Archivi giornalieri: 15 ottobre 2014
RENZI: IL SEGRETO DEL CAZZARO
Renzi: “Il Ttip ha l’appoggio totale e incondizionato del governo Italiano”
se è contrario pure Cofferati che disse che il referendum per l’art 18 era un errore (era d’accordo quindi nel discriminare lavoratori in seria e serie B)
http://www.repubblica.it/online/economia/articiottodue/articiottodue/articiottodue.html
Politica – Domenico Giovinazzo
Francia. Fine dell’ecotaxe. Trasporto pubblico? A piedi
Più Tir, meno treni. Ministero francese dell’Ambiente all’isteria. Ai primi di ottobre firma l’accordo per una nuova discenderia nel tunnel Av della linea Torino-Lione, a metà ottobre sospende l’ecotaxe da cui dipende l’intera rete di trasporti nazionale.
In Francia c’è chi ride e c’è chi piange. I più però sono rimasti allibiti, quando la ministra dell’Ecologia e dell’ambiente Ségolène Royal ha annunciato giovedì 9 ottobre all’Assemblea nazionale la sospensione della ecotaxe. O meglio la sospensione sine die della sua ultima propaggine, rappresentata dal “pedaggio per mezzi pesanti”.
Più Tir, meno trasporto pubblico locale. Più autoarticolati meno treni. In sintesi.
È anche quello che ha rinfacciato alla ministra Patrice Carvalho del Front de gauche definendo questa soluzione la “consacrazione” a un futuro “tout routier”. Come dire “Autotrasporto a tutta birra!”
Come riporta «Les Echos» nei diversi articoli che dedica all’argomento, la Royal denuncia “l’incapacità di applicare” il sistema di tassazione prevista per il transito del traffico pesante”; dichiara di voler “trovare una soluzione che non distrugge posti di lavoro ma ne crea”; e soprattutto di voler far pagare le aziende autostradali che dalla loro recente creazione hanno versato 15 miliardi di euro in dividendi ai propri azionisti, cosa che fa dire a Mme Royal “C’è qualcosa che non funziona”.
Intanto, più che creare posti di lavori se ne perde qualcuno per la strada. Ne san qualcosa i 130 doganieri di Ecomuv, consorzio controllato dall’italiana Autostrade, e reclutati tra il 2012 e il 2013 per assicurare la riscossione della tassa.
Ne san qualcosa soprattutto le organizzazioni che rappresentano i settori del trasporto ferroviario, del trasporto urbano, della viabilità fluviale e delle opere pubbliche i cui progetti e la cui stessa esistenza dipendono dall’ecotaxe. Comparti che contano complessivamente oltre 600.000 posti di lavoro diretti e indiretti.
Organizzazioni che infatti si sono sollevate dichiarando in un comunicato congiunto che “senza finanziamenti pubblici, l’intero settore sarebbe seriamente compromesso”.
E non c’è da scherzare.
Il Gart (Groupement des autorités responsables de transport), il Fnaut (Fédération Nationale des Associations d’Usagers des Transports), l’Utp (Union des Transports Publics et Ferroviaires), il Tdie (Transport-Développement-Intermodalité-Environnement), il TFF (Transporteurs Fluviaux de France), la Federazione nazionale dei Lavori pubblici, la federazione delle industrie ferroviarie, l’Agenzia per il finanziamento delle infrastrutture del trasporto (AFITF) sono sul piede di guerra. Come dire che l’intero studio messo a punto dal Comité 21 il giugno dello scorso anno è già alle spalle e viene meno la stessa conferenza Stato-Regioni.
L’ecotaxe è un sistema di tassazione ecologica che si riferisce a tutti i veicoli trasporto merci francesi ed esteri superiori a 3,5 t e comprende 15.000 km di strade nazionali e dipartimentali francesi. Una tassa verde che doveva incoraggiare una più razionale organizzazione del trasporto merci, e i cui proventi (inizialmente di 1,15 miliardi di euro) dovevano essere utilizzati per finanziare nuove infrastrutture per il trasporto: dalla nuova linea di tram di Grenoble al parcheggio per biciclette di Annemasse, passando per i grandi progetti ferroviari, stradali e fluviali. Una ricaduta sul territorio che viene a mancare all’intera Francia.
