Tav e cosche/ 3 Pace e affari si stringono sull’asse Crotone -Torino tra la macellazione di maiali, pranzi e matrimoni

Cari lettori, dalla scorsa settimana sto trattando dell’operazione San Michele con la quale la Dda di Torino (indagine condotta dai pm Roberto Sparagna e Antonio Smeriglio) con il supporto dei Ros dei Carabinieri ha smantellato una presunta cellula di ‘ndrangheta piemontese che operava sull’asse con San Mauro Marchesato (Crotone) e che voleva tra le altre cose, secondo le accuse e la ricostruzione, “papparsi” alcuni lavori della Tav. Mica tutti, alcuni ma sostanziosi.
 
Ora voi vi domanderete: ma dove avvenivano le riunioni per programmare la “scalata” ai lavori (quanti più possibile) dell’Alta velocità? Ma in Calabria, parbleu! A testimonianza del fatto che le cellule settentrionali (vere o presunte, come in questo caso, fino a eventuale sentenza passata in giudicato per gli indagati) non sono indipendenti ma autonome e che il legame con la terra natia non si interrompe mai. Verrà il tempo in cui accadrà? Verosimilmente sì perché tentativi ce ne sono già stati (anche se finiti con la morte del ribelle “indipendentista” Domenico Novella in Lombardia) e perché è drammaticamente logico che chi mette nel proprio mirino gli affari sporchi non vuole (alla lunga) dividere quella torta con altri.
 
Intanto, però, in Piemonte continua la forza del cordone ombelicale con la Calabria e i pm ricostruiscono nell’ordinanza gli incontri avvenuti a dicembre 2011 in Calabria, finalizzati alla: 1) pacificazione tra i consociati; 2) organizzazione dei contatti in vista del tentativo di assunzione di commesse in relazione ai lavori in Piemonte per la realizzazione della Tav.
 
La Polizia Giudiziaria, nell’annotazione dei Ros di Torino del 9 luglio 2013, da pagina 144 a 156 riepiloga alcuni incontri avvenuti a San Mauro Marchesato ed altre località della provincia di Crotone, tra gli appartenenti alla compagine torinese e gli appartenenti al “locale” (una cellula strutturata con almeno 50 affiliati) di Cirò Marina.
 
Ecco la carrellata di incontri nei quali ometto i nomi perché, lo ripeto alla noia, ho ormai fortemente maturato il convincimento che i nomi sono ininfluenti di fronte alla fenomenologia dell’economia criminale e alla sua evoluzione che è quello che mi interessa e che dovrebbe interessare tutti gli analisti degni di questo nome.
 
Il 22 dicembre 2011, alcuni tra gli indagati si ritrovano a San Mauro Marchesato (KR) per trascorrere le festività natalizie insieme ai familiari.
 
Passa il giorno di Natale e l’appuntamento, da riferirsi all’interesse della compagine per il lavori della Tav, è a Botricello (Catanzaro).
 
Si festeggia a champagne l’ultimo dell’anno e il 3 gennaio 2011 altro incontro a San Mauro Marchesato con nuovi ospiti “piemontesi” e c’è persino chi, per non mancare agli incontri, rimandava la partenza per la Calabria, originariamente prevista per il 4 gennaio 2011, posticipandola al 12 gennaio 2012.
 
Le operazioni di ascolto predisposte dall’autorità giudiziaria permettono di conoscere due degli argomenti che in quei giorni occupavano gli indagati: 1) l’intervento di uno di loro per appianare i conflitti che vedevano ancora contrapposti alcuni sodali; 2) riunioni tra i “torinesi” e i “cirotani”, finalizzate a predisporre società e mezzi in vista dell’avvio dei lavori di scavo del tunnel ferroviario Torino-Lione.
 
Quanto al primo punto, le telefonate intercettate tra due indagati, di cui la prima il 1° gennaio, al risveglio dal cenone, danno il senso del linguaggio usato per capirsi e cercare di non farsi capire: «ma lui se Mario va e sii gratta l’orecchio … va e sii gratta poco poco l’orecchio lui diventa una pecora… che te lo dico io… a me non mi deve fare tutte ste cazzo di… ». Ed ancora: «ma se quello quando parla di lui… quello quando parla di lui che fa… e guarda … a me … però io con Pasquale… lo vanta come chissà cosa… quello non è che lo sa quest’altro… // ma se te l’ho detto… ma magari perché quello non lo cerca! Ma se poco poco lo cerca vedi che come si abbassa… perché lo conosco io… lo so … ».
 
Alcuni indagati, tra un commento e l’altro, arrivano al punto di ripromettersi di affrontare meglio la questione nel corso di un pranzo tenuto in occasione della macellazione di un maiale:  «Venerdì … sabato è sette // …che parliamo con Pasquale dice… che adesso viene pure Micu così vedi che adesso devo ammazzare il porco…che devo mangiare il porco…e mangia che vuoi».
 
