Arewa 24: L’ultimo fallimento degli Stati Uniti ?

Il progetto partito lo scorso anno grazie ad Equal Access International – un contractor del governo statunitense finanziato dal dipartimento di stato americano – è costato dai cinque ai sei milioni di euro e porterà all’apertura di Arewa24, la nuova emittente televisiva che avrà il compito dei veicolari messaggi e contenuti precisi sotto il controllo degli Stati Uniti. Il progetto in collaborazione con il governo nigeriano sta facendo discutere sia per i metodi, una sorta di propaganda al rovescio e “buonista”, sia per le finalità.
DI ANDREA MINCIARONI · 11 GIUGNO 2014 
 
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Vi ricordate di zunzuneo ? il famoso social network di cui vi abbiamo parlato qualche tempo fa finanziato a suon di milioni dal dipartimento degli Stati Uniti per fomentare una rivolta contro Cuba ? A quanto pare il governo americano ha deciso di tuffarsi in una nuova avventura multimedia, questa volta più tradizionale viste le necessita e le condizioni dell’obbiettivo. Stiamo parlando di una nuova emittente televisiva che a breve andrà in onda via satellite in Nigeria ventiquattro ore su ventiquattro nel tentativo di destabilizzare l’avanzata dei gruppi armati terroristi, come quello di Boko Haram sempre più protagonista di assalti che stanno sconvolgendo il nord del paese.
 
Il progetto partito lo scorso anno grazie ad Equal Access International – un contractor del governo statunitense finanziato dal dipartimento di stato americano – è costato dai cinque ai sei milioni di euro e porterà all’apertura di Arewa24, la nuova emittente televisiva che avrà il compito dei veicolari messaggi e contenuti precisi sotto il controllo degli Stati Uniti. Il progetto in collaborazione con il governo nigeriano sta facendo discutere sia per i metodi, una sorta di propaganda al rovescio e “buonista”, sia per le finalità.
 
Andando oltre alle solite contraddizioni di chi da una parte contrasta il terrorismo in Nigeria e dall’altra lo finanzia in Siria, il progetto sta alzando un polverone di polemiche perché a quanto pare è destinato a fallire, come nel caso di zunzuneo. Come riporta il New York Times infatti secondo Jacob Zen, analista presso la James Town Foundation di Washingto, l’emittente televisiva andrà incontro ad una serie di problemi difficilmente trascurabili. Arewa24 verrà trasmesso in lingua hausa anche se la maggior parte dei membri di Boko Haram parlano kanuri, lingua diffusa anche in Camerun. Senza contare poi che la maggior parte delle zone rurali nel nord della Nigeria hanno un accesso limitato all’elettricità, e sono poche le persone che possiedono un televisore. Secondo l’USAID – la stessa agenzia che ha gestito il progetto di zunzuneo- il gruppo terroristico di Boko Haram venuto a conoscenza della notizia si è già organizzato per prendere di mira e distruggere le torri cellulari nel nord del paese, riducendo ulteriormente l’accesso ai servizi di comunicazione della regione. Alfabetizzazione ridotta, bassi livelli di infrastrutture, accesso limitato all’elettricità e pochi televisori in circolazione sembrano presagire l’ennesimo fallimento dell’intelligence degli Stati Uniti.
 
Il gruppo armato di Boko Haram, responsabile di oltre 450 omicidi in Nigeria, e divenuto famoso in occidente per il rapimento delle 300 studentesse, sembra sottovalutare l’iniziativa di Washington. A prescindere dagli esiti del progetto di Arewa24, quello che ci interessa qui è capire come gli Stati Uniti stiano progressivamente aumentando iniziative del genere, anche in altre parti del mondo. Di fatto si inaugura una nuova fase dove la destabilizzazione di determinati obbiettivi passa per frontiere liquide, meno statiche, ma comunque decisive per il mantenimento del potere.
 
Le strategie di cyberwarfare sono conosciute da tempo e riguardano l’insieme di attività volte all’alterazione e distruzione dell’informazione e dei sistemi di comunicazione nemici. Uno degli esempi più eclatanti al riguardo è il caso del malware Stuxnet programmato dagli Stati Uniti insieme ad Israele per sabotare i sistemi informatici di diverse centrali nucleari iraniane come quella di Natanz.
 
Nel caso specifico di Arewa24 però siamo perfino oltre. Il nuovo canale televisivo ha si l’obbiettivo di manipolare l’informazione e la propaganda terroristica di Boko Haram, ma lo fa in modalità completamente diverse rispetto magari alla progettazione di un virus informatico o di un software qualsiasi. In questo caso stiamo parlando di una vera e propria metamorfosi delle coscienze, attraverso programmi televisivi che non hanno solo l’obbiettivo di fornire un’informazione alternativa ma di costruire nel corso del tempo un modello educativo rigorosamente occidentale, nel tentativo di fronteggiare culturalmente l’avanzata del terrorismo in Nigeria. Arewa24 avrà infatti il compito di progettare programmi per bambini, di formare giornalisti, di educare in sintesi ai modelli della democrazia occidentale e del libero mercato i cittadini nigeriani.
 
L’autodeterminazione, la sovranità, le specificità antropologiche di un determinando contesto culturale sembrano dalle parti di Washington solo fumo negli occhi quando l’obbiettivo è solo uno: sconfiggere il nemico ad ogni costo.