Chi si dice soddisfatto sono per converso gli autotrasportatori, le loro organizzazioni e i loro sindacati.
E già al di qua delle Alpi il plauso non tarda a riecheggiare nei siti di categoria come assotir.it, e nelle parole di Claudio Donati, segretario nazionale di Transfrigoroute Italia Assotir, che dichiara: “Un esempio positivo di quanto sia possibile, con l’unità della categoria e con la fermezza nella tutela delle imprese e dei loro equilibri finanziari ed occupazionali, costringere i governi a risolvere in modo positivo le questioni che gravano sull’autotrasporto e a riconoscere come esso sia una risorsa per il Paese, da salvaguardare e da sostenere”.
Insomma, sgravati di un’imposta, gli autoarticolati ridiventeranno cruccio di chi sin da ora si preoccupa in Savoia, per esempio, per il deteriorarsi della condizione ambientale e gli inevitabili più alti tassi di inquinamento, come riferisce France3Alpes. E l’invasione di strade e autostrade italiane è vicina, tanto da oltr’alpe, tanto da parte di chi qui sta già tirando la giacchetta la ministro Lupi perché addivenga a migliori consigli e relazioni sindacali.
Con buona pace di chi ha ammannito per anni la panacea del trasporto intermodale, del trasporto merci ad alta velocità (peraltro mai preso seriamente in considerazione dalla Francia) per sollevare le strade dal trasporto su gomma e l’ambiente da relativo inquinamento.
Con buona pace di chi cantava vittoria soltanto agli inizi di ottobre, quando il governo francese trovò i 105,78 milioni di euro (che solo in giugno non avrebbe saputo dove reperire) per iniziare i lavori alla galleria esplorativa di Saint-Martin-La-Porte. Accordo firmato da quello stesso ministero dell’Ambiente francese che ora sospende l’ecotaxe per restituire alle strade autoarticolati e togliere dai binari i treni, regionali e non.
Resta da chiedersi quale sia il senso di tutto ciò, ben sapendo di non essere soli. Ci sono milioni di francesi alla fermata del pullman, ad aspettare che arrivi.
M.B. 15.10.14
TTIP accordi pericolosi e politiche europee. Colloquio con Tiziana Beghin deputata cinque stelle in Europa
Passati i giorni caldi delle elezioni, dopo una pioggia di critiche sugli accordi assunti con il gruppo di Farage, del M5S in Europa si sa ben poco. Eppure i parlamentari del movimento sono in prima fila nell’occuparsi di quei trattati misteriosi di cui nessuno parla.
Oltre alle riforme imposte dal governo Renzi gravitano sulla nostra testa accordi celati da sigle misteriose di cui poco si parla e si conosce ma che potrebbero avere impatti drammatici sulle nostre vite. Ne abbiamo parlato con l’On. Tiziana Beghin deputata per il Movimento Cinque Stelle al Parlamento Europeo.
Iniziamo dalle elezioni Europee: ci sono state molte critiche per la scelta del movimento di associarsi all’UKIP di Farange, com’è la situazione dei rapporti con loro e come funziona il gruppo?
Il vantaggio di lavorare con un gruppo come quello di Farange è di non essere obbligati ad avere posizioni comuni, non ci sono imposizioni come abbiamo visto accadere in altri gruppi. Su certe tematiche gli altri sono dipendenti da volontà imposte a priori e sulle quali non si può assolutamente discutere. Noi abbiamo invece la possibilità di essere liberi. Con Farange non abbiamo particolari punti in comune; sulla politica economica non siamo sempre in linea ma lo siamo su alcuni concetti di base, come per esempio il cambio dell’attuale sistema e la volontà di indipendenza da regole non scritte che si vogliono imporre nell’interesse di altri.
