PIEMONTE: TANTISSIME CAVE, ALTO IMPATTO AMBIENTALE, CANONI REGALATI

In Italia ci sono ben 5.592 cave, 16.045 se teniamo conto di quelle dismesse. Numeri importanti. E ne bastano pochi altri, dal Rapporto cave di Legambiente, recentemente presentato a Novara, per tracciare il quadro: un miliardo di euro di ricavi, 80 milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia estratti, 31,6 milioni di metri cubi di calcare, oltre 8,6 milioni di metri cubi di pietre ornamentali ricavati all’anno
Una cava di pietra a Bagnolo Piemonte, in provincia di Cuneo

14/08/2014
CHIARA PRIANTE
 
 

Viste dall’alto paiono ferite mai rimarginate. Dei graffi sferrati da una zampata di dinosauro. Se si guarda lo Stivale, le cave sono un tratto ricorrente del paesaggio: se ne contano 5.592, cifra che sale a 16.045 se teniamo conto di quelle dismesse. Numeri importanti. E ne bastano pochi altri, dal Rapporto cave di Legambiente, recentemente presentato a Novara, per tracciare il quadro: un miliardo di euro di ricavi, 80 milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia estratti, 31,6 milioni di metri cubi di calcare, oltre 8,6 milioni di metri cubi di pietre ornamentali ricavati all’anno.  

 L’impatto, ambientale e non solo, è notevole.  

 In Italia, però, si parla poco o niente di cave. E il quadro normativo è fermo al Regio Decreto, targato 1927.  

 Prelevare e vendere materie prime è, oggi, un’attività altamente redditizia nel Paese. I canoni di concessione pagati sono bassissimi: in media appena il 3,5 per cento del prezzo di vendita degli inerti. Prendiamo sabbia e ghiaia: il ricavato delle concessioni è di 34,5 milioni di euro, mentre l’incasso annuo dei cavatori risulta pari a un miliardo di euro. «La normativa è stata formulata in una prospettiva sviluppista che immaginava la domanda d’inerti in crescita costante, le risorse abbondanti e le criticità ambientali scarse» afferma Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta.  

 Il Piemonte, dove il canone richiesto è inferiore a un decimo del prezzo di vendita finale, le cave attive sono 473 (record a Bagnolo Piemonte, in provincia di Cuneo, dove sono ben 70). Quelle dismesse 224. La regione è ai primi posti, insieme a Lazio, Lombardia e Puglia, per l’estrazione di sabbia e ghiaia. A fronte di questi prelievi, le entrate per il canone (il Piemonte chiede 0,49 euro al metro cubo per sabbia, 0,81 euro per le pietre ornamentali) non toccano un decimo del prezzo di vendita dei materiali. Restano, però, molto rilevanti gli impatti sul territorio.  

 Un piccolo paragone che rende l’idea. Se il Piemonte applicasse i canoni della Gran Bretagna le entrate per la sola estrazione di sabbia e ghiaia sfiorerebbero i 33,5 milioni di euro (oggi ne entrano 5). “In un periodo di tagli alla spesa pubblica – dice Mattia Anzaldi, referente di Libera – è inaccettabile che un settore rilevante da un punto di vista economico e ambientale venga completamente trascurato dalla politica».  

 Associazioni come Legambiente e Libera chiedono così che le normative in vigore vengano riformate tenendo conto dell’innovazione tecnologica che, anche nel settore dell’edilizia, permette di porre un freno alle nuove escavazioni, favorendo il riutilizzo dei materiali e creando nuove imprese e lavoro nell’ambito della green economy. La lista delle cose da fare prevede più controlli, l’individuazione delle aree da escludere e delle modalità di escavazione, l’obbligo di valutazione di impatto ambientale. Una delle proposte è quella di prevedere canoni di concessione maggiori per il ricorso a materiali inerti e minori per chi usa invece materiali di recupero. E, dicono gli ambientalisti, se si scava in aree protette, i canoni devono essere almeno il 30 per cento maggiori rispetto alle restanti aree.  

 Così si andrebbe nella direzione prevista dalle direttive europee e non si stravolgerebbero troppo nuovi paesaggi. Cavazione, discariche e cemento sono oltretutto settori molto infiltrati dalle ecomafie. Per questo c’è chi chiede, soprattutto a partire dal territorio dell’Ovest Ticino in vario modo coinvolto nell’attività di Expo 2015, una moratoria su scavi, movimenti di terra e riempimenti vari. 

