The Kissinger report 2014

Di Enzo Pennetta  1 giugno 2014
  
Heinz Alfred Kissinger, nato a Fürth, 27 maggio 1923, è ancora tra gli invitati del club Bilderberg.
.Una presenza che significa continuità con le idee del kissinger report del 1974.
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Solo quattro anni separano le date di nascita di Kissinger e quella dello scomparso Giulio Andreotti, due nomi che hanno fatto la storia negli anni ’70, eppure mentre l’ex leader della DC era uscito dalla scena politica già da molto (come tutti i suoi coetanei), a 91 anni appena compiuti l’ex segretario di stato di Nixon è ancora un autorevole esponente del mondo politico.
 
Il suo nome è tornato alla ribalta per via della presenza al convegno annuale del Club Bilderberg che si svolge in questi giorni a Copenhagen, come risulta dalla lista ufficiale diffusa dalla stessa organizzazione. Secondo il Guardian la presenza di Kissinger sarebbe dovuta alla sua esperienza sulla Cina, come è possibile leggere nell’articoloBilderberg Group at 60: still keeping the things that matter private“:
 
Il vecchio Harry è arrivato insieme al suo caro e fidato amico, Klaus Kleinfeld, presidente e CEO di Alcoa, il terzo più grande produttore mondiale di alluminio. Sfortunatamente, non basta la luce del sole per penetrare l’oscurità di Kissinger, quindi non sarà una gran foto, ma e’ lui, proprio lui, a sinistra nella foto in basso. Riconoscerei quegli occhiali ovunque. Ne hanno viste di cose…
 
 
Henry, ovviamente, è un esperto della Cina, e Klaus Kleinfeld siede nel consiglio US/Cina; quindi, entrambi avranno parecchio di cui parlare con Cheng Li del Brookings Institute, un esperto di “sviluppo tecnologico in Cina”, secondo il suo profilo alla Brookings. Indubbiamente avrà un ruolo importante nel dibattito “Prospettive politiche ed economiche della Cina”.
 
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 Certamente la Cina sarà un argomento centrale,  il suo fresco accordo di fornitura trentennale di gas con la Russia ha mostrato subito quanto fosse autolesionista l’embargo imposto per la riunificazione con la Crimea, come riportato in un articolo del 21 maggio scorso su Repubblica:
 
Non è un caso se Bruxelles si è subito preoccupata di lanciare un messaggio al Cremlino. “La fornitura di gas all’Europa non deve essere interrotta, conto sulla Russia perchè mantenga i suoi impegni, è responsabilità di Gazprom assicurare le consegne di gas come stabilito dai contratti con le società Ue”: così il presidente della Commissione Josè Barroso in una lettera a Vladimir Putin.
 
Il presidente della Commissione ricorda anche a Putin che “la Ue si aspetta che la Russia attivi un sistema di allerta” che avverta con largo anticipo semmai le forniture dovessero subire interruzioni. “La Ue si aspetta che tutte le parti restino affidabili fornitori e partner di transito, perchè è anche nel loro interesse”.
 
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Ma dobbiamo ricordare che Kissinger rappresenta anche un segno di continuità col passato, rappresenta le politiche attuali di quell’Occidente che si riconosce nel gruppo riunito a Copenhagen e che sono la prosecuzione di quelle che lo stesso Kissinger seguiva negli anni ’70. In quegli anni, esattamente nel 1974, Henry Kissinger stilò un rapporto denominato NSSM 200, meglio noto comeThe Kissinger report“, una relazione sulla sicurezza nazionale con particolare riferimento alla crescita della popolazione mondiale e alle misure neomalthusiane che si sarebbero dovute prendere al riguardo.
 
Da “Inchiesta sul darwinismo“:
 
Il primo tentativo di inserire le iniziative di birth control nella politica nazionale degli Stati Uniti era avvenuto alla fine degli anni ’60, quando il presidente Richard Nixon, definendo la crescita della popolazione «una delle più serie sfide al destino umano nell’ultimo terzo di secolo»18, aveva istituito una commissione sulla popolazione e il futuro dell’America guidata da John Rockefeller. Quando però dopo due anni di lavoro, nel 1972, i risultati vennero comunicati, il presidente li respinse ritenendo inaccettabili le proposte contenute, in particolar modo quella di decriminalizzare l’aborto.
 
[…]
 
Il rifiuto opposto da Nixon fu seguito da una nuova iniziativa coperta stavolta dal segreto di Stato. Uno studio da parte del National Security Council (NSC) sotto la direzione dell’allora segretario di Stato (l’equivalente del ministro degli esteri) Henry Kissinger (1923) che avrebbe ricoperto quell’incarico dal 1973 al 1977. Il documento denominato Nssm 200 (National Security Study Memorandum 200) datato 10 dicembre 1974, era soggetto a un’automatica riduzione del livello di segretezza e fu definitivamente desecretato nel 1980. Sul frontespizio riporta la seguente dicitura: National Security Study Memorandum NSSM 200 Implications of Worldwide Population Growth For U.S. Security and Oversea…
 
Tornando alla completa sovranità dei paesi riguardo all’attuazione del “Piano”, qualcosa lascia capire perché fra i tre punti contestati si tornava a insistere proprio sulla sovranità; si tratta di un passaggio che compare a pagina 7 del documento Nssm 200: «La conferenza per il Piano d’Azione Mondiale per la Popolazione (WPPA), raccomanda che i paesi che lavorano per colpire i livelli di fertilità dovrebbero avere la priorità nei programmi di sviluppo e nelle strategie sulla salute e l’educazione che hanno un effetto decisivo sulla fertilità. La cooperazione internazionale dovrebbe dare la priorità all’assistenza di questo genere di sforzi nazionali».
 
