La Russia diffonde immagini dei satelliti

La Russia ha presentato le immagini dei satelliti aerospaziali sul:
– trasporto dei BUK degli ucraini nei giorni 16, 17, 18 nella zona dove era abbattuto l’aereo
– del caccia ucraino (!) a poca distanza apparso vicino al boeing (apparso perché i sistemi di sorveglianza a quella distanza rilevano i velivoli solo sopra 5.000 metri)
– smontato il video degli ucraini riguarda il trasporto del buk “dai resistenti”

Video in russo e inglese per ora https://www.youtube.com/watch?v=BrhEzecCdTI

Elena Taverna
Fonte: www.facebook.com
21.07.2014

Coldiretti: Carne annacquata e vino zuccherato

Si parla di formaggio senza latte, vino senza uva, cioccolato senza cacao, carne annacquata, ma anche vino zuccherato e miele contaminato dal polline biotech senza indicazione in etichetta. Un elenco ancora lungo che secondo l’associazione degli agricoltori sarebbe “concessa”
dall’Unione europea.

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Vino-senza-uva-cioccolato-senza-cacao-e-formaggi-senza-latte-La-denuncia-Coldiretti-b303a602-548d-4302-a488-c8d7215cb151.html

Monsanto fa eliminare le api che resistono al diserbante Roundup.

Lo Stato americano dell’Illinois requisisce illegalmente le api resistenti al diserbante chimico Roundup di Monsanto e uccide le api regine superstiti. La recente legge passata al Senato ha dato diritti illimitati alla multinazionale di biotecnoloigie agrarie e in poco tempo si sono constatati i primi effetti.

http://www.ticinolive.ch/2014/07/17/monsanto-fa-eliminare-le-api-che-resistono-al-diserbante-roundup/

TREVISO: 46 ENNE EX LAVORATORE A CONTRATTO, DA OPERAIO A SENZATETTO AL BINARIO 1

UNO SCANSAFATICHE

20 luglio 2014

La sua residenza di fortuna di notte ha un numero e un posto fisso. Sta al primo binario della stazione ferroviaria, sulla prima panchina. In questo metro quadrato di ferrovia la sera rincasa da due anni Adriano Montellato, trevigiano di 46 anni, ex lavoratore a contratto di Permasteelisa. E in stazione trovano rifugio anche altri 11 trevigiani senzatetto come lui, che come lui hanno perso il lavoro: ex autisti, ex operai e piccoli artigiani falliti. «La mia casa è il mio zaino», dice Adriano indicando una manciata di cose: la biancheria di ricambio, qualcosa da mettere sotto i denti e i documenti. Lo spartiacque tra il lavoro e la vita da senza fissa dimora è segnato da una data: 30 settembre 2012. Fino a quel giorno, per vent’anni, Adriano ha sempre lavorato come operaio, collaboratore nei cantieri della Permasteelisa, ai quattro angoli del mondo: dall’Europa all’Asia, dall’America all’Australia. Dal 1992 il suo pane quotidiano, nel contratto con l’azienda tra i principali operatori mondiali della progettazione, era l’incarico di fissare negli edifici le grandi lastre di vetro, le “cellule” di copertura esterna. «Mi trovavo per lavoro a Pattaya in Thailandia quando è cominciato tutto il calvario», confida. Apre una finestra sul prima: un lavoro sicuro, l’arrivo poi di una malattia, il ritorno in Italia imbottito di antidolorifici, un intervento delicato al pancreas. E sul dopo: la perdita del lavoro. «Da quel momento mi son ritrovato di colpo senza impiego e senza casa». Il passaporto, rigonfio di pagine e timbri, gli fa da curriculum. Ogni timbro segnato è stato un cantiere. Un bendiddio di commissioni messe in mano, da prendere o lasciare, per andare laddove c’era da rimboccarsi le maniche. «In quei vent’anni ho lavorato dappertutto: in Spagna a Barcellona in alcuni edifici della Rambla e del porto. A Bilbao alla copertura in titanio di uno dei principali musei. In Germania, a Norimberga per dei centri commerciali. A Hong Kong all’aeroporto. Negli Stati Uniti, a New Haven per la facciata di alcuni edifici dell’università di Yale. A Sidney alle nuove vetrate del teatro dell’Opera. Un anno per la manutenzione della Bank of America nel cuore di New York». Con l’ultimo timbro fatto in Thailandia, Adriano ha riposto per sempre il passaporto. Eppure, prima di cominciare a camminare in giro per il mondo con le proprie gambe, si era fatto le ossa a casa. Il padre, Luigi Montellato, era artigiano tappezziere: «Avevamo un negozio in via Cornarotta, un altro in via Benzi e il magazzino in via Capodistria», racconta il quarantenne senza dimora. Nella piccola impresa artigiana di famiglia ha cominciato a imparare un mestiere: «Di quegli anni ho un ricordo bellissimo. Costruivo poltrone e divani e mi occupavo delle consegne. Al lavoro c’erano nove dipendenti. Durante le ore in bottega papà mi trattava sempre come uno di loro. Finito il lavoro tornavamo ad essere di nuovo padre e figlio». Dai giorni del lavoro “made in Treviso” agli anni dei cantieri d’Oltreoceano le giornate, giunte ai tempi della crisi che morde, da due anni per lui cominciano dal primo binario della stazione. A periodi alterni – com’è la regola – ha trovato posto nei tre dormitori in città: quello della Caritas all’ex complesso degli Emiliani, un altro in centro all’ex palazzo Moretti e l’ultimo allestito all’ex scuola Marconi a Santa Maria del Sile. Con lui ogni venerdì sera, seduti sulla panchina del primo binario come fosse intorno a un tavolo, ci sono gli altri senza tetto ma anche i volontari del gruppo della Comunità di Sant’Egidio. Arrivano puntuali, una decina. Portano una buona parola e un sacchetto con un panino, un succo, un frutto. Tra i fischi dei treni e lo stridere dei freni si parla di tutto e nemmeno le risate sono bandite. Se serve portano pure biancheria. Dalla Caritas invece è arrivato un sacco a pelo. Domenica sera la cena è puntuale sotto la chiesa di San Martino. Nel salone dell’oratorio gruppi di volontari cucinano e fanno prender posto a tavola a una trentina di senza dimora. Qualcuno di loro ha già bussato alla porta dei servizi sociali del Comune per provare a chiedere per Adriano una sistemazione. «Intanto ogni sera, prima di andare a dormire, nei bagni della stazione mi tolgo i vestiti e mi metto il pigiama», confida stringendo lo zaino. La dignità, al primo binario, è ancora di casa.