GUERRA: DISTRUTTO CONVOGLIO UMANITARIO RUSSO DA TRUPPE UCRAINE

http://voxnews.info/2014/08/15/guerra-distrutto-convoglio-umanitario-russo-da-truppe-ucraine/

Poco fa, l’agenzia Bloomberg ha battuto la notizia che potrebbe cambiare la storia dell’Europa:  truppe ucraine avrebbero attaccato e parzialmente distrutto una colonna di veicoli armati che  stavano scortando un convoglio umanitario e avevano attraversato il confine dal territorio russo.

Lyon-Turin. Trop de camions dans les Alpes: aussi grave que l’amiante et le sang contaminé?

 http://france3-regions.francetvinfo.fr/alpes/2014/08/08/lyon-turin-trop-de-camions-dans-les-alpes-aussi-grave-que-l-amiante-et-le-sang-contamine-529416.html

L’Association Lyon-Turin, qui milite contre la ligne ferroviaire transalpine (mais pour la modernisation des voies existantes), a déposé de nouvelles plaintes au Tribunal. Elle estime que les pouvoirs publics favorisent le trafic routier. Un scandale “comparable à l’amiante et le sang contaminé”.

  • Par Mickael Guiho
  • Publié le 08/08/2014 | 12:16, mis à jour le 08/08/2014 | 16:31
Le Fret ferroviaire ne se développe pas autant qu'il le pourrait. La faute aux ANTI-Lyon-Turin... ou aux PRO-Lyon-Turin ? © AFP
© AFP Le Fret ferroviaire ne se développe pas autant qu’il le pourrait. La faute aux ANTI-Lyon-Turin… ou aux PRO-Lyon-Turin ?

La bataille des anti-Lyon-Turin se poursuit. Son fer de lance, Daniel Hibanez, était au palais de justice de Chambéry mardi 5 août, pour compléter un dossier déjà bien fourni. 150 plaintes similaires ont été déposées en deux ans, dont certaines par des députés EELV aux parlements français (écoutez Noël Mamère) et européen (lisez les explications de Michèle Rivasi).

“On a déposé des compléments de plaintes, puisque toutes les personnes qui se trouvent sur le tracé des autoroutes voient que des camions pourraient rouler sur les rails…”, explique le militant Daniel Hibanez. Le mécontentement irait jusque dans l’Ain et à Ambérieu, où “la gare de chargement n’est toujours pas réalisée”.L’association a également joint des documents sensés prouver que certains acteurs veulent favoriser le trafic routier, alors que l’impact des émissions de diesel sur le développement de cancers est confirmé par l’Organisation mondiale de la santé.

Des “faveurs” pour les camions ?

Les plaintes sont déposées contre X. Mais sont tout de même visés : les promoteurs d’un doublement du noeud autoroutier de Chambéry, ou encore les patrons des tunnels transfrontaliers de Fréjus et du Mont-Blanc qui se réjouissent d’une croissance du trafic routier, bref le lobby du transport et avec eux les pouvoirs publics qui ne s’y opposeraient pas.

“Il y a des éléments probants qui confirment que rien n’est fait pour diminuer les trafics routiers”, insiste Daniel Hibanez, qui va jusqu’à parler de “faveurs” faites au lobby routier, “sous prétexte économique”.

Mise en danger de la vie d’autrui ?

Pour l’association, ces positions constituent une “mise en danger de la vie d’autrui”, qui a donc été choisi comme motif pour les plaintes.

C’est comparable au sang contaminé et à l’amiante.

Daniel Hibanez n’hésite pas à comparer la situation aux plus importants scandales sanitaires français. Il pointe une différence : “Nous, on ne va pas attendre des années qu’on constate qu’il y a des cancers et autes, pour faire quelque chose !”