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Le politiche occidentali verso il Terzo Mondo sono da 40 anni orientate verso la riduzione delle nascite, la ricetta malthusiana, fatta propria dal Club di Roma, per mantenere di fatto i poveri nella loro condizione di inferiorità e i paesi industrializzati nella lori situazione di vantaggio. Oggi queste politiche hanno aggiunto un altro argomento tra i loro strumenti, la teoria dell’AGW, cioè del riscaldamento climatico causato dalle attività umane, che è anche uno dei punti all’ordine del giorno a Copenhagen. Che impedire lo sviluppo dei paesi poveri sia il vero fine della questione dell’AGW lo ipotizza anche il sito RT in poche righe dell’articoloBilderberg actually talks nukes, euro nationalism and… Barack Obama – leak“:
 
7. Climate change.
This is a regular topic for many high-ranking discussions, not only the Bilderberg conference in Denmark. People suspicious of the elites call climate change a euphemism for the artificial deindustrialization of some nations, with the goal of keeping the global economy under the control of transnational corporations and the expense of potential hubs of economic growth.
 
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Questo è l’AGW: un “eufemismo per deindustrializzazione artificiale di alcune nazioni“. Queste conclusioni sono oggi ancor più supportate dal recente clamoroso caso di cambiamento di schieramento di uno dei maggiori esperti di clima, di cui si è parlato inLennart Bengtsson: la climatologia è diventata una pseudo-scienza. (Il darwinismo neanche quello).“, e dall’altrettanto recente articolo del Wall Street Journal sull’artificiosità del consenso sull’AGW:”The Myth of the Climate Change ’97%’“.
 
La riunione di Copenhagen è a porte chiuse, ma per capire qualcosa di quello che verrà detto non sarà necessario essere presenti.
 
E poi ci penseranno determinate testate giornalistiche a diffondere le indicazioni che ne scaturiranno.

A ricordo del massacro israeliano contro la Freedom Flotilla 1

Evidenza Freedom Flotilla – 31/5/2014

 InfoPal, 31 maggio 2014. Di Angela Lano. Sono passati quattro anni dal feroce e traumatico attacco pirata israeliano alla Freedom Flotilla diretta a Gaza, carica di attivisti, parlamentari, giornalisti da tutto il mondo, e piena di aiuti umanitari da portare a una popolazione sotto illegale assedio da anni.

In quell’assalto, che Israele effettuò in acque internazionali e contro una flotta umanitaria, vennero assassinate nove persone, cittadini turchi, e ferite oltre 50.

In 700 subimmo l’attacco, fummo aggrediti, imprigionati nelle carceri israeliane, derubati dei nostri bagagli, soldi, materiale di lavoro, libertà personali, e minacciati.

L’unica azione forte contro l’atto di pirateria israeliano è stata intrapresa da un tribunale turco che ha spiccato un mandato di cattura per i responsabili.

Nelle righe che seguono ricostruisco la cronaca dell’aggressione israeliana alla flotilla umanitaria.

Verso Gaza con la Freedom Flotilla. Acque internazionali. Nella serata del 30 maggio, i sistemi di comunicazione delle nostre navi iniziano a ricevere messaggi della Marina israeliana che richiedono l’identità delle imbarcazioni e la rotta.

A mano a mano i messaggi diventano sempre più aggressivi, anche se ci troviamo in acque internazionali: «State invadendo le acque israeliane, fermatevi, fate dietrofront o vi lanceremo un attacco». Il nostro capitano risponde loro che siamo una flotta umanitaria con molti giornalisti a bordo, che non ci fermiamo e che ci dirigiamo verso Gaza.

All’1,30 di notte del 31 maggio, iniziamo a vedere da lontano e su diversi lati, le luci delle navi da guerra israeliane, mentre si intensificano i messaggi di minaccia. Il nostro capitano ribatte che ci troviamo in acque internazionali, che siamo diretti a Gaza e che siamo un flotta umanitaria. 

Il nostro capitano e l’equipaggio ci consigliano di andare a dormire qualche ora: «Sarà una giornata lunga – ci dicono -, riposatevi un po’». Qualcuno di noi rimane di vedetta sul ponte.

Verso le 4 veniamo svegliati di soprassalto. Le navi israeliane sono tutte intorno a noi, come in una tenaglia mostruosa. Stanno per attaccarci. Il capitano ci ordina di infilarci i giubbotti salvagente e di precipitarci sul ponte, rimanendo tutti insieme. Non facciamo in tempo a chiamare i nostri compagni che dormono sottocoperta: verranno svegliati più tardi dai soldati, mitra alla mano.