Per esempio quando abbiamo posto le nostre valutazioni sui commissari designati per la commissione europea c’è stato un vero e proprio teatrino: ciascun gruppo sosteneva un commissario piuttosto che un altro e si sono viste ripetere le dinamiche cui assistiamo anche in Italia. Voto compatto dei Socialisti e dei Popolari sui candidati con l’opposizione nostra e dei Verdi. Però quando sono mancati i voti dei Socialisti per un candidato siamo rimasti stupiti nel vedere che i verdi lo hanno sostenuto mentre avevano votato contro sino a quel momento. Sono obbligati a giocare entro schemi predefinti. Allora vale forse la pena essere in un gruppo dove puoi far valere la tua voce in modo sincero e schietto. Non fa parte del nostro modo di essere il sostenere qualcuno e poi trovare delle giustificazioni con l’elettorato. La scelta quindi del gruppo UKIP si è quindi rivelta positiva.
Com’è il vostro rapporto all’interno del PE dove come tu dici si riproducono le stesse dinamiche nazionali cui assistiamo qui in Italia?
La valutazione complessiva, pur non avendo potuto conoscere tutti gli oltre 700 parlamentari, è comunque di una maggiore serietà. Una maggiore adesione a quelli che sono i valori di un rappresentante istituzionale che lavora e che si impegna. La storia che sono tutti iper assenteisti e che non ci sono mai è vera a metà. Le statistiche ufficiali che vengono presentate sono poco affidabili per capire chi e come lavora. Uno può essere sempre presente durante le votazioni a Strasburgo (due volte al mese) ma non partecipare mai al lavoro delle commissioni che è ben più impegnativo. Oppure una persona può partecipare ai lavori delle commissione poi magari causa malattia essere assente alle votazioni ed ecco che le statistiche fanno sembrare che non abbia fatto nulla. Essendo noi 5 Stelle sempre presenti posso assicurare che ci sono tante altre persone nel Parlamento Europeo che lavorano seriamente. I Rapporti sono abbastanza buoni in generale, forse i tedeschi hanno qualche diffidenza verso di noi anche perché non lesiniamo critiche nei loro confronti. Ci sono stati anche episodi molto positivi: il Segretariato degli Affari Esteri ha inviato i complimenti scritti ai miei colleghi per il lavoro fatto durante la crisi della Ucraina con il conseguente embargo. Il duro e serio lavoro dei colleghi è stato apprezzato.
Nelle ultime settimane J. Stiglitz ha tenuto una lezione di economia presso il nostroParlamento. Occasione per ribadire cosa non funziona con l’euro e con l’Europa sulla linea di quanto sostenuto dagli economisti qui ritenuti “dissidenti”. Sulla base della vostra esperienza quanta consapevolezza c’è in Europa sul livello di malcontento chevien espresso in ogni occasione elettorale?
Sono tutti molto preoccupati dalla crescita dei movimenti euro scettici, fenomeno che non si aspettavano. All’interno del Parlamento l’euro scetticismo non ha un peso determinante nel senso che le più grosse forze PPE e S&D continuano imperterrite, avendo i numeri, a fare quello che vogliono. Ma c’è una seria preoccupazione; se non cambiano le cose in questa legislatura europea nei prossimi cinque anni, all’interno degli stati membri prenderanno decisamente peso delle forze di rottura verso l’attuale sistema. In Francia e in Inghilterra, purtroppo non in Italia, abbiamo visto le reazioni anti europee. Al momento attuale lo strapotere di chi è ai vertici dei dicktat monetari continua a giocare sulla speculazione e sui movimenti monetari che nulla hanno a che vedere con l’economia reale. Credo siano consapevoli di essere arrivati in un punto in cui devono necessariamente trovare delle soluzioni. Noi abbiamo sentito i commissari continuare però a proclamare slogan astratti senza soluzioni concrete. Nel caso dell’Italia le riforme non possono essere solo di tipo istituzionale perché questo non ha una relazione diretta con l’economia. Sul Job Act sono molto critica, come imprenditrice; certo che il mercato del lavoro va regolamentato ma la priorità in questo momento è creare il lavoro. Se ci concentriamo soltanto sulla regolamentazione di ciò che già esiste ma non crea nuovi posti di lavoro è come se ci mettessimo a spolverare i libri di una libreria mentre sta arrivando un terremoto che ci farà crollare tutto addosso.