Des individus auditionnés

Voilà pourquoi le militant s’est engagé si pleinement dans la bataille judiciaire. Et il n’entend pas s’arrêter. “On sait que la brigade de recherches a été saisie au mois de juin et a auditionné plusieurs personnes”, révèle Daniel Hibanez. Il prévient : “Si le préfet ne fait

rien, nous nous constituerons partie civile.”Pour aller plus loin, voici le texte de la plainte relayée par l’association, avec arguments, pièces et citations diverses :

plainte-pour-mise-en-danger-de-la-vie-dautrui-1-638
plainte-pour-mise-en-danger-de-la-vie-dautrui-2-638 plainte-pour-mise-en-danger-de-la-vie-dautrui-3-638 plainte-pour-mise-en-danger-de-la-vie-dautrui-4-638 plainte-pour-mise-en-danger-de-la-vie-dautrui-5-638 plainte-pour-mise-en-danger-de-la-vie-dautrui-6-638 plainte-pour-mise-en-danger-de-la-vie-dautrui-7-638
plainte-pour-mise-en-danger-de-la-vie-dautrui-8-638 plainte-pour-mise-en-danger-de-la-vie-dautrui-9-638 plainte-pour-mise-en-danger-de-la-vie-dautrui-10-638 plainte-pour-mise-en-danger-de-la-vie-dautrui-11-638

Fréjus e il laboratorio sotterraneo per la ricerca nucleare di Modane

di Leonardo Capella

Molti di noi conoscono il traforo del Fréjus lungo l’autostrada A32 ma percorrendolo molti non si sono mai accorti dell’accesso al laboratorio di fisica nucleare UMR 6417. Si tratta del LSM (Laboratorio Sotterraneo di Modane) un laboratorio misto composto dall’IN2P3 (Istituto di Fisica Nucleare e delle Particella, membro del Centro Nazionale della Ricerca Scientifica), dall’IRFU (Istituto di Ricerca delle leggi Fondamentali dell’Universo) e dal CEA (Commissariato per l’Energia Atomica). Il laboratorio fu creato nei primi ’80 (a luglio del 1980 fu aperto al traffico il traforo stradale del Fréjus) per la ricerca sulle particelle (protoni e neutrini). Queste analisi hanno necessità di non subire interferenze cosmiche pertanto il laboratorio è situato alla profondità di 1700 metri dalla cima della  montagna.

insieme

Fra le molte attività svolte dal laboratorio, due progetti in particolare suscitano interesse:Memphys e Domus.

 memphys

Progetto Menphys – Rilevatore Cerenkov

Memphys fa parte del progetto europeo Laguna per la ricerca sui Neutrini. Questo progetto prevede il collocamento di tre rilevatori  Cerenkov delle dimensioni di 65 m e 80 m di altezza. Questi rilevatori utilizzano normalmente l’ossido di deuterio (un isotopo dell’idrogeno). Un aspetto importante del progetto è la possibilità di accoppiamento del sensore con il fascio di neutrini prodotti al CERN. Il progetto pare sia ancora in fase di discussione  per il definitivo inserimento nel laboratorio del Fréjus.

Il progetto Domus è di natura completamente diversa. Il progetto si prefigge di sfruttare i lavori intrapresi per il raddoppio del tunnel del Fréjus per creare un nuovo laboratorio sotterraneo in previsione di nuove espansioni, magari proprio per Memphys. Progetto incluso dal Ministero della Ricerca francese nel dicembre 2008 in veste prioritaria. Domus prevede l’estensione dei laboratori LSM, che oggi sono di circa 3500 mc, di ulteriori 17.000 mc. La caverna risultante è veramente enorme e nello scavo genererebbe un’altrettanta enorme quantità di smarino. Che sia questo il reale motivo per cui SITAF ha deciso di iniziare lo scavo del raddoppio del Fréjus dal versante francese? Del resto non sarebbe stato semplice trasportare oltralpe quest’immensa mole di detriti. Ma non possiamo nemmeno escludere che i due progetti si sommino creando due nuove enormi cavità all’interno della montagna.

L.C. 15.08.14

Di Stefano (M5S): No intervento contro jihadisti. Per capire Isis serve rispetto

http://www.imolaoggi.it/2014/08/13/di-stefano-m5s-no-intervento-contro-jihadisti-per-capire-isis-serve-rispetto/

Imola Oggi

mercoledì, 13, agosto, 2014

di-stefano-e-grillo

francesco grignetti per la stampa
roma

«Noi siamo contro ogni intervento armato in Iraq. Anche indiretto. Noi restiamo pacifisti senza se e senza ma». Le foto drammatiche che giungono dall’Iraq non scalfiscono le granitiche convinzioni dei grillini. Mai interventi armati, né intromissione negli affari altrui. Vale anche per i sanguinari islamisti del Califfato. Anzi, «fenomeni radicali come l’Isis – scrivono – sarebbero da approfondire con calma e rispetto».

jihadista Isis che merita rispetto sgozza un nemico

jihadista Isis che merita rispetto sgozza un nemico

Quale rispetto, scusi?

