Reclutatrici di jihadisti arrestate in Kirghizistan

martedì, 30, settembre, 2014

Un gruppo di donne è stato arrestato in Kirghizistan, nella regione di Jalal-Abad, con l’accusa di essere reclutatrici di militanti per la jihad per conto di un’organizzazione estremista islamica vietata in buona parte dell’Asia centrale. Lo scrive oggi il sito internet di Radio Free Europe/Radio Liberty (Rfe/Rl).
Si tratta – secondo quanto riferisce il ministero dell’Interno di Bishkek – di sette giovani donne tutte tra i 20 e i 25 anni. L’organizzazione a cui sono accusate di essere affiliate si chiama Hizb-ut-Tahrir.
Hizb-ut-Tahrir è un gruppo sunnita da tempo attivo nella regione e vietato nella gran parte dei paesi dell’Asia centrale e in Russia. Ha la sua base organizzativa a Londra e si propone di unire tutti islamici per dar vita al Califfato islamico.
http://www.imolaoggi.it/2014/09/30/reclutatrici-di-jihadisti-arrestate-in-kirghizistan/  

Affondiamo definitivamente. Artigiani in rivolta: “Con anticipo Tfr un salasso da 4,5 miliardi”

martedì, 30, settembre, 2014
artigiani
L’anticipo del Tfr in busta paga comporterebbe “un’esborso di 4,5 miliardi di euro per le imprese artigiane, un vero e proprio salasso”. Così il segretario generale della Confederazione libere associazioni artigiane italiane (Claai), Marco Accornero.
 
Chiedere alle imprese artigiane di mettere a disposizione il 50% dei Tfr accantonati, circa 4,5 miliardi in totale, nelle buste paga dei dipendenti significherebbe affondare definitivamente la gran parte delle aziende, già alle prese con pesanti asfissie finanziarie dovute alla crisi dei mercati, con una stretta creditizia imposta dalle banche e con una pressione fiscale e un costo del lavoro insostenibili”.
 
Nelle pmi “con meno di cinquanta dipendenti, tipiche dei settori artigiani – spiega Accornero – il Tfr di chi non ha scelto un fondo pensione dopo la riforma del 2006, ovvero la maggior parte dei lavoratori italiani, resta in azienda: le imprese usano questo denaro per finanziarsi, soprattutto in tempi di crisi di liquidità e stretta creditizia come in questi anni”.
 
L’ammontare totale annuo accumulato dagli italiani “vale circa 25 miliardi di euro: di questi il 40% matura nelle pmi che, con 3,2 milioni di occupati, accantonano circa 9 miliardi di euro di Tfr, intesi come costo aziendale lordo”, aggiunge. “Il governo – conclude Accornero – valuti attentamente questi numeri e, nel caso decida di intraprendere la strada dell’anticipo del Tfr, esoneri da questo provvedimento le micro, piccole e medie imprese o, in alternativa, preveda la concessione di crediti bancari, a tassi minimi, destinati a questo scopo”.

Maxiprocesso notav, lacrimogeni: che male può fare un documento?

par0061Venerdì nuova pagina in aula bunker di una lunga storia che vede la Procura di Torino ed il Ministero degli interni, a braccetto, opporsi in tutti modi all’ingresso nel processo di documenti che possano minare la tenuta dell’accusa.

Si è già detto della assurda, stupefacente, incomprensibile opposizione del ‘pool no tav’ all’ingresso delle carte che provano il legame tra alcune ditte del cantiere di Chiomonte e la ‘ndrangheta (uno dei grandi motivi di opposizione), e addirittura della messa in dubbio che questi legami esistano (http://www.notav.info/post/mafia-appalti-tav-la-procura-di-torino-non-vuole-che-nel-maxi-processo-entrino-le-prove/). D’altronde, il procuratore aggiunto Ausiello, che sperava di diventare capo e invece è rimasto vice, è arrivato anche a smentire le conclusioni delle sue stesse indagini sulla mafia quando si è trattato di toccare l’area TAV (http://www.notav.info/post/i-magistrati-di-torino-su-tav-e-mafia-riflessioni/). Roba da rimanere sbigottiti, chissà che ne pensano i PM antimafia della Calabria…

 Ma restiamo sui gas lacrimogeni CS.