In acqua, vicinissimi, vediamo gli zodiac israeliani, e un po’ più lontano, le navi da guerra. Sopra di noi, volteggiano gli elicotteri da guerra. Ci disponiamo nella formazione prestabilita: gli attivisti in catena umana intorno alla cabina di comando e alla sala dei motori, in basso, e noi giornalisti in mezzo al ponte, uno vicino all’altro, per proteggere il lavoro dei cameramen.

Ore 4,30. L’hanno fatto. Ci hanno assaltati con uno spiegamento incredibile di militari e di mezzi di acqua e di cielo. L’avevano minacciato: «Vi attaccheremo. Useremo tutta la nostra forza». Sono stati di parola. Hanno fermato, violato una missione umanitaria. Ne sono stati moralmente e politicamente capaci. 

(…) Sulla Mavi Marmara calano come avvoltoi anche dagli elicotteri, sparando all’impazzata.

Usano candelotti lacrimogeni e bombe acustiche per creare panico. E sparano per assassinare: colpi dritti alla nuca, raffiche di proiettili nel corpo. La gente non sta resistendo, è seduta. Pochi sono quelli in piedi.

Sono lì per uccidere. Non per difendersi, come racconterà subito la propaganda israeliana. Fanno un uso sproporzionato della forza, come di consueto. Civili disarmati, e qualche attivista munito di bastone e delle fionde del David contro il potente Goliah. Che beffa della storia!

Sangue e terrore sparsi nelle sale, nei corridoi, nei bagni, nelle stive. Dovunque.

La voce di una donna continua a supplicare: “Siamo civili, non abbiamo fucili… ci serve aiuto per le persone… vi prego, non attaccate!”. È il fuoricampo che riesce a captare la telecamera della regista brasiliana-statunitense Iara Lee, a bordo della nave.

I morti e i feriti magari sono gli stessi che il giorno prima ci salutavano felici, sventolando bandiere palestinesi e turche mentre le nostre navi si trovavano una di fronte all’altra.

Ora sono lì, stesi per terra. Figli, mariti, fratelli, amici di qualcuno che li piangerà disperatamente da qui a qualche ora. O li sta già piangendo.

(…)

Le Tv satellitari piazzate sulla nave Mavi Marmara hanno inviato in tempo reale l’assalto israeliano, i morti, i feriti, il sangue, e l’attacco alle altre barche, la nostra compresa.

L’intero pianeta ne è stato testimone, in diretta.

(Brani tratti da Verso Gaza. In diretta dalla Freedom Flotilla , di Angela Lano, Emi Editrice, Bologna 2010.

Song For The Mavi Marmara

IO SONO UNA BORGHESE DI MERDA

Postato il Giovedì, 29 maggio
DI BARBARA TAMPIERI
 
ilblogdilameduck.blogspot.it
 
“Ma tu non eri di sinistra?” mi chiedeva con preoccupazione un mio follower twittarolo stamattina. Il fatto è, caro, che prima di tutto io sono una borghese di merda, e proprio per questo a vent’anni ero comunista. Non c’è da stupirsene perché sono i borghesi che scelgono la bandiera rossa senza averne la necessità. Marx, Lenin, Trockij, Che Guevara, Fidel Castro, erano tutti borghesi, perché è la borghesia che, quando l’élite esagera, che si tratti di incipriati aristocratici e pretacci o di latifondisti, capitalisti e padroni delle ferriere, fa le rivoluzioni. Sono stata di sinistra per un lungo tempo, prima che saltassero tutte le regole su chi dovesse stare dalla parte del popolo e chi invece doveva vendersi al Capitale. Perché qualcosa è successo, darling. Più o meno attorno al Sessantotto. E’ stato un processo lungo e difficile da allora, ma sta giungendo a compimento. La più grande operazione di pulizia sociale della storia. La fine della lotta di classe con la proclamazione del Capitale come vincitore. With a little help from his friends.
 
