TAV Torino-Lione: fallimenti, buchi, furbate! E tricolori sbiaditi

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 MERCOLEDÌ 20 AGOSTO 2014 13:03

PRISMANEWS

No Tav

Uccisa dalla solita (italica) banalità estiva la notizia diffusa  da  France3 che ha rilanciato l’allarme circa l’aumento dei tumori provocato dal passaggio dei mezzi pesanti nelle Alpi.

L’emittente tv ha richiamato l’ennesima denuncia per ‘Messa in pericolo della vita del prossimo’ depositata martedì 5 agosto al Tribunale di Chambéry da parte del Coordinamento francese contro la Lyon-Turin e che paragona l’inquinamento delle polveri sottili prodotte dai motori diesel a quello delle trasfusioni di sangue contaminato da Hiv.

Il Movimento No TAV si è associato a questa battaglia con una denuncia allo stesso Tribunale depositata due mesi fa, dato che lo stesso inquinamento si presenta in Italia; interessante sapere che il Consiglio Generale della Savoia ha riconosciuto lo scorso 2 luglio il pericolo per la salute dei cittadini derivante dal traffico dei mezzi pesanti nel tunnel del Fréjus.

Il Coordinamento francese contro la Tav afferma che ci sono le prove “Che nessun provvedimento è stato preso dalle autorità pubbliche per ridurre il traffico dei mezzi pesanti nei valichi alpini” e che sono stati fatti “Favori alla lobby degli autotrasportatori sotto forma di aiuti economici”. Le opposizioni francese e italiana all’Alta Velocità sollecitano l’impiego immediato della linea ferroviaria esistente tra Torino e Lione, oggi utilizzata solo al 15% della sua potenzialità nonostante sia stata rinnovata di recente con un investimento italo-francese “Di circa 1 miliardo”. Sarebbe molto più redditizio anziché proseguire nello spreco di 30 per la costruzione della inutile To-Lio.

Qualche giorno fa si e’ intanto avuto un piccolo anniversario. Come ricorda il Movimento, “Fu infatti il 7 agosto del 2003 che il Ministero dei Trasporti deliberò l’apertura del cantiere di Venaus (autor. 19395/2003). Il Movimento ha diffuso una sintesi di quanto accaduto in undici anni per verificare se la cronologia del cunicolo geognostico abbia centrato gli obiettivi.

Già nel 2005 tutto si fermò. “Per superare l’opposizione il Governo di allora promise di sfilare l’opera dalla famigerata Legge Obiettivo per ricondurla nella procedura ordinaria e poi fondò l’Osservatorio, con il preciso compito di confrontare tutti gli approfondimenti di carattere ambientale, sanitario ed economico e di esaminare, valutare e rispondere alle preoccupazioni della Valle di Susa. Ben presto però la L.O. venne ripristinata e l’Osservatorio espulse le amministrazioni non favorevoli, subito dopo aver pubblicato due relazioni governative che – sulla capacità della ferrovia esistente e sul futuro dei traffici – davano ragione all’opposizione valsusina”.

Si ripartì allora da Chiomonte, dove il Comune era più favorevole. “Il progetto definitivo non venne rifatto ma scopiazzato da quello vecchio, approvato a novembre 2010 e pubblicato ad aprile 2011. Quell’estate il Movimento NoTav affittò legalmente la zona della Maddalena e resistette fino a quando LTF occupò l’area con l’aiuto dei militari”. Nel frattempo, ecco altri due fallimenti. Il primo riguarda gli appalti per i lavori iniziali che hanno visto vincere imprese dal dubbio passato, senza certificazioni, il cui titolare – scoprirà solo nel 2014 l’inchiesta San Michele – “Trafficava illegalmente rifiuti sotto gli occhi di Carabinieri, Polizia e Finanza. Il secondo attiene al cunicolo geognostico.