4357 ne sono stati sparati tra il 27.6.2011 ed il 3.7.2011, una guerra chimica di portata inaudita, di poco inferiori ai 6.000 di Genova G8. Non solo un’enorme quantità, già di per se sproporzionata e quindi illegale, ma anche illegali le modalità di sparo.

Infatti in quei due giorni sono centinaia i tiri diretti contro i manifestanti: decine quelli confermati in aula dai testimoni, diversi quelli immortalati in video e foto.

Si sapeva che lo sparo diretto era vietato, lo avevano già confermato alcuni carabinieri nel processo a Nina e Marianna, e ci voleva poco a capire la pericolosità estrema dell’arma, che spara proiettili metallici di 100 grammi a 270 chilometri all’ora e che può menomare seriamente oltreché uccidere. La sistematicità dello sparo illegale può avere influito sulla psiche dei manifestanti?

Fino ad ora, visto che la Procura si era opposta con tutte le sue forze alle richieste di acquisizione degli imputati (che volevano fossero acquisite circolari interne del Ministero), nessun documento provava l’esistenza di divieti espliciti alle forze di polizia. Nessun documento che dicesse nero su bianco bisogna sparare in un certo modo (gli ormai mitologici 45° di inclinazione, di cui tutti vociferavano) e non in un altro.

Così, mancando pochi giorni all’inizio delle discussioni finali, venerdì le difese hanno provato a depositare nel processo un manuale tecnico operativo realizzato dal Ministero degli interni (trovate il link al documento in fondo) che spiega come vengono utilizzati i reparti speciali, le dotazioni, i divieti, durante le operazioni di OP. E proprio le modalità da seguire per il lancio dei gas lacrimogeni, oltre alle cautele – si, proprio le cautele – che gli agenti di polizia devono avere verso i manifestanti dopo averli esposti al CS.

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E come dicevamo, tanto per cambiare Procura e Ministero degli interni si oppongono al documento. Evidentemente all’accusa non interessa arrivare alla verità del processo, e quindi capire se come e dove le forze dell’ordine abbiano ecceduto e commesso reati, ma giungere alla verità per cui sono i no tav, e solo loro, da biasimare.

La procura perché “non ne capisce la provenienza…”, addirittura vuole sapere dall’avvocato “come se lo è procurato”, contesta che sia un documento pubblico perché non può verificare, perché non c’è una data ecc. ecc. Come se non fosse di provenienza pubblica un documento senza data! L’avvocato le dice: secondo lei è falso? Mi dica che è falso! Mi dia le prove che è falso! E dire che il ‘pool no tav’ della procura ha sempre intorno a se agenti del Ministero degli interni, compresi DIGOS, durante tutte le udienze, come l’altro giorno. Alzare il telefono e controllare al Ministero? No, meglio opporsi a prescindere.

Il Ministero a sua volta si oppone perché dice che tutte le operazioni di Chiomonte del 2011 sono regolate da apposite ordinanze. Non dice, il Ministero, che le ordinanze il Ministero aveva rifiutato di produrle a richiesta degli avvocati, non dice che la Procura si era opposta all’acquisizione, non dice che alla fine, quando il Tribunale si è degnato di ordinarne l’acquisizione…le ordinanze sono arrivate tutte omissate e segretate, inutili. Nemmeno, il Ministero, ricorda che per dichiarazione di uno dei più importanti agenti operativi quei giorni, il Dr. Scarpello ex-DIGOS Torino, non venne fatto nessun briefing sull’uso delle armi lacrimogene.

Era quindi una questione di principio quella dell’ultima udienza: vedere sino a che punto la Procura avrebbe fatto muro contro l’acquisizione di un documento redatto dallo Stato, con tanto di marchi e simboli del Ministero degli interni.

E allora eccolo qui: con tutte le sue belle indicazioni di provenienza e certificazione: atti provenienti dall’Indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, Comitato Paritetico Camera-Senato, prodotti nel procedimento 13024/01 RGNR Tribunale penale di Genova, definito con sentenza passata in giudicato.

Vediamo qualche cosa di interessante dal manuale per quanto riguarda i gas CS.

1) La polizia deve soccorrere i manifestanti colpiti dai CS. 

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2) E’ vietato sparare diretto e sparare con inclinazioni inferiori a 45°.

