Servo encomio, codardo oltraggio tra Italia, Palestina e Ucraina

  da www.fulviogrimaldicontroblog.info:

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Dico con tutta la forza della mia anima che il nostro paese è realmente un paese che fa parte del quadro occidentale, appartiene all’Unione Europea, alla NATO e questo non si mette in discussione …” (Alexis Tsipras – intervista ad Antenna tv (emittente greca) maggio 2014)
ULTIMISSIME DELLA NOTTE DEL 7/7/2014 dopo la chiusura di questo post.
Il leader di ISIL, Abu Bakr al Baghdadi, è stato colpito e ferito gravemente da un pilota siriano su un Sukhoi russo nella provincia orientale irachena di Anbar. Il califfo del neo-istituito Califfato Islamico di Siria e Iraq si troverebbe in stato di coma e dovrebbe essere trasportato in Turchia. Se la notizia è confermata, si tratterebbe del più breve califfato della storia. Fonte: l’agenzia siriana “Syrian Perspective”.
In ogni caso, viva la Siria e la sua aviazione.Vi  consiglio di leggere, sul blog di Beppe Grillo, il discorso che il leader Cinque Stelle ha pronunciato all’apertura del Parlamento Europeo e poi confrontarlo con quello pronunciato dal berluschino clonato dalla Cupola in occasione dell’assunzione della presidenza del semestre a presidenza italiana. L’elencazione delle malefatte della cosca di Bruxelles mi pare eccellente e del tutto condivisibile, densa di contenuti di denuncia e proposte, salvo l’ormai cronica carenza nei Cinque Stelle – al netto di sporadici riferimenti corretti a situazioni specifiche (Ucraina, Medio Oriente, Iran…) – di  un programma generale di politica estera. Sta alla sfilza di bolle sparate dal bullo di sapone, con quella burina grandinata di citazioni e nomi per esibire una cultura che non c’è, come le Catilinarie di Cicerone stanno a uno sketch di Panariello. Un misto di fanfaronate da guappo di borgata e di battutine all’insegna del servo encomio ai serialkiller di classe che hanno raso al suolo l’Europa meridionale e fanno da ausiliari alle guerre imperiali, e del codardo oltraggio alla verità e all’onestà. Roba che solo la messa cantata dei media, TG3 berlingueriano (nomen omen) in testa, riesce a trasformare da naufragio in crociera di lusso.
clown
 A palazzo Chigi
Lasciamo l’argomento sul clown da tunnel degli orrori a un prossimo articolo, quando potremo celebrare le sue ultime imprese a rafforzamento di legalità e democrazia, come  il nuovo senato di sfaccendati, tratti dal vivaio del malaffare regionale e comunale, con l’immunità concessagli per poter continuare a delinquere (un bell’assist ai Cinque Stelle), o come la ghigliottina sulla dialettica parlamentare di cui l’autoriciclata (da SEL al PD) Boldrini  ha fatto il pilastro della rinata Camera delle Corporazioni. Di servo encomio e di codardo oltraggio (di cui si dichiarava “vergin” Alessandro Manzoni nei confronti del glorificato Napoleone) non è “vergin” rispetto ai potenti neanche il meno ortodosso membro della classe dirigente renziana. E siccome la testa del pesce ne fa puzzare perfino la coda, servo encomio e codardo oltraggio sono la regola deontologica dei velinari del genocidio in corso in Iraq e Palestina (e in Siria, Ucraina, Venezuela, Nigeria e via snocciolando il rosario delle nefandezze occidentali). Servo encomio nell’avallo alla truffa False Flag di Usa, Israele e Arabia Saudita, che vorrebbe far passare per jihadisti fuori controllo i propri lanzichenecchi mandati a realizzare una frantumazione tripartita dell’Iraq finora fallita. Raggiunge l’apice, come sempre con taglio bipartisan, nei due pesi e due misure applicati all’apocalisse palestinese. Specularmente, il codardo oltraggio sono le menzogne, faziosità, distorsioni e i depistaggi che colpiscono alle spalle le vittime di coloro a cui si riserva il servo encomio.
