Pagati da Mosca ?

Chi non vuole il fracking in Europa è un agente della Russia. Sembra incredibile, eppure il segretario della Nato Anders Fogh Rasmussen ha detto proprio così. Se non fosse ridicola, sarebbe un’accusa molto grave.

Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, non teme di essere accusato di caccia alle streghe. Durante un discorso alla Chatham House, a Londra, si è lanciato a dire che la Russia sostiene dietro le quinte organizzazioni ambientaliste che fanno campagna contro l’estrazione di gas di scisto con il fracking, nel tentativo di danneggiare gli interessi europei.

Ha parlato di un complotto. «Ho incontrato alleati che possono riferire come la Russia, nell’ambito delle sue sofisticate operazioni di informazione e disinformazione, ha stretto rapporti attivi con cosiddette organizzazioni non governative – organizzazioni ambientaliste che lavorano contro il gas di scisto – allo scopo di mantenere la dipendenza europea dall’importazione di gas russo», ha detto Rasmussen. Quando gli sono stati chiesti dettagli di questa operazione russa, il segretario generale della Nato è rimasto sul vago: «È una mia interpretazione».

Il fracking, abbreviazione di hydraulic fracturing, «fratturazione idraulica», è la tecnica che permette di estrarre gas naturale o petrolio che giace in formazioni rocciose a grandi profondità (è il gas di scisto, o shale gas), sparandovi acqua mista a sabbia e agenti chimici a a grande pressione in modo da spaccare le roccie. Negli Stati uniti è in grande voga, dal 2011 sono stati aperti quasi 40 mila nuovi pozzi in 12 stati per estrarre petrolio e soprattutto gas di scisto – anche se la cosa ha un impatto molto forte, tra l’altro sul consumo di acqua <http> e i reflui tossici nelle falde idriche, e ha suscitato opposizioni locali. Anche in Europa esistono giacimenti di petrolio e gas di scisto, ma qui le condizioni sono ben più difficili in termini di geografia, geologia, regolamentazioni.

Dopo la crisi ucraina però i sostenitori del fracking in Europa sono partiti alla carica. Si tratta, dicono, di indipendenza dalle forniture di gas della Russia – che in effetti è una delle maggiori fonti di approvvigionamento per molti paesi europei occidentali, inclusa l’Italia. Gli Stati uniti hanno offerto di vendere all’Europa il suo shale gas (cosa che in ogni caso richiederà alcuni anni, anche perché viaggia allo stato liquido di navi cisterna e serviranno poi impianti rigassificatori).
Il fracking, dicono molti, permetterebbe all’Europa di procurarsi una nuova fonte interna per rendersi indpendente. Anche volendo lasciar da parte l’impatto ambientale però la fattibilità economica del fracking europeo è dubbia, anche perché non è chiaro quanti dei giacimenti attuali sarebbero sfruttabili commercialmente. La Polonia, che aveva messo in cantiere progetti di estrazione con fratturazione idraulica, ci sta ripensando (non per motivi ambientali ma perché le difficoltà geologiche sono notevoli). Nel Regno unito, altro paese che ha giacimenti, nessun progetto è stato approvato e non solo perchè vi sono state forti proteste.

Dunque sostenere il fracking al momento è più che altro una presa di posizione politica. E Rasmussen è l’ultimo, in ordine di tempo, a schierarsi. Ma si dev’essere lasciato scappare la lingua, perché l’ufficio stampa della Nato poi ha dichiarato che le affermazioni del segretario generale esprimevano la sua opinione personale, non una posizione ufficiale.

Il primo nemico non si scorda mai. Che la Nato si ponga in termini antagonisti alla Russia è quasi ovvio – l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico è nata all’inizio della Guerra fredda come alleanza dell’Europa occidentale e degli Stati uniti in oposizione all’Unione sovietica (quasi quasi la crisi in Ucraina è un sollievo: un’alleanza in crisi d’identità ritrova la sua funzione). Certo Rasmussen è stato tra le voci più dure contro la Russia.

È anche naturale che il blocco di nazioni europee si preoccupi delle fonti di approvvigionamento energetico – così come è ovvio che la Russia usi il suo gas come strumento di pressione, o comunque elemento di negoziato. Quello che di sicuro la Russia ha fatto, appena un mese fa, è stato firmare con la Cina un mega contratto per la fornitura di gas nei decenni a venire, un accordo da 400 miliardi di dollari. Funzionari della Nato ora dicono al Guardian che Mosca sta usando «un mix di hard e soft power per ricreare la sua sfera di influenza, anche attraverso campagne di disinformzione sull’energia». Ma non è quello che fa ogni ogni stato, usare strumenti di pressione e/o campagne di informazione per difendere i propri interessi?
Le organizzazioni ambientaliste che fanno campagna contro il fracking ribattono: la loro opposizione ha solidi motivi di impatto ambientale, senza alcun bisogno di essere pagati da Mosca. C’è anche dell’incredibile: Greenpeace ad esempio ha visto un gruppo di suoi attivisti sbattuti in galera per parecchi mesi in Russia, la scorsa estate, per una protesta contro le perforazioni petrolifere nell’Artico.
In effetti l’accusa lanciata dal segretario generale della Nato equivale a dire: chi si oppone al fracking è pagato da Mosca, è un agente russo. Se non fosse ridicolo, sarebbe molto grave – forse è insieme ridicolo e grave.

Marina Forti
Fonte: www.pagina99.it
Link: http://www.pagina99.it/blog/6137/Ambientalisti-pagati-da-Mosca–La.html
20.06.2014

Pagati da Mosca ?ultima modifica: 2014-06-23T12:21:10+02:00da davi-luciano
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