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 Divieti corredati di disegnino: è chiaro che sparare direttamente contro le persone è vietato dalle circolari del datore di lavoro.

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Ingrandimento:

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Vedremo adesso cosa replicherà la procura di Torino…

Ecco il link al documento completo ->. lacrimogeni 048-0186-donnini

Certificati verdi: Truffa da un miliardo sull’Iva per finanziare i gruppi islamici

http://www.imolaoggi.it/2014/09/24/riscaldamento-globale-truffa-da-un-miliardo-in-italia-per-finanziare-i-gruppi-islamici/

Imola Oggi

mercoledì, 24, settembre, 2014

 La Procura di Milano: 1.150 milioni di Iva rubati al Fisco. Gli 007: sono finiti ai fondamentalisti islamici per la jihad

Mideast Israel Palestinians

di Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per il Corriere

Cercavano Osama Bin Laden, trovarono solo un pugno di fatture. Ma per le forze alleate il blitz in un covo dei talebani al confine tra Afghanistan e Pakistan nel 2010 si è rivelato una miniera di informazioni che attraverso Europa, Medioriente e Hong Kong hanno portato sulle tracce di una colossale frode fiscale sui certificati ambientali servita a finanziare anche il terrorismo islamico. Le stesse orme seguite dalla Procura di Milano in un’indagine che, innescata dalla denuncia di una commercialista terrorizzata, con l’incriminazione di 38 indagati e il sequestro di 80 milioni di euro colpisce ora un’associazione criminale anglo-pakistana e una franco-israeliana che dal 2009 al 2012 hanno rubato all’Italia più di un miliardo di euro di Iva.

I documenti scoperti nel rifugio, non lontano dall’area dove il 2 maggio 2011 i Navy Seals americani hanno ucciso Bin Laden, conducevano ad Imran Yakub Ahmed, un pachistano di 40 anni con passaporto inglese residente a Preston (Gran Bretagna), amministratore della milanese “Sf Energy Trading spa”, sulla quale stavano indagando i pm Carlo Nocerino e Adriano Scudieri nel pool guidato dall’aggiunto Francesco Greco. I pm e la Guardia di Finanza si erano mossi dopo che a presentarsi in Procura era stata una commercialista di Milano spaventata dalla facilità con la quale guadagnava soldi a palate lavorando per alcune società intestate a prestanome cinesi e italiani, cartiere che facevano girare milioni di euro vendendo e acquistando migliaia di carbon credit .

Con l’accordo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica (quello per combattere il riscaldamento globale), infatti, ad ogni Stato è assegnata una quota massima di produzione di CO2. Le aziende che producono meno gas-serra del tetto assegnato possono vendere il rimanente della quota alle imprese meno virtuose emettendo appunto carbon credit , certificati ambientali che possono essere negoziati bilateralmente o in un mercato telematico, scambi sotto la supervisione di autorità pubbliche nazionali quali in Italia il «Gestore dei Mercati Energetici», una spa che fa capo al Ministero dell’Economia.

Le due organizzazioni criminali operavano sia singolarmente che insieme. Acquistavano i certificati in Gran Bretagna, Francia, Olanda e Germania attraverso società fittizie con sede in Italia, vere e proprie «cartiere» che producevano solo fatture e che erano intestate o a prestanome quasi sempre cinesi o a persone estranee ma vittime di furti d’identità. Dopo aver acquistato senza pagare l’Iva, esclusa in questo tipo di transazioni intracomunitarie, le «cartiere» aggiungevano l’Iva al 20 per cento e vendevano i certificati ad altre società, anche queste fittizie, che facevano da intermediari con gli ignari acquirenti finali. Una volta incassata l’Iva, invece di versarla allo Stato italiano la «cartiera» chiudeva i battenti e spariva nel nulla, mentre i soldi, milioni e milioni di euro, venivano dirottati su conti correnti a Cipro e Hong Kong per finire a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. Lì le rogatorie avviate dai pm milanesi a caccia di Imran Yakum Ahmed sono cadute nel nulla, mentre i soldi sottratti all’Erario italiano sono stati riciclati in diamanti ed investimenti immobiliari. C’è stato anche qualcuno che non ha resistito e ha comprato due orologi da 50mila euro ciascuno in una prestigiosa gioielleria di Roma.