Si conferma dunque che i riti ancestrali (come la macellazione del maiale) e i pranzi che ne conseguono, sono incontri vitali per appianare dissidi, dichiarare “guerre” e fare affari, così come del resto i matrimoni, che anche in questa occasione compaiono.  Formalmente, nel corso di un banchetto nuziale nel 2011 a Rivalta (Torino), una prima intesa era stata raggiunta:  «Numerose conversazioni registrate al termine del banchetto– si legge nell’ordinanza – confermavano che effettivamente, durante il pranzo nuziale si era tenuta una vera e propria riunione tra gli appartenenti alla compagine criminale, terminata con la riappacificazione».
 
Bene, per ora  i fermo qui
 
 
 
 

I nemici dell’Eritrea provano senza riuscirci a rovinare il Festival di Bologna

Ma siccome loro sono la società antirazzista POSSONO COMPORTARSI DA RAZZISTI e mantenere la coscienza a posto
COME MAI NESSUN MEDIA TANTOMENO LA SOCIETA’ POLITICALLY CORRECT NON LANCIA I SUOI SOLITI ANATEMI CONTRO LE AGGRESSIONI RAZZISTE???
Perché questa aggressione è opera loro?
L’immmigrato va bene solo se SOTTOMESSO e disposto alla manovalanza, questo è il concetto degli antirazzisti moralmente superiori
Sappiamo quanto costoro amino i fondamentalisti islamici creati e sostenuti da Washington usati per minare la stabilità di nazioni sovrane.

Filippo Bovo

Dal 4 al 6 luglio, al Parco Nord di Bologna, si celebrerà la quarantesima edizione del Festival Eritreo. La prima fu tenuta nel 1974, a sostegno dei patrioti eritrei che lottavano per l’indipendenza del loro paese. Per l’occasione, il Festival avrà una portata ancor più internazionale del solito. Come recita la dichiarazione rilasciata dal comitato organizzatore, nei tre giorni del “Festival Bologna 2014” si renderà onore ai sacrifici ed ai successi dimostrati dalla comunità della diaspora eritrea nel mondo per ottenere e raggiungere l’indipendenza dell’Eritrea, si rinverdiranno le memorie delle edizioni passate e si rimarcherà il contributo che esse hanno avuto per la causa, si parlerà del ruolo fondamentale delle nuove generazioni per l’avvenire del paese ed infine, com’è giusto ed obbligatorio che sia, si commemoreranno coloro che hanno dato la vita per la nascita dell’Eritrea libera ed indipendente (1).
Già lo scorso 20 giugno, a Bologna come a Roma come in molte altre città che nel mondo ospitano la cospicua comunità eritrea, si sono tenute celebrazioni per commemorare i martiri eritrei.
Apriti cielo! Subito un partito trasversale ma neanche troppo, da SEL al Corriere della Sera, passando per Amnesty International, quello che insomma oggi viene definito come il “partito dirittoumanista” ed un tempo più efficacemente si sarebbe chiamato “partito americano”, ha subito cominciato a polemizzare contro il Festival di Bologna (2). A queste buffonate non siamo nuovi e possiamo già dire con certezza che, malgrado i numerosi e ripetuti sforzi, costoro non riusciranno comunque a rovinare la festa del popolo eritreo: esattamente come non ne sono stati capaci finora. Rimane comunque il fatto che un ampio fronte, che spazia dalla sinistra da salotto o da aperitivi alla stampa liberal – borghese, ha il dente avvelenato quando si parla d’Eritrea. Esattamente come quando si parla di Cuba, del Venezuela, financo del Brasile dei Mondiali e chi più ne ha più ne metta. C’è poco da fare: i borghesucci odiano chi non si lascia mettere il giogo dai loro padroni americani, arrivando al punto di strumentalizzare anche le tragedie umanitarie pur di portare acqua al proprio mulino (3).
Stato e Potenza esprime alla comunità eritrea in Italia e agli organizzatori una felice riuscita dell’evento, coronato dal successo come sempre è avvenuto nelle edizioni precedenti. Desidera, inoltre, augurare all’Eritrea ed al popolo eritreo tutto di poter continuare a condurre pacificamente e proficuamente la propria esistenza, nel segno della sovranità, dell’indipendenza e della libertà.
Maggiori informazioni sul Festival di Bologna possono essere trovate sul sito Festival Bologna Eritrea

1. Eritreaeritrea
2. Corriere
3. StatoePotenza
http://www.statopotenza.eu/12905/i-nemici-delleritrea-provano-senza-riuscirci-a-rovinare-il-festival-di-bologna