Ad aprile 2013, infatti, LTF deposita il progetto definitivo del tunnel di base. “Nei suoi documenti si legge che la conoscenza del Massiccio d’Ambin è nulla, scarsa e poco significativa. L’opera di Chiomonte (e di Venaus) doveva servire proprio a eliminare tale ignoranza. Come minimo, il progetto del traforo avrebbe dovuto aspettare i risultati dell’indagine che – a oggi – ha studiato meno di 1,2 km (e soltanto a partire dal IV km fornirà informazioni geologiche significative).

Un altro fallimento si compie nello stesso periodo ma verrà smascherato solo un anno dopo, per merito dei NoTav. “A marzo 2013 la Commissione Europea concede a Ltf di ritardare il termine del cunicolo dal 2013 al 2015, ma diminuisce il finanziamento del 40% a causa del notevole ritardo tecnico-amministrativo. Notiamo di passaggio che i beneficiari hanno approvato le modifiche a dicembre 2012: dunque Ltf quando comincia a scavare conosce già la riduzione!”.

Da parte italiana, il CIPE impone a LyonTurinFerroviaire di adempiere – prima dell’inizio dei lavori – a numerose prescrizioni, dalla VIS alle indagini ‘ante operam’. “Non è stato fatto, almeno in maniera compiuta, e – nonostante sia stato denunciato in ogni sede – nulla è accaduto”.

E così, in attesa di altri compleanni, i soldini continuano a girare…

La fine dell’umanità non è una notizia

 http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=108354&typeb=0&La-fine-dell-umanita-non-e-una-notizia

«Servono interventi radicali e immediati ora, perché ciò che appare radicale adesso, domani sarà normale e necessario». [Paolo Ermani]

Redazione
 
mercoledì 20 agosto 2014 17:59
di Paolo Ermani 

Anche quest’anno registriamo la situazione catastrofica di una terra a cui stiamo esaurendo velocemente tutte le risorse e le capacità di assorbire i nostri rifiuti come puntualmente ci segnala il Global foot print network con il suo prezioso lavoro.

Ma la prossima apocalisse non sembra interessare molto i vari media, ben più interessati alle gesta dei nostri vip in vacanza, alle beghe dei politici e alle loro penose lotte di accaparramento del potere.

Già con giornali, radio e televisione la quantità di notizie inutili, superficiali era notevole, con l’avvento di internet la possibilità di scrivere le cose più assurde si è amplificata a dismisura e le persone sono sommerse da miliardi di notizie assolutamente stupide, superflue e spesso indegne per la lettura di qualsiasi essere umano.

Altro che informazione spazzatura, siamo alla cloaca.

Notizie fondamentali per la nostra esistenza come quella dell’overshoot day, che dovrebbero farci sobbalzare sulla sedia, essere riportate a titoli cubitali, sparate a tutta forza, richiedere interventi d’urgenza e della massima priorità da parte di ogni governo, vengono largamente ignorate. La sopravvivenza dell’umanità non sarà mica così importante come quale costume avrà messo oggi la soubrette del momento o se Renzi ci darà o toglierà ben 80 euro al mese!!!

E in questa follia collettiva, se non ci attiviamo da subito, ci avviamo verso tempi che saranno durissimi, in cui forse chi li vivrà rimpiangerà di essere nato e maledirà mille volte noi e la nostra scelleratezza. A ben pensarci saremo forse noi stessi o i nostri figli e nipoti a vivere la catastrofe, anche gli stessi figli e nipoti della soubrette, dei giornalisti allineati, dei direttori di giornali e televisioni prezzolati, degli sponsor, dei politici asserviti, dei banchieri e industriali senza scrupoli, di tutta quella massa di persone che lavora alacremente per la catastrofe e pensa e spera che mai si risveglierà un giorno nel bel mezzo dell’incubo che ci aspetta.

Stiamo riempiendo la terra di rifiuti di ogni tipo, sprecando energia e alimenti in tutti i modi, inventando e diffondendo materiali sempre più nocivi e pericolosi, distruggendo e cementificando ogni angolo verde, inquinando qualsiasi cosa e niente fa prevedere un cambio di rotta, anzi tutti premono sull’acceleratore non appena vedono nello specchietto retrovisore qualche concorrente che si avvicina.