Ma l’aspetto più inquietante che emerge dalle carte dell’indagine milanese è che dietro le «imponenti operazioni di riciclaggio» legate alla frode fiscale potrebbe celarsi un canale di «finanziamento al terrorismo internazionale» di matrice islamica. A lanciare l’allarme sono stati i servizi segreti americani e inglesi che hanno esaminato la documentazione trovata tra le montagne tra Pakistan e Afghanistan e hanno segnalato tutto alla «Hm Revenue & Custom di Londra», una sorta di GdF inglese, il cui ufficio stampa, contattato dal Corriere della Sera , non ha fornito ulteriori dettagli perché non può «discutere di singoli casi per ragioni legali». Peraltro i pm milanesi non hanno prove dirette su questo profilo, né possono utilizzare le carte dell’intelligence .Questo meccanismo criminale è stato replicato per anni in centinaia di transazioni facendo impazzire le polizie di tutta Europa, fino a quando le due organizzazioni hanno trasferito gli affari in Italia dopo che altri Paesi dell’Ue erano corsi ai ripari con norme che avevano di fatto rotto il giocattolo. Un ginepraio in cui si sono mossi anche gli investigatori della «Bundeskriminalamt» tedesca, della «Service National de Douane Judiciare» francese, ma anche di Belgio e Liechtenstein, tutti coordinati da Europol e Eurojust. La conclusione è che i mercati energetici europei sono «fortemente manipolati e comunque viziati da un numero impressionate di transazioni commerciali effettuate al precipuo scopo di realizzare rilevanti frodi agli Erari». La preoccupazione è alta, tanto che le indagini sono state estese a livello internazionale acquisendo i dati in possesso del «Citl», l’ente di Bruxelles che monitora a livello europeo gli scambi dei permessi di emissione di CO2.

Le indagini della Procura milanese, chiuse in questi giorni in vista della richiesta di processo, solo per il primo filone hanno scoperto una frode da 660 milioni, di cui 80 sequestrati. Trentotto gli indagati di cui 11 ricercati, e un centinaio le perquisizioni eseguite in società e abitazioni. Un’inchiesta parallela, ancora in corso, sta già disvelando un’altra frode del tutto analoga che ha sottratto ai contribuenti italiani altri 450 milioni.

Expo 2015. Superati i seimila volontari

di Leonardo Capella

Sembra incredibile. In un paese dove la disoccupazione ha indici preoccupanti – 12,6% nel mese di luglio (fonte Istat), e in crescita-, si fa fatica a comprendere i motivi che hanno spinto oltre 6000 persone a candidarsi per prestare servizio volontario a Expo 2015.

Il risultato del bando di Expo 2015 ha infatti raggiunto queste cifre. Dati illustrati nel convegno “Cooperiamo verso Expo 2015. E poi?”, organizzato dalla Fondazione Con il Sud e Fondazione Cariplo al Castello Sforzesco di Milano lo scorso 27 settembre. I dati forniti del Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato permettono di avere un quadro che può dare alcuni spunti di riflessione e analisi.

Percentuale provenienza volontari

 La provenienza dei volontari è concentrata in Lombardia, come è logico aspettarsi vista la centralità territoriale della manifestazione.

Indicatore delle fasce di età dei volontari

 La fascia di età più interessata alla partecipazione risulta essere quella sotto i 24 anni. Un indice che potrebbe evidenziare come i giovani preferiscano un’attività non retribuita a una retribuita ma potrebbe soprattutto nascondere la speranza di una ricollocazione lavorativa dopo il periodo di volontariato. Come se l’esperienza dei volontari delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 non avessero insegnato nulla a riguardo.

Indicatore della fascia occupazionale

 Di fatto gli individui non inseriti nel mondo del lavoro sono la grande maggioranza, superano infatti il 70% dei volontari. La fascia maggiore è composta da studenti che probabilmente vedono nell’Expo 2015 un occasione di accrescere le proprie competenze e magari rimediare qualche credito scolastico. Lascia più stupiti il 22% relativo agli occupati.