Bologna: vile aggressione al festival eritreo
L’immigrazionismo è un’ideologia, uno dei mille volti dell’imperialismo occidentale, che ha un solo obiettivo: ostacolare il progresso civile e scientifico dei Paesi emergenti, destinati a giocare un ruolo sempre più importante e incisivo negli equilibri internazionali. L’Africa, continente ricco di materie prime, è considerato dai gruppi economici che hanno sede negli Stati Uniti d’America e nell’Europa occidentale, un supermercato da svuotare, privo di autonomia gestionale. La macchina da guerra psicologica che colpisce l’immaginario collettivo è sostanzialmente divisa in senso gerarchico e l’ultimo livello è costituito dalle tristemente famose “organizzazioni non-governative” (ONG) e da micro-organismi principalmente riconducibili alla sinistra radicale (ad esempio i centri sociali occupati), i quali fungono da meri esecutori delle direttive politiche provenienti dai centri di potere superiori. L’ultima ruota del carro, insomma, ma capace di convogliare un numero cospicuo di elementi provenienti dal sottoproletariato straniero, entrato illegalmente sul territorio nazionale. Il sostegno dato ai gruppi fondamentalisti islamici contro il governo di Libia, Tunisia, Egitto e Siria, materializzatosi in Italia con iniziative pubbliche, che hanno visto la partecipazione di stranieri, non necessariamente provenienti dai teatri di guerra, indica chiaramente qual è l’indirizzo politico della borghesia, pronta a utilizzare “individui a vocazione coloniale”, destinati a sostenere attivamente le politiche dell’imperialismo anglo-statunitense. L’operazione militare “Mare Nostrum” va proprio in questa direzione: la formazione di un nuovo consenso, di una opinione pubblica sempre più manipolata a vantaggio dell’espansionismo politico-militare-economico occidentale.
Iniziative pubbliche che possono sfociare in atti di violenza inaudita, così com’è accaduto a Bologna, al Festival dell’Eritrea, organizzato dalla comunità eritrea residente in Italia, con la partecipazione di tutte le altre comunità di connazionali sparse nel mondo.

La giovane Repubblica Eritrea, indipendente dal 1991, dopo aver combattuto una guerra trentennale contro il regime etiope, è decisa a conservare il proprio status di Paese sovrano e a crescere economicamente, sino a costituire un modello di sviluppo per tutti i Paesi del Corno d’Africa. Un percorso ostacolato dagli interessi strategici degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, i quali non cessano di sostenere l’Etiopia e i fondamentalisti islamici, orchestrando una campagna di disinformazione internazionale che colpisce direttamente l’Eritrea e il suo magnifico popolo. L’offensiva mediatica si è materializzata in un attacco premeditato, che ha mostrato tutta l’inefficienza e l’impreparazione delle autorità locali.
Una delegazione di Stato & Potenza, presente al Festival, vi mostra alcune foto della vile aggressione contro i membri della comunità eritrea, alloggiati in un hotel presso il luogo della manifestazione. Dalle testimonianze raccolte risulta che un numero modesto di immigrati di imprecisata nazionalità, capitanati da due donne italiane, si è improvvisamente materializzato all’ingresso dell’albergo, abbia poi rivolto insulti nei confronti delle famiglie presenti per lanciare infine pietre, bastoni e bottiglie, sino al danneggiamento dei vetri dell’edificio. Pare che lo stesso gruppo di facinorosi abbia tentato di generare scompiglio all’ingresso del Festival, senza ottenere risultato alcuno, soprattutto grazie al servizio d’ordine allestito dagli organizzatori, in grado di gestire la situazione in maniera impeccabile. Stato & Potenza condanna l’atto di aggressione ed esprime solidarietà e sostegno alla nazione eritrea, di cui condivide non solo il percorso di liberazione e indipendenza, ma ne apprezza il sentimento di comunità e di forte identità.
http://www.statopotenza.eu/12973/bologna-vile-aggressione-al-festival-eritreo

Biologa Molecolare spiega come il THC della canapa UCCIDE COMPLETAMENTE IL CANCRO!!!

http://cogitoergo.it/?p=26580

mercoledì, giugno 11, 2014

All’Università Complutense di Madrid, in Spagna, la dottoressa Christina Sanchez sta studiando, da oltre un decennio, gli effetti antitumorali del THC, il principale componente psicoattivo della cannabis. In un video spiega esattamente come il THC uccida del tutto le cellule tumorali, senza alcun effetto negativo per le cellule sane.

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La sua ricerca si somma a quella dello scienziato britannico Wai Liu, oncologo presso l’Università di scuola medica di Londra, St. George.

La ricerca della dottoressa Liu rivela anche come il THC abbia potenti caratteristiche anticancro e come possa significativamente sbarrare i percorsi che permettono al tumore di crescere.

Liu sottolinea che le aziende farmaceutiche spendono miliardi in farmaci che fanno la stessa cosa che la pianta della Cannabis, fa naturalmente.

Nel seguente video, la Dott. Sanchez, spiega esattamente come il THC elimini le cellule tumorali attivando i recettori dei cannabinoidi del corpo, creando altri endocannabinoidi. Cosa c’è di più? La Cannabis può fare tutto questo senza effetti psicoattivi.

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“Ci sono un sacco di tumori che dovrebbero rispondere abbastanza bene a questi agenti della Cannabis. Se pensiamo che le compagnie farmaceutiche spendono miliardi di sterline cercando di sviluppare nuovi farmaci, che hanno come target questi percorsi, quando la Cannabis fa esattamente la stessa cosa. Abbiamo qualcosa, prodotto naturalmente, che incide sugli stessi percorsi affrontati dai farmaci che costano miliardi.” ha detto Liu.