Chi istiga chi di Marco Travaglio

da il Fatto Quotidiano del 11 giugno 2014

Dunque lo scrittore Erri De Luca verrà processato per istigazione a delinquere, cioè a sabotare i cantieri del Tav Torino-Lione in Valsusa tagliando le reti di recinzione con le cesoie. L’altroieri il gup di Torino l’ha rinviato a giudizio per un’intervista rilasciata all’Huffington Post il 1° settembre 2013 e più volte confermata in dichiarazioni successive. I pm di Torino che sostengono l’accusa, Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, hanno spiegato che quelle di De Luca non sono opinioni innocue e, in quanto tali, tutelate dall’articolo 21 della Costituzione, perchè dopo l’intervista si è registrata in Val Susa un’escalation di sabotaggi e violenze tra le frange estremiste del movimento No-Tav. Dunque esisterebbe un rapporto causa-effetto fra parole e azioni. Il gup ha ravvisato gli estremi per sostenere l’accusa in dibattimento, e ora a vagliarla sarà il Tribunale, dopo aver ascoltato la versione di De Luca. Che, peraltro, è nota. Due parole sui pm. L’inchiesta nasce dalla Procura di Torino quand’era ancora guidata da Gian Carlo Caselli, la cui storia di indipendenza dai poteri forti parla per lui. Anche Padalino, che s’è fatto le ossa come gip a Milano ai tempi di Mani Pulite, ha dimostrato assoluta impermeabilità a qualsiasi pressione, infatti nell’estate ’94, regnante il governo Berlusconi, arrestò il fratello del premier, Paolo, e gli altri manager Fininvest per le tangenti alla Guardia di Finanza. Un discorso a parte merita Rinaudo che, pur mai accusato di reati o infrazioni disciplinari, fu intercettato nel 2005 nell’inchiesta Calciopoli in amabili conversari con Luciano Moggi e i suoi cari, ivi compreso un tizio considerato l’emissario del boss calabrese della Valsusa, Rocco Lo Presti. Una vicenda che avrebbe dovuto consigliarlo di tenersi a debita distanza dalla Valle. In ogni caso la fondatezza di un processo non si desume dalla biografia del pm, che fra l’altro è solo uno dei tanti e può soltanto proporre una pena ai giudici del Tribunale. Anche la polemica sulla tesi dell’accusa, che insiste sul presunto rapporto causale fra l’intervista di De Luca e i successivi sabotaggi, è campata per aria: è il Codice penale che impone al pm di dimostrare la “pubblicità” dell’istigazione e anche il recepimento dell’istigazione con atti illegali da parte di qualche istigato. Decideranno i giudici se davvero, in una Valle che lotta da 20 anni contro il Tav, ora pacificamente ora con atti violenti e inaccettabili, ci fosse bisogno dell’intervista di De Luca per innescare azioni illecite. Ecco le frasi incriminate dello scrittore: “La Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo”. Domanda: “Dunque sabotaggi e vandalismi sono leciti?”. “Sono necessari per far comprendere che la Tav è un’opera nociva e inutile… Ora l’intera valle è militarizzata… Hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l’unica alternativa”. In una democrazia davvero liberale, la legge tutelerebbe chiunque pronunci frasi del genere, comunque le si giudichi. Non perchè debba essere lecito istigare al delitto, ma perchè tagliare una rete con le cesoie non dovrebbe essere un delitto perseguito penalmente (indagini, udienza preliminare, tre gradi di giudizio, una ventina fra agenti, magistrati e avvocati coinvolti), ma un’infrazione amministrativa (accertamento del danno da parte della polizia e multa per ripararlo).
Curioso che, dopo decenni trascorsi a parlare di depenalizzazioni, sopravviva nel Codice il reato di danneggiamento anche in forme così lievi, così come quello dell’istigazione a commetterlo (anche generica, erga omnes, non indirizzata a una persona in particolare), punito fino a 5 anni di galera). Ma forse non è poi tanto curioso, perchè questi reati consentono di criminalizzare anche i piccoli e innocui sabotaggi che chiunque abitasse in Valsusa o compierebbe o almeno giustificherebbe, dinanzi alla mostruosità di un’opera inutile e devastante da 20-25 miliardi (se basteranno). Un’opera che, come il Mose e tante altre boiate, è essa stessa un’istigazione a delinquere. Per fortuna De Luca ha reagito al rinvio a giudizio senza i piagnistei e i vittimismi di alcuni suoi petulanti sostenitori, limitandosi a rivendicare il diritto di dire ciò che pensa.
Se ora il suo caso, anziché il solito derby innocentisti – colpevolisti, stimolasse una riflessione su certi reati da abolire – non si tratta di violenze contro persone o di devastazioni contro cose di valore, ma di cesoie per tagliare una rete, e non per vandalismo, ma per motivi più profondi, a tutela di beni costituzionalmente ben più rilevanti di una recinzione, come l’ambiente e la salute pubblica – il processo a De Luca sarebbe comunque utile. Perciò va seguito con attenzione. Se poi dovesse arrivare una condanna, a qualcuno tornerebbe in mente ciò che disse e ripetè B. 
“L’evasione di chi paga il 50% dei tributi è un diritto naturale che è nel cuore degli uomini” (18-2-2004).
“Se lo Stato ti chiede più di un terzo di quel che hai guadagnato, c’è una sopraffazione nei tuoi confronti e allora ti ingegni per trovare dei sistemi elusivi o addirittura evasivi, che senti in sintonia col tuo intimo sentimento di moralità e non ti fanno sentire intimamente colpevole” (11-11-2004). 
“Se mi si chiede il 50% e passa di imposte, mi sento moralmente autorizzato, per quanto posso, a evadere” (17-2-2005). 

Parole pronunciate non da un intellettuale disorganico, da un rivoluzionario, da un cittadino ribelle, ma da un presidente del Consiglio in carica. Perchè nessuno l’ha processato per istigazione a evadere?

Il gansterismo è soltanto un’imitazione proletaria del banksterismo borghese.

I due volti del crimine organizzato
 
DI SEBASTIANO CAPUTO · 9 GIUGNO 2014 
Aveva ragione Peppino Impastato. La mafia è una montagna di merda. Ma lo spirito mafioso è anche un sottoprodotto culturale del vero crimine organizzato, quello economico-finanziario. Esistono di fatto due forme criminalità: una di estrazione proletaria che opera al livello locale, e una in giacca e cravatta, di estrazione borghese, che invece agisce sul piano nazionale ed internazionale. Con la prima, più becera e violenta, che serve a mascherare la seconda, più subdola e istituzionale. Per mezzo secolo cinematografia e narrativa hanno strumentalizzato – per malafede o mancanza di coraggio – la tematica.
 
Francis Ford Coppola, Brian De Palma, Giuseppe Tornatore e  Martin Scorzese hanno girato rispettivamente Il PadrinoScarface, Il Camorrista e Goodfellas. In Italia invece Roberto Benigni, Michele Placido e Pif, hanno prodotto Jonny StecchinoRomanzo Criminale e La mafia uccide solo d’estate. E non è un caso che recentemente anche Sky abbia sponsorizzato due serie televisive – Romanzo Criminale eGomorra – che si iscrivono in continuità con questa logica denominata da Noam Chomsky come “strategia della distrazione”.
 
