Vi presento i ribelli moderati

quei bravi e mitici rivoluzionari che combattono quel cattivo despota di Assad, e prima Ghedafi….le loro vittime, non meritano sdegno né tutela né pietà. Questo nel regno della doppia morale che conosce solo il Washington consensus. Razzismo è non stare dalla parte dei tagliagole, delle vittime chi se ne frega. Il cattivo è Assad e l’amato liberatore yankee “libererà” anche il popolo siriano.
Non valgono le indignazioni ad olorogeria, quelle sincronizzate sul cambio strategia di Washington, questi mostri sono creatura e servi degli Usa, questa era la loro natura fin dall’inizio quando si incensavano questi “ribelli”. Ma si doveva non vedere perché così era funzionale al premio nobel per la pace Obama, tanto bravo e buono perché di colore. 

Islam, sgozzati in diretta a decine

Islam, sgozzati in diretta a decine: ecco perché lo raccontiamo
Non c’è nemmeno la pietà della ghigliottina. La compassione gelida della lama affilata che taglia di netto: un colpo secco, il buio. Che cosa significa decapitare un uomo? La risposta è: quindici secondi. Provate a scandirli a voce alta. I miliziani dell’Isis non usano asce o mannaie. Utilizzano il coltello.
 
Quindici secondi da quando affonda la prima volta nella carne a quando il corpo della vittima smette di tremare.
 
I guerriglieri dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante sono in due, il volto celato da drappi di stoffa nera. Hanno i piedi lerci infilati nelle ciabatte. Trascinano di peso un giovane, un civile, sulla terra polverosa intorno a Deir ez-Zor, a nord est di Damasco. Il ragazzo, forse meno di trent’anni, ha le mani legate dietro la schiena. Lo buttano a terra, uno dei miliziani lo gira su un fianco. Lui non può reagire, sembra immobilizzato, ha gli occhi fissi: sa che lo aspetta la morte. Non domani o fra un mese: ora, subito. Ma ha le mani legate e non può sferrare un pugno, proteggersi il volto. Pregare di essere risparmiato, magari.
 
E non può neppure scappare. Deve offrire il collo agli uomini che lo hanno catturato. Lo fa quasi docilmente, con lo sguardo acquoso, il cervello perso dietro chissà quale pensiero finale. Poi la lama entra, vicino alla nuca. Provate a tastarvi il collo: ecco, è proprio lì. A quel punto gli occhi del ragazzo si spalancano, ma non vedono niente, solo il dolore cieco. Il guerrigliero dell’Isis è un uomo del deserto con le mani e il cervello educati alla violenza. Il suo taglio non è preciso: la lama va su e giù, come farebbe un seghetto dentro un pezzo di legno. Se ne può udire lo scricchiolio. Avanza a fatica e recide le vene, dilania la carne. Il sangue comincia ad allargarsi sulla sabbia. Il giovane perde il controllo della vescica e si piscia nei pantaloni.
 
Ed ecco le urla. Il terrore assoluto, totale. Mentre il ragazzo viene sgozzato non riesce a chiamare la mamma, può solo emettere un vocalizzo straziante: «Aaaah, aaaah, aaaah». Sempre più forte, sempre più atroce. A che cosa pensi, mentre ti ammazzano? Mentre senti il coltello che adesso aggredisce le ossa fino a spezzarle? Pensi il dolore, solo quello, in un’ascesi infernale. E la morte non arriva. Quindici secondi, non uno di meno. Li avete contati?
 
Il ragazzo dimena le gambe in uno sforbiciare folle sulla terra brulla. La parte superiore del corpo è bloccata dai carnefici e gli occhi sono ancora dilatati dal male infinito. Continua ad agitare la gambecome un tarantolato finché un terzo uomo dell’Isis non gli appoggia un sandalo sudicio sul ginocchio per fermare quel moto demoniaco. La lama è arrivata fino quasi al pomo d’Adamo. L’urlo disperato del giovane, raccattato in chissà quale villaggio e chissà con quale scusa, degrada in un gorgoglio mostruoso, mentre il sangue gli invade la gola. Poi, finalmente, la morte. Il corpo del ragazzo, sfinito, la accoglie afflosciandosi come un sacco vuoto. Quindici secondi. Tanto è durato il supplizio.
 