Le riforme, le schermaglie diplomatiche, le conferenze internazionali sono delle tragiche barzellette che servono solo a prendere tempo su di una situazione per la quale il tempo di intervento si sta ormai esaurendo.

Servono interventi radicali e immediati ora, perché ciò che appare radicale adesso, domani sarà normale e necessario.

Se non si interverrà in questo modo, ci avvieremo verso la prossima età della pietra per la quale ringrazieremo coloro che oggi credono al “progresso” illimitato e senza ostacoli in cui il denaro è l’unico dio, la terra è una discarica e noi siamo cavie da laboratorio.

(19 agosto 2014)

Link articolo

Texas Padano? All’orizzonte ancora trivelle, senza alcuna precauzione

A Mantova e Cremona, come in buona parte della Lombardia e in generale della Pianura Padana, desta ancora preoccupazione il sempre vivo interesse per le trivellazioni alla ricerca di idrocarburi. La Regione dell’Expo non applica alcun principio di precauzione e continua a collezionare decisioni pericolose per il territorio ed i cittadini che chiedono di essere informati e consultati.

di Luca D’Achille

Arriva dagli aderenti a Salviamo il Paesaggio di Mantova l’ulteriore denuncia che per il territorio lombardo i pericoli continuano ad aumentare. Si apprende dalla stampa che il Consiglio Regionale ha bocciato ad inizio giugno una mozione presentata dal Movimento 5 Stelle e da un consigliere del Partito democratico che chiedevano una precauzionale sospensione dei tanti permessi di ricerca e coltivazione di idrocarburi e di stoccaggio di gas che fanno della regione un appetitoso boccone per gli interessi delle lobby collegate alle fonti fossili.

Questo interesse è ormai vivo da qualche anno  e non sembra attenuarsi nonostante gli inevitabili effetti negativi sul territorio nonché le ben note correlazioni tra fracking e attività sismicaEppure nel 2013 era stata deliberata la sospensione delle istruttorie per lo stoccaggio del gas naturale in sovrappressione. Oggi però le scelte vanno in tutt’altra direzione.

E’ un’ulteriore grave attività a forte rischio ambientale – denunciano dai territori coinvolti – che si aggiunge ad altre scelte irragionevoli, incapaci di valutare i limiti e la sopportabilità ambientale, sanitaria e umana con la previsione di un numero spropositato di cantieri per grandi infrastrutture inutili, l’aggressione ed erosione continua di suolo agricolo o comunque verde.

Eppure il territorio lombardo, almeno a parole, è meritevole di ben altre attenzioni: La Regione dice di promuovere l’agricoltura, le produzioni di qualità, di prepararsi ad Expo 2015, la più grande esposizione forse mai avvenuta riguardante il cibo, ma contemporaneamente autorizza attività che va contro la salvaguardia del suolo (un altro esempio è la recente e molto contestata Legge Regionale “Ammazza Foreste”), contro l’attività agricola. Una svolta inopportuna verso uno sviluppo per nulla sostenibile e con scelte ormai superate come quella di puntare sull’energia fossile.

I comitati del territorio si stanno muovendo, come in provincia di Cremona dove è stata recentemente ottenuta un’altra concessione per la ricerca tra l’Adda e l’Oglio. Qui è stato inviato dai rappresentanti locali di Salviamo Il Paesaggio un eloquente appello ai sindaci di tutta la Provincia: tanti punti interrogativi su questa scelta di puntare ancora sugli idrocarburi con tutti i pericoli collegati. L’appello si chiude con una chiara richiesta: che ogni Amministrazione Comunale interessata  si esprima sulla compatibilità ambientale ed economica dei progetti di trivellazione e che i cittadini e le loro associazioni vengano consultati.