“Chi si scandalizza è sempre banale: ma aggiungo, è anche sempre male informato”, scriveva Pier Paolo Pasolini. È la sindrome che colpisce lettori e spettatori di queste alterazioni della realtà, i quali si disgustano dinanzi a stupri, prostituzione, rapimenti, furti, omicidi, attentati, attività illecite, traffici di esseri umani, organi, droga, alcool o di armi. E che invece rimangono indifferenti di fronte a Inside Job, il docu-film che ha messo a nudo il sistema finanziario e speculativo statunitense. E’ l’Italia che ipocritamente e all’unanimità si scaglia contro Genny ‘a carogna quando sugli spalti, in tribuna d’onore, c’è il vero detentore del Potere: Matteo Renzi. E’ la stampa italiana che si nasconde dietro le parabole anti-mafiose di Roberto Saviano per evitare di parlare di tutti i recenti scandali della Repubblica: dal Monte dei Paschi di Siena all’Expo di Milano passando per il Mose di Venezia.
 
E poi il gansterismo è soltanto un’imitazione proletaria del banksterismo borghese. Infatti agli inizi del Novecento, ai primi gangster statunitensi che operavano nelle grandi e ricche metropoli come New York e Chicago si affiancarono quelli italiani provenienti da località estremamente povere e “arretrate” come Campania e Sicilia.

Ciò che Moghe­rini non dice, Manlio Dinucci

L’Italia non abban­do­nerà l’Afghanistan con la fine dell’Isaf, ma con­ti­nuerà a occu­par­sene, man­te­nendo l’impegno preso: lo assi­cura il mini­stro degli esteri Moghe­rini.
DI RASSEGNA STAMPA · 10 GIUGNO 2014
 
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L’Italia non abban­do­nerà l’Afghanistan con la fine dell’Isaf, ma con­ti­nuerà a occu­par­sene, man­te­nendo l’impegno preso: lo assi­cura il mini­stro degli esteri Moghe­rini.
 
Quale sia l’impegno lo chia­ri­sce l’aeronautica: in sei anni i cac­cia­bom­bar­dieri ita­liani hanno effet­tuato in Afgha­ni­stan 3.583 sortite, «tra­guardo mai egua­gliato da veli­voli da com­bat­ti­mento ita­liani in ope­ra­zioni fuori dai con­fini nazio­nali dal ter­mine del secondo con­flitto mondiale».
 
Nella loro ultima mis­sione, il 28 mag­gio, due cac­cia­bom­bar­dieri Amx hanno distrutto l’obiettivo indi­vi­duato da un drone Pre­da­tor e dalla Task Force Vic­tor (clas­si­fi­cata come «unità spe­ciale e semi­se­greta» dalla Rivi­sta Ita­liana Difesa). Men­tre gli eli­cot­teri Man­gu­sta dell’Esercito, schie­rati a Herat, hanno var­cato la soglia delle 10mila ore di volo.
 
L’impegno delle forze armate ita­liane in Afgha­ni­stan ha dun­que un nome, che la Moghe­rini si guarda bene dal pro­nun­ciare: guerra. Che non ter­mi­nerà con la fine dell’Isaf. «La nostra Joint Air Task Force – comu­nica l’aeronautica – con­ti­nuerà ad ope­rare in Afgha­ni­stan con aerei da tra­sporto tat­tico C-130 J e da guerra elet­tro­nica EC-27 della 46a Bri­gata aerea di Pisa e i veli­voli a pilo­tag­gio remoto Pre­da­tor B del 32° stormo di Amen­dola». In altre parole, la guerra con­ti­nuerà in forma coperta, con appo­site unità aeree e forze spe­ciali che avranno il com­pito anche di adde­strare quelle locali. Sem­pre sotto comando degli Stati uniti che, dopo 13 anni di guerra costati oltre 600 miliardi di dol­lari (solo come spesa mili­tare uffi­ciale), non sono riu­sciti a con­trol­lare il paese e cer­cano ora di farlo con la nuova stra­te­gia. A tale pro­po­sito il pre­si­dente sta­tu­ni­tense Obama ha chia­mato il 27 mag­gio il pre­mier Renzi, tra­smet­ten­do­gli di fatto gli ordini.
 
L’Italia con­ti­nuerà così a par­te­ci­pare a una guerra che pro­vo­cherà altre vit­time e tra­ge­die sociali, scom­pa­rendo però dalla vista. L’Afghanistan – situato al cro­ce­via tra Asia cen­trale e meri­dio­nale, occi­den­tale e orien­tale – è di pri­ma­ria impor­tanza geo­stra­te­gica rispetto a Rus­sia, Cina, Iran e Paki­stan, e alle riserve ener­ge­ti­che del Caspio e del Golfo.
 
E lo è ancora di più oggi che la stra­te­gia Usa/Nato sta por­tando a un nuovo con­fronto con la Rus­sia e, sullo sfondo, con la Cina. Restare in Afgha­ni­stan signi­fica non solo con­ti­nuare a par­te­ci­pare a quella guerra, ma essere legati a una stra­te­gia che pre­vede una sem­pre mag­giore pre­senza mili­tare occi­den­tale nella regione Asia/Pacifico. Secondo il rac­conto della Moghe­rini, l’asse por­tante dell’impegno ita­liano in Afgha­ni­stan sarà «il soste­gno alla società civile» nel qua­dro dell’Accordo di par­te­na­riato fir­mato a Roma nel 2012 da Monti e Kar­zai, appro­vato dalla Camera a schiac­ciante mag­gio­ranza e dal Senato all’unanimità. Esso pre­vede la con­ces­sione al governo afghano di un cre­dito age­vo­lato di 150 milioni di euro per la rea­liz­za­zione di «infra­strut­ture stra­te­gi­che» a Herat (men­tre L’Aquila e altre zone disa­strate non hanno i soldi per rico­struire) e altri finan­zia­menti, che vanno ad aggiun­gersi ai circa 5 miliardi di euro spesi finora per le ope­ra­zioni mili­tari. L’aiuto eco­no­mico di 4 miliardi di dol­lari annui, che i «dona­tori» (tra cui l’Italia) si sono impe­gnati a for­nire a Kabul, finirà in gran parte nelle tasche della casta domi­nante, come la fami­glia Kar­zai arric­chi­tasi con i miliardi della Nato, gli affari sot­to­banco e il traf­fico di droga.
 
La Moghe­rini annun­cia l’impegno del governo ad «aumen­tare le risorse e ren­derle sta­bili». Parte ser­virà a finan­ziare quelle Ong embed­ded che, come cro­ce­ros­sine, vanno a curare le ferite della guerra per darle un volto «umanitario».
 