Questo avviene in un momento importante in cui gli Stati stanno ricevendo pressioni di depennare dall’elenco delle droghe, la Cannabis, come droga illegale, una definizione arcaica ed erronea di una pianta su cui Big Pharma ha numerosi brevetti.

Il Brevetto N° US 6630507 B1, per esempio, è sui cannabinoidi come antiossidanti e neuroprotettivi: “I cannabinoidi si trovano ad avere particolare applicazione come neuroprotettivi, per esempio nel limitare il danno neurologico a seguito di insulti ischemici, come ictus o trauma, o per il trattamento di malattie neurologiche, come il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson e la demenza HIV.”

A Big Pharma sicuramente sanno che la Cannabis potrebbe curare il cancro:

Nei testi indù, la Cannabis, era conosciuta come ‘Erba Sacra’ ed è stata usata nella medicina tradizionale cinese per secoli.

La Cannabis può sostituire i farmaci tossici e ridurre drasticamente il dolore.

La ricerca della Dott. Sanchez è l’ennesima goccia da aggiungere alla saggezza secolare che circonda l’uso medicinale di questa pianta fenomenale.

http://intellihub.com/molecular-biologist-explains-thc-kills-cancer-completely/

Come ho sempre detto: la Cannabis sarebbe l’essere umano del mondo vegetale!

CHI HA UCCISO BOB MARLEY? Sicuramente non è stata la Marjiuana!

La vera storia della Marjiuana di Massimo Mazzuco:

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Una terra dei fuochi in Valsusa, ecco la cava dei veleni al servizio dei clan

post — 5 luglio 2014 at 14:34

Pubblichiamo questo articolo di Repubblica che entra nel merito dell’inchiesta San Michele e delle mire del gruppo di affaristi arrestati per la cava di Sant’Ambrogio. Ne avevamo parlato qui  con un ottimo articolo di Adriano Chiarelli La terra dei fuochi e la terra dei buchi

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E’ a Sant’Ambrogio di Susa: una storia emersa dall’inchiesta sulla ‘ndrangheta che puntava agli appalti dell’alta velocità Torino-Lione

di FEDERICA CRAVERO E FABIO TANZILLI

Rifiuti tossici smaltiti di notte, fusti nascosti senza nemmeno sapere esattamente cosa contengano e quanto possano inquinare. Poi operai costretti a respirare esalazioni nocive e a bere il latte per sopravvivere ai veleni inalati: “Quella cosa che esce dalla cisterna… a noi ci… ci ammazza!”. Non siamo a Gomorra, e non è la Terra dei Fuochi. È la Val Susa. È qui, nelle cave delle montagne, che il business della movimentazione terra si interseca con lo smaltimento illecito dei rifiuti, permettendo di abbassare le spese e ai boss e alla cosche di vincere gli appalti. C’è la cava di Sant’Ambrogio di Torino, gestita dall’arrestato Giovanni Toro, al centro dell’operazione San Michele che svela un retroscena drammatico della lotta alla ‘ndrangheta. Ci sono rifiuti che si interrano e poi si ha paura di toccare: “Ho paura a zappare perché non so cosa mi aspetta lì sotto… Poi c’è una puzza, topi, c’è un odore strano”, dice un operaio. E per spiegare di che odore si tratti “si fa riferimento a materiali utilizzati dalla Toro per la stesa di asfalto nei pressi del casello autostradale A32 di Bruere, per conto della Sicogen-Ativa”. Una puzza talmente forte da far strappare a Giovanni Toro una battuta: “Spero che non troviamo qualche morto!”, ma il suo interlocutore, suo fratello, al telefono non scherza affatto: “No, no, non è quello, è roba tossica, roba brutta… e c’è anche dell’Eternit! Ci sono i cosi, come si chiamano, i filtri, quelli di stoffa della ciminiera”.
Il meccanismo per creare il business è semplice. Quando si scava per creare delle fondamenta, quando si divelle una strada, quando si abbatte una costruzione o quando si fora una montagna si creano dei rifiuti da smaltire con certi criteri che costano parecchio. Al contrario quando si impasta il cemento, quando si asfalta una strada, quando si costruisce un edificio si necessita di materiali nuovi che costano parecchio. Se invece il materiale di risulta si porta in una cava e di nascosto lo si frantuma e lo si ricicla, allora la qualità non sarà granché, ma il risparmio è davvero ingente. Tanto ingente da permettere qualunque ribasso nelle gare d’appalto e battere i concorrenti leali. Se poi il materiale riciclato è tossico, il disastro ambientale e per la salute è garantito. C’è un episodio che esemplifica tutto ciò e risale al 5 febbraio 2013 quando un operaio pugliese assieme a due colleghi marocchini riceve l’ordine di aprire dei fusti lasciati là da varie imprese clandestinamente. È una mansione pericolosa perché nessuno ancora oggi sa cosa ci fosse dentro quei bidoni. “Mi sono sentito male per quella cosa che esce da sotto…”, dice l’operaio a Toro, che anziché preoccuparsi delle sue condizioni lo gela: “Ti stai comportando male, non sei più quello di prima, non andiamo più d’accordo, non ti piace più stare con me, parlerò con tua madre. Se a te ti va bene rimani e ti comporti in un certo modo, sennò puoi anche andare in Puglia”. È una questione di rispetto: “Non hai rispetto per una persona che ti ha dato da mangiare fino adesso, una persona che ti ha dato casa e bollette, ti ho pagato tutto… Se non hai rispetto per me, telefona a tua madre ed è finito tutto “.
Ma non è il solo a essersi sentito male quando si accendono i fuochi sotto alle cisterne per sciogliere il contenuto e sversarlo: “Quando riempiono con la caldaia attaccata escono tutti i fumi, tutti i vapori… e quando vai a versare bitume dentro è lì che ti dà il colpo”. Quando gli operai si sentono male, gli imprenditori ridono: “Mi ha detto che sono stati male, sono dovuti andare a bere del latte, uno è svenuto, volevo chiamare l’elicottero poi si è ripreso “. Salvo doversi giustificare anche a se stessi: “Mica ci sono sempre lavori belli da fare, può capitare anche che ci sono lavori brutti e cosa facciamo… non li facciamo? ” e lamentarsi con chi quei rifiuti li scarica nella cava di Toro: “È la merda della merda, non ne voglio… minchia… cosa mi hanno portato?”.
Dalle intercettazioni emerge che i controlli qualche volta arrivano e fannopaura: “Stamattina sono venuti a fare le foto, l’Arpa di Noè  –  scherzano  –  il mio palista ha visto che facevano le foto, buon segno forse. Hanno visto tutto pulito qua davanti, effettivamente non hanno più ricevuto roba, l’hanno solo buttata fuori”.