Nel rilevare l’atteggiamento della politica regionale sul tema, che sembra essere finalizzato all’arricchimento di pochi a danno di molti, la domanda sorge spontanea:Perché gli Amministratori pubblici non rispettano il pronunciamento del Consiglio di stato circa l’importanza assoluta e primaria dell’ambiente/paesaggio su ogni altro interesse?

da salviamo il paesaggio

Oltre la festa

Giovedì 21 agosto alle ore 21.00 a Tiggiano (LE) in piazza Padula, si terrà la dodicesima edizione di “Oltre la Festa”; con conferenza sulle problematiche del lavoro, l’art . 18, e proposte di nuova occupazione lavorativa anche con la valorizzazione dell’agricoltura, dei beni storico culturale ed il recupero del territorio.  Interverrà anche una delegazione No Tav dalla Val di Susa con Tommaso Sarzotti, Guido Fissore e Mimmo.  Seguirà il concerto del gruppo romano “Il Muro del Canto, folk rock d’autore italiano.

ORDINE DAL CAOS: IL PIANO DEI GLOBALISTI PER UN’ “UNIONE MEDIORIENTALE”

Di Steven MacMillan
 
Il Medio Oriente è da decenni divorato dal caos, e la regione negli ultimi anni è diventata sempre più instabile soprattutto a causa delle guerre per procura sponsorizzate dagli occidentali. L’attuale mappa del Medio Oriente venne disegnata nel 1916 tramite il furtivo accordo Sykes-Picot, che suddivise i territori di Siria, Iraq, Libano e Palestina, governati dagli ottomani, in aree controllate dalla Gran Bretagna o dalla Francia. Il caos che oggi vediamo nel Medio Oriente è opera del potere anglo-americano-israeliano, che sta cercando di ridisegnare la mappa per adattarla ai suoi attuali obiettivi strategici e imperialistici.
 
Lo Stato Islamico: una creatura dell’intelligence USA
 
Lo Stato Islamico (IS) ha raggiunto notorietà mediatica negli ultimi mesi per la sua campagna di terrore in Iraq, che ha portato gli USA a compiere attacchi aerei nel nord del paese. Quella che i media mainstream hanno omesso però è la relazione intima tra le agenzie di intelligence statunitensi e l’IS, che esse hanno addestrato, armato e finanziato per anni. Nel 2012, World Net Daily ricevette una “soffiata” dagli ufficiali giordani, che riportavano come l’esercito USA stesse addestrando l’ISIL (com’era allora conosciuto) in Giordania, prima di schierarlo in Siria per combattere contro Bashar al-Assad. ( Vedi:  US Trained ISIL terrorist at secrete Jordan base ).
 
Francis Boyle, un professore di diritto alla University of Illinois, ha descritto l’IS come una “operazione clandestina dell’intelligence statunitense” il cui obiettivo è di “distruggere l’Iraq come stato”.
 
La strategia in Medio Oriente è la creazione di un’instabilità perpetua e una politica di “caos costruttivo”, ove gli stati nazione devono essere distrutti affinché si possa ridisegnare la mappa del Medio Oriente. IS ha fornito il pretesto per intervenire ancora una volta in Iraq, e l’intervento ha fatto sì che l’area petrolifera di Erbil restasse saldamente in mano alle compagnie multinazionali, piuttosto che a mercenari caotici e inaffidabili. (Vedi:  The real reason for New US and French military involvement   ).
 
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Così come ha fornito a Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia la giustificazione per sostenere i curdi nel nord del paese, il che rientra nel piano per distruggere “l’Iraq come stato”.
 
Così ha scritto il presidente del Council on Foreign Relations (CFR) Richard Hass, già direttore della pianificazione politica al Dipartimento di Stato, in un editoriale del mese scorso per Project Syndicate:
 
“E’ tempo di riconoscere l’inevitabilità della rottura dell’Iraq (il paese ormai è più un veicolo dell’influenza iraniana che un baluardo contro di essa) e di supportare un Kurdistan indipendente all’interno dei confini precedenti dell’Iraq.”
Come avevo riportato in giugno, il piano è di dividere l’Iraq in 3 mini-stati religiosi ed etnici separati: un Iraq sunnita ad ovest, uno stato arabo sciita ad est, e un Kurdistan libero a nord.
 