Fonte: Il Manifesto

“Non devono esserci reti in una terra libera” video udienza aula bunker 10 giugno 2014

Continuano le testimonianze della difesa, al maxiprocesso no tav in aula bunker, per lo sgombero del 27 giugno e la manifestazione del 3 luglio 2011. Paolo P., oggi settantenne, racconta di quel 3 luglio e di “quelle due reti divelte che sono state, per lui, una grande consolazione”, avendo vissuto sulla sua pelle l’attacco massiccio verso famiglie con bambini e gente totalmente indifesa, con lacrimogeni sparati anche ad altezza uomo, che l’hanno reso “quasi cieco”, e con una sensazione di mancanza di respiro, “tipo asma”, e le gambe che non lo sostenevano più. Aveva visto le forze dell’ordine indossare le maschere antigas in un momento di assoluta tranquillità, ed era andato ad avvisare proprio le famiglie con i bambini ma troppo tardi, l’attacco iniziò pochi istanti dopo e furono in molti a non avere il tempo di trovare una via di fuga. E’ stato anche colpito alla testa, così come un’altra teste, Concettina G., ferita ad un braccio.

Concettina racconta lo stesso scenario, aveva raggiunto la Centrale idroelettrica dopo aver cercato inutilmente di avvicinarsi alle reti dall’area della Ramat ma fu costretta a tornare indietro perché non riusciva a respirare, per un uso massiccio di gas lacrimogeni. Fu comunque colpita dal lancio di lacrimogeni nell’area della centrale e quando uno dei giudici le chiede per quale motivo fosse cosi’ importante, per lei ,avvicinarsi alle reti, non ha dubbi: “Perché è la nostra terra, quella. Per stare li’. Perché devono esserci delle reti in una terra libera?”.
Grazia M., che si auto-definisce “una persona anziana”, con difficoltà a camminare, il 3 luglio non ha fatto il corteo ma l’ha aspettato nell’area del gravela, quella vicino alla centrale. Ma mentre mangiava un panino (come tanti), sulla sponda del fiume opposta alla centrale ma a pochi metri dal muraglione, inizia un dialogo con un carabiniere, al quale chiede se fosse orgoglioso dell’operazione di sgombero di qualche giorno prima. Poi anche lei nota che all’improvviso e senza alcuna ragione le forze dell’ordine cambiano atteggiamento, ed indossano caschi e maschere antigas. Decide di allontanarsi, capisce che la situazione può diventare pericolosa ma anche lei non riesce ad evitare il fitto lancio di lacrimogeni. lei, come tanti manifestanti “in ciabatte”. Nessuna condotta aggressiva, a suo dire la più aggressiva era lei…

Articolo su TGMaddalena.it 
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Ingegnere Aerospaziale rivela: “Ho installato i dispositivi Chemtrail sugli aerei”!

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A Dresda, durante una manifestazione, un ragazzo si è fatto avanti, durante la sessione aperta, ha preso il microfono e ha detto al pubblico di aver partecipato all’installazione dei dispositivi delle scie chimiche sugli aerei. Indovinate cosa è successo quando è andato dai rappresentanti locali, con prove alla mano. È stato licenziato dal suo lavoro pochi giorni dopo e non può più lavorare nel settore aerospaziale! Di seguito la traduzione dell’intervento:

Ciao a tutti. È fantastico vedere così tanta gente. Lasciatemi dire questo riguardo la pace. Noi che qui stiamo dimostrando per la pace, siamo quelli che usano il proprio cervello, pensano con la propria mente, processano le informazioni e traggono le proprie conclusioni. Sono convinto che questa è la vera ragione del perché, noi come movimento di pace, veniamo continuamente screditati. Io sono un ingegnere aerospaziale. Riparo aeroplani ecc. Lasciate che vi dica brevemente quello che ho fatto. Ho lavorato presso la speciale base aerea militare di Oberpfaffenhofen dove installavo i dispositivi di IRRORAZIONE sugli aerei che servono per spruzzare sostanze tossiche nel cielo. Dopo di che sono andato dai rappresentati locali del partito dei Verdi con le prove di tutto ciò nelle mie mani. Gli dissi: “Guardate. Questi sono i fatti e queste sono le prove e sono pronto a testimoniare davanti ad
una commissione investigativa”. Tre giorni dopo, quello che è successo, è che il mio capo è venuto a trovarmi a casa mia e mi disse: “Mi dispiace ma devo licenziarti perché sto ricevendo enormi pressioni dall’alto che non posso più stare in piedi”. Fondamentalmente non ho trovato nessun altro lavoro nel settore aerospaziale. Se volete saperne di più, dovete solo venire con me. Ho tutta la documentazione qui con me.
Ora torniamo al processo d’installazione. Noi spogliavamo l’aereo di tutto e montavamo le cisterne, installavamo il cablaggio ed i dispositivi d’irrorazione. Io ero un lavoratore civile della base supervisionato dai militari. Quando il nostro lavoro era finito, ci dicevano che quello era un test condotto dall’Aeronautica e dall’Amministrazione Spaziale Tedesca. Ciò significava che, mentre l’aereo con i dispositivi d’irrorazione sarebbe andato avanti, un secondo aereo sarebbe seguito alle sue spalle e avrebbe condotto le misurazioni. In pratica: “Vogliamo solo scoprire come le particelle si comportano e si propagano”. Così, quando finivamo con le installazioni, dei militari venivano da noi e ci istruivano su come indossare vestiti protettivi e maschere per respirare, in quanto, stavano andando a riempire le cisterne con sostanze come: solfuro di alluminio e ossido di bario, insieme ad altamente tossici polimeri di nano particelle. Questo è quanto. Voglio solo dire che ci stiamo avviando verso una catastrofe ecologica e a quelli che non mi credono dico: per favore venite qui e vi mostrerò le foto che provano quello che dico. Sono disposto a testimoniare davanti a qualsiasi commissione investigativa. Grazie.

http://terrarealtime.blogspot.it/2014/06/ingegnere-aerospaziale-rivela-ho.html#more

GLI INQUIETANTI SVILUPPI DELLA CIBERNETICA PER IL CONDIZIONAMENTO DELLE MASSE

Marchi elettronici di identificazione, microchip sperimentati sugli animali da allevamento, nasconderebbero, in realtà, un sistema di sorveglianza globale degli esseri umani Grande Fratello potrebbe presto spiarci dall’interno. Diverse compagnie internazionali – non è fantascienza ma notizia ufficiale – stanno consultando gli scienziati sulla possibilità di sviluppare microchip atti ad essere impiantati nel personale delle aziende per quantificarne la puntualità e gli spostamenti.