Ti spiego il mio percorso. Sono una borghese, dicevo, e la mia è la classe media che, ad un certo punto, nel secolo scorso, è riuscita storicamente ad inglobare emancipandola anche tanta parte della classe operaia. Merito delle lotte dei borghesi dalla coscienza infelice di cui sopra condotte assieme agli operai, certo, ma anche di un capitalismo che pensava che estendere la ricchezza a fasce più ampie della popolazione, facendo diventare i proletari classe media, significava più merci vendute, più profitti e più benessere per tutti. Il famigerato moltiplicatore. Ma già, Henry Ford era un nazifascista anche se pensava che aumentando il salario ai suoi operai questi avrebbero potuto comperare il modello T che fabbricavano.
Quello della mia gioventù sembra un mondo perduto ed estinto; una meraviglia, sai, in confronto a quello di oggi. E sono sicura che te ne ricordi, perché non sei di primo pelo neppure tu.
Uno stipendio in famiglia bastava a condurre una vita più che dignitosa dove non ti mancava nulla di veramente necessario.  Esisteva ancora il concetto di superfluo e per quello c’era il “no, non ce lo possiamo permettere”. Quel no ti aiutava a crescere e a capire che, una volta grande, te lo saresti guadagnato con il tuo lavoro, perché il lavoro ci sarebbe stato, secondo quello che avevi studiato e imparato a fare.
Perfino con uno stipendio solo, con i risparmi (allora si riusciva a mettere da parte qualcosa ogni mese), la famiglia riusciva a comperarsi la casa dove viveva e, se lavoravano tutti e due i genitori, ci si comperava magari un’altra casa al mare o in campagna o in montagna. Perché allora esistevano ancora le ferie e le vacanze non duravano meno di venti giorni. Per le malattie c’era il welfare, ad una certa età arrivavano la pensione e la liquidazione con la quale ti potevi togliere qualche sfizio in più o farti la casetta di cui sopra, perché i nonni non erano costretti a mantenere nipoti disoccupati. Erano i tempi in cui l’Italia stava diventando, pur tra corruzione, mafia e caste, e sottoposta a sovranità limitata come paese sconfitto, la quinta potenza industriale del mondo.
Non erano tutte rose e fiori? Certo, c’erano come sempre i poveri e lo sfruttamento, il mondo era diviso in classi.  C’erano la crisi petrolifera, il terrorismo di stato, le bombe, le guerre imperialiste. Poi arrivò la shock economy, prima dal Sudamerica (però così lontano da noi) e poi nel mondo anglosassone, con i primi vagiti del dominio finanziario sulle nostre vite ma la speranza di un futuro migliore non mancava, nessuno pensava che, pur lavorando da rompersi la schiena, da vecchio sarebbe stato povero e abbandonato perché gli avrebbero portato via tutto. Non avevamo nulla da perdere, caso mai ci sarebbe stato ancora qualcosa da ottenere. Il muro nero della depressione, dell’assenza di un futuro o dell’angoscia data dal pensiero di che cosa sarà il nostro futuro in balia della povertà non esisteva e nessuno sarebbe stato in grado di immaginarlo, a meno che non fosse vissuto al di là di qualche Cortina di Ferro.
Soprattutto nessuno si sarebbe mai immaginato che il benessere ottenuto in base alle lotte sindacali, nato dal sangue degli operai e di quei borghesi empatici e simboleggiato in maniera sacra dalla democrazia, dato ormai per acquisito perché certificato nella Costituzione, sarebbe stato possibile toglierlo al popolo per consegnarlo ad un’élite intenzionata a redistribuire la ricchezza esistente verso l’alto, accaparrandosela tutta e creando un mondo dove l’1% ha tutto e il 99% quasi nulla, senza più democrazia. Un mondo nuovo ma tremendamente simile al Medioevo che, per essere realizzato, ormai lo sappiamo, nei trent’anni previsti per il suo compimento non potrà che finire con l’eliminazione fisica della classe media, magari sostituita da carne da macello proveniente dal terzo mondo da impiegare per la pulitura dei cessi dove andranno a sedersi i culi imperiali.
Credo che, se qualcuno allora, negli anni sessanta-settanta, avesse visto un’anteprima del futuro, ovvero dei giorni nostri, lo avrebbe considerato il peggiore incubo mai vissuto e nessuno avrebbe potuto immaginare che coloro che si sarebbero offerti spontaneamente per farlo avverare sarebbero stati i partiti di sinistra, quelli più tradizionalmente (allora) vicini al popolo.
 
Eccoci, caro, al perché io non sono più comunista, non sono più di sinistra, anzi non sono niente, sono solo una borghese di merda ma molto, molto incazzata.
Sono incazzata e mi difenderò fino all’ultimo perché vogliono farmi fuori. Vogliono portarmi via ciò che la mia famiglia mi ha lasciato, affinché, assieme a ciò che mi guadagno con il mio lavoro, potessi avere una vecchiaia serena senza dover dipendere da nessuno. Penso a me stessa, certo. Gli altri hanno smesso di pensare a me.
 
Ti pare impossibile che l’orrendo scenario che ti ho descritto possa realizzarsi? Cosa ti stanno ripetendo giorno e notte, tutti i giorni e a tutte le ore, caro amico? Che quel mondo che ti ho descritto e che abbiamo vissuto, che ci ha permesso di crescere ed arrivare fin qui dobbiamo scordarcelo perché NON POSSIAMO PIU’ PERMETTERCELO. E, di grazia, ti stai chiedendo il PERCHE’? Perché le risorse mondiali sono limitate? Per quello basterebbe uno sviluppo più responsabile. Basterebbe quella cosa che si chiama progresso e che nasce dall’ingegno di persone molto creative in ogni epoca e che in poco più di cento anni ci hanno dato l’elettricità, la mobilità di persone e merci e la comunicazione. Progresso che serve da sempre a migliorare la vita delle persone e a renderla più facile. Basterebbe tendere a realizzare uno di quei mondi futuribili ideali che nessun romanzo di fantascienza ha più il coraggio di immaginare.
Il nostro benessere non possiamo più permettercelo perché ciò che abbiamo lo vuole qualcun’altro, e non sono certo coloro che non hanno nulla ma quelli che hanno già tutto. Vedi, in fondo, da borghese di merda, con queste parole sto pensando anche a te, sto cercando di avvertirti del pericolo, anche se non meriteresti affatto di essere salvato.
 
