Nell’eurozona arriverà il QE – e come ovunque sarà un fallimento

ma no, è la cattiva Germania che impedisce la fine dell’austerità…impedisce i salvifici QE che il gentile Mario Draghi vuole fare per il bene dei popoli, si sa che la prima preoccupazione dei banchieri è il benessere della gente. Ma se un gentil uomo de sinistra per giunta europeista come Guido Sapelli dice che iniettando soldi nelle banche termina l’austerità perché queste banche poi regalano sti soldi ai cittadini sarà vero….un uomo di sinistra non mente mai e si sa che  la sinistra difende i deboli mica le banche (vedi Mps, decreto Bankitalia, etc etc etc etc)

9 settembre 2014

 

Dalla legge di Parkinson sappiamo che la burocrazia statale è un blob che si espande indefinitamente fino a sommergere e soffocare la società. Il suo interesse è il breve termine; è in questo lasso di tempo che agisce garantendosi privilegi e potere. Ciò che stiamo passando oggi non è altro che il risultato di decisioni sballate prese anni fa. Ai burocrati conviene ignorare le conseguenze di lungo termine, non ricoprirebbero il loro loro ruolo se ci tenessero o se ne preoccupassero. Questo discorso possiamo traslarlo benissimo al dibattito attuale su un probabile QE nella zona euro per pungolare adeguatamente l’economia in rallentamento. Spronare la domanda aggregata, si dice, farà ripartire investimenti e consumi; ma come è possibile che gonfiare oltremodo il bilancio della banca centrale con asset di dubbia qualità possa rilanciare il perseguimento di investimenti produttivi? Anche se la BCE iniziasse a tutti gli effetti un giro di QE, ciò non porterebbe altro che ad un’allocazione errata di risorse, ulteriori errori imprenditoriali e bolle negli asset. In un certo senso, quello che è stato raggiunto negli USA (abbassamento storico dei rendimenti obbligazionari statali), è stato anche raggiunto in Europa grazie ai mercati e alle banche commerciali (spalleggiate dalla BCE). Quale è stato il risultato? Stagnazione peggiore. I problemi sono ancora tutti lì: i bilanci delle attività improduttive sono un disastro, le attività commerciali sono strozzate dal fisco, l’indebitamento privato non ha subito un deleveraging, spesa pubblica e tasse continuano a salire, ecc. Si è comprato solo tempo, ed il QE in Europa (qualora implementato) non farà altro che guadagnare solo altro tempo in attesa di miracoli che non arriverannoIl cappio al collo della pianificazione centrale si fa sempre più stretto, perché soffocando l’economia in generale non fa altro che soffocare se stessa.E’ una questione di tempo prima che imploda.

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I dati non hanno portato con sé nessuna sorpresa e nemmeno le risposte dei commentatori. Dopo una serie di relazioni deboli arrivate dalla Germania negli ultimi mesi, i dati relativi al PIL della zona Euro pubblicati la scorsa settimana hanno confermato che nel secondo trimestre l’economia ha rallentato. Com’era prevedibile, questo ha portato a nuove richieste di intervento della BCE. “Europe now needs full-blown QE” ha diagnosticato l’editorialista del Financial Times, e sulla prima pagina il giornale ha citato Richard Barwell, economista europeo della Royal Bank of Scotland: “E’ tempo che la BCE prenda il controllo e faccia quello che deve fare, invece di sfornare misure deboli come quelle presentate nel mese di giugno.”
 
Mi chiedo se la richiesta di maggiori “stimoli” sia ora semplicemente una reazione impulsiva, meri riflessi pavloviani imbevuti di cinque anni di implacabile allentamento monetario. Questi economisti ed editorialisti hanno pensato realmente a cosa possono condurre i loro suggerimenti? Se sì, perché pensano che i mali europei verranno curati dal denaro facile e dal credito a basso costo? Pompare sempre più soldi freschi di stampa nel sistema bancario rappresenta davvero la risposta ad ogni problema economico? Il QE è stato un successo laddove è stato implementato?
 
Il fatto è che negli anni il denaro è fluito in dosi maggiori. Certo, le banche commerciali non hanno ceduto nel concedere nuovo credito, ma ciò non sorprende dato che si stanno ancora leccando le ferite del 2008. La “valutazione della qualità degli asset” ed una regolamentazione più severa stanno facendo la loro parte, e se queste misure sono necessarie per rendere più sicura la finanza, come affermano i relativi sostenitori, allora il loro abbandono per il bene di una rapida ripresa del PIL — e di breve durata — non sembra consigliabile. Il fatto è che i creditori sono riluttanti a concedere prestiti ed i mutuatari sono riluttanti a prendere in prestito, ed entrambe le figure hanno buone ragioni per la loro riluttanza.
 
Pensiamo davvero che le aziende italiane, francesi e tedesche abbiano cassetti pieni di progetti di investimento interessanti che verrebbero messi in cantiere immediatamente se solo i tassi fossero più bassi? Penso che qualunque progetto di investimento di Siemens, BMW, Total e Fiat sarebbe già stato realizzato, dato il panorama economico allettante fornito dal denaro facile. Questa droga monetaria ha un rendimento marginale in rapida diminuzione.
 