Valle olimpica e di Tav: anche i cannoni spara neve…

Si sparava neve sulle piste da sci, ora si spara sulle polveri del cantiere.

di Gabriella Tittonel

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Alte montagne in Valle di Susa, gioia invernale per sciatori provetti e non. Ma anche più modeste montagne, fatte di montagnole realizzate con lo smarino che esce dal tunnel geognostico in costruzione in quel di Chiomonte. Montagnole dall’aspetto inoffensivo, alcune presto smantellate e poi ricostruite, altre spalmate sulla nuovissima strada di compensazione (un metro e più di altezza sul bosco circostante…!) che dovrebbe, non si sa quando, essere utilizzata dagli abitanti dei due comuni dirimpettai, quelli di Chiomonte e Giaglione. Montagnole però non sempre così “innocenti”, tant’è che una di queste, fino a poche settimane fa esente dai “giochi di terra”, è poi stata disfatta e grazie a una serie di misteriosi viaggi è stata ricollocata altrove. Motivo ufficiale? La presenza di arsenico, a detta dei tecnici, in quantità assolutamente modesta…

Insomma, qualcosa nella montagna, di poco idoneo alla salute degli abitanti, c’è. Mentre dallo scorso novembre regna, in modo variabile, la finissima polvere, divenuta oggetto di osservazioni e rilevazioni. Polvere della quale hanno iniziato ad avere timore anche le Forze dell’Ordine, che hanno allertato il loro sindacato. E certo sono cure palliative quelle che si stanno proponendo nel cantiere per frenare la micidiale nano polvere… si lavano le strade con l’acqua, anche alcuni dei mezzi, ma lei, imperturbabile, rimane. Lungo tutto il nastro trasportatore, sopra le foglie del bosco…

Così l’altro giorno un nuovo marchingegno ha fatto la sua comparsa al cantiere… singolare davvero! Un cannone come quelli utilizzati per sparare la neve sulle piste da sci. Solo che da questo qualche altra sostanza spruzza, andando a posarsi sullo smarino che esce, fradicio d’acqua, dal nastro trasportatore. Insomma, l’idea che ne viene è quella di una sorta di una grande bombola di lacca, come quella usata per avere la meglio sui capelli ribelli…

E se qualcosa di positivo verrà da questo nuovo intervento, quello che è certo è che la situazione delle maestranze all’interno non è certo delle migliori, anche solo rifacendosi alla posa del cannone, a pochi metri dalla caduta dello smarino… Fatica e polvere, polvere soprattutto… Ma davvero questa inutile, discussa e costosissima non-opera vale la vita di anche uno solo degli umani?

G.T. 02.07.14

Giustamente Matteo Renzi Aumenta le Tasse per Fare Ricorso alla Giustizia

sempre a proposito di giustizia…..a pagamento

5 luglio 2014

 
Giustamente, anzi direi doverosamente per mandato ricevuto al 40,8%, Matteo Renzi esegue per dovere morale la propria visione dell’Italia insieme con quella del suo partito.
Quindi, pur senza dirlo a nessun e senza fare il fenomeno a reti unificata alza i balzelli per fare qualsiasi tipo di ricorso alla giustizia, tanto che , ad esempio andare del giudice di pace per la maggior parte delle multe non conviene più.
 