Non sono direttamente le élite che ti annunciano la fine del tuo diritto al benessere perché un domani conterà solo il loro, perché la scusa delle risorse limitate è un’occasione ghiotta per fare un po’ di pulizia sociale e vincere la Lotta di Classe. Te lo fanno dire dai loro servi. Quelli che si sentono superiori perché non sono razzisti ma democratici, a favore delle minoranze, antifascisti, ammiratori dell’Europa e della serietà teutonica, progressisti, internazionalisti, contro tutte le diversità perché devoti all’OMOLOGAZIONE. Che si sentono importanti perché con il 99% possono masturbarsi sulle grandi cifre e non si accorgono che la loro maggioranza è destinata a diventare il Soylent Green.
Sono quelli che ogni mattina ringraziano non si sa chi per non essersi svegliati trasformati in scarafaggi piccoloborghesi.
 
Quando tutto iniziò, con i primi attacchi ai diritti sociali acquisiti e l’avvento della dittatura del mercato, avrebbero dovuto riconoscere subito il progetto reazionario e revanchista dell’élite. Certo avrebbero dovuto difendere il benessere generale, le conquiste ottenute fino a quel momento e la democrazia, distinguendo tra capitalismo accettabile e capitalismo disumano, alleandosi con quella borghesia di merda che però sa fare le rivoluzioni e che un minimo di riconoscenza se la meriterebbe.
Invece, pur di non rinnegare la lotta antiborghese di principio, hanno ascoltato le sirene della globalizzazione travestita da internazionalismo ed hanno scelto l’omologazione nel concime, il “semo tutti uguali” come materia organica anfibia, per potere essere ancora più merda della borghesia e in fondo distinguersi. Perché in fondo sono dei neoaristocratici pure loro.
Si sono alleati con il Capitale contro il resto del mondo e di fatto contro loro stessi. Perché credono di appartenere ad un corpo speciale e privilegiato per essersi guadagnati con il tradimento l’onore di poter dare il colpo di grazia all’odiata borghesia (rinnegando Marx, Lenin e gli altri che ho nominato) ma sono anche loro feccia destinata a soccombere. Li tengono per ultimi per compostarli meglio. Concimeranno con onore i giardini degli ingiusti di Elysium.
Barbara Tampieri
29.05.2014

Questa è la legge

Intervento di Solange Manfredi ad una conferenza all’Università di Teramo risalente al 2012

IL GRANDE INGANNO: DA MAASTRICHT A LISBONA

articolo di Solange Manfredi risalente al 2009
 
Nel corso di questi anni ho scritto diversi articoli sottolineando alcune sentenze o leggi che, a mio parere, presentavano diverse anomalie:
 
 
Non riuscivo a spiegarmi, allora, perché questi fatti non venissero segnalati, commentati e, soprattutto, perché i media tacessero la “pericolosità” di quanto stava accadendo. Oggi, probabilmente, ho capito il perché di quell’assordante silenzio.
 
Quella che vi sto per raccontare è la storia di un grande inganno, un inganno che parte da lontano, sin dalla fine della seconda guerra mondiale. E’ la storia di un progetto (eversivo???) che vuole l’Europa governata da una oligarchia. Poiché il progetto subisce, nel 1992, un’importante accelerazione, è da tale anno che inizieremo a raccontare questa storia.
 
MAASTRICHT
 
Il 29 gennaio 1992 viene emanata la legge n. 35/1992 (Legge Carli – Amato) per la privatizzazione di istituti di credito ed enti pubblici.
 
Passano pochi giorni ed ecco un’altra data cruciale, il 07 febbraio 1992. In questa data avvengono due fatti estremamente importanti per la realizzazione del progetto:
 
– viene varata la legge 82 con cui il ministro del Tesoro Guido Carli (già governatore della Banca d’Italia), attribuisce alla Banca d’Italia la facoltà di variare il tasso ufficiale di sconto senza doverlo più concordare con il Tesoro. Ovvero dal 1992la Banca D’Italia decide autonomamente per lo Stato italiano il costo del denaro;
 
– Giulio Andreotti come Presidente del Consiglio assieme al Ministro degli Esteri Gianni de Michelis e il Ministro del Tesoro Guido Carli firmano il Trattato di Maastrich, con il quale vengono istituiti il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e la Banca centrale europea (BCE). Il SEBC è un’organizzazione, formata dalla BCE e dalle banche centrali nazionali dei paesi dell’Unione europea, che ha il compito di emettere la moneta unica (euro) e di gestire la politica monetaria comune con l’obiettivo fondamentale di mantenere la stabilità dei prezzi.
 
I cittadini italiani non si rendono conto della gravità delle conseguenze che questi atti hanno, ed avranno, sulle loro vite. Ne subiscono le conseguenze, e quando si domandano “perchè”, ogni volta viene loro proposto un capro espiatorio diverso. L’importante è che i cittadini non riescano a capire quanto sta avvenendo.
 
