull’invaso, di estrema importanza per la salute pubblica dei cittadini lucani, ma anche pugliesi. Abbiamo scoperto che i dati sull’inquinamento non venivano resi pubblici. Abbiamo trovato idrocarburi, metalli pesanti e alluminio, in quantità tale da provocare artificialmente anche l’insorgenza del morbo di Alzheimer. Abbiamo trovato alifatici clorurati cancerogeni, che come dice la stessa parola sono cancerogeni, piombo, il bario. Abbiamo trovato tutta una serie di elementi che non sono originati dallo sgretolamento delle rocce dentro l’invaso, non sono prodotti naturali, ma ci sono arrivati perché c’è un’attività intensiva di estrazione petrolifera e tutto ciò che ne deriva, perché per arrivare ad estrarre ci vogliono i fanghi e questi fanghi possono insinuarsi nelle falde acquifere», sono le dichiarazioni dello stesso Di Bello in un’intervista rilasciata alla web tv “Ntr24”, che gli sono costate, oltre alla sospensione dal servizio e dalla paga, anche il trasferimento in un museo.

 Nel 2013, è stata presentata una relazione da parte di autorevoli professori di geologia e idrogeologia, nella quale si legge che «tutte le attività petrolifere, compresi i centri di pre-trattamento e gli oleodotti sono centri di pericolo d’inquinamento che, secondo l’Agenzia per l’Ambiente americana (US Epa) valgono un rischio da sette a otto su una scala il cui massimo grado è nove. Tra vent’anni tutto il serbatoio naturale che alimenta le sorgenti potrà essere inquinato per diffusione e per contatto diretto».

 Secondo le analisi effettuate, presentate nella stessa relazione, «nei sedimenti, in sette campioni su undici la quantità di idrocarburi supera il limite di legge preso come riferimento, e arriva fino a 559 milligrammi/chilo, cioè fino a nove volte il limite».

 I provvedimenti che sono stati presi dalle autorità competenti in seguito alle analisi descritte e alla relazione presentata, sono stati esemplari: niente. Anzi, meglio specificare. L’Arpab, Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente in Basilicata, ha compiuto dei rilevamenti. Quindici anni dopo l’inizio delle trivellazioni. E successivi alle indagini portate avanti da Di Bello e dai geologi. Sul sito dell’Arpab, infatti, i documenti disponibili sono fermi al 2012.

 Albina Colella, docente ordinaria di geologia presso l’università della Basilicata, nonché una delle relatrici del rapporto di denuncia, ha condiviso con Popoff una mappa esemplificativa della situazione della Val d’Agri, dove si trova il lago Pertusillo.

La mappa creata dalla professoressa Colella. I coni rossi rappresentano i pozzi di petrolio: come si vede, si trovano in prossimità degli immissari del lago Pertusillo. I puntini bianchi rappresentano i sedimenti studiati dalla professoressa Colella, quelli gialli quelli studiati dall’Arpab. Più larghi sono i pallini, più è alta la concentrazione di idrocarburi totali nei sedimenti. Il limite di riferimento è di sessanta milligrammi per chilo: circa il settanta per cento dei pallini supera questo limite. Il pallino più grande, presenta una concentrazione di 559 milligrammi per chilo. I campioni con la maggiore concentrazione di idrocarburi si trovano lungo il margine settentrionale del lago, ovvero quello petrolizzato.LA MAPPA CREATA DALLA PROFESSORESSA COLELLA. I CONI ROSSI RAPPRESENTANO I POZZI DI PETROLIO: COME SI VEDE, SI TROVANO IN PROSSIMITÀ DEGLI IMMISSARI DEL LAGO PERTUSILLO. I PUNTINI BIANCHI RAPPRESENTANO I SEDIMENTI STUDIATI DALLA PROFESSORESSA COLELLA, QUELLI GIALLI QUELLI STUDIATI DALL’ARPAB. PIÙ LARGHI SONO I PALLINI, PIÙ È ALTA LA CONCENTRAZIONE DI IDROCARBURI TOTALI NEI SEDIMENTI. IL LIMITE DI RIFERIMENTO È DI SESSANTA MILLIGRAMMI PER CHILO: CIRCA IL SETTANTA PER CENTO DEI PALLINI SUPERA QUESTO LIMITE. IL PALLINO PIÙ GRANDE, PRESENTA UNA CONCENTRAZIONE DI 559 MILLIGRAMMI PER CHILO. I CAMPIONI CON LA MAGGIORE CONCENTRAZIONE DI IDROCARBURI SI TROVANO LUNGO IL MARGINE SETTENTRIONALE DEL LAGO, OVVERO QUELLO PETROLIZZATO.