 
A pomposi annunci di tagli alle spese e di bonus sono corrisposte nuove imposte celate nel ginepraio di articoli, commi e decreti legge. Non bastavano le accise sui carburanti, i rincari su smartphone e tablet, quelli sulle sigarette, l’aumento dell’aliquota sulle rendite finanziarie e il taglio di alcune agevolazioni fiscali. Adesso, l’ultima trovata dell’esecutivo è nascosta nel decreto Legge del 24 giugno n.90, precisamente all’articolo 53. Trattasi del contributo unificato, ossia un’imposta che colui che vuole accedere alla giustizia deve pagare per ciascun grado di giudizio nel processo civile (compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione), nel processo amministrativo e in quello tributario.
Cosa ha fatto Renzi? In pratica, per attuare l’agognato snellimento e la sempre invocata digitalizzazione della macchina della giustizia, ne ha aumentato i costi di accesso per i contribuenti. Come si legge nell’articolo 53 del decreto sulla Pubblica Amministrazione: “Alla copertura delle minori entrate derivanti dall’attuazione delle disposizioni del presente capo (…) si provvede con le maggiori entrate derivanti dall’aumento del contributo unificato di cui all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115”.
Parliamo di un aumento generalizzato del 15%-20%. Qualche esempio?
Per i processi di valore fino a 1.100 euro si è passati da 37 euro a 43. In pratica se un cittadino volesse fare ricorso al giudice di Pace per una multa relativa al mancato pagamento della sosta sulle strisce blu (sanzione pari a 22 euro), dovrà pagarne 43 per poter accedere alla giustizia. Più del doppio.
I rincari del balzello vanno a scaglioni. E così si passa da 85 euro a 98 euro per i processi superiori a 1.100 euro e fino ai 5.200; da 206 a 237 per i processi fino a 26mila euro; da 450 a 518 per quelli fino a 52.000 euro e via dicendo fino all’aumento maggiore – da 1.466 a 1.686 euro – per i processi di valore superiore a euro 520.000. Tutto questo in primo grado. Perché per i giudizi di impugnazione il contributo è aumentato della metà ed è raddoppiato in Cassazione.
Ma non è finita qui. Per i processi di esecuzione immobiliare il contributo dovuto è pari a euro 278 (prima era di 242). E ancora: per la procedura fallimentare, il balzello passa da 740 a 851 euro. Oltre al danno c’è poi la beffa. Perché, come è scritto nel decreto, nel caso in cui le previsioni di entrate non siano quelle previste dal governo, il ministro dell’economia e delle finanze, con proprio decreto, provvederà “all’aumento del contributo unificato nella misura necessaria alla copertura finanziaria delle minori entrate risultanti dall’attività di monitoraggio”. Insomma, per il momento la riforma della giustizia è solo un pomposo annuncio, mentre le tasse sono già scritte nero su bianco e hanno già cominciato a gravare sui contribuenti.
 
Ma potete sempre farvi le pippe con la dura presa di posizione del Vostro Comandante in Capo contro la Malvagia Germania.
 
E qualsiasi cosa fa il Vostro Comandante in Capo (contro la Malvagia Germania) è buono e giusto, infatti se accedere alla giustizia ora costa di più, sotto sotto, e chi può negarlo, è certamente colpa dei tedeschi.

LA GACETA DE GUINEA ECUATORIAL’ EVOQUE LES THESES DE LUC MICHEL SUR LA GUINEE EQUATORIALE COMME MODELE ET NOUVEAU CENTRE DU PANAFRICANISME …

EODE Press Office avec La Gaceta de Guinea Ecuatorial /

2014 07 05/ EODE PO - LM thèses GE sur GDGE (2014 07 05) FR

Dans l’éditorial (en Français, le magazine est bilingue franco-espagnol) de LA GACETA DE GUINEA ECUATORIAL (n° 200, Juin 2014, Malabo, le principal mensuel du pays) consacré au 72e anniversaire du président Obiang NGuema Mbasogo, sont évoquées les thèses de Luc MICHEL sur la Guinée Equatoriale comme modèle et nouveau centre du Panafricanisme …

 Le magazine reprend intégralement – avec une introduction et une conclusion originales de la Gaceta – une analyse du journaliste russe Mikhail Gamandiy-Egorov publiée en mai 2014 par ‘La voix de la Russie/Rossiya Segodnya’ et qui présentait précisément ces thèses:

 « GUINEE EQUATORIALE : LE BON EXEMPLE POUR L’AFRIQUE ? »

Extraits : « Luc Michel, spécialiste de la géopolitique et notamment fin connaisseur de la Libye, estime que la Guinée équatoriale représente effectivement aujourd’hui un nouveau modèle de développement pour l’Afrique. En outre, il croit en les capacités du pays à reprendre le flambeau du panafricanisme, après la chute de la Jamahiriya libyenne. »

 QUE DIT ENCORE ‘LA GACETA DE GUINEA ECUATORIAL’ DANS SES COMMENTAIRES ?