Veniamo al tema dell’accordo TTIP che molti denunciano come un cappio al collo degli stati nazionali imposto dalle multi nazionali. Il pericolo di questi accordi è stato sottolineato dallo stesso Stiglitz.
E’ un accordo di libero scambio che viene presentato come la soluzione di tutti i mali, come se aprire tutte le porte del libero scambio fosse sufficiente per uscire dalla situazione attuale. Un accordo simile è già pronto con il Canada (CETA) e dovremmo votarlo a breve. Il TTIP lo ricalca dal punto di vista metodologico e ideologico anche se cambia il peso delle due economie, ma le regole sono le stesse. Abolizione di tutte le barriere doganali e non doganali ma, ed é l’appunto che noi facciamo da tempo, nessuno conosce i dettagli negoziali dell’accordo che procedono da un anno e mezzo (delegazione Italiana guidata da Ignazio Bersero). La giustificazione è che il segreto fa parte delle strategie di contrattazione. In realtà loro necessariamente dovrebbero informarci, perché una volta che il trattato è concluso è veramente troppo tardi per influenzarlo. Per noi non è accettabile che ai cittadini venga fornito l’accordo finale senza che abbiano potuto esprimere una valutazione su cosa succederà con quegli accordi. Le pressioni non sono sole le nostre e hanno avuto efficacia in quanto hanno inziato a darci alcuni dei documenti riservati e ci consentiranno di accedere a delle stanze di lettura dove sarà possibile leggere (non riprodurre) i documenti negoziali. Faremo dei gruppi di monitoraggio e avremo occasione di sapere qualcosa in più. Certo è probabile ci facciano sapere quello che vogliono loro, temo, ma sicuramente potremo farci un’idea concreta su cosa ci aspetta.
Il problema principale riguarda le barriere non tariffarie ovvero le regolamentazioni. I dazi sono bassi già adesso, è risaputo. Il beneficio per le nostre aziende sarà ridicolo. Le Pmi italiane che sopravvivono oggi nel 90% dei casi sono già proiettate verso i mercati internazionali perché diversamente non esisterebbero. Quelle che sono prevalentemente rivolte al mercato interno non avranno alcun beneficio dall’abbattimento delle tariffe. Anzi moriranno perché saranno inglobate da quelle americane che verranno a casa nostra. Il peso è molto sbilanciato: da una parte Pmi con 15, 50, 70 dipendenti quando dall’altra parte le “piccole” imprese americane ne hanno 500! Le nostre aziende sono già presenti sui mercati statunitensi, per esempio i viticoltori, i grandi produttori di salumi e di altre eccellenze italiane, in generale il food e la moda; certamente potranno avere qualche vantaggio da alcune semplificazioni burocratiche ma in realtà essendo l’Italia quella con le barriere più alte sarà il nostro mercato ad essere invaso.
In effetti la storia industriale ci insegna come il grande che ‘assorbe’ il piccolo non lo fa per mantenerlo in vita ma per impossessarsi del mercato di riferimento e del marchio e i lavoratori finiscono a casa.
Esattamente. Non è questione di protezionismo nazionalistico come ci accusano alcuni ‘liberal’; qui è questione di protezionismo degli interessi pubblici rispetto a interessi privati. Noi dobbiamo tutelare chi lavora in casa nostra rispetto agli interessi delle multinazionali.