fonte tribunatreviso

TORRE D’ISOLA: GUALA GROUP VUOLE DELOCALIZZARE IN POLONIA, 135 LAVORATORI RISCHIANO IL LCENZIAMENTO

21 luglio 2014

Sono 135 i lavoratori che la Guala Closures Group vuole mettere in mobilità trasferendo in Polonia le linee produttive dell’azienda che realizza tappi. 135 lavoratori; un numero dietro al quale ci sono persone, volti, storie. Vicende personali con cui la logica del profitto non vuole fare i conti. I loro racconti si intrecciano, a tratti si fanno paralleli e sempre hanno un unico comun denominatore: la paura del futuro. La storia di Filippo. È preoccupato Filippo Negri che ha 37 anni e da 17 lavora alla Guala.Quarto livello coordinatore area forni, stipendio di circa 1500 euro. Un mutuo di 900 euro per i prossimi 30 anni, a tasso fisso. E’ sposato, «per fortuna mia moglie ha un posto sicuro», si lascia sfuggire, ma il sorriso si spegne subito quando il pensiero va al suo, di lavoro che sembrava certo fino a pochi giorni fa. Ha una bimba di 5 anni che se non sa nulla di delocalizzazione, ne subirà le conseguenze. «Abbiamo già iniziato a tagliare le spese superflue e stiamo più attenti a quello che concediamo alla bambina», ammette Negri, . «La speranza – dice – è di ottenere qualcosa, ci crediamo, anche se ci rendiamo conto che il nostro interlocutore è una multinazionale».
La storia di Anna. Spera anche Anna Soffiantini, 62 anni, dipendente della Guala da 14, la pensione prevista per il 2017. Potrà fare affidamento sui 1400 euro di pensione del marito che aveva vissuto lo stesso dramma un paio di anni fa. «Ma ho un figlio di 38 anni disoccupato da cinque», annota Anna operaia di fine linea, stipendio di circa 1200 euro. «Per fortuna non abbiamo più il mutuo sulle spalle – dice – ma il problema è come riusciremo a resistere, dopo vent’anni di lavoro avrei dovuto prendere il minimo, circa 600 euro, ma non so se quei soldi mi verranno garantiti».
La storia di un’altra Anna. Anche Anna Tornielli di Cava Manara, 45 anni, è un’operaia di fine linea in un’azienda in cui lavora da quasi 20. Sarà dura per lei non poter più contare su quei 1200 euro al mese.Una figlia da mantenere all’università, un affitto di 400 euro e un compagno senza lavoro fisso.
«Cerco di non pensarci, altrimenti è un delirio e continuo a sperare. Ancora non mi sembra vero perché qui alla Guala ho sempre dat l’anima». Se sa che sarà dura trovare un altro lavoro, si rende anche conto che sarà difficile poter percepire lo stipendio di circa 1900 euro che gli assicurava il suo ruolo di responsabile reparto. La storia di Giorgio. La storia di Giorgio Levorato, 41 anni, 17 in questa multinazionale che produce tappi, è quella di un giovane padre di due bimbi, di 3 anni e di 11 mesi. I circa mille euro al mese della moglie finiscono tutti per pagare alcune spese e i finanziamenti contratti per le rate dell’auto e la ristrutturazione della casa.(…)