L’obiettivo di dividere l’Iraq in 3 viene discusso nei circoli politici neo-imperialisti niente meno che dal 1982, quando il giornalista israeliano Oded Yinon, in stretti rapporti con il ministero degli esteri israeliano, scrisse un articolo pubblicato su una rivista dell’Organizzazione Sionista Mondiale, intitolato: “Una strategia per Israele negli anni ’80″.
 
Yinon discute il piano per una Grande Israele e individua in particolare l’Iraq come ostacolo principale che minaccia la sua espansione:
“L’Iraq, da una parte ricco di petrolio e dall’altra internamente diviso, è un candidato certo tra i bersagli israeliani. La sua dissoluzione per noi è perfino più importante di quella della Siria. L’Iraq è più forte della Siria. Nel breve termine è il potere iracheno a costituire la più grande minaccia per Israele.” (pag. 12) … “La dissoluzione della Siria e successivamente dell’Iraq in aree ad etnia o religione unica, come in Libano, nel lungo periodo è l’obiettivo primario di Israele sul fronte orientale, mentre la dissoluzione del potere militare di questi stati è l’obiettivo primario di breve termine.” (pag. 11)
Continua Yinon:
“In Iraq è possibile una divisione in province lungo linee etniche/religiose, come in Siria durante il periodo ottomano. Perciò, ci saranno tre (o più) stati centrati sulle tre città principali: Basra, Baghdad e Mosul, e le aree sciite a sud verranno separate dai sunniti e i kurdi a nord.” (pag. 12)
Israele è una mera estensione del potere anglo-americano e lo è stata fin dalla sua creazione nel 1948, quindi ogni espansione del territorio israeliano equivale a una maggiore egemonia anglo-americana nella regione. Arthur James Balfour, ministro degli esteri britannico dal 1916 al 1919 e autore della Dichiarazione Balfour nel 1917 (che dichiarava il supporto britannico alla creazione di uno stato ebraico in Palestina), era anche un membro del Milner Group, come scritto dallo storico Carroll Quigley nel suo libro “L’establishment anglo-americano” (pag. 311). Il Milner Group era il precursore del Royal Institute of International Affairs (RIIA), detto anche Chatham House, ovvero il braccio britannico del CFR, che condivideva lo stesso obiettivo di creare un impero anglo-americano globale.
 
Il piano per un’ “Unione Mediorientale”
 
Dopo aver finanziato ed essere direttamente responsabili di gran parte del caos e dell’instabilità scatenatasi nel Medio Oriente, gli strateghi dei “pensatoi” occidentali ora propongono un’unione centralizzata che usurpi le sovranità nazionali, come soluzione al problema da loro stessi creato, secondo il classico svolgimento della dottrina di “ordine dal caos”. Come riportato dal The New American il mese scorso, Ed Husain, un membro anziano del CFR per gli studi mediorientali, ha paragonato la situazione odierna in Medio Oriente a quella dell’Europa prima che venisse creata l’UE, e ha affermato che l’unica soluzione alla violenza in corso sia la creazione di un’ “unione mediorientale”.
 
A tale posizione ha fatto eco Hass, che nel suo articolo “La nuova guerra dei 30 anni” ha paragonato il Medio Oriente di oggi all’Europa del 17° secolo. Hass proclama che il futuro probabilmente sarà altrettanto turbolento, a meno che emerga un “nuovo ordine locale”:
“Per ora e per il futuro prevedibile, a meno che emerga un nuovo ordine locale o subentri lo sfinimento, il Medio Oriente sarà più una condizione da gestire che un problema da risolvere.”
 