La tecnologia, già testata su animali e volontari umani, consentirà alle ditte di seguire, passo per passo, il loro staff all’interno e fuori dagli uffici. Il Prof. Kevin Warwick dell’Università di Reading, Gran Bretagna, uno dei maggiori esperti in cibernetica, è stato avvicinato da rappresentanti di due importanti compagnie di software, una britannica e una americana, la Blackbaud Inc., considerata il gigante del software. Grandi quanto un chicco di riso i biochip impiantabili della nuova generazione sarebbero in grado di registrare i pensieri e sensazioni di un individuoWarwick è balzato agli onori della cronaca nel 1998, quando si fece impiantare chirurgicamente un micro-trasmettitore nell’avambraccio, mediante il quale dimostrò come un computer potesse seguire ogni suo movimento, usando dei detectors disseminati nell’edificio in cui lavorava
. “Il potenziale per le aziende è ovvio, potranno sapere in ogni momento dove si trovano e con chi sono i loro impiegati”. Warwick ammette che molti saranno scioccati all’idea: “capisco che si tratta di spingersi ai limiti di ciò che una società libera può tollerare ma, tutto sommato, in molte aziende si utilizzano già distintivi magnetici di riconoscimento e credo che questo sia solo il gradino successivo”. La ricerca si basa su precedenti esperimenti condotti da colossi delle telecomunicazioni, come la AT&T. La prima applicazione pratica di tale tecnologia, tuttavia, si avrà sugli animali da compagnia e non sugli umani. Difatti, secondo le nuove leggi governative sul cosiddetto “passaporto per animali” – che dal 2001 rimpiazzerà il vecchio sistema della quarantena – sarà obbligatorio inserire un microchip sottocutaneo nei cani e nei gatti per poter sempre identificarne il proprietario. Diversi rappresentanti delle forze di Polizia Britanniche e degli Stati Uniti si sono dimostrati interessati alla tecnologia degli impianti. A parere di Warwick, accettare di sottoporsi a questa operazione potrebbe divenire condizione essenziale per ottenere la libertà vigilata oppure il rilascio di un porto d’armi. Stando ai risultati di ricerche da lui condotte insieme ad un’équipe di studiosi inglesi, si tratta di giungere alla realizzazione di un microprocessore capace di trasmettere “sensazioni” da una persona all’altra. Il chip consentirebbe in futuro di poter comunicare attraverso la sola forza del pensiero. “Adesso – ha dichiarato Warwick – avviamo la sperimentazione e ci accontentiamo di piccoli risultati. Ma il mio obiettivo a lungo termine, alla base del progetto, è riuscire a far parlare due individui solo con il pensiero”. Per quanto apparentemente uscite da una sceneggiatura cinematografica, tali tecnologie non solo sono reali e impiegabili, ma già disponibili da diversi anni, e nelle mani di multinazionali come la IBM, la British Telecom, la Texas Instruments, la Hughes, solo per citarne alcune. I chip in questione, veri e propri marchi elettronici d’identificazione, a livello ufficiale, verrebbero impiegati esclusivamente per controllare o identificare specie d’allevamento, uccelli, pesci e perfino animali domestici. Grandi quanto un chicco di riso i biochip impiantabili della nuova generazione sarebbero in grado di registrare i pensieri e sensazioni di un individuoLa loro applicazione prevederebbe in realtà la “sperimentazione” anche sugli esseri umani che, secondo numerosi ricercatori e giornalisti, sarebbe stata messa in atto già da alcuni anni e le cui finalità nasconderebbero una oscura minaccia. Tali congegni – microprocessori passivi grandi quanto un chicco di riso – possono essere impiantati sotto pelle grazie ad una siringa ipodermica ad aria compressa (v. foto pag.3). I microchip elettronici di identificazione – il nome esatto è Trasponder TX 1400 I.X da cui sono stati sviluppati nuovi e più sofisticati modelli – vengono distribuiti da una società americana del Colorado, la Destron IDI, ma la realizzazione finale del prodotto coinvolge la Texas Instruments, che produce i componenti, la Tarovan che fornisce il sistema di identificazione elettronico e la Biomark, specializzata nella fabbricazione di dispositivi d’identificazione per uso veterinario negli Stati Uniti. I microchip, conosciuti più semplicemente come trasponder, sono delle ricetrasmittenti radio o radar, attivate per la trasmissione in base alla ricezione di un segnale prestabilito. Terry Cook, giornalista americano ed autore del libro “Implantable Biochip Technology 666” (“La tecnologia del biochip innestabile 666”) ha raccolto diversi documenti in merito, appurando che la tecnologia di base di questi microchip potrebbe essere facilmente applicata sull’essere umano con nuove è più sofisticate versioni. Il Soul Catcher 2025 Gli scienziati della British Telecom sono impegnati nello sviluppo di un nuovo progetto tecnologico pronto per l’impiego e la distribuzione nel 2025.L’incisione sugli individui del codice a barre, contenente, secondo alcuni, il numero 666, rientrerebbe in un nuovo programma per la sicurezza nelle contrattazioni commerciali elettroniche Il microchip, da tecnologia futuristica, verrà impiantato sugli umani nel cranio e sarà in grado di registrare pensieri, esperienze e sensazioni del soggetto. Il suo nome? Soul Catcher 2025 (Acchiappa Anima del 2025). L’impianto, secondo Winter, consentirà agli scienziati di registrare la vita delle persone e di “riascoltare” le loro esperienze tramite un computer. Il progetto è condotto dai Laboratori Martelsham Heath della B.T. presso Ipswich, Gran Bretagna, località nota come sede di installazioni elettroniche top-secret degli Stati Uniti durante la Guerra Fredda. Il Soul Catcher 2025 consiste in un chip neurale che, posto dietro gli occhi di una persona ne archivierà ogni pensiero, un po’ come la scatola nera di un aereo memorizza tutti i dati di volo. Le implicazioni etiche sono molto profonde, poiché le registrazioni dell’intera vita di una persona potrebbero venire riascoltate e