Un altro grosso problema sono le privatizzazioni. L’interesse di queste multinazionali è quello di arrivare a gamba tesa sulla nostra sanità, sulla nostra acqua e su tutto ciò che per noi rappresenta comunque storicamente una grossa conquista sociale ed è un servizio pubblico.
Altro problema di questo trattato è la clausola ISDS sulla composizione delle controversie. Le Corporation si vogliono tutelare e insistono nell’inserire questa clausola che consente, nel momento in cui sarà stato approvato questo trattato di libero scambio, la prevaricazione del privato sul pubblico. Una azienda americana che vendesse i suoi prodotti da noi, o vincesse un appalto pubblico, di fronte a un Ente locale o allo Stato che approvasse una normativa per impedire loro di svolgere l’attività commerciale, è autorizzata a fare causa allo Stato per mancati profitti. Lo Stato non è più a quel punto libero di determinare che una qualsivoglia materia è esclusivamente pubblica. In questo caso il tribunale di riferimento è un arbitrato internazionale composto da tre membri scelti dagli stessi studi legali che assitono le multinazionali. Conoscendo come funziona il sistema giuridico americano noi ci troveremmo veramente nei guai. Quindi saremmo costretti o a indennizzi miliardari alle multinazionali – qualora volessimo tornare a tutelare alcune competenze che noi consideriamo pubbliche, – o alla totale cessione di sovranità ai privati per evitare di pagare milioni di multe.
Come imprenditrice, laureata in economia e parlamentare, che impressione ti fanno le nuove regole Esa 2010 per l’elaborazione dei dati del Pil con inserimento della droga e della prostituzione nel computo?
Dare un parere su questa cosa è un po’ assurdo. Da un lato queste cose esistono e vale la pena misurarle, dall’altra questa impostazione tende a legittimarle. Personalmente farei fatica a pensare a inserire nel Pil un’attività criminale. Un’attività deleteria per il cittadino preferirei considerarla come tale.
Siamo dentro il semestre europeo presieduto dall’Italia. Siamo vincolati da accordi capestro come Fiscal Compact e Mes, come la vedi l’Italia da Bruxelles?
Il semestre europeo è una questione in realtà molto di facciata. Non vedo in questi mesi con il presidente Renzi alcun cambio di direzione. L’impressione è che sia una carica molto simbolica.
Per il discorso trattati noi come Parlamento Europeo non abbiamo la possibilità di modificarli perché è competenza esclusiva degli stati che li hanno contratti ma sono e rimangono il nostro primo punto del programma come M5S perché dobbiamo uscire fuori da questo problema grave del debito pubblico. Questo non aumenta per un debito prodotto dal saldo governativo (saldo primario), e possiamo fare tutte le spending review di questo mondo ma gli interessi continuano a crescere. Un’azienda che è in difficoltà non può fare altro che fare un concordato (sul debito che ha contratto), non ha alternative, a meno di produrre improvvisamente con una marginalità così alta da poter assorbire ciò che è stato fatto in passato. Ma questo è praticamente impossibile. Sono le cause che hanno prodotto il debito che vanno rimosse, i piccoli correttivi non servono a nulla. La vera questione è politica, bisognerà vedere se in Italia ci sarà qualcuno in grado di assumersi la responsabilità di scelte che vadano in direzione diversa da quelle imposta dall’Europa.
Come sai in Val Susa è sempre aperta la questione Tav che ultimamente si ammanta di dichiarazioni sempre più contraddittorie tra proclami governativi (siamo nei tempi!) e documenti ufficiali che smentiscono tali dichiarazioni. Può il M5S fare qualcosa in Europa?