 « A Son Excellence Obiang Nguema Mbasogo,

Pour votre Soixante douzième anniversaire

72 années déjà depuis que vous êtes né ; 72 ans qui vous ont vu surmonter des épreuves, grandir et devenir un homme. Dieu et le destin ont voulu que vous les accomplissez en matérialisant un épisode mémorable dans la vie d’une communauté des personnes établie sur une portion de terre appelée Guinée Equatoriale.

De ses années de vie, vous en avez dédié 35 années pour la Patrie, vous avez auréolé l’honneur et la fierté de vos compatriotes équato-guinéens, qui leur permettent de rêver un avenir meilleur et de regarder le lendemain avec espoir et confiance.   

Ainsi, nous le voyons les Équato-guinéens, mais aussi ceux en dehors de nos limites frontalières, même à l’étranger, des personnes qui n’ont pas laissé derrière eux la haine, qui consume leurs entrailles et leur cœur, leur arrogance obscurcie leurs intelligences et l’égoïsme anime leurs comportements.

Pour cette raison, j’ai voulu, à guise de message de vœux de la LA GACETA DE GUINEA ECUATORIAL, dans ce deux-centième numéro, pour votre 72e anniversaire, ne laisser qu’une voix et une plume, d’une personne qu’on ne peut malicieusement accuser de «défendre les intérêts de votre régime », qui parle, crie la « vraie réalité » de cette Guinée Equatoriale enviée et convoitée grâce à Votre Excellence et qui est pointée du doigt accusateur, par des mensonges et des montages, et le manque total du respect du droit International, et qui essaie de barrer la voie ascendante de notre pays vers l’émergence ; la vraie émergence, sauvant ainsi des erreurs, corrigeant les défauts, mais avec la volonté de toujours aller de l’avant…

Mikhail Gamandiy-Egorov, journaliste, coordinateur et interprète, chroniqueur et analyste ds Skolkovo Innovation Center qui, (…) parle au nom de ces millions de personnes dans le monde qui protestent contre la grande injustice que certains milieux en Occident sont en train de faire contre vous et notre peuple – dans un article en français – qui n’a pas de prix et qui est le meilleur hommage que nous puissions rendre d’une personne à l’autre, sans intérêt ni aucune ambition’ suivons-le » :

 « Qu’est ce qui rend donc la Guinée Equatoriale si différente ? Probablement une approche panafricaine, une défense ardue de son indépendance et de sa souveraineté, à l’opposé d’un bon nombre de ses voisins. Ne serait-ce d’ailleurs pas la raison pour laquelle le chef de l’Etat, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, est ardemment et constamment critiqué par les élites occidentales, politiques comme médiatiques? Le président du pays est en effet un panafricaniste et il ne s’en cache pas. Il était par ailleurs un ami très proche du leader libyen, le colonel Mouammar Kadhafi, assassiné en octobre 2011 par l’OTAN, et a ouvertement condamné avec quelques autres rares leaders africains (dont Jacob Zuma, le président sud-africain) cet acte barbare de l’interventionnisme impérialiste et néocolonial occidental. Il avait notamment déclaré : « Nous regrettons la disparition du colonel Mouammar Kadhafi. Prendre le relais de son combat panafricain est difficile ». En tout cas et effectivement, la Guinée équatoriale entend aujourd’hui reprendre le flambeau de la lutte panafricaine, malgré tous les défis que cela suscite. »

 # ALLER PLUS LOIN :

* Lire l’article original complet de Mikhail Gamandiy-Egorov sur le site de LA VOIX DE LA RUSSIE :

http://french.ruvr.ru/2014_05_19/Guinee-equatoriale-le-bon-exemple-pour-l-Afrique-9343/

* Lire l’article complet de la LA GACETA DE GUINEA ECUATORIAL sur son site :

http://www.lagacetadeguinea.com/200/03.htm

* Les thèses de Luc MICHEL sur le modèle guinéo-équatorien :

EODE THINK TANK / ANALYSE GEOPOLITIQUE / PANAFRICANISME : UNE ALTERNATIVE EN GUINEE EQUATORIALE QUI FAIT PEUR A L’OCCIDENT

http://www.eode.org/eode-think-tank-analyse-geopolitique-panafricanisme-une-alternative-en-guinee-equatoriale-qui-fait-peur-a-loccident/

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Arrestato Brienza, l’uomo anticorruzione

Ai domiciliari il presidente dell’Authority sul controllo degli appalti «Favoriva alcune imprese». Indagato pure l’ex capo della Corte dei conti