«Rispetto delle cause che sono dietro la situazione attuale», risponde il capogruppo M5S alla commissione Esteri alla Camera, Manlio Di Stefano. «Noi occidentali abbiamo dato per scontato che la nostra fosse l’unica democrazia possibile. Affrontare le cause con rispetto significa interrogarsi se non ci siano altre forme di governo e di democrazia che vanno bene per i posti dove sono».

In Iraq intanto si muore, però. C’è il pericolo di un genocidio. Avete visto i bambini morti, e donne stuprate, le fosse comuni… Non è un caso classico di interventismo umanitario?

«Intanto è evidente a tutti che gli Stati Uniti sono intervenuti di testa loro senza coinvolgere le realtà internazionali».

Questo è un dato di fatto. Ma senza intervento lì muoiono tutti, sa?

«L’ho capito… ma anche in Palestina muoiono in questo momento. Hanno fatto qualcosa gli Stati Uniti? Ci mancherebbe altro che non avessimo a cuore i morti, che siano da una parte o dall’altra, però vedo sempre un interventismo accanito quando si parla di alcuni territori e il totale oblio di altri territori, se non addirittura l’appoggio ad alcune realtà nemiche. È una situazione incredibile».

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Posizione chiarissima, non c’è che dire. Quindi in Iraq dobbiamo restare alla finestra?

«Oggi è facile parlare di intervenire. Ma guai a dimenticare che lì abbiamo portato noi l’instabilità politica. Tra l’altro l’Italia fu complice di quella guerra».

E accusate le ministre Federica Mogherini e Roberta Pinotti di giocare «a fare la guerra senza avere consultato preventivamente il Parlamento». Questo altolà vale anche per l’ipotesi allo studio nelle cancellerie europee di inviare armi ai curdi?

«Sicuramente. Oggi dai le armi ai curdi, domani agli sciiti, dopodomani hai la reazione dei sunniti. Bombardamenti e forniture di armi non fanno altro che alimentare gli stessi fenomeni che si vogliono contrastare. È come curare un diabetico con iniezioni di glucosio».

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Senta Di Stefano, si può e si deve discutere su come è andata con Saddam Hussein. Ma il problema ora è l’oggi. Se non con le armi, secondo lei come si può intervenire?

«Ci vorrebbe un intervento diplomatico forte. O anche intervenire con corpi non armati. Interventi umanitari. Invece abbiamo bombardamenti veri e propri: ma così si polarizzano ulteriormente le divisioni. Noi andiamo a gettare bombe contro i terroristi. È vero, sono terroristi. Ma siamo sicuri che per ogni terrorista morto non ne nascono altri cento? Quella provocazione del Califfato di arrivare fino a Roma significa questo: più voi intervenite, più noi reagiremo».


QUESTO IL COMUNICATO DEL M5S
I ministri Mogherini e Pinotti giocano a fare la guerra in Iraq senza aver consultato il Parlamento preventivamente. Si fermino e vengano a riferire in Aula prendendosi le loro responsabilità di fronte al Paese. Bombardamenti e forniture di armi non fanno altro che alimentare gli stessi fenomeni che si vogliono contrastare. Praticamente è come curare un diabetico con iniezioni di glucosio. Quindi il duo UE-USA decide di bombardare per mettere pace, con la giustificazione che tutto ciò serva a prevenire il genocidio, mentre per uguali situazioni nel vicinissimo Medio oriente non si procede certo con misure analoghe. Questo atteggiamento non può fare altro che polarizzare ulteriormente le divisioni e far proliferare fenomeni radicali come l’ISIS che sarebbero da approfondire con calma e rispetto, valori di cui s’è persa traccia in questi giorni di urgenza e aggressività. Ci chiediamo se possono due ministri decidere per un intero paese senza consultare il parlamento preventivamente. Violenza genera violenza e l’articolo 11 della costituzione non è un optional.