L’italia non è nei tempi. Abbiamo fatto un incontro con GUE e Verdi, io non sono in commissione trasporti, c’è una mia collega, ma mi ha concesso di occuparmi del Tav in quanto abitante in Piemonte e direttamente interessata alla vicenda. Abbiamo fatto un incontro con il comitato No Tav francese e il prossimo 14 ottobre avremo una tavola rotonda qui in Parlamento Europeo organizzato con Gue, Verdi, insieme a Presidio Europa No Tav e il presidente della commissione turismo. Questo evento si chiamerà “Il progetto del Tunnel Lione-Torino fermiamo un disastro”. Sono invitati diversi esponenti tra cui Paolo Prieri, Luca Giunti, Silvio Montesini, Alberto Poggio (per l’Italia). Poi esperti ambientali francesi. Discuteremo la strategia di pressione francese e italiana nei confronti di questa opera.
D.A. 13.10.14
Propaganda delle “grandi opere” nella scuola: è passato il tempo dei balilla!!!
Terzo Valico: un consorzio di aziende private pretende di utilizzare la scuola pubblica come palcoscenico pubblicitario e propagandistico a favore delle “grandi opere” mentre nelle stesse regioni coinvolte dall’operazione, Liguria e Piemonte, appare evidente la necessità di opere realmente utili a tutela del territorio e della vita e dei beni dei cittadini.
Terzo Valico: un consorzio di aziende private pretende di utilizzare la scuola pubblica come palcoscenico pubblicitario e propagandistico a favore delle “grandi opere” mentre nelle stesse regioni coinvolte dall’operazione, Liguria e Piemonte, appare evidente la necessità di opere realmente utili a tutela del territorio e della vita e dei beni dei cittadini.
Credevamo, e continuiamo a pensare, che la scuola pubblica debba essere il luogo dove si opera per un sapere libero da interessi economici, politici, comunque di parte.
Non così la pensano i dirigenti del COCIV Consorzio Collegamenti Integrati Veloci composto dalle società di costruzioni Salini-Impregilo (64%), Società Italiana Condotte d’Acqua (31%), CIV (5%), la società che è Il General Contractor incaricato della progettazione e costruzione del Terzo Valico.
Il COCIV propone infatti, riprendiamo dal loro dépliant, “… un progetto educational (l’inglese nel testo serve a rendere più “autorevole” la proposta) per le scuole primarie delle province di Alessandria, Asti, Genova, Imperia, La Spezia e Savona finalizzato a COSTRUIRE CONSENSO E CONVERSAZIONI POSITIVE (sic) attorno alle grandi opere come strumenti utili per la crescita del “sistema paese”. Il progetto parla delle grandi opere e in particolare del Terzo Valico….adottando il concept dell’apertura dell’Italia all’Europa e si concretizza nell’immagine di un percorso di scoperta ed esplorazione”.
COCIV non si risparmia nell’impresa, ha preparato 1000 kit mediatici disciplinari da distribuire in oltre 200 scuole, organizza workshop per i docenti che dovranno, lo dicono loro, fungere da passaparola, organizza un concorso a premi, ha preparato una campagna di indottrinamento degna di miglior causa.
In sintesi, ma vale la pensa di leggere bene il loro dépliant che alleghiamo, COCIV si propone di orientare docenti, studenti, famiglie a sostegno del Terzo Valico con il sostegno degli enti locali.
Siamo di fronte, insomma, ad un esempio evidente di utilizzo della scuola pubblica come palcoscenico per il lancio di una grande opera volta a garantire profitti al COCIV e non ad un effettivo confronto con la popolazione, i movimenti a difesa del territorio, l’opinione pubblica.
La CUB Scuola Università Ricerca rileva che questo progetto va rispedito al mittente, invita i collegi docenti, le assemblee sindacali, i delegati sindacali di scuola, le associazioni degli studenti e dei genitori a mobilitarsi contro la trasformazione della scuola pubblica in un luogo di pubblicità e propaganda, organizzerà iniziative di contrasto a questa operazione.
La CUB Scuola Università Ricerca invita inoltre i dirigenti scolastici a non farsi strumenti di un’iniziativa che con la scuola pubblica non ha nulla a che vedere e che ne snatura le funzioni e i compiti e valuterà le possibili azioni legali contro questo genere di manovre.