L’idea di una struttura governativa in stile UE non è un concetto nuovo. Nel 2008, in un discorso diretto al pensatoio statunitense “Istituto della Pace”, il governo iracheno suggerì per il Medio Oriente un blocco commerciale in stile UE, che comprendesse Arabia Saudita, Iran, Kuwait, Giordania, Siria, Iraq, Turchia e forse successivamente anche gli stati del golfo. Chatham House ha anche organizzato in Turchia un’iniziativa chiamata “Tavola Rotonda Chatham House a Istanbul”, mirata a discutere le questioni legate al ruolo della Turchia nella regione. Il presidente turco, Abdullah Gül, fu presente al secondo incontro nel 2011, insieme a Egemen Bağış, allora “ministro per gli affari dell’UE e negoziatore capo”, che pronunciò un discorso in cui descrisse l’UE come modello per il Medio Oriente:
 
“Sappiamo tutti che l’UE è emersa come il più efficace progetto di pace e sviluppo della storia, in seguito ad una guerra sanguinaria. Oggi abbiamo le medesime aspettative per il Medio Oriente” (povero Medio Oriente! -ndt)
Se una tale unione sarà o meno creata, a questo punto è
difficile da stabilire, ma non c’è dubbio che il processo per ridisegnare la mappa del Medio Oriente è in corso.
 
 
Traduzione: Anacronista
 
Nella foto in alto: un istruttore USA addestra un gruppo di militanti islamici dell’ISIL  in Giordania

GLI USA PRONTI A USARE LA SCUSA IRACHENA PER INTRODURSI IN SIRIA?

AMERICA, STAY SAFE, STAY HOME.

Il regime USA e l’amministrazione Obama, nonostante la campagna mediatica che in Italia vorrebbe farci credere che gli USA non hanno intenzione di partecipare direttamente ai combattimenti in Iraq, sta invece rendendo chiaro che raid aerei mirati contro l’ISIS (ISIL) si estenderebbero anche in Siria.

Un anno fa, l’amministrazione Obama stava facendo del suo meglio per costruire il sostegno pubblico per l’intervento militare degli Stati Uniti in Siria.
Anche se questo tentativo è fallito, nessuno di coloro che hanno seguito da vicino questa crisi ha creduto per un momento che questa sarebbe stata la fine della cospirazione USraeliana.
Sapevamo che si sarebbero solo riorganizzati e avrebbero tentato un attacco sfruttando un’altra angolazione.
L’angolo che gli USA hanno scelto è stato sorprendente. L’Iraq è stato occultato dal radar dei media per così tanto tempo che quasi nessuno l’avrebbe considerato come un.importante variabile geopolitica.

Ma i mercenari dell’ISIS (o ISIL) hanno fatto cambiare idea a molti.

La storia degli Stati Uniti nell’armeggiare in Iraq risale al 1963, continuando nel cercare di rovesciare il governo di al-Assad finanziando e armando mercenari estremisti wahhabiti e salafiti affinché potessero prendere piede nella regione. Alla fine, sfruttando l’azione coordinata dell’ISIL-ISIS, viene utilizzata questa ultima opzione in Iraq, come pretesto per attacchi statunitensi in Siria.
L’amministrazione Obama ha confermato questa opzione, quando interpellata in conferenza stampa (il 19 giugno 2014) ha dichiarato che l’intervento militare americano in Iraq sarebbe potuto essere esteso anche alla Siria.

La loro risposta testuale in conferenza stampa:
“Non possiamo limitare potenzialmente l’azione degli Stati Uniti in uno spazio geografico specifico”.
“Il presidente ha espresso chiaramente e nuovamente il fatto che noi agiremo, se necessario, per difendere gli Stati Uniti contro una minaccia imminente, senza escludere un’azione militare diretta”, ha detto il funzionario di stato.

“Chiaramente siamo concentrati sull’Iraq. É lí dove i nostri mezzi e risorse [intelligence, sorveglianza e ricognizione, ISR] hanno registrato un’impennata. É lí dove stiamo lavorando per sviluppare un’azione di intelligence supplementare”, ha aggiunto il funzionario.

“Ma questo gruppo [ISIS-ISIL], opera in senso ampio e non potremmo limitare la nostra necessaria capacità di agire se chiamati a proteggere gli Stati Uniti.”