rivissute, anche dopo la sua morte. Tutto potrebbe venire trasmesso ad un altro individuo o persino ad un neonato []. Il Dott. Chris Winter, direttore del progetto, crede che rappresenterà la fine della morte… ma, nelle mani sbagliate, in verità costituirebbe la fine della privacy e della libertà personale. Prima del 2025, altre tecnologie simili potrebbero essere in produzione o disponibili. Basti pensare ad una serie di brevetti registrati ufficialmente negli Stati Uniti durante gli anni Ottanta, come il numero 5,166,676, datato 24 Novembre 1984. Dall’archivio registrazione brevetti americano risulta che l’obiettivo primario di questa invenzione consiste nel fornire un sistema per identificare un oggetto, animale o persona, costituito essenzialmente da due unità:L’incisione sugli individui del codice a barre, contenente, secondo alcuni, il numero 666, rientrerebbe in un nuovo programma per la sicurezza nelle contrattazioni commerciali elettroniche un trasmettitore integrato passivo (PIT) – da applicare o inserire nel soggetto da rintracciare – che risponde con un codice di identificazione all’impulso emesso dalla seconda unità ed un lettore-decodificatore esterno, separato. Il segnale di risposta viene rilevato ed analizzato per essere poi inserito in un archivio dati. Controllo del crimine? Sappiamo del coinvolgimento della Hughes e della Texas Instruments. Esiste una somiglianza sconcertante tra questi impianti e le descrizioni di quelli rimossi chirurgicamente da addotti nei casi di presunti rapimenti alieni (abductions). Il Soul Catcher della B.T. ha un più sinistro e preoccupante cugino: l’impianto a microcircuito neurale 2020 della IBM. Un documento della Intelli-Connection, Divisione Sicurezza della IBM, intitolato “Eyes only: Project Group 7A” e classificato come livello 9 di segretezza, relativo all’impianto, è trapelato rivelandone le recenti sperimentazioni. Sviluppato come ausilio per il “controllo del crimine”, l’apparato è stato testato in diverse prigioni federali del Massachusetts, della California e del Texas, nonché in alcune case di cura private, in barba ai divieti delle leggi federali. Gli impianti testati sui detenuti diventavano una sorta di “registratori parlanti” di tutti i loro movimenti. Il dipartimento di correzione della California ne sta già esplorando l’impiego su larga scala . Quando gli impianti vengono puntati sulla frequenza di 116 MHz, la natura aggressiva di alcuni individui si riduce notevolmente. Nel rapporto si menziona un caso di aggressione al personale del carcere da parte di due soggetti messi “fuori combattimento” mediante gli impianti. Per restare in tema di sistemi di stoccaggio, alcuni scienziati stanno studiando la possibilità di costruire microcircuiti a livello bio-molecolare, sulla scorta degli ultimi sviluppi della biogenetica. Se il progetto avesse successo, le dimensioni dei microchip in questione sarebbero minuscole e capaci di memorizzare miliardi di dati, evitando così il problema fisico dell’archiviazione informazioni. Sarebbe solo necessario impiantare il 5% della popolazione, percentuale che corrisponde pressappoco al numero di leader politici e militari, individui facoltosi e professionisti illustri nelle varie discipline che influenzano la restante parte degli individui del pianeta. L’Esercito delle 12 Scimmie In un simile contesto si inserisce una clamorosa notizia, apparsa anche sulla stampa italiana: un nuovo progetto per la sicurezza del commercio elettronico, che, secondo qualcuno, nasconderebbe un programma segreto per la schedatura elettronica non solo dei criminali, ma forse di tutta la popolazione terrestre. Prevederebbe l’incisione di un tatuaggio di un codice a barre su ciascuno di noi, un marchio di identità, che permetterà di effettuare acquisti ed altre operazioni di pagamento in rete. Realizzato con inchiostro invisibile, ma rilevabile dai lettori di codici a barre, il tatuaggio è stato ideato da Thomas W. Heeter di Houston, Texas. Il brevetto, regolarmente registrato all’US Patent & Trademark Office, risale al Settembre 1996, un mese dopo l’uscita del film “L’esercito delle 12 scimmie” dove il protagonista Bruce Willis aveva un codice a barre tatuato sul collo a scopo identificativo. Evidente la corrispondenza con l’omonimo codice a barre del tipo più comune (EAN). Secondo alcuni, il codice conterrebbe una componente satanica con il numero 666 riconoscibile nei tre gruppi di barre. Le barre sono associate a cifre, che si aggiungono alle 13 cifre funzionali. Ognuna di esse ha il valore sei, sicché formano la cifra 666, sovrimposta ad ogni codice a barre. Questo codice universale, operativo dal 1977, venne approvato dall’ONU nel 1972. Tali iniziative non rappresentano casi isolati. Il marchio della Bestia La scorsa estate negli USA, una fantomatica società chiamata Global Monetary LLP di Bentonville (Arizona), attraverso lo slogan – comparso sul sito internet www.idchip.com – “Stiamo costruendo un mondo migliore senza contanti”, offriva 250 dollari a chiunque fosse disposto a farsi impiantare un microchip nel palmo della mano, che una volta attivato, consentirebbe acquisti senza bisogno di denaro contante o di carte di credito.Il Trasponder TX1400 L realizzato dalla Destron IDI ed impiantabile grazie a siringhe ipodermiche ad aria compressa L’impianto denominato IDchip-tm è un minusculo strumento elettronico innestato in maniera indolore sotto la pelle del palmo destro. Non lascia cicatrici, è invisibile e tantomeno percepibile, essendo in gran parte in plastica flessibile. Non ne è necessaria la rimozione, in quanto è possibile ricaricarlo costantemente grazie ad uno speciale mouse e software installabili sul PC, che fungerà direttamente da interfaccia con l’impianto, fornendo così un sistema elettronico di identificazione a prova di errore. La Global Monetary, a proposito dell’offerta di denaro per la sperimentazione, ha fornito le seguenti motivazioni: “Sappiamo che il