CHI NON SCAVA NON FA L’AMORE (E NEANCHE IL TAV)

post — 17 settembre 2014 at 09:26

 Lo dice la canzone, lo dicono i fatti. Oggi non basterà un “selfie” di Renzi per risvegliare dal coma il cantiere di Chiomonte. E nemmeno a salvare la Torino-Lione, ormai più improponibile che inutile. Dopo anni di lavori a passo di lumaca, il “giorno del giudizio” europeo si avvicina ad alta velocità (l’unica vista finora). L’ennesimo fiasco è annunciato. Ma andiamo con ordine.

Primo: a che punto siamo? A zero, sia Italia che in Francia. Zero scavi per il megatunnel sotto le Alpi, del quale manca persino il progetto definitivo (goo.gl/KEais4). Ma allora cosa stanno facendo a Chiomonte? Solo un cunicolo di esplorazione della roccia, non ci passeranno mai treni e binari. Dicono serva per capire se il megatunnel si può fare o no.

Ordunque, a che punto sono i lavori di questa galleria accessoria? Ad un misero 16% (Figura 1). Il sito di Lyon Turin Ferroviaire (LTF, la società pubblica italo-francese che deve fare l’opera) è laconico: 11 settembre 2014, 1242 m. La versione ufficiale recita che gli scavi “stanno procedendo senza reali problemi” (goo.gl/f4Dszd). Ma la matematica non ha pietà delle visioni oniriche dell’Architetto Commissario Virano. Altro che “pieno ritmo” (goo.gl/kELZwT), il ritardo è impressionante. Vediamo di quanto e a cosa è dovuto; le ragioni sono due, forse tre.

figura1Figura 1

La prima è l’inesorabile lentezza della “talpa”. Lo scavo meccanizzato è iniziato il 12 novembre 2013 a quota 235 metri. Il progetto prevedeva 10 m/giorno. Una banale moltiplicazione ci dice che oggi (10 mesi ovvero oltre 300 giorni dopo) sarebbero stati ampiamente superati i 3,2 km di scavo. Ma così non è stato e siamo ancora 1,2. I “dieci metri al giorno” nessuno li ha mai visti (Figura 2), eccetto che nei resoconti naif del Commissario Architetto Virano.

La seconda ragione è più curiosa. Poco tempo a disposizione? Macché! 40 mesi di cantiere, per la precisione dal 27 giugno 2011 (data del famoso sgombero stile “Apocalypse Now”). “Chi ha tempo non aspetti tempo” dice l’adagio ma qui è andata al contrario. Per un anno e mezzo di scavi manco a parlarne; in compenso molte preparazioni, recinzioni e … “asfaltature”, qualcuna pare decisamente “imbarazzante” (goo.gl/efduZ6). Bisogna aspettare fino a gennaio 2013 per i primi lentissimi metri. A novembre, quando parte la talpa, ormai è tardi. E lo sanno già tutti.

figura2Figura 2

Con l’Europa è difficile far passare fiaschi per fischi. Tantomeno vendere per finite gallerie che non lo sono, soprattutto quanto si è recidivi. Il cunicolo di Chiomonte doveva già essere terminato a fine 2013, questa era la scadenza presentata nella richiesta di finanziamento. Poi la Commissione Europea ha gentilmente concesso una proroga di due anni ovvero fino al 31 dicembre 2015.

Siamo quindi in “zona Cesarini” eppure i lavori sono ancora agli inizi. Ci sono voluti circa 20 mesi per realizzare appena il 16% del cunicolo. Ora mancano 16 mesi alla scadenza-capestro europea (Figura 1), poco credibile che siano sufficienti per scavare il restante 84% (6,3 km di 7,5 totali).

Con il ritmo registrato finora, a fine 2015 lo scavo della galleria sarà solo a metà (Figura 2). E non basterà un ologramma dell’Osservatorio Virano per materializzare il pezzo mancante. Nel marzo 2013, l’Unione Europea aveva già dimezzato i fondi per la Torino-Lione, a causa dei suoi reiterati ritardi (goo.gl/qdR5qU). Indovinate cosa farà adesso.

Buona gita signor Presidente del Consiglio, ci mandi una foto con la talpa che dorme.

