Il TAV, dal nulla al nulla…passando per le casse pubbliche

BLOG | 30 GIUGNO, 2014 – 16:09 | DA FERNANDO ROSSI
 
Dal Campo estivo PBC di Venaus abbiamo raggiunto il cantiere TAV di Val Susa, in località Maddalena di Chiomonte.
Durante l’avvicinamento apprendiamo che il museo che si staglia sopra l’ampia area occupata dal cantiere e dalle truppe che lo difendono è ora chiuso e le autorità o le maestranze hanno deciso di distruggere scavi e reperti che ne ‘ostacolavano’ l’uso a foresteria e/o caserma militare; subito il pensiero è andato al saccheggio e distruzione dei reperti storici iracheni da parte degli eserciti occupanti e a quello delle chiese cristiane in Siria, da parte dei mercenari inviati da NATO e USraele.
Attraversiamo due borghi in cui apprezziamo la presenza di alcune bandiere e striscioni NO TAV, nonostante l’oppressiva e nutrita presenza delle divise di polizia, carabinieri, esercito e guardia di finanza, nonché di uomini dei servizi e Digos.
Temevamo che il sentiero fosse sbarrato, come già sperimentato l’anno scorso, invece, giunti in vista del cantiere, l’unico dissuasore era rappresentato dalle videocamere fisse e dai militari che dall’interno del fortino/cantiere, con i binocoli, seguono passo per passo, coloro che si avvicinano.
Siamo così giunti fino alla recinzione.
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La struttura è quella già vista nei film sui campi di prigionia: doppia recinzione con corridoio di passaggio per gli automezzi ‘di ronda’, intensa rete di videocamere di sorveglianza e fari a giorno (ma erano le sette di sera di fine giugno e si vedeva benissimo anche senza, credo li avessero accesi ‘in nostro onore’…).
La polvere. I nastri trasportatori del materiale estratto sono schermati da teli e plexiglass, ma tutta l’area e le relative strutture sono ricoperte da un visibilissimo manto di polvere bianca, modello cementificio mal gestito…; un attimo e il medico che è con noi ci invita a proteggere i polmoni con un fazzoletto bagnato, o ad andarcene.
Mentre parlavamo tra noi sulla palese inutilità di tale opera ( a fronte della ferrovia e della relativa galleria già esistente e quasi inutilizzata, in grado di reggere un traffico N/volte superiore), dalla sommità del sentiero sono sbucati dai venti ai venticinque poliziotti, mentre due squadre di militari tagliavano il bosco per arrivarci alle spalle. Ci hanno circondato, con modi e sguardi per nulla rassicuranti, mentre un poliziotto in borghese ci ha civilmente chiesto e ritirato i documenti e altri ci hanno individualmente e contemporaneamente chiesto perché eravamo lì e cosa ci facevamo.
Una decina di minuti, massimo un quarto d’ora e :“Potete andare ..”
Ci siamo presi la soddisfazione di trattarli amichevolmente, da persone educate, avvertendoli che stando all’interno del fortino/cantiere, già con la mascherina rimanevano forti rischi, ma senza, era proprio un andarsela a cercare.. Lo stesso graduato, o funzionario più alto in grado che aveva ritirato i documenti, ci ha risposto che loro stavano lì poco tempo e che il peggio non era loro ma nostro.
(?) Voleva dire” Voi che siete sempre qui a rompere”…oppure, nonostante i documenti attestassero la nostra provenienza da 11 diverse parti d’Italia, “Voi che abitate qui” ? Mah.
Poco prima di arrivare alle auto ci siamo ritrovati di fronte ad un fuoristrada che si è parato di fronte al nostro attivista ‘medico’, richedendogli i documenti e informandolo che avevano dovuto inseguirci , facendo il giro delle montagna, perché le telecamere lo avevano visto fuggire di corsa.. proprio lui, con quella maglietta verde (strano, visto che per vari acciacchi, il nostro attivista non può riuscire a correre da più anni di quanti i ‘nostri dipendenti’ in oggetto non abbiano scelto di portare, più o meno onorevolmente, quella divisa). Telefonate a qualcuno, da qualche parte e … in altri dieci, quindici minuti tutto finito.
Se queste scenette sono finalizzate ad intimidire le persone che abitano la valle o che vanno a vedere lo scempio in atto, farebbero molto meglio a cambiare copione perché ciò che ottengono, verificato con due abitanti del borgo, è l’esatto contrario; e cioè: “E noi paghiamo le tasse per buttare così i nostri soldi ? Ma quanto ci costerà ogni giorno sto ‘ambaradan’ di imprese, esercito, polizia…? ”
Nel fortino/cantiere nessuno usava mascherine, né i “gregarianti” (nome composto da ‘gregari ‘ della CMC-che non contano un mazza e quindi non sono soci della Coop ma gregari dei capi decisi dal partito – e Greganti , storico procuratore di denaro pubblico per Coop e società finanziatrici di ciò che resta del PCI) né le truppe italiane di occupazione. Tale ‘leggerezza’ , nel caso dell’uranio impoverito ci è poi costata decine di vite e milioni di Euro per cure croniche e indennizzo a vedove e famiglie dei militari mandati in guerra da D’Alema; anche nel caso dell’uranio e dell’amianto scavato in Val Susa, i ‘costi’ non li avremo subito, bisognerà infatti attendere che le malattie facciano il loro corso.
Ma perchè a pagare questo alto prezzo sanitario, oltre agli operai piddini, più o meno votati alla causa del finanziamento al partito, debbono essere anche i militari e gli abitanti delle aree limitrofe ? Ma una risposta la meriterebbe anche la domanda: “Perché con le nostre tasse, tariffe, accise, IVA e balzelli vari, dovremmo noi pagare i milioni di Euro (anche se è augurabile che per allora si sia già tornati alle lire emesse da una Banca Centrale Nazionale, di proprietà pubblica) per i danni alla salute delle persone intossicate dalle migliaia di tonnellate di polveri scavate, depositate a cielo aperto e rimosse senza le opportune cautele ?”
Non sarebbe più giusto che a pagare fossero le multinazionali e le banche che hanno voluto il TAV, i politici che, ubbidendo, hanno assunto le necessarie deliberazioni ed i tecnici che le hanno avvallate e controfirmate ?
Giustizia vorrebbe che anche i costi di questa opera, tanto grande quanto inutile, ricadessero sulle persone sciagurate che l’hanno ‘inventata’ e condita di menzogne, nonché sulle proprietà e risorse finanziarie da loro accumulate, anche se nel frattempo fossero state ereditate di figli, intestate a parenti e/o ‘amici’.
Quando tutte le peggiori previsioni e studi su tale inutilità/dannosità saranno acclarate dal totale fallimento di tutta l’opera ( che non verrà mai completata negli altri paesi e che non trasporterà mai merci e persone neppur lontanamente vicine alle fantasiose previsioni degli studi di comodo, commissionati dagli arraffatori di denaro pubblico), chi rifonderà gli abitanti della Val Susa di tutti i danni economici ? E i danni ambientali ? E chi rifonderà lo Stato dell’inutile spreco di tanti miliardi di Euro che, se impiegati per sostenere le attività economiche e la difesa e tutela del territorio, avrebbero fatto della Val Susa e di mezzo Piemonte un paese del bengodi ?
Il TAV, dal nulla al nulla…passando per le casse pubblicheultima modifica: 2014-07-07T23:06:02+02:00da davi-luciano
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