 
Dalle porte dell’inferno
israele b rucia
Non è coincidenza quanto sta accadendo in Iraq, Siria, Nigeria,  Ucraina, Africa sub sahariana, Unione Europea, per quanto, come ho ricordato nel post precedente, utili idioti e amici del giaguaro insistano a ignorare, contro la lezione di Maria Montessori, i dettagli in comune, le connessioni organiche, i fili che uniscono i puntini e ci presentino ogni fatto come episodio a se stante. In modo che al disegno complessivo della belva non si sappia che opporre un impotente volta per volta. Lo scatenamento in Palestina della belva israeliana cum lobby ebraica mondiale, passata dagli antipasti del genocidio a bassa intensità al piatto forte dell’olocausto, è tappa del tour du monde nazi-imperialista capeggiata dall’asso con stella di David e gregari in maglia a stelle e strisce, o con 12 stelle su fondo blu.
Ripeto da altri miei pipponi geopolitici: dalla calata delle cavallette del terrorismo jihadista in Siria e Iraq, Israele si ripromette la definitiva liquidazione di quello che, con Saddam, ma poi anche con il blocco Damasco- Baghdad-Tehran, costituiva il principale ostacolo al dispiegarsi del Grande Israele (non tanto, per ora, con l’estensione dei confini, quanto con il dominio geo-strategico e geo-economico). Gliene viene il petrolio dal protettorato curdo e dalle aree tra Arabia Saudita e Iran e il definitivo annientamento della prospettiva nazionale panaraba. Ultime notizie parlano di un maggiore impegno congiunto di Russia e Iran, oltre all’invio dei cacciabombardieri Sukhoi e di combattenti Pasdaran, per sostenere il governo iracheno e quindi l’arco scita fino a Damasco. Damasco che, di suo, sta riconquistando il nord di Aleppo e prova anche a insidiare il controllo islamista (ISIL e AL Nusrah, che, peraltro, si scannano fra di loro), sull’est inserito nel califfato. La situazione è in movimento..
ISIL_SYRIA_ALALAM
Le False Flag, bandiere dei pirati issate dai corsari  di Sua Maestà al momento degli attacchi contro i galeoni spagnoli, oggi svettanti sulle schiere degli ascari jihadisti scatenati in Siria  e in Iraq da sauditi, Israele e Occidente imperialista, per frantumare questi poli della resistenza antimondialista, hanno la stessa autenticità di quelle assegnate a Hamas in occasione dell’autorapimento e assassinio Mossad dei tre membri dell’insediamento di nazisti sionisti a Hebron. E qui è indifferente se rapimento e uccisione sono stati fatti direttamente dai servizi israeliani, o da qualche surrogato pseudo-islamista da questi manipolato.
Come al solito la tracotanza e quindi il pressapochismo del terrorismo USraeliano , già visti in tante occasioni, dall’11 settembre in qua, i cui buchi i media si affannano a ricucire, anche stavolta  si è lasciato dietro indizi che sono prove. Cosa che nessuna voce della cosiddetta informazione ha lontanamente preso in considerazione. Tutti a implicare che è stato Hamas, per quanto questo abbia smentito. Dieci minuti dopo che i tre integralisti sionisti avevano fatto l’autgostop in area C1, cioè sotto totale controllo israeliano, dove non si muove neanche una mosca senza che piombi la Gestapo, e su una strada rigorosamente riservata agli israeliani, alla polizia dell’occupante è arrivata una telefonata che tutto rivelava. Una voce disperata gridava “sono stato rapito” e subito si sono sentiti quattro colpi di arma da fuoco e poi alcuni gemiti e silenzio. Chiamata interrotta. Nessuna reazione da parte dei gendarmi, se non quando, otto ore dopo, i genitori degli scomparsi gli denunciavano il fatto. Ci vuole altro per almeno sospettare un’operazione sporchissima?  Il tasso di infamia della giunta di Tel Aviv supera ogni precedente storico. Ricordiamoci gli agenti del Mossad che esultavano, saltellando sul tetto di fronte, mentre filmavano le Torri Gemelle in fiamme. Furono arrestati da poliziotti inconsapevoli e poi subito rispediti a casa.
 israeliano rapito
 Uno dei “ragazzini” israeliani rapiti e uccisi alla prese con “terroristi” palestinesi.