I potenti, nel frattempo, continuano a lavorare al loro progetto e, il 13 ottobre 1995, il governo italiano, con il D.M. n. 561, pone il segreto su:
 
– art. 2) atti, studi, analisi, proposte e relazioni che riguardano la posizione italiana nell’ambito di accordi internazionali sulla politica monetaria….;
 
– d) atti preparatori del Consiglio della Comunità europea;
 
– e) atti preparatori dei negoziati della Comunità europea…
 
– Art. 3. a) atti relativi a studi, indagini, analisi, relazioni, proposte, programmi, elaborazioni e comunicazioni …..sulla struttura e sull’andamento dei mercati finanziari e valutari….; ecc…).
 
Insomma, quanto il Governo sta facendo per realizzare il progetto europeo non si deve sapere, men che meno in ambito di politica monetaria.
 
Il 01 gennaio 2002 l’Italia ed altri paesi europei (non tutti) adottano come moneta l’euro. E’ il crollo. I prezzi raddoppiano, gli stipendi no. La crisi economica si acuisce. Anche in questo caso viene offerto ai cittadini qualche capro espiatorio per giustificare una crisi che, invece, secondo alcuni analisti, è stata pianificata da tempo.
 
Il 04 gennaio 2004 Famiglia Cristiana rende note le quote di partecipazione alla Banca D’Italia. Si scopre così, per la prima volta (le quote di partecipazione di Banca d’Italia erano “riservate”) che l’istituto di emissione e di vigilanza, in palese violazione dell’art. 3 del suo statuto (In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici) è, per il 95% in mano a banche private e società di assicurazione (Intesa, San Paolo, Unicredito, Generali, ecc..). Solo il 5% è dell’INPS.
 
Da quando la Banca d’Italia è in mano ai privati? Come è potuto succedere tutto ciò? La risposta è semplice: con la privatizzazione degli istituti di credito voluta con la legge n. 35/1992 Amato- Carli, cui, l’ex governatore della Banca d’Italia, ha fatto subito seguire la legge 82/1992, che dava facoltà alla Banca D’Italia di decidere autonomamente il costo del denaro.
 
In altri termini con queste due leggi la Banca d’Italia è divenuta proprietà di banche private che decidono da sole il costo del denaro sancendo così, definitivamente, il dominio della finanza privata sullo Stato. A questo stato di cose seguono i noti scandali bancari (Bond argentini, Cirio, Parmalat, scalata Unipol con il rinvio a giudizio del governatore di Banca d’Italia Fazio, ecc..) con grande danno per migliaia di risparmiatori.
 
Possibile che il Ministro Carli, ex governatore della Banca d’Italia, non si sia accorto di tutto ciò? Ed ancora: è possibile che i politici, ministri del Tesoro, governatori non si siano accorti, per ben 12 anni, di questa anomalia? Comunque se ne accorgono alcuni cittadini, che citano immediatamente in giudizio la Banca d’Italia.
 
Il 26 settembre 2005 un giudice di Lecce, con la sentenza 2978/05, condanna la Banca d’Italia a restituire ad un cittadino (l’attore) la somma di euro 87,00 a titolo di risarcimento del danno derivante dalla sottrazione del reddito monetario.
 
Nella sentenza viene sottolineato, inoltre, come la Banca d’Italia, solo nel periodo 1996-2003, si sia appropriata indebitamente di una somma pari a 5 miliardi di euro a danno dei cittadini. Ma ancora non basta, perché la perizia del CTU nominato dal giudice mette in evidenza:
 
Per quanto concerne la Banca D’Italia:
 
– come questa sia, in realtà, un ente privato, strutturato come società per azioni, a cui è affidata, in regime di monopolio, la funzione statale di emissione di carta moneta, senza controlli da parte dello Stato;
 
– come, pur avendo il compito di vigilare sulle altre banche, Banca D’Italia sia in realtà di proprietà e controllata dagli stessi istituti che dovrebbe controllare;
 
– come, dal 1992, un gruppo di banche private decida autonomamente per lo Stato italiano il costo del denaro.
 
Per quanto concerne la BCE:
 
– come questa sia un soggetto privato con sede a Francoforte;
 
– come, ex art. 107 del Trattato di Mastricht, sia esplicitamente sottratta ad ogni controllo e governo democratico da parte degli organi dell’Unione Europea.
 
– come la succitata previsione faccia si che la BCE sia una sorta di soggetto sovranazionale ed extraterritoriale;
 
– come, tra i sottoscrittori della BCE, vi siano tre stati (Svezia, Danimarca ed Inghilterra) che non hanno adottato come moneta l’euro, ma che, in virtù delle loro quote, possono influire sulla politica monetaria dei paesi dell’euro.
 
In altri termini la sentenza mette in evidenza come lo Stato, delegato dal popolo ad esercitare la funzione sovrana di politica monetaria, dal 1992 l’abbia ceduta a soggetto diverso dallo Stato: prima alla Banca D’Italia (di proprietà al 95% di privati), quindi alla BCE (soggetto privato, soprannazionale ed extraterritoriale).
 