E questa volta Obama non ha intenzione di chiedere il permesso al Congresso.
Nessuno ha parlato di come il governo siriano (e Washington ha da tempo dichiarato chiaramente l’intenzione di rovescialo) si inserisca in questo contesto, ma una volta che gli Stati Uniti saranno impegnati a condurre attacchi aerei in territorio siriano, sarebbe superficiale non pensare che non venga ampliata la portata della missione, includendo obiettivi militari siriani . In questo modo non ci sarebbe alcun bisogno di dibattito sul tema. Il pubblico scoprirebbe solo successivamente che siamo di fatto in guerra in territorio siriano, ad azioni militari avvenute (e probabilmente attraverso youtube). Sarebbe una classica invasione…attraverso una porta di servizio.

Un’altra variabile, che ha modificato gli equilibri dello scorso anno, è il coinvolgimento della Russia. A causa della crisi in Ucraina, la Russia è stata messa diplomaticamente sulla difensiva, e sembrerebbe essere ancora troppo impegnata nelle controversie con Kiev per assumere un ruolo attivo nelle decisioni operative contro l’ISIS-ISIL.
Nella prima fase della crisi siriana sia la Cina che la Russia hanno avvertito e sconsigliato diverse volte gli Stati Uniti dall’intraprendere un’intervento militare in Siria, e particolarmente la Russia aveva anche messo sull’avviso, avvertendo che se mal gestita la cosa avrebbe potuto condurre ad un confronto nucleare.
A questo punto a molti non è chiaro se la Russia e la Cina siano pienamente consapevoli delle intenzioni di Washington e dove esse possano condurre, o se invece stanno solo attendendo il momento opportuno per rinnovare le loro precedenti minacce.
Secondo noi (SyrianFreePress.net-TG24Siria) Russia e Cina sono invece perfettamente consapevoli, ma hanno a loro volta le loro adeguate mosse giá pronte.

Quando in USA e UK si gioca a Bingo e Lotto, in Russia e Cina giocano a Scacchi e Backgamon.

Inoltre è ancora da vedere se l’implacabile campagna di propaganda anti-Russia, che i media occidentali stanno spingendo ossessivamente sin dall’inizio della crisi Ucraina, possa incidere sulla capacità di Putin di influenzare il risultato diplomaticamente. L’annessione della Crimea sarà sicuramente utilizzata per screditare Putin se tenta di bloccare gli attacchi aerei in Siria.
Tuttavia, ad azione diretta seguirá azione diretta, e Putin non stará a guardare, dopo oltre 3 anni di guerra di trincea, che l’alleato siriano venga impunemente aggredito con una scusa cosí perfida e volgare, e certamente, da buon stratega quale egli é, ha giá approntato le necessarie contromisure.
In ultima analisi, non dimentichiamoci mai che le forze armate siriane sono comunque giá state dotate dalla Russia di sistemi missilistici antiaerei di ultima generazione, che verranno attivati solo quando assolutamente necessario e al momento giusto, che sono determinate a combattere, come un sol’uomo, per difendere la madrepatria Siria-popolo-presidente-tradizioni, e soprattutto teniamo a mente che in questi anni tutti i corpi delle forze armate siriane si sono maggiormente forgiati e rafforzati, nel sangue, nelle sofferenze e nelle vittorie, combattendo contro migliaia e migliaia di mercenari tagliagole della peggior specie provenienti da mezzo mondo, e contro i loro comandanti occidentali, americani, francesi, inglesi, turchi e del Golfo.

Non saranno i giocatori di Bingo d’oltre oceano a piegare la volontá del popolo siriano, il quale ha recentemente confermato, plebiscitariamente, la propria adesione al suo presidente ed esercito. E l’Esercito Arabo Siriano é un esercito di popolo.
America, pensa ai tuoi problemi, pensa ai tuoi figli, pensa ai tuoi guai, compreso il ritorno di fiamma rappresentato dalle bande di squilibrati terroristi che hai finanziato e armato, e che presto ti incalzeranno nelle tue strade, insieme ai patrioti americani incazzati, che non ne possono piú di morire per un pugno di psicopatici miliardari, né per i folli progetti kosher di qualcuno che americano proprio non é.

America, stay safe, stay home.

Fonte: Syrianfreepress

http://www.controinformazione.info/gli-usa-pronti-a-usare-la-scusa-irachena-per-introdursi-in-siria/