«La mappa indica la distribuzione degli idrocarburi totali nei sedimenti del Pertusillo», spiega la professoressa Colella. «I pallini indicano l’ubicazione dei campioni di sedimenti. Quelli bianchi sono quelli analizzati da me, quelli gialli quelli che ha studiato l’Arpab. Il diametro è direttamente proporzionale alla concentrazione di idrocarburi: più è alta la concentrazione, più sono larghi i pallini. Come si vede dalla mappa, circa il settanta per cento dei campioni supera il limite consentito dalla legge. I campioni con la maggiore concentrazione di idrocarburi totali si trovano lungo il margine settentrionale del Pertusillo, cioè lungo il margine petrolizzato».

 Questa mappa è stata presentata da Albina Colella a un congresso internazionale di Istanbul, nel 2013, dal titolo “17 symposium of enviromental pollution and its impact on the mediterranean region” (Diciasettesimo convegno sull’inquinamento ambientale e sul suo impatto sulla regione mediterranea). Come da copione, le reazioni delle autorità competenti sono state nulle.

 Questa storia, oltre che essere drammatica per l’incidenza che le trivellazioni hanno sull’ambiente e sul territorio, ha un aspetto importante e fondamentale. Il sessantacinque per cento delle acque del lago Pertusillo, infatti, rifornisce la Puglia di acqua potabile. Il trentacinque per cento rimanente viene usato dalla Basilicata per irrigare i campi, e produrre agricoltura “biologica”.

 Siamo solo all’inizio. Le prime rilevazioni sono di pochi anni fa, così le prime denunce. Secondo le autorità competenti, il problema non sussiste. Purtroppo, i dati dimostrano il contrario, e da quattro anni a questa parte i Pugliesi continuano a bere l’acqua del Pertusillo e i Lucani a irrigarci i campi. Il vero timore è avere di fronte un’Ilva 2.0 o, peggio, una nuova terra dei fuochi. E che, a breve, i morti si inizieranno a contare a migliaia.

In basso a sinistra, il lago Pertusillo. Da lì parte l'acquedotto (in blu) che serve le province pugliesi di Bari, Taranto e Lecce.IN BASSO A SINISTRA, IL LAGO PERTUSILLO. DA LÌ PARTE L’ACQUEDOTTO (IN BLU) CHE SERVE LE PROVINCE PUGLIESI DI BARI, TARANTO E LECCE

Antifascismo, anche Loach e Chomsky con Turigliatto

Turigliatto, denunciato da Forza Nuova, «costretto a perder tempo per spiegare che il fascismo era fascista». Da Syriza a Podemos, dalla Cgil al Prc, centinaia di firme solidali

di Checchino Antonini

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«Da incriminato confermo la mia solidarietà e sottoscrivo». Quello dello scrittore Erri De Luca, anche lui nel mirino della magistratura per la solidarietà No Tav, è solo uno delle centinaia di messaggi giunti a Franco Turigliatto nelle ore successive al lancio dell’appello di solidarietà antifascista. Luigi Surdich, ordinario di letteratura italiana all’Università di Genova, ha aderito trascrivendo due righe di Tabucchi: «E’ avvilente dover perder tempo per spiegare che il fascismo era fascista» (da “L’oca al passo. Notizie dal buio che stiamo attraversando”, Feltrinelli). Ed è proprio quello che sta accadendo a Turigliatto, dirigente della Quarta Internazionale in Italia dal ’69 fino ad ora con Sinistra Anticapitalista, dovrà affrontare un processo contro Forza nuova per una vicenda di sei anni fa.

Era la campagna elettorale delle politiche del 2008 quando Turigliatto, senatore di Sinistra critica, lasciò lo studio di Porta a Porta in polemica con l’arrivo di Roberto Fiore. Quasi sei anni dopo sarebbe stato condannato, con decreto penale (ossia senza processo e senza sapere di essere accusato) per una presunta diffamazione del leader di quell’organizzazione di estrema destra che satura da anni la cronaca nera con le gesta violente contro migranti, persone glbtq e militanti di sinistra.

In questi giorni, l’organizzazione in cui milita Turigliatto, Sinistra Anticapitalista, s’è attivata nell’appello. Diversi soggetti hanno lavorato e svolto ricerche per la compilazione di un dossier da mettere a disposizione del collegio di difesa nel processo pubblico scaturito dall’inaccettabilità di quel decreto penale.