Strappo del sindaco Plano, Susa esce dall’Osservatorio sulla Tav

http://torino.repubblica.it/cronaca/2014/09/30/news/strappo_del_sindaco_plano_susa_esce_dall_osservatorio_sulla_tav-96959138/

Scontro nello stesso giorno in cui la Regione dà il via libera al progetto. Il sì subordinato a 130 prescrizioni su paesaggio e sicurezza ambientale

di FABIO TANZILLI

Strappo del sindaco Plano, Susa esce dall'Osservatorio sulla Tav

Susa dice addio all’Osservatorio, proprio nel giorno in cui la Regione approva le modifiche al progetto definitivo della Tav. Lo strappo di Sandro Plano, già annunciato in campagna elettorale, è arrivato al presidente dell’Osservatorio Mario Virano via raccomandata: “Susa non farà più parte del tavolo  –  afferma il sindaco No Tav  –  questa scelta rientra nel nostro programma. Abbiamo atteso per settimane un segnale dal ministro Lupi. Ad agosto ero andato a Roma per chiedere che ci ascoltasse, e che si ricostruisse un rapporto con i Comuni, ma non si è fatto più vedere”. 

L’addio all’Osservatorio era uno dei punti fondanti del “patto di Isolabella”, sancito quest’estate da gran parte dai nuovi sindaci della bassa Val Susa e il movimento No Tav. Dopo Susa, a breve anche Condove lascerà il tavolo con Virano. Ma la decisione di Plano viene criticata dal senatore del Pd, Stefano Esposito: “Ha vinto le elezioni per soli otto voti, non si sarebbe dovuto sfilare: d’ora in poi la metà dei cittadini di Susa non avrà più una rappresentanza al tavolo in cui si discute l’opera”. Esposito quindi sfida il sindaco di Susa: “Ora dovrebbe avere il coraggio di rifiutare anche la stazione internazionale: proponga un referendum tra i suoi cittadini e vediamo cosa decidono”. Plano replica: “La stazione è un’opera di dubbia utilità, meglio tenersi l’autoporto. Con la crisi che c’è non ha senso spendere soldi pubblici per queste cose, bisogna riaprire il dibattito sulla sua realizzazione, ma ci devono ascoltare”. 

Polemiche proprio nel giorno in cui la giunta regionale ha approvato le modifiche al progetto definitivo della Tav: il tunnel di base con la Francia, la stazione internazionale di Susa, il tunnel d’interconnessione con la linea storica del Frejus, le opere tra Susa e Bussoleno. Un “sì” condizionato da ben 130 prescrizioni, che per la Regione sono vincolanti ai fini della tutela ambientale e della salute pubblica: riguardano anche l’assetto idrogeologico, le scelte paesaggistiche, il rischio amianto. 