pubblico ha una certa diffidenza verso l’idea di farsi impiantare strumenti elettronici, per cui abbiamo pensato di offrire un sostanzioso incentivo fin quando questa pratica non avrà ottenuto il consenso del pubblico.” Il ricercatore americano Jim Keith – noto per la sua lotta contro ogni forma di cover-up e recentemente deceduto in circostanze insolite – si è espresso ripetutamente sugli impianti elettronici. Una triste realtà, della quale eravamo stati messi in guardia, negli ultimi cinquant’anni da chi, come Keith, si batte contro il cosiddetto “Nuovo Ordine Mondiale”. Comunque sia, l’intera vicenda del microchip via Internet, si è dissolta in una bolla di sapone. Un certo Bill Cross, voleva, a suo dire, testare le reazioni del pubblico in vista del 21.mo secolo, quando la tecnologia dei chip elettronici sarà effettivamente disponibile sul mercato.Inizialmente solo ad uso veterinario come sistema d’identificazione, i biochip sono segretamente sperimentati sugli esseri umani Cross si è dichiarato stupefatto nel constatare che stuoli di persone abbiano visitato il suo sito fasullo e si siano precipitati a prenotarsi per venire impiantati: quello che voleva essere un umoristico test psicologico si è trasformato in una scioccante occhiata nel futuro. Lo scherzo di Bill Cross ha dimostrato che una grossa percentuale di persone è pronta per il mattatoio. Certo, probabilmente alcuni iscritti saranno stati al gioco, ma molti altri hanno addirittura inviato il loro numero di carta di credito, seriamente intenzionati ad ottenere l’impianto. Come ha evidenziato Keith, in una sua news di risposta alla diffusione di questa storia, le similitudini del chip della G.M. con la profezia biblica sul Marchio della Bestia sono talmente evidenti da far rabbrividire perfino gli scettici più incalliti. Secondo il ricercatore, alcuni interpretano la visione della Rivelazione di Giovanni con qualcosa di figurativo o simbolico, collegato alla coscienza, o alle azioni di qualcuno. Ma per altri ciò che Giovanni dice è un chiaro avvertimento: ” (la Bestia) faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, ricevessero un marchio sulla sua mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere, senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d’uomo. E tal cifra è seicentosessantasei” (Apocalisse 13:16). Il controllo globale del genere umano Comunque sia, lo sviluppo e l’impiego di microchip e impianti elettronici rientra nei programmi segreti inerenti le operazioni di Mind Control (v. numeri precedenti) da più di trent’anni condotti sull’uomo all’insaputa dell’opinione pubblica. Ricerche, la cui esistenza ancora oggi, nonostante dichiarazioni e testimonianze, costituiscono un argomento ostico da affrontare pubblicamente per le autorità governative e l’establishment politico militare. Una tematica scabrosa la cui divulgazione è, per chi cerchi di accertarne la veridicità, una potenziale minaccia, spesso con pesanti iniziative intimidatorie ed operazioni di censura. Un esempio lampante? Quanto accaduto presso l’università di Albany, Stato di New York, che ha bruscamente interrotto la ricerca e le conferenze sul controllo della mente condotte dalla professoressa Kathryn Kelley, docente di psicologia che stava investigando nel mondo della sorveglianza e del Mind Control attuato dal governo americano. La Kelley ha analizzato nell’arco di due semestri quei casi inerenti individui che hanno dichiarato di essere stati impiantati con trasmettitori in grado di leggere il pensiero. Il dipartimento era al corrente delle teorie della ricercatrice fin dalla primavera del 1998, epoca nella quale la Kelley svolse una conferenza intitolata “The Psychology of Invading the Self” (Psicologia dell’Invasione del Sé). Vennero così a conoscenza del pubblico le ricerche sugli impianti, finanziate dall’Agenzia per la Sicurezza Nazionale (NSA) e dal Dipartimento della Difesa (DoD) con un budget annuo di due miliardi di dollari ed inoltre che i “soggetti ignari e non consenzienti” di questi strumenti erano solitamente “detenuti federali e dissidenti politici”. Nello stesso periodo, la Kelley ottenne il consenso del consiglio scolastico per condurre uno studio sugli “sviluppi della tecnologia connessa alla comunicazione interpersonale”, in particolare sugli aspetti di “monitoraggio e controllo”. Uno degli studenti scoprì, con sua grande sorpresa, che diverse ditte avevano sviluppato dei “trasduttori trans-timpanici”, strumenti che funzionano come mini-telefoni, inviando messaggi vocali all’orecchio interno. Le compagnie però avevano rinunciato a commercializzare tali prodotti per paura che un malfunzionamento delle trasmissioni potesse causare sordità. La dottoressa ha battezzato tali impianti RAAT – Radio Wave Auditory Assaultive Transmitting Implants – ovvero, impianti acustici, aggressivi, trasmettitori di onde radio. “Quando gli operatori – dichiara la Kelley – trasmettono agli impianti RAAT inseriti nelle vittime, possono comunicare con loro a distanza anonimamente e, inoltre, ascoltare le loro conversazioni ed i loro pensieri”. La ricerca sottolineava il fatto che l’Istituto Nazionale per la Sanità (NIH) negava qualunque coinvolgimento del governo in tali ricerche. Quanto finora esposto purtroppo non costituisce la sceneggiatura di una spy-story, ma la prova concreta della realizzazione di un’oscura trama, tessuta segretamente a scapito dell’intera umanità e finalizzata al “controllo” diretto e totale di ogni singolo individuo. Un programma, la cui regia va individuata in quel Governo Ombra i cui membri, con ogni mezzo e attraverso diversi e sofisticati sistemi, promuovono l’insediamento di un Nuovo Ordine Mondiale, tanto caldeggiato, ma che in realtà mira solo alla totale sottomissione del genere umano. di Cristoforo Barbato Per saperne di più: coverSTORY – “Grande Fratello”; coverSTORY “Alterazione Mentale” sull’impiego delle ELF.
http://www.paolodorigo.it/IlGovernoDelleCimici.htm