Gli insegnanti e gli alunni non sono, non devono essere, una massa di manovra piegata agli interessi del grande capitale!
*Coordinatore Nazionale del CUB Scuola Università Ricerca
Il dépliant del Cociv: terzo_valico_scuole (121 Kbyte)
Moncenisio 1933-1960 storie senza tempo di un confine conteso.
Il Moncenisio è un patrimonio di storia incredibile e Fabrizio Arietti ne fornisce una ulteriore preziosa prova. Il suo ultimo libro è denso di emozioni e ci racconta le vicende e le battaglie di chi ha combattuto e vissuto sulla linea di confine con i cugini d’Oltralpe.
ogni volta in cui mi capita di andare al Moncenisio e passo vicino al lago guardando il paesaggio circostante, non posso fare a meno di pensare a quanto mi sarebbe piaciuto vedere quel piccolo paese oramai scomparso tra le acque […] ogni volta non posso fare a meno di pensare a quanto avrei voluto entrare attraverso quel complesso di fabbricati attorniati da altissime mura; si chiamava ospizio ma non aveva nulla a che fare con gli anziani e per secoli fu tappa fondamentale per viaggiatori stremati dal freddo, dalla fatica, dalla fame […]
Inizia così l’introduzione di Fabrizio Arietti alla presentazione del suo ultimo lavoro intitolatoMoncenisio 1933 – 1960 memorie e cronache di confine (edizioni del Capricorno) – che si è tenuta domenica 12 ottobre presso il centro polivalente di Venaus.
Alla presenza del sindaco Nilo Durbiano, e di una sala gremita, i racconti raccolti con passione nel libro da Fabrizio sono stati presentati in anteprima attraverso un documentario ricco di immagini e testimonianze e da una breve parentesi teatrale animata da Carlo Ravetto e Carlo Pesando.
Il libro porta la prefazione di Luca Mercalli il quale sottolinea come il Moncenisio sia da molto tempo luogo di studio per la meteorologia. Lassù ci sono le tracce dei ghiacciai purtroppo scomparsi a causa del clima; alcuni di questi erano usati per recuperare i blocchi che a valle venivano usati al posto dei frigoriferi.
Il percorso delle immagini è un crescendo di emozioni suscitato dalla voce di chi ha vissuto in quegli anni della grande guerra. Gli scontri con la Francia, i tentativi di conquistare roccaforti inespugnabili con truppe mandate a combattere dal governo fascista senza neppure gli abiti adatti alle intemperie, al freddo e alla neve delle montagne.
Ci sono le storie che portano il sorriso, come quelle di Tilla la bizzarra locandiera che parlava un linguaggio volgare irriguardoso nei confronti di chiunque. Se aveva rispetto per i soldati semplici con gli ufficiali non risparmiava le sue male parole. Quando il principe Umberto di Savoia fece sosta al Moncenisio decise casualmente di visitare proprio il locale di Tilla. Gli ufficiali scongiurarono il principe di evitare questa visita ma il reale non badò alle raccomandazioni e fece ingresso con un nutrito gruppo di ufficiali al seguito, tutti molto preoccupati. Tilla era in trepida attesa, desiderava conoscere questo principe tanto alto. Fu così che all’ingresso del piccolo corteo nel locale non deluse le aspettative e alzando lo sguardo alla ricerca del principe esclamò: “Alura, chi a lé el piciu pi gros chi i deuv sèrve prima?” e tutti risero.
Dentro i racconti di guerra ci sono le persone e le loro vite, così come piace raccontarle a Fabrizio Arietti. Quello del bambino che assiste, di nascosto, al passaggio di consegne tra i carabinieri e i soldati francesi sul nuovo confine quando l’Italia dovette cedere il Moncenisio alla Francia.