L’IRRESISTIBILE DISCESA DEL GIOVANE ARTURO UI -D’Alema <>-

Si trascinerà ancora, purtroppo per noi, ma Renzi ha ormai esaurito tutto il repertorio dei trucchi e delle furbizie politiche ed oratorie: quelle apprese dai sui precettori DC, Andreotti e De Mita; quelle contenute nel manuale dell’arte muratoria trovato in famiglia; quelle istruitegli da Verdini e quelle prescrittegli da Giorgio Gori, staccato da Fininvest nel 2011, per seguire la rifinitura del suo lancio politico. 
Di pari passo con la pubblicazione dei dati statistici ed economici che attestano il continuo peggioramento sociale, produttivo e culturale del paese, e con la BCE e l’UE a sbarrargli la strada delle deroghe al Fiscal Compact, che erano la sua promessa elettorale alle elezioni europee, sono cominciate numerose fughe dalla sua nave, molte silenziose e alcune roboanti.
Il termometro del ‘mutato clima ’ lo danno il quotidiano di Confindustria e il Financial Times, che manifestano tutta la loro delusione rispetto alle promesse renziane, per arrivare sino alle pesantissime considerazioni espresse nell’editoriale di De Bortoli sul Corriere della Sera, alla CEI che esce dal teatrino politico e chiede attenzione al crescente numero di persone povere e all’ex sodale , l’imprenditore Della Valle che platealmente lo definisce ‘un sola”.
ll tentativo di arginare le fughe dalla nave e far cessare il vento contrario, messo in atto da Marchionne e da Berlusconi, è stato il classico: “Pèso el tacòn del buso”(peggio il rimedio che il danno). 
Alla Direzione del PD, nonostante la maggioranza blindata dei suoi fedelissimi (frutto delle ‘primarie’ a cui Renzi & soci ottennero di far votare non iscritti e non elettori del PD), il Segretario/Presidente (accoppiata che ricorda il PCUS, ma ai sedicenti ‘rinnovatori’ non è certo la concentrazione di potere che crea imbarazzo), è arrivato meno arrogante dei giorni precedenti e ‘concedendo’ l’apertura di un tavolo con CIGIELLECISLUIL, nonchè…‘estraendo’ un nuovo bianconiglio dal cilindro, da cui già uscirono gli 80 euro: “Cancelleremo l’art. 18, ma daremo 2 miliardi per il sostegno alla povertà e metteremo in busta paga il TFR !”.
Queste parole sono state sufficienti a sgominare il 10% degli oppositori (che aspettavano solo un pretesto per farlo, e si sono astenuti su ‘Job act’ e articolo 18), ma non il restante 20% che ha votato contro e con D’Alema ha rincarato: <<Renzi istruito da Verdini..!>>.
Personalmente prendo atto che milioni di lavoratori sono diventati disoccupati, negli anni dell’Euro e dell’avvio della globalizzazione, nonostante l’esistenza dell’art.18, così come è certo che non sarà la sua cancellazione ad accrescere la domanda interna o a ristabilire parità/competitività con l’area dollaro (rapporto: 1 a 1.30), e con paesi europei e non, che hanno costi di prodotto più che dimezzati rispetto a quelli italiani (per via dei ridotti costi tributari, energetici, ambientali, previdenziali, salariali, ecc…). L’unica strada su cui possiamo ancora salvarci è l’ uscita dall’Euro e il varo di una moneta di proprietà del popolo, emessa a credito e non a debito, insieme all’uscita di scena dei partiti gestiti /egemonizzati dalle banche e dalle società multinazionali.
Ma veniamo al nuovo bianconiglio, che è una …stronzata pazzesca!
1) Lo è in via di principio. Perché, se un Presidente del Consiglio, che dice di credere di fare cosa ‘buona e giusta’, sente però il bisogno di dire : ‘ Però in cambio vi do’ questo e quest’altro ? Perché sa che togliere l’art. 18 è una cosa nè buona nè giusta, ..ma ha avuto l’ordine di farlo…
2) Lo è per la diversità temporale. Ora tolgo il 18 e varo il job act, poi …se troverò i soldi e se la BCE me lo lascerà fare …il mio governo deciderà di mettere due miliardi nel capitolo ‘interventi sociali’ (come i famosi/ FUMOSI crediti delle imprese verso Stato ed enti pubblici o i miliardi per le scuole ?)…
3) Lo è tecnicamente. I trattamenti di fine rapporto, TFR, che i partiti decisero di togliere alle imprese per darli ai Fondi Pensione (con la gioia delle banche che sono proprietarie dei FP e con il danno delle imprese a cui fu tolta liquidità, tant’è che il governo stanziò provvidenze per le imprese danneggiate ), non possono tornare indietro, se non con notevole danno finanziario per il lavoratore che recede. Mentre nel caso di quanti lo hanno lasciato all’impresa, tale ‘promessa’ sarebbe difficilmente praticabile per l’elevato numero di imprese in grossa crisi di liquidità che secondo Renzi, ora dovrebbero addirittura anticipare mensilmente la quota del TFR per l’anno in corso.. 

Il giovane ‘Arturo Ui’ è sempre più nudo, ma crede o dimostra di credere, che gli italiani lo vedano ancora …non come babbo e mamma (con lo zampino di logge e banchieri) l’hanno fatto, ma …ricoperto dalla retorica oratoria e dalle balle che va ancora raccontando…forse mangerà il panettone, ma alla colomba pasquale non c’arriva.