Così’ facendo lo Stato ha violato due articoli fondamentali della Costituzione:
L’art. 1 che recita: “…La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
 
Infatti il popolo aveva delegato i suoi rappresentanti ad esercitare la funzione sovrana di politica monetaria, non a cederla a soggetti privati
 
L’art. 11 della Costituzione che recita: “L’Italia … consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
 
L’art. 11 della Costituzione consente limitazioni (non già cessioni) della sovranità nazionale.
 
Inoltre, la sovranità monetaria non è stata ceduta a condizioni di parità (le quote di partecipazione alla BCE non sono paritarie), vi fa parte anche la Banca d’Inghilterra che non fa parte dell’euro e partecipa alle decisioni di politica monetaria del nostro Stato, senza che lo Stato italiano possa in alcun modo interferire nella politica monetaria interna.
 
Ed ancora. Tale limitazione (non cessione) può essere fatta ai soli fini di assicurare “la pace e la giustizia tra le Nazioni”. I fini della BCE non sono quelli di assicurare pace e giustizia fra le nazioni, ma quello di stabilire una politica monetaria (per una disamina più approfondita della problematica rimando al mio articolo “violazioni costituzionali nell’esercizio della politica monetaria: http://www.altalex.com/index.php?idnot=37819 ).
 
La sentenza è, quindi, estremamente importante e, per taluni, anche estremamente pericolosa, visto che ai politici, che illegittimamente hanno concesso la sovranità monetaria prima alla Banca d’Italia e poi alla BCE potrebbero essere contestati i reati di cui agli artt.
 
– 241 c.p: “Chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza dello Stato, è punito con l’ergastolo”.
 
– 283 c.p.: “Chiunque commette un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato, o la forma del Governo con mezzi non consentiti dall’ordinamento costituzionale dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni”.
 
I politici, infatti, hanno ceduto un potere indipendente e sovrano ad un organismo privato e, per quanto riguarda la BCE, anche esterno allo stato.
 
Il pericolo c’è, ma la paura di un possibile rinvio a giudizio per questi gravi reati dura poco, qualche mese.
 
Per una strana coincidenza, a soli 5 mesi dalla sentenza che condanna la Banca d’Italia, nell’ultima riunione utile prima dello scioglimento delle camere in vista delle elezioni, con la legge 24 febbraio 2006 n. 85 dal titolo “Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione” vengono modificati proprio gli artt.241 (attentati contro l’indipendenza, l’integrità e l’unità dello Stato); 283 (attentato contro la Costituzione dello Stato); 289 (attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali), ovvero le figure di attentato alle istituzioni democratiche del paese, che, diciamolo, con i reati di opinione hanno ben poco a che vedere.
 
Cosa cambia con questa modifica?
 
Nella sostanza le figure di attentato diventano punibili solo se si compiono atti violenti, se si attenta alla costituzione semplicemente abusando di un potere pubblico non si commette più reato.
 
I politici, dunque, non solo sono salvi per quanto concerne il passato, ma, da ora in poi, potranno abusare del loro potere pubblico violando la costituzione senza più rischiare assolutamente nulla.
 
Certo, questa modifica priva la nostra Repubblica di qualsiasi difesa, ma di questo pare nessuno se ne accorga. (per una disamina più approfondita dell’argomento rimando al mio articolo Attentato agli organi costituzionali).
 
Pochi mesi dopo questa modifica arriva la sentenza 16751/2006 della Cassazione a sezioni Unite, che accoglie il ricorso di Banca D’Italia avverso la succitata sentenza del giudice di Lecce. Nelle motivazioni si legge:”… al giudice non compete sindacare il modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, tra le quali sono indiscutibilmente comprese quelle di politica monetaria, di adesione a trattati internazionali e di partecipazione ad organismi sovranazionali: funzioni in rapporto alle quali non è dato configurare una situazione di interesse protetto a che gli atti in cui esse si manifestano assumano o non assumano un determinato contenuto”.
 
In altri termini il giudice non può sindacare come lo stato esercita le sue funzioni sovrane, neanche quando queste arrechino un danno al cittadino.
 
Ma, come abbiamo appena visto, il cittadino è rimasto anche privo di difese anche nel caso in cui, abusando di poteri pubblici, la sua sovranità venga svenduta a soggetti privati.
 
E allora che fare?
 
Al cittadino resta un’ultima flebile speranza? Può aggrapparsi alla violazione dell’art. 3 dello statuto della Banca d’Italia? Assolutamente no, a dicembre del 2006 anche l’art. 3 dello Statuto, ovviamente, è stato modificato. Ora non è più necessaria nessuna partecipazione pubblica in Banca d’Italia. Tutto in mano ai privati per statuto.
 
La sovranità monetaria è persa. Ma l’inganno è solo all’inizio, anche se è stato portato a termine un tassello importante del progetto, in fondo si sa, è il denaro che governa il mondo.
 