11 Luglio: la prefettura di Torino si prepara

Mercoledì 11 Giugno 2014

Dopo le ultime voci di corridoio che mettevano in dubbio lo svolgimento del summit europeo sull’occupazione giovanile dell’11 luglio a Torino, quest’oggi arriva la notizia di un incontro in prefettura svoltosi ieri nella capitale piemontese, un vertice che ha voluto definire le basi per il raggiungimento dell’obiettivo di proteggere e servire i 28 capi di Stato che si troveranno a Torino in quel giorno e che, stando ad alcuni fonti di informazione, arriveranno la sera precedente.

A esattamente un mese di distanza dal vertice europeo, la prefettura comincia quindi a organizzarsi in vista di quello che vuole essere una vetrina per la città che si scontra con la realtà dei fatti che conta di precarietà, disoccupazione (e non solo) tra le fasce giovanili della popolazione italiana. A partecipare all’incontro di ieri con il prefetto Paola Basilone, i dirigenti digos, carabinieri, finanza e polizia municipale, per meglio garantire il corretto svolgimento del vertice sotto gli occhi preoccupati e per dimostrare la piena efficienza nel servilismo e nella “sicurezza dell’evento”.

Il luogo dove si terrà il vertice sarà il Lingotto, mentre per pranzi di gala e quant’altro verrà molto probabilmente riservata la Reggia di Venaria. La prefettura di Torino ha già ipotizzato una zona rossa nell’area intorno mentre, soprattutto sui quotidiani locali, si aggira lo spauracchio (riesumato per l’occasione) del G8 universitario del 2008, quando migliaia di giovani si trovarono per le strade della città a contestare il penoso summit universitario di quei giorni.

L’operazione della prefettura ha quindi inizio e i dispositivi messi in campo si preannunciano immensi, mentre i media mainstream contribuiscono come di consueto a creare un clima ad arte fatto di allarmismo per meglio legittimare il lavoro sporco nei confronti di chi quel giorno scenderà in piazza per contestare un sistema politico e economico che ha dimostrato ampiamente, e continua a farlo, i suoi aspetti fallimentari.

Ora a stare sereni dovranno essere anche i vertici della prefettura perchè il dispositivo che minacciano di utilizzare di certo non potrà disincentivare “l’accoglienza” che verrà riservata a Renzi e ai leader europei.

#civediamolundici

InfoAut

http://www.infoaut.org/index.php/blog/precariato-sociale/item/12028-11luglio-la-prefettura-di-torino-si-prepara

I fondi d’investimento USA fanno shopping in Italia

Mercoledì 11 Giugno 2014

I grandi fondi d’investimento statunitensi stanno facendo incetta di asset reali europei ed in particolare italiani. Il settore immobiliare è quello che attira maggiormente questo tipo di investimenti per natura speculativi. In questo momento il bottino più ambito è il portafoglio del Fip (Fondo immobili pubblici), che dal 2004 è composto da quasi 400 immobili pubblici da vendere per permettere allo stato italiano di fare cassa: uffici della pubblica amministrazione, dell’Agenzia delle Entrate, del ministero del lavoro, caserme della Guardia di Finanza e dell’Esercito e altri beni immobili pubblici.

George Soros (con il fondo Quantum Strategic Partners) è uno dei protagonisti di questa gara all’acquisto di asset immobiliari in Italia. Già a marzo si era assicurato una fetta della torta con l’acquisto del 5% di Igd (Immobiliare Grande Distribuzione), il principale attore in Italia nel settore dell’immobiliare per la grande distribuzione, che, tanto per capirci, è controllato dal mondo delle cooperative rosse (Coop Adriatica e Unicoop Tirreno).

L’altro principale protagonista di questo “shopping”, il fondo Blackstone, sta attuando una politica ancora più aggressiva. Proprio questo fondo lanciato un’offerta per il pacchetto di immobili più corposo dal valore di 800 milioni di euro. La natura del mattone come scommessa (ben poco rischiosa) di redditività futura si fa chiara a leggere la dublice strategia di Blackstone: da un lato acquistare in Italia quanti più possibili immobili per i quali c’è la garanzia di avere lo Stato come affittuario (ovvero una rendita garantita), dall’altro avere posizionamenti strategici per sfruttare i processi di trasformazione urbana e far schizzare in alto il valore degli immobili. Un esempio è l’intricato caso del Corriere della sera che, strozzato dai debiti, ha venduto al fondo USA lo storico palazzo di via Solferino a Milano per 120 milioni di euro (un prezzo considerato stracciato, sopratuttto alla luce della recente ristrutturazione per quasi 74 milioni proprio a spese del giornale). Rcs tuttavia dovrà pagare un affitto salato per rimanere nell’edificio, in questo modo Blackstone recupererà ogni anno l’8,5% dell’investimento (un ottima renumerazione del capitale!). Da notare che questa operazione vede al centro della scena gli intricati rapporti tra l’azionariato di Rcs (Fiat, Mediobanca, Banca Intesa Sanpaolo, Pirelli, Pesenti, Unipol…insomma tutta l’imprenditoria italiana che conta) e proprio il fondo Blackstone dove, probabilmente, alcuni di questi soggetti hanno delle partecipazioni (la vicenda è stata affrontata nel dettagli dalla puntata di Report del 14/04/2012).

Da un lato il governo italiano ha la necessità di far cassa e quadrare i conti per rispettare le politiche del rigore, dall’altro banche e fondi di investimento sono gonfi del denaro immesso nel circuito da Fed e Bce a spese dei contribuenti (per ultimo l’abbassamento del costo del denaro a tasso zero…) e cercano di investire nei settori in cui l’enorme massa di capitale possa essere ancora più redditizia. Nel mezzo ci sono gli abitanti delle città italiane; tenuti lontano dalla possibilità di decidere sulla propria città, obbligati a vedere i propri spazi pubblici recintati per l’uso privato di ricchi magnati o a subire la distruzione dei propri quartieri per le necessità di arricchimento dei grandi capitali.

InfoAut

http://www.infoaut.org/index.php/blog/varie/item/12026-i-fondi-dinvestimento-usa-fanno-shopping-in-italia

Il costo dei giovani in fuga dall’Italia? Un danno da 5 miliardi all’anno

Vanno così in fumo tutti gli sforzi e i relativi costi per la formazione. Tenuto conto della media, in base alle spese che una famiglia sostiene per diplomare o laureare il proprio figlio (si va da un minimo di 160 mila euro, a una media di 240 mila e a un massimo non quantificabile) in soli cinque anni l’Italia ha perso 24 miliardi di euro, e quindi 5 miliardi all’anno.
In pratica i Paesi di destinazione si trovano dei ragazzi preparati (le scuole italiane sono ancora tra le migliori del mondo, per fortuna) senza aver sostenuto alcun costo, quindi con una spesa interna del tutto buttata.
Allo stesso tempo, nel 2012, c’è da considerare che gli immigrati sono stati 321 mila (e gli emigrati sono stati 68 mila, di cui appunto 26 mila giovani), ma non possono essere fatti confronti per la diversa composizione formativa, almeno in generale, che casi particolari ce n’è di sicuro. In conclusione, stiamo buttando al vento 5 miliardi di euro all’anno, con conseguenze anche sui redditi futuri e sulle pensioni future, in Italia.
Ad appesantire la situazione, c’è da aggiungere la bassa natalità che porterà il Paese ad invecchiare ancor più; già le nascite sono in calo, se poi i giovani migliori lasciano, le generazioni future troveranno un mix di italiani poco vivaci e per nulla giovani.
http://www.signoraggio.it/il-costo-dei-giovani-in-fuga-dallitalia-un-danno-da-5-miliardi-allanno/