Reggio Emilia: schede elettorali falsificate in favore del PD, la Digos conferma

http://www.imolaoggi.it/2014/09/28/reggio-emilia-brogli-elettorali-in-favore-del-pd-la-digos-conferma/

Imola Oggi

domenica, 28, settembre, 2014TESSERA-PD

di Mattia Caiulo

28 settembre  – REGGIO EMILIA – Un fulmine a ciel sereno per il Comune di Reggio Emilia. Nelle scorse elezioni amministrative del 25 maggio ci furono brogli. La Questura di Reggio Emilia informa infatti, con una nota, che il presidente del seggio elettorale numero 7, Pietro Drammis, è indagato per aver indebitamente aggiunto preferenze a sostegno dei due consiglieri comunali del Pd, poi eletti, Salvatore Scarpino e Teresa Rivetti. I due consiglieri furono discussi in passato per le loro origini calabresi e in Emilia infuria la polemica sulle infiltrazioni mafiose sottovalutate dalla politica. L’ultimo caso ha riguardato il sindaco di Brescello e le sue dichiarazioni benevole verso un esponente della famiglia Grande Aracri già condannato. Le anomalie nelle preferenze, che risultavano scritte tutte con la medesima grafia, erano state denunciate dalla rappresentante di lista del Movimento 5 stelle Alessandra Guatteri.

La Digos della questura reggiana, in seguito ad “intensa attivita’ inestigativa” sulle presunte irregolarita’ nelle operazioni di spoglio delle schede nei seggi elettorali 7 e 149, ha individuato “inconfutabilmente” in Drammis “l’autore materiale” che “scientemente ha fraudolentemente alterato durante lo spoglio 31 schede del seggio da lui presieduto”. In particolare “falsificando di proprio pugno i nomi delle preferenze dei candidati, poi eletti nella lista del Partito democratico, Salvatore Scarpino Teresa Rivetti”.

A nutrire i primi sospetti erano stati i rappresentanti di lista del Movimento 5 stelle, l’attuale consigliera comunale Alessandra Guatteri e la deputata Maria Edera Spadoni, che avevano notato sulle schede votate la ricorrenza di grafie somiglianti e avevano in seguito presentato un esposto in Procura. Le indagini condotte dalla Digos e coordinate dal sostituto procuratore Isabella Chiesi si sono avvalse anche di comparazioni grafologiche effettuate dal servizio della Polizia Scientifica di Roma.

Drammis, dice ancora la questura, “ha agito fraudolentemente senza alcuna complicita’ durante le fasi dello spoglio, celato dall’urna elettorale adagiata su un tavolo mentre tutti gli atri componenti dell’ufficio elettorale erano impegnati nello spoglio delle schede”. E’ quindi ora formalmente indagato per aver alterato le schede elettorali con l’aggravante di essere un componente dell’ufficio elettorale. Drammis non risulta mai stato iscritto al Pd e ha svolto l’incarico di presidente di seggio anche in altre consultazioni. Nel seggio 149 invece non si riscontrano elementi per ipotizzare reati.

www.dire.it

Tav, Torino-Lione: la Regione approva il progetto definitivo dell’opera

http://www.nuovasocieta.it/piemonte-2/tav-torino-lione-la-regione-approva-il-progetto-definitivo-dellopera/

NuovaSocietà

Tav, Torino-Lione: la Regione approva il progetto definitivo dell’opera
settembre 29 2014

La Giunta regionale del Piemonte presieduta da Sergio Chiamparino ha approvato oggi la delibera presentata dall’assessore regionale al trasporto Francesco Balocco, per le 130 modifiche migliorative al progetto definitivo in Val di Susa. 
La Giunta ha detto si al parere di compatibilità ambientale sulla tratta italiana della sezione transfrontaliera della nuova ferrovia Tav Torino-Lione. 
La parte dell’opera che ha avuto il via libera dalla Regione va dal confine di Stato a Bussoleno, comprende il tunnel di base transfrontaliero, la stazione internazionale di Susa, il tunnel dell’interconnessione con la linea storica delFrejus prima della stazione di Bussoleno, e le opere all’aperto nella piana di Susa-Bussoleno
 È stato così compiuto l’atto conclusivo che permette ora di trasmettere al Governo il progetto definitivo dell’opera. Si tratta di cambiamenti che riguardano la tutela dell’ambiente, dei beni paesaggistici, della viabilità, della fauna e del territorio, e che intensificano i controlli sul rischio amianto e intendono ridurre l’impatto dei lavori sulla vita della popolazione della Valle di Susa. Per quanto riguarda invece il trasferimento della nuova sede del centro “Scuola di guida sicura”, Avigliana si è opposta al trasferimento a Buttigliera proposto dalla Provincia. Il trasferimento sarà comunque indispensabile, poiché nell’area attuale sarà realizzata la stazione internazionale di Susa.