++ DEF:CORTE CONTI,RISCHIO CORTO CIRCUITO RIGORE-CRESCITA ++

Controllori che fanno di tutto pur di non controllare e controllati che, di fatto, erano in grado di piegare ai propri interessi l’intero sistema di verifica relativo alle Soa, le società private ma con compiti da ente pubblico che si occupano di rilasciare le autorizzazioni necessarie alle aziende private per la loro partecipazione agli appalti indetti dagli enti pubblici. È una storiaccia tutta italiana quella alla base degli arresti domiciliari, disposti dal giudice per le indagini preliminari Simonetta D’Alessandro, nei confronti di Giuseppe Brienza (prima consigliere e poi presidente dell’Autorità di vigilanza per i contratti pubblici, organo ormai decaduto e confluito all’interno dell’Autorità nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone): una storiaccia che coinvolge anche altri ex esponenti dell’Authority (tra cui anche il presidente della Corte dei conti in pensione, Luigi Giampaolino) e che sarebbe maturata tra il 2007 e il 2008 quando due distinte Soa (la Axsoa spa e la Soanc spa) si fusero insieme un po’ per aumentare il relativo giro di affari (per un fatturato annuo che abbatteva la soglia dei cinque milioni di euro) e soprattutto, sostengono i giudici, per evitare che le magagne amministrative scovate dagli agenti del Nucleo a tutela dei mercati della Guardia di finanza durante indagini sulla Soanc spa, mandassero a gambe per aria il piano ingegnoso messo in piedi dai due imprenditori che gestivano le società poi unificatesi: Mario Calcagni e Alfredo Gherardi. Secondo quanto dispone la legge sulla gestione delle Soa (organismi privati in grado di decidere quali aziende abbiano o meno i requisiti per partecipare ai bandi indetti dagli enti pubblici), non ci devono essere tra i soci degli organismi, elementi gravati da conflitto di interessi: nella sostanza tra i titolari di azioni delle Soa non ci possono essere costruttori interessati alla gestione degli appalti che per forza di cosa passano anche attraverso il vaglio delle Soa). «È di assoluta evidenza – scrive il Gip – che l’attività di controllo è venuta decisamente meno per le Soa, divenute, alla luce delle prassi instauratesi, soggetti commerciali tendenti al vaglio positivo, più che a quello negativo, nei confronti delle società da attestare». Una degenerazione del sistema quella scovata dagli inquirenti che sottolineano come «il pacchetto di clienti favorevolmente attestati costituisce il patrimonio della Soa»: fattore che rende altissimo il rischio di «agevolazione» verso l’azienda amica. Rischio che, in teoria avrebbe dovuto essere arginato dall’Authority ma che, nel caso scoperto dagli inquirenti, ha visto i controllori spendersi oltre misura nei confronti dei loro stessi controllati. E così, tra pratiche di sospensione della licenza ad operare che spariscono per poi ricomparire a giochi ormai fatti, informative della finanza che invece di essere allegate agli atti da portare nelle adunanze dell’Authority vengono «dimenticate» in cassetti polverosi, e fusioni impossibili passate in cavalleria, il ruolo dell’organismo di controllo aveva perso ogni valore. Valore che invece, mettono nero su bianco i giudici capitolini che stanno lavorando ad un’inchiesta che coinvolge quasi tutte le Soa sparse sul territorio nazionale, veniva garantito al consigliere Brienza, che da queste pratiche addomesticate fino ad essere completamente stravolte era riuscito a guadagnare montagne di benefit. Negli atti dell’inchiesta infatti spunta un attico a viale Nizza che Mario Calcagni aveva messo a disposizione, a titolo completamente gratuito, per la figlia di Brienza; e ancora un posto di lavoro per la sua compagna, fino ad una consulenza – pagata 5000 euro al mese – di cui lo stesso Brienza avrebbe beneficiato nella stessa Soa che avrebbe dovuto controllare. Per non farsi mancare proprio nulla infine, il costruttore avrebbe anche provveduto a pagare il canone del box auto dell’ex consigliere dell’Authority. Almeno fino a ieri, quando gli uomini della finanza hanno notificato al controllore “distratto” un’ordinanza di arresti domiciliari.

Vincenzo Imperitura

La procura considera più pericolosi i notav che gli ndranghetisti

post6 luglio 2014 at 13:37

Leggendo bene l’ordinanza dell’Operazione San Michele saltano all’occhio molte anomalie giudiziarie nell’operato della procura torinese. Lo abbiamo fatto notare più volte, e anche questa volta ecco come per i notav nel tribunale di Torino esiste una corsia preferenziale. Guardate qui la differenza dei tempi di arresto tra i notav e gli ndranghetisti.




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OMISSIS

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L’ordinanza di custodia cautelare degli ‘ndranghetisti, malavitosi, affaristi SI TAV viene eseguita il giorno 1 luglio 2014, ben 87 giorni dopo. Perché? Il pony express faceva sciopero?

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OMISSIS

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L’ordinanza di custodia cautelare dei NO TAV accusati ingiustamente di terrorismo [cfr. sentenza della Corte di Cassazione del 15/5/2014] viene eseguita il 9 dicembre 2013 QUATTRO giorni dopo.

QUALCOSA NON QUADRA.

I NO TAV SONO PIU’ PERICOLOSI DELLA ‘NDRANGHETA?