Prospettiva Globale
 
Nella maggior parte delle principali economie, i tassi sono vicini allo zero da più di cinque anni e sono state adottate varie misure di stimolo aggiuntive, tra cui alcune da parte della BCE che non sono state un QE a titolo definitivo. Eppure l’economia globale è poco frizzante. I sostenitori dell’attivismo della banca centrale punteranno agli Stati Uniti ed al Regno Unito. Di recente la crescita in questi paesi è stata più forte e molti si aspettano un aumento dei tassi di interesse in un futuro non troppo lontano. Eppure anche se prendiamo gli ultimi dati trimestrali sul PIL degli Stati Uniti, l’attuale ripresa, iniziata nel 2009, è ancora la più lenta sin dalla Seconda Guerra Mondiale. La FED non ha ancora finito con il suo programma di acquisto di bond, dissolvendolo molto lentamente e con attenzione, temendo che l’economia, o in ogni caso i mercati finanziari, potessero imbizzarrirsi in un ambiente più “normale” (se qualcuno sa ancora cosa sia). Vedremo quanto mordente è rimasto nell’economia una volta che lo stimolo verrà rimosso completamente ed i tassi di interesse cominceranno a salire — se questo accadrà mai.
 
Poi c’è il Giappone. Sotto la guida di Abe e Kuroda, è fermamente impegnato in un QE al quadrato ricoprendo il ruolo di protagonista nel movimento “crescita attraverso la stampa di denaro”. Nel secondo trimestre l’economia si è contratta di un incredibile 6.8% annualizzato, imitando quelle prestazioni registrate quando il Giappone venne investito da uno tsunami nel 2011. Questa volta la contrazione economica sembra che sia stata guidata principalmente da un aumento delle imposte sulle vendite (credo che i governi debbano tenere sotto controllo il loro deficit, soprattutto quando parliamo di Giappone), le quali avevano inizialmente generato un primo trimestre forte, in quanto i consumatori si sono dati al consumo sfrenato in previsione dell’aumento fiscale. Ora è tempo di pagare. Eppure, guardando attraverso i due trimestri, il Wall Street Journal parla di “lenta ripresa del Giappone, nonostante un pesante stimolo”.
 
Altrove il Dibattito E’ Andato Oltre
 
Nei paesi anglosassoni il dibattito circa gli effetti collaterali dell’allentamento monetario sembra intensificarsi. La scorsa settimana Martin Feldstein e Robert Rubin, in un editoriale per il Wall Street Journal, hanno avvertito dei rischi per la stabilità finanziaria dovuti alla politica di stimolo della FED, la quale punta verso valori alti degli asset ed una minimizzazione dei premi al rischio, sottolineando che è stato chiesto troppo alla politica monetaria. Paul Singer, fondatore dell’hedge fund Elliott Management e nemesi di Cristina Fernandez de Kirchner, ha affermato che la politica monetaria ultra allentata ha fallito e che invece sono necessarie riforme strutturali ed un contesto normativo più favorevole alle imprese. Tutto questo prima ancora di prendere in considerazione la mia posizione (quella propugnata dalla scuola austriaca), secondo cui ogni forma di stimolo monetario è in ultima analisi distruttiva perché (al meglio) può comprare un po’ di crescita di breve termine al prezzo di distorcere i mercati dei capitali e seminare i semi di una correzione futura. Nessuno stimolo monetario può mai portare ad una crescita duratura.
 
Niente di tutto questo sembra turbare gli appassionati dell’interventismo monetario in Europa. Quando i dati deludono, la risposta inevitabile è quella di chiedere alla BCE di stampare più soldi.
 
I critici della BCE hanno ragione quando affermano che la BCE di recente è stata meno accomodante rispetto ad alcuni dei suoi cugini, vale a dire la FED e la Banca del Giappone. L’economia della zona euro sta di fronte a noi senza molto trucco monetario. Se non ci piace quello che vediamo, allora la colpa dovrebbe andare alla politica inefficace dell’élite europea, al presidente socialista francese Hollande, alle politiche fiscali anti-ricchi ed alla burocrazia statale fuori controllo che paralizza il paese; alla Merkel, che non solo non è riuscita ad emanare un unico programma di riforme pro-crescita da quando è diventata cancelliere della Germania (per quanto tempo il paese può fare affidamento sulle riforme di Schroeder del 2002?), ma ora abbraccia la politica di un salario minimo nazionale ed un’età pensionabile al di sotto dei 63 anni, posizioni che in precedenza aveva contestato; al boy scout Renzi, che parla parla, ma finora non è riuscito a concludere nulla. Ma poi l’ironia della sorte vuole che saltino fuori affermazioni come: “In democrazia il popolo riesce a mettere in riga i propri governanti.” Gli impedimenti strutturali europei alla crescita spesso sembrano godere di grande sostegno pubblico.
 
Richiedere condizioni monetarie ancora più allentate e credito a buon mercato è il segno di una bancarotta intellettuale e d’incompetenza politica.
 
[*] traduzione di Francesco Simoncelli
 
da Freedoniadi Johnny Cloaca
Nell’eurozona arriverà il QE – e come ovunque sarà un fallimentoultima modifica: 2014-09-09T20:44:34+02:00da davi-luciano
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