Lo Stato infanticida
L’urgenza dell’operazione è stata dettata a Netaniahu dalla crescente insubordinazione sociale interna, che si cerca di neutralizzare con la classica invenzione del nemico esterno, dal crescente isolamento di Israele perfino tra la sedicente “comunità internazionale” (i paesi Nato), determinato dal sostegno internazionale al “governo di unità nazionale Fatah-Hamas”. Un governo che potrebbe assumere il ruolo di interlocutore più credibile per molti Stati e che rafforzerebbe la prospettiva di un riconoscimento dell’ONU. Isolamento vistosamente evidenziato dal rafforzarsi della campagna BDS (Boicottaggio Disinvestimenti Sanzioni) con l’adozione, da parte di governi, imprese, banche, di misure contro l’export di prodotti israeliani originati dai territori occupati. E perfino negli Stati Uniti, trascinati da una classe dirigente ricattata finanziariamente, mediaticamente, ed elettoralmente dall’onnipotente lobby ebraica, contro gli interessi degli stessi Usa, al traino della folle aggressività israeliana interna ed esterna, si moltiplicano le voci che sollecitano un cambio di direzione e un freno al genocidio portato avanti con il dilagare delle colonie e con le stragi.
palestinese morto

Carbonizzato dai coloni

Ci deve essere qualcosa di molto insidioso nell’atteggiamento israeliano verso Israele, se perfino un ultrà sionista, come Furio Colombo su “Il Fatto Quotidiano”, piagnucola sull’ “isolamento” dell’ ”Unica Democrazia del Medioriente”, pur davanti “all’assassinio da parte di Hamas dei tre ragazzini israeliani”. Se finora il vittimismo ebraico-israeliano di questi corifei della giunta nazista di Tel Aviv, ribadito all’infinito dall’uso speculativo dell’olocausto, rappresentava il trucco per mascherare le azioni dello Stato più violento del mondo, oggi le riserve e perplessità internazionali, perfino tra gli amici più saldi, danno all’isolamento delle giunta israeliana una consistenza vera. La belva ha fatto il passo più lungo della gamba. Se oggi il regime sionista si limita a polverizzare un po’ di gente e un po’ di case a Gaza (“Obiettivi terroristi”, li chiama la RAI), ma è costretto a sospendere una nuova operazione “Piombo Fuso”  e ulteriori sfracelli in Cisgiordania, se oggi nel mondo ci si indigna per coloni nazisti che bruciano vivi sedicenni e per l’ ”esercito più morale del mondo” che massacra di botte quindicenni con passaporto americano, oltre a fucilare ragazzetti che lanciano sassi, distruggere migliaia di case palestinesi e sbattere in carceri della tortura a tempo indeterminato donne e bambini, si potrebbe sospettare che lo “Stato degli ebrei” inizia a suscitare perplessità anche fuori dai recinti delle persone perbene e della storica solidarietà con i palestinesi.
palestinese ucciso
Israele+brutalità
Mohammed Abu Khdeir, 16 anni, bruciato vivo. Tari Abu Khdeir, suo cugino, 15 anni, massacrato dai soldati.
Sviluppo positivo, ma dalle gambe corte finchè il destino dei palestinesi resterà nelle mani dell’attuale classe dirigente. Le prospettive di salvezza dall’estinzione del popolo più perseguitato dei nostri tempi non saranno assicurate dal raffreddamento della complicità internazionale con Israele senza che vi sia una ripresa della resistenza, armata di sassi, molotov o altro. La solidarietà compassionevole con le vittime, come praticata dai filo-palestinesi da poltrona alla finestra, ai genocidi fa l’effetto di una zanzara. Fastidioso, ma sostenibile con un po’ di Fargan marca Shoah. La ciurma di ladroni attorno al miserando Abu Mazen, avendo cospirato con Israele per l’eliminazione di Arafat ed essendosi impinguiti con gli aiuti Usa e del Golfo, dunque ricattabile fino al midollo, non può esimersi neanche oggi dall’agghiacciante collaborazione con la Gestapo dell’occupante nella repressione di quanto ancora vive in Palestina. E che ci sia vita in Palestina, nonostante una vicenda peggio e più lunga della Shoah, lo dimostrano gli shebab che ancora una volta oppongono poco più dei loro corpi ai terminator nei carri armati. Ma senza leadership e relativa organizzazione e visione strategica, senza un Marwan Barghuti cui gli israeliani hanno inflitto sei ergastoli, il respiro della rivolta sarà corto. E gli stretti rapporti di Hamas con il Qatar e  la sua appartenenza ai Fratelli musulmani, che operano ovunque nella regione contro gli interessi nazionali dei popoli arabi, non fanno pensare a un’alternativa.