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http://www.crisitaly.org/notizie/torre-disola-guala-group-vuole-delocalizzare-in-polonia-135-lavoratori-rischiano-il-lcenziamento/

MILANO: CRISI, NEL MANTOVANO OLTRE 8MLN ORE CIG IN 6 MESI, PERSI OLTRE 900 POSTI DI LAVORO

c’è lavoro, importare risorse, italiani choosy. Nel nord crisi?? Macché evasori

21 luglio 2014

In sei mesi le ore di cassa integrazione nel mantovano hanno superato gli 8 milioni di ore, mentre sono stati persi oltre 900 posti di lavoro nei primi 5 mesi dell’anno. Lo denuncia la Cgil. «Siamo di fronte – dice il segretario del sindacato di Mantova Massimo Marchini – ad una situazione disastrosa che nel settimo anno di crisi non avremmo mai immaginato di commentare». Il tasso di disoccupazione, aggiunge, è «in continuo aumento al 9,1%, con il triste primato di essere la provincia con il tasso più alto in Regione Lombardia, e lo conferma lo spaventoso aumento del 181% rispetto allo stesso periodo del 2013 nel numero di ore autorizzate di cassa integrazione, che sfondano il muro degli 8 milioni, e che in sei mesi hanno già superato complessivamente le ore autorizzate in tutto il 2013 (7.749.576 ore). Un dato che risulta corrispondente anche alle ore complessive erogate nel 2010, uno dei peggiori in assoluto». L’esplosione della cassa integrazione straordinaria, sottolinea il sindacato, «conferma la crisi strutturale che sta attraversando il nostro apparato produttivo, mentre il dato del calo dell’ordinaria mostra che una buona fetta di aziende ha già concluso le fasi di riorganizzazione e/o ristrutturazione. Per quanto riguarda la cassa in deroga, il dato si mostra inferiore a quanto realmente utilizzato perchè dal primo gennaio 2014 sono state autorizzate pochissime domande. E se in Italia le ore di cassa integrazione vedono una flessione, Mantova registra una totale controtendenza».

Fonte Adnkronos 

la dirittoumanista Boldrini

COLPITE TUTTO MA NON LE SCUOLE….

GAZA: BOLDRINI, LE SCUOLE DOVREBBERO ESSERE RISPARMIATE

(vedi «Gaza: raso al suolo asilo finanziato…» delle 18.04) (ANSA) – ROMA, 20 LUG –

«Oggi arriva la notizia che la scuola di Um Al Nasser, nella Striscia di Gaza – dove ero stata a gennaio, durante la visita ufficiale in Israele e nei Territori Palestinesi – non c’è più, distrutta dai bombardamenti israeliani». Lo scrive la presidente della Camera, Laura Boldrini, su facebook. «Era una bella struttura per 100-130 bambini della comunità beduina, realizzata dalla Ong Vento di Terra e da altre sigle della cooperazione italiana. In quelle aule avevo incontrato le insegnanti, che mi avevano parlato dell’importanza del loro lavoro per dare una prospettiva di sviluppo all’infanzia, in una situazione in cui erano precarie persino le forniture di acqua potabile, gas, energia elettrica. E giovani imprenditrici palestinesi mi avevano raccontato della difficoltà di realizzare i loro progetti, soffocate come erano nell’assedio dell’embargo. È doloroso pensare – aggiunge la Boldrini – che tutto sia andato in fumo. E mi viene da chiedermi se, nell’elenco sempre più lungo delle vittime civili, sia entrato anche qualcuno di quei bambini, o di quelle donne con il velo in testa che lavoravano per dare istruzione e speranza. Persino nei momenti in cui solo le armi parlano, le scuole dovrebbero essere lasciate in pace».

(ANSA). FN 20-LUG-14