Tra le prime firme quelle di Noam Chomsky del MIT di Cambridge e Ken Loach (suoi film come Piovono Pietre o Terra e libertà). Loach e Chomsky si attivarono a sostegno di Turigliatto quando, da senatore, condusse una lunga campagna contro la guerra in Afghanistan.

La lettura delle centinaia di firme, quasi mille in tre giorni, è una mappa di attuali e storiche resistenze in Italia e in Europa, di volti noti e militanti di base, sindacalisti e docenti universitari, parlamentari greci di Syriza e spagnoli di Podemos. Ci sono, tra gli altri, Eleonora Forenza (eurodeputata de L’Altra Europa con Tsipras, capo delegazione italiana al Gue), Haidi Giuliani, mamma di Carlo, Stefania Zuccari, mamma di Renato Biagetti, ucciso dai fascisti nel 2006, Daniele e Maria Varalli, fratello e madre di Claudio, ucciso dai fascisti a Milano, Nicoletta Dosio, storica figura della Valsusa contro il Tav, Erri De Luca, appunto, e Marco Rovelli; giuristi come Gianni Ferrara e Rescigno, Loredana De Petris, presidente dei senatori di Sel, Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, Giovanni Russo Spena e Giorgio Nebbia, Alex Zanotelli e Vittorio Agnoletto, Marco Revelli e Giorgio Cremaschi e, ancora, Sergio Bellavita, portavoce di Il sindacato è un’altra cosa, l’area dell’Opposizione di sinistra in Cgil, in compagnia di settori del sindacalismo di base come Fabrizio Tomaselli dell’Usb.

Dall’estero, si possono leggere le firme di Michel Husson, economista, di Attac Francia, di Alain Bihr, Teresa Rodríguez-Rubio, eurodeputata di Podemos, del belga Eric Toussaint, presidente del CADTM, di Charles-André Udry, economista e editore del sito web svizzero alencontre.org, del britannico Gilbert Achcar, professore del SOAS di Londra, dei greci Antonis Ntavanelos e Sotiris Martalis di SYRIZA.

Spiccano, tra le adesioni collettive, quelle di circoli di base di Rifondazione comunista, di Ross@, del giornale Contropiano, della onlus Medicina Democratica, dell’Anpi, della sinistra rivoluzionaria sarda di Sisma, delle reti antifasciste milanesi. Moltissime le firme torinesi, dalla città in cui Turigliatto vive.

E’ una lista incomprimibile in un articolo che ha la sola ambizione di descrivere e rilanciare una campagna che non è solo legata all’urgenza di una vicenda processuale ma al compito di lunga durata di dover spiegare, in epoca di memoria labile, che “il fascismo è fascista”, che non è una questione di nostalgia residuale ma uno strumento nelle mani delle classi dominanti da utilizzare contro i lavoratori e i movimenti sociali. Tra le tante lettere chiudiamo con quella degli spagnoli di Izquierda anticapitalista: «Caro Franco, tutti i compagni di Izquierda Anticapitalista dello stato Spagnolo ti sono solidali per questo ingiusto processo. L’antifascismo non è una parola vuota che rimane scritta sulla carta costituzionale, ma è un ideale concreto che deve essere esercitato in ogni momento. Ci sembra grottesco che ti processino per aver chiamato fascista e xenofobo un movimento politico che esprime chiaramente ideali del fascismo italiano, politiche razziste contro gli immigrati, contro gli omosessuali, che tiene rapporti con Alba Dorata ed altri movimenti neonazisti europei. Chi ti conosce sa benissimo che questo avvenimento non ti farà retrocedere neanche un passo e che la tua coerenza sará rafforzata anche perché non stai solo. Noi, come Antifascisti, stiamo con te. ¡MUCHA SUERTE COMPAÑERO FRANCO!»

per aderire iostoconfranco@gmail.com

Ecco l’appello:

http://anticapitalista.org/2014/10/21/solidarieta-antifascista-a-franco-turigliatto/

Qui le firme italiane: http://anticapitalista.org/2014/10/08/appello-in-sostegno-a-franco-turigliatto-le-adesioni-giunte-dallitalia/

e qui quelle dall’estero: http://anticapitalista.org/2014/10/08/appello-in-sostegno-a-franco-turigliatto-le-adesioni-giunte-dallestero/