intifada
Il rallentamento di Netaniahu non susciti illusioni. E’ tattico e basterà un qualche 11 settembre fatto meglio e ancora più raccapricciante a rinsaldare l’internazionale filo-israeliana e la stessa società degli occupanti. Israele ha altri fronti da curare e da cui trarre le soddisfazioni affidate, a seconda della situazione specifica, ai nazisti imperversanti in Ucraina, o agli affini teocrati islamisti in Siria, Iraq, Nigeria. Qui, come nella controffensiva imperialista, fascistizzante e turbocapitalista, condotta contro i paesi antagonisti latinoamericani (Venezuela con il terrorismo, Argentina con i crimini bancari) con l’ausilio di regimi vassalli  e sostenuta da intelligence e teste di cuoio israeliane, gestori della “sicurezza” per i governi amici e quinte colonne negli altri, il tiro a due USA-Israele procede unito e avanza al galoppo. Lo stesso vale per altri scenari, a partire dall’Ucraina, passando per i vari conflitti della strategia del “caos creativo” accesi dagli ausiliari islamisti in Africa, nei cinesi Xinyang e Tibet e arrivando fino al Myanmar, paese promesso agli Usa dal loro agente Aung San Suu Kyi, dove la destabilizzazione del “divide et impera” è invece affidata ai pogrom contro la minoranza musulmana (4% di 60 milioni) condotti dai buddisti. Caos creativo.
La costola irachena dell’umanità è in corso di frantumazione, definitiva almeno per il tempo prevedibile. Il cuore siriano della nazione araba rischia l’infarto grazie all’inserimento della parte orientale del paese, quella petrolifera, nel cosiddetto califfato islamico dichiarato dal fantoccio Abu Bakr al Baghdadi (clone dall’altro fantoccio, Osama bin Laden). Il quale, per rendere più convincente il ruolo di nemico mortale dell’Occidente di cui a Washington, Riad e Tel Avivi lo hanno rivestito, dopo aver annunciato la prossima conquista di Gerusalemme, ora promette addirittura la marcia su Roma. L’opinione pubblica occidentale può e deve spaventarsi del nuovo Saladino. Ne verranno altri benefici all’1% in termini di strumenti di “sicurezza” e totalitarismo. Basta vedere le misure subito prese dagli Usa per seminare il terrore e militarizzare aeroporti e rispettivi passeggeri in tutto il mondo.
 Pratiche ISIL
 crocefissione
Il martirio dei russi d’Ucraina
Nel fronte Nord della guerra dei nuovi feldmarescialli SS, le cose non sembrano andare meglio. Ore fa ho saputo, con un botto allo stomaco, della caduta di Slaviansk e poi di altre quattro città delle repubbliche popolari in rivolta contro il regime nazista di Kiev. Il ricordo non può non correre, desolato, alla Repubblica spagnola, quando i precursori dei criminali di oggi, sostenuti, come in Ucraina, dalle potenze canaglia nazifasciste videro accorrere da tutto il mondo volontari della libertà e dell’antifascismo. Il segno della degenerazione antropologica a cui ci hanno ridotto i regimi totalitari occidentali sta nel l’indifferenza, quando non complicità, tacita o manifesta, di tutti coloro i cui referenti storici si erano sacrificati in Spagna.
Sull’immane bagno di sangue, perpetrato in Donbass dai proconsoli neonazisti della cupola criminale alla conquista del mondo, è calato il silenzio. A onore del foglio “comunista” che, su tutti gli altri fronti scodinzola al seguito dei diritti umani come interpretati dai masnadieri imperiali, va citato un Simone Pieranni che, insieme a uno sparuto gruppo di redattori resistenti (Colotti, Giorgio, Dinucci), tiene testa alla lobby e a collaborazionisti vari.