Il video lo trovate su Syrianfight.com, che ogni giorno documenta – con foto e filmati – la macelleria islamica dell’Isis. Ce ne sono altri, di siti così. LiveLeak.com, per esempio. O Isiswatch. Sono pieni di immagini raccapriccianti, di riprese vietate ai minori che mostrano al mondo i massacri che i soldati del Levante stanno compiendo in Siria e in Iraq. Sono foto e video che non possiamo mostrare, ma che servono a capire. Perché quando si legge che il giornalista James Foley è stato decapitato è difficile farsi un’idea. Abbiamo visto un uomo inginocchiato, poi lo stesso uomo con la testa separata dal corpo. In mezzo, un sottinteso agghiacciante. Che però deve essere svelato, perché bisogna che si sappia che cosa fanno gli aguzzini di Allah.
 
Bisogna guardare con i propri occhi l’incubo che si lasciano dietro. Non è una decapitazione: sono decine, centinaia. Non sono l’eccezione, com’era il paficista Nick Berg a cui Al Qaeda incise la gola dieci anni fa. Sono la regola.
Qualcuna è salutata dal raschio catarroso «Allah Akhbar». Altre sono accompagnate dalle risate dei macellai. Non sono semplicemente assassini, questi dell’Isis. Hanno col sangue e la violenza un legame antico, di rocce e di sabbia. Uccidono un uomo come si farebbe con una capra, hanno nelle mani le rimembranze dei loro antenati pastori. In un video c’è un guerrigliero in passamontagna che apre il collo di una vittima alla stregua di un quarto di bue: si vede la carne rossa attorno all’osso. Se la mangiasse, non sarebbe più atroce.
 
Sono vampiri. Aggrediscono il collo in cerca di sangue. Infilano le teste dei nemici e dei civili incolpevoli sulle punte dei cancelli come fossero picche. Come faceva Vlad l’impalatore. Il loro massacro è sistematico, ma non ha purezza scientifica, la geometria malvagia del genocidio. È sommario: è un ammassarsi di corpi mozzati uno sull’altro. Nei cassoni dei camion, sui marciapiedi, vicino ai ragazzi che osservano per nulla scossi. È questa la misura dell’orrore: la sporcizia, la puzza di morte che promana dallo schermo. La paura sorda di un ragazzo, l’ennesimo civile, che rantola di essere innocente, biascica preghiere prima che lo sgozzino. Fortuna che un pietoso jihadista gli pianta una pallottola nel cranio appena prima che il suo collega proceda alla decapitazione.
 
Nelle canzoni blues, i patti col diavolo si stringono agli incroci delle strade: l’Isis trasforma le città in un inferno dove gli angoli delle strade sono ornati di uomini crocifissi. In una foto, pubblicata su Twitter, si vede un miliziano sorridente: sta facendosi un «selfie» con un cadavere attaccato a una ringhiera. In un’altra si vede un bambino con un kalashnikov in mano, sprizza felicità per il giocattolo nuovo. Si è messo in posa vicino a una croce di legno a cui sta appeso un uomo. È morto, ha il capo reclinato: sembra davvero Gesù. Ma non è il Cristo scarno del Mantegna. Ha il gonfiore schifoso della morte, la tunica impregnata di sangue e fluidi corporei. Il bambino lo guarda e sorride. E forse pensa che presto toccherà a lui sgozzare qualcuno. Quel giorno verrà, e per lui sarà un giorno lieto.
 
di Francesco Borgonovo fonte
Vi presento i ribelli moderatiultima modifica: 2014-09-05T20:48:38+02:00da davi-luciano
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