Da San Didero a Chiomonte una decina le cave a rischio

http://torino.repubblica.it/cronaca/2014/07/07/news/da_san_didero_a_chiomonte_una_decina_le_cave_a_rischio-90966395/La ‘ndrangheta trasforma il materiale delle discariche abusive in ponti e autostrade, viadotti e scheletri di cemento. E c’è anche il lago “tombato”

di OTTAVIA GIUSTETTI

Da San Didero a Chiomonte una decina le cave a rischio

Non sono i roghi di spazzatura a cielo aperto che accendono la Val di Susa, una terra dei fuochi al Nord. Sono i ponti e le autostrade, i viadotti e gli scheletri di cemento, costruiti con il materiale delle discariche abusive della ‘ndrangheta che carica di giorno e scarica di notte, riempie i buchi intorno alle fondamenta, e quando non sa cosa farne di quel che avanza non si spaventa di riversare i suoi veleni nei laghi. Croste, fusti, fresato, riciclato, tondini d’acciaio, idrocarburi, macerie, asfalto, blocchi di calcestruzzo: tutto viene frantumato e fuso per diventare nuovo materiale di costruzione inquinato.

“Un scarica di porcheria”, “merda”, “roba che se facciamo gli esami non passerà mai”. Così la chiamano nelle telefonate, se la scambiano da un sito all’altro e sono sempre voraci di nuovi appalti per la “cricca”, per guadagnare sì, ma anche per accedere a luoghi dove far sparire i rifiuti tossici.

La Tav è il “bottino” più atteso, ma nel frattempo tutta la bassa valle è già disseminata di opere contaminate. L’attività è frenetica. I camion entrano uno dopo l’altro nella cava di Sant’Ambrogio, scaricano nuovi detriti e caricano quel che è già passato nel “frantoio”. I rifiuti sminuzzati non sono più visibili a occhio nudo e così la terra è di nuovo pronta per diventare bitume. Dal cantiere Smat a San Didero, ai cavalcavia della rete ferroviaria di Chiusa San Michele, a Vaie, Sant’Antonino di Susa. Dallo svincolo dell’autostrada A32 di Bruere al ponte di Albiano d’Ivrea, fino al piazzale del cantiere Tav alla Maddalena di Chiomonte. Ma se non c’è posto, se l’appalto non arriva, il camion si dirige altrove. Nemmeno in una cava senza autorizzazione, scarica direttamente nel lago dietro il campo sportivo di Sant’Antonino. “Ma attenzione, se qualcuno vede lo scarico abusivo sono problemi. Vedi che non c’è qualcuno sennò li andiamo nelle grane, posto c’è n’è assai da scaricare”. Questo laghetto, che era gestito dall’associazione della pesca sportiva locale oggi è stato “tombato” con tutti i suoi rifiuti. Insomma ci hanno messo un tappo sopra.

Sono i traffici emersi nell’inchiesta sulla ‘ndrangheta, quelli citati nelle telefonate dell’operazione San Michele della procura di Torino tra il 2011 e il 2013. Ma la disinvoltura degli interlocutori, l’organizzazione già fitta di collaborazioni, fanno intendere che il malaffare non è di nascita recente. Intorno a Giovanni Toro e alla sua cava di Sant’Ambrogio ruota una consolidata cerchia di sodali, denti di un ingranaggio ben oliato che agisce e guadagna sotto gli occhi della collettività.

Dove sorge la necessità di disfarsi di questi rifiuti? E chi è che ci lucra? Il bisogno lo creano le nuove opere. E la Val di Susa, tra autostrada, ferrovia, e in prospettiva la Tav è un territorio molto appetibile. Chi possiede qui una cava possiede un vero tesoro. Perché prima di costruire c’è sempre bisogno di demolire. Le demolizioni costano carissime e chi demolisce deve anche smaltire. Certi materiali possono essere riutilizzati, altri lavorati e poi riutilizzati, altri ancora devono finire nelle discariche autorizzate, costruite in modo che i rifiuti non inquinino terreno e falda. Ma i costi della discarica fanno lievitare a dismisura il costo dell’opera. Così si muove la malavita: ritira camion e camion di detriti e li porta dove nessuno li può più trovare. Li cementa nelle opere.

Toro è il padrone del “tesoro” in Valle: la cava Cst sotto la Sacra di San Michele. “Minchia, ma vi rendete conto? – dice a Filippo Pugnani, il geometra che coordina un cantiere sulla tangenziale per Sicogen Ativa – le demolizioni costano l’ira di Dio”. Toro è infastidito perché ha trovato nella cava camion di cui non conosce neppure la provenienza. Pugnani li ha portati nottetempo. Ma il cantiere è di quelli buoni, che pagano bene. Toro non ha i permessi per le opere di smaltimento. È in attesa di una autorizzazione dalla Provincia prima che parta la Tav, ma già il suo piazzale si riempie e svuota alla velocità della luce. Quel che arriva viene triturato, mischiato e rivenduto a nuove ditte. Perché c’è sempre chi accetta di chiudere un occhio sulle certificazioni se c’è risparmio. A maggio

2012 scatta l’allerta. Si deve sbaraccare Sant’Ambrogio perché il sindaco non tollera più. “Toro, incalzato dalle richieste di bonificare il sito: “Stiamo aspettando il passante ferroviario per mettergliela tutta lì! Ma cosa devo fare di più?”.
Da San Didero a Chiomonte una decina le cave a rischioultima modifica: 2014-07-09T08:21:57+02:00da davi-luciano
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