E qui si pone la questione Putin, la cui linea d’azione ho fin qui difeso. La sua disponibilità a condurre negoziati con Kiev e relativi sponsor, spintasi fino a prendere per buona la truffa della “tregua”, servita a nient’altro che a far arrivare in Donbass gli armamenti pesanti che ne stanno radendo al suolo le città, fino a riconoscere come legittimo interlocutore l’oligarca Poroshenko scaturito da elezioni burletta e fino a far ritirare dalla Duma l’ipotesi di un intervento a salvezza dei propri fratelli minacciati di genocidio, sembra rivelarsi tattica debole e perdente. L’immensa popolarità guadagnata dal ricostruttore della Russia con la riconquista della Crimea, ne risulta compromessa sia in Donbass, sia in patria. E un Putin dalla credibilità minata nella propria circoscrizione nazionale e internazionale non può che incoraggiare l’aggressività del mostro mondialista.
slavianks

Donbass

 Putin al crocevia
Forse Putin conta in cambio su un’attenuazione dell’aggressione alla Siria (che nel frattempo sta però perdendo un suo pezzo con le principali aeree petrolifere) e delle minacce all’Iran (peraltro indebolito dalle concessioni nucleari di Ruhani, sempre più contrastate nel paese). Forse spera che gli interessi economici di Germania e Francia nei rapporti con la Russia possano spingersi fino a rallentare il delirio militarista degli psicopatici angloamericani. Con più ragione potrebbe voler vedere l’effetto che fa la costruzione del nuovo blocco euroasiatico con Cina e repubbliche ex-sovietiche, gradito anche dagli altri BRICS e, nell’immediato, la corsa di questi paesi verso valute sostitutive del dollaro (si parla di un rublo russo basato sull’oro, denominato “Doppia Aquila”), in grado effettivamente di  mandare in rovina quella parte dell’economia globale che si fonda sulla moneta Usa. Ma sono prospettive di medio e lungo periodo, mentre intanto i russi del Donbass vengono massacrati e ricondotti al dominio di chi li definisce alla nazista “Untermenschen”, subumani,  e se ne augura lo sterminio atomico.
Ora i patrioti antifascisti russi si sono ritirati a fortificare l’estrema resistenza lungo l’asse Donetsk-Gorlovka-Lugansk. Putin ha ancora una possibilità per confermarsi il difensore del diritto internazionale, dell’autodeterminazione dei popoli e dei paesi aggrediti dagli antropofagi della Vandea occidentale. Fu la  concreta ipotesi di un intervento in difesa della Siria, oltre allo smascheramento russo della False Flag chimica attuata da turchi e sauditi, a fermare, lì per lì, l’attacco Usa-Nato. Se ora Putin si ripromette un contrasto allo squartamento dell’Iraq attraverso l’impiego dei propri cacciabombardieri, cosa gli impedisce di adottare un’analoga linea per quella metà dell’Ucraina che è stata russa e vuole tornare russa? La risposta è nota: si rischia un first strike, primo colpo nucleare, degli Stati Uniti e, dunque, una conflagrazione mondiale, al termine della quale non ci resterebbe che il “day after”. Preoccupazione pienamente giustificata, ma, al momento, nulla sarebbe peggio di una persistente inattività russa.
Il nuovo nazismo che sta prosperando in tutta la “comunità internazionale” (da noi sotto forma di trucido avanspettacolo) impiega in Donbass i tagliagole dalla croce uncinata e tutta la panoplia di forze speciali, squadroni della morte, armamenti sofisticati, mezzi di comunicazione,  che la Nato mette a disposizione di ogni crimine di guerra e contro  l’umanità. E allora cosa impedisce a Putin di sostenere con forze equivalenti le ragioni dei suoi compatrioti nel Donbass? Forse Putin potrebbe battere con più forza i pugni sul tavolo diplomatico, forse potrebbe fare la mossa dimostrativa di denunciare gli stragisti di Kiev al Tribunale Penale Internazionale. Forse, soprattutto potrebbe chiudere all’Ucraina e ai suoi complici europei il rubinetto del gas, non lasciando passare nemmeno più un centimetro cubo (hai voglia di aspettare il gas da scisti Usa). Un mio eccellente, indignato e sarcastico interlocutore sul blog vorrebbe consegnare a Putin il “Premio Yeltsin”. Io aspetterei ancora un attimo. Ma insomma, quest’uomo si deve muovere. Al momento non ci rimane altro.
manifesto vignetta
 L’osceno cerchiobottismo del vignettista del “manifesto”
Pubblicato da alle ore 19:52
Servo encomio, codardo oltraggio tra Italia, Palestina e Ucrainaultima modifica: 2014-07-08T14:03:21+02:00da davi-luciano
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