La storia della famiglia Ghione dell’Albergo Bella Vista di Meana trasformato nel centro di comando del primo corpo d’armata per volontà del principe Umberto di Savoia che vi alloggiò con la consorte Maria Josè. L’albergo fu a lungo bombardato dai Francesi con cannoni piazzati su un treno blindato nascosto in una galleria a Modane. Non lo colpirono solo perché è protetto da una collina. A Meana c’è chi ricorda ancora dove caddero le bombe francesi e giura ci sia ancora traccia delle buche lasciate dalle esplosioni.
Vicende umane, toccanti, di vita e di morte. Di follia della guerra e di popoli confinanti costretti a combattere per qualche chilometro di confine in più. Allevatori che persero tutto e soldati che persero la vita le cui spoglie giacciono nel cimitero di Bramas e altri invece sopravvissuti prigionieri dei tedeschi che riuscirono a fuggire in modo rocambolesco.
Storie di uomini e donne da non dimenticare. Alla fine della presentazione abbiamo posto un paio di domande all’autore.
Come nasce questa passione così intensa per il Moncenisio?
E’ un rapporto bilaterale. In un senso da parte di mia madre perché mio bisnonno che era Costanzo Grosso di Susa, pioniere della fotografia, aveva avuto l’incarico dalla Forze idrauliche del Moncenisio per fare il report della costruzione delle dighe quindi posseggo le foto che documentano quella storia. Dall’altra parte, quella di mio padre, i miei bisnonni erano i guardiani delle vecchie dighe e questa combinazione ha influito nella mia vita.
Deve essere una bella emozione scavare nella memoria portando alla luce eventi e persone così lontane ma così presenti nella storia della valle.
Il mio interesse è proprio quello di trovare le ‘storie’ non solo quelle legate ai fatti stretti della guerra che rappresentano il ‘contesto’ ma far emergere le storie umane. Mi domando sempre come si poteva vivere in quei momenti così difficili; è la curiosità di capire la vita che conducevano allora.
Possiamo assicurare che Fabrizio è riuscito magistralmente nel suo intento.
D.A. 13.10.14
“ANCHE L’UNIONE EUROPEA NON VUOLE PIU’ INVESTIRE SUL TAV”
http://www.marcoscibona.it/home/?p=633
Michael Cramer (Presidente Commissione trasporti del Parlamento europeo) ha dichiarato oggi che l’Europa non coprirà il cofinanziamento del 40% della Torino-Lione ma probabilmente solo la tratta Genova – Rotterdam. Ha inoltre ricordato come le direttrici Nord Sud costituiscano le priorità per affrontare i problemi di trasporto in Europa. Le parole di Cramer rappresentano una grande vittoria per quanti si battono contro l’alta velocità in Valle di Susa. Infatti abbiamo avuto finalmente la conferma di quanto sostengono da tempo i No TAV: non esiste alcun mercato che giustifichi l’investimento sull’asse est-ovest, salvo gli interessi privati di partiti, mafie ed aziende ad essa legati.
Laddove non sono valse le ragioni tecniche, ambientali, legate alla tutela della salute, i sostenitori dell’opera si scontrano finalmente con la mancanza di fondi. L’Europa non ritiene conveniente quest’opera e privilegia altri investimenti ed altre tratte.
Incassiamo questa prima vittoria, consapevoli che tanta strada resta ancora da fare sia per quanto riguarda l’alta velocità in Valle di Susa sia per il Terzo Valico dove i numeri dimostrano l’inutilità della spesa ed i disagi per un ambiente fragile, come dimostrato dalle recenti alluvioni tra Piemonte e Liguria.
Dopo questa seria presa di coscienza da parte dell’Unione Europea, auspichiamo facciano altrettanto anche i politici italiani e francesi che non si sono ancora resi conto dell’inutilità dell’opera.
Francesca Frediani, consigliere M5S Piemonte
Federico Valetti, consigliere M5S Piemonte e vice presidente commissione trasporti
Marco Scibona, Senatore M5S
Sui finanziamenti TAV a rischio e frecciabianca deragliato.
Marco Scibona (M5S) intervento di fine seduta 14 ottobre 2014