LISBONA
 
I potenti, sicuri della loro totale impunità, proseguono nel grande inganno e, visto che nel 2005 la Costituzione europea (che presentava palesi violazioni con le maggiori costituzioni europee e pareva scritta per favorire le grandi Lobby affaristiche in danno dei cittadini) era stata bocciata da francesi ed olandesi al referendum, decidono che, per far passare il testo, si deve agire in due modi:
 
– evitare di far votare la popolazione;
 
– rendere il testo illeggibile
 
Il loro progetto prevede di lasciare la Costituzione Europea immutata e, per evitare il referendum, di chiamarla “Trattato“.
 
Poi, per evitare che il cittadino si renda conto che nulla è cambiato, rendono il testo illeggibile inserendo migliaia di rinvii ad altre leggi e note a piè pagina, come hanno confessato:
 
– l’ex presidente francese Valéry Giscard D’Estaing: “Il Trattato è uguale alla Costituzione bocciata. Solo il formato è differente, per evitare i referendum”;
 
– il parlamentare europeo danese Jens-Peter Bonde “I primi ministri erano pienamente consapevoli che il Trattato non sarebbe mai stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a referendum. La loro intenzione era di farlo approvare senza sporcarsi le mani con i loro elettori”;
 
– il nostro Giuliano Amato: “Fu deciso che il documento fosse illeggibile…Fosse invece stato comprensibile, vi sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum”.
 
Nel 2007 tutto è pronto, e il 13 dicembre i capi di governo si riuniscono a Lisbona per firmare il Trattato, ovvero la Costituzione europea bocciata nel 2005 e resa illeggibile. Ora, manca solo la ratifica dei vari stati.
 
Il parlamento italiano ratifica il trattato di Lisbona l’08 agosto del 2008, approfittando della distrazione dei cittadini dovuta al periodo feriale. Nessuno spiega ai cittadini cosa comporti la ratifica del Trattato, ed i media, ancora una volta, tacciono.
 
In realtà con quella ratifica abbiamo ceduto la nostra sovranità in materia legislativa, economica, monetaria, salute e difesa ad organi (Commissione e Consiglio dei Ministri) che non verranno eletti dai cittadini. Il solo organo eletto dai cittadini, Parlamento Europeo, non avrà, nei fatti, alcun potere (per una disamina più approfondita del Trattato rimando all’ottimo articolo di Paolo Barnard sul trattato di Lisbona).
 
Ancora una volta i nostri politici, abusando del loro potere pubblico, hanno violato l’art. 1 e 11 della nostra costituzione.
 
L’art. 1 perchè, come detto, lo stato ha la delega ad esercitare la funzione sovrana in nome e per conto dei cittadini, non a cederla. E’ come se una persona avesse il compito di amministrare un immobile e lo vendesse all’insaputa del proprietario, abusando del potere che gli è stato conferito.
 
Inoltre ha violato l’art. 11 perché, come abbiano visto: “L’Italia …. consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità”.
 
Lo stato, invece, ancora una volta ha ceduto la sovranità e l’ha ceduta non in condizioni di parità. Infatti l’Inghilterra, che già non ha aderito all’euro, in sede di negoziato ha ottenuto diverse e importanti esenzioni per aderire al Trattato di Lisbona, eppure pare che il primo presidente europeo sarà proprio l’ex primo ministro inglese Tony Blair.
 
La nomina a presidente europeo di Blair deve far riflettere, sopratutto in ordine alla c.d. Clausola di Solidarietà presente nel Trattato di Lisbona. Detta Clausola prevede che ogni nazione europea sia tenuta a partecipare ad azioni militari quando si tratti di lottare contro «azioni terroristiche» in qualunque altra nazione.
 
In problema è che nessuno ha definito cosa si intenda per “azioni terroristiche“.
 
Chi deciderà chi è un terrorista e perchè? Persone come Tony Blair, in passato coinvolto nello scandalo sulle inesistenti armi di distruzione di massa in mano a Saddam con cui è stata giustificata la guerra all’Irak?
 
A quante guerre ci sarà chiesto di partecipare solo perché qualche politico non democraticamente eletto avrà deciso di usare la parola “terrorista” o “azione terroristica”?
 
Si consideri che già, oggi, basta definire un cittadino “presunto terrorista” per poterlo privare dei diritti umani e permettere che i servizi segreti possano sequestrarlo a fini di tortura, attività criminale che potrà, poi, essere coperta con il segreto di stato, come ha recentemente confermato con la sentenza 106/2009 anche la nostra Corte Costituzionale (per una disamina più approfondita della problematica rimando al mio articolo Il lodo Alfano? Un falso bersaglio, l’Italia ha perso la tutela dei diritti umani).
 
Ma il dato più allarmante è che, con il Trattato di Lisbona, viene reintrodotta la pena di morte.
 
Ovviamente tale dicitura non è presente nel testo del Trattato, ma in una noticina a piè pagina (si continua nell’inganno).
 
Leggendo attentamente questa noticina, e seguendo tutti i rimandi, si arriva alla conclusione che con il Trattato di Lisbona accettiamo anche la Carta dell’Unione Europea, la quale dice “La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: Per eseguire un arresto regolare o per impedire l’evasione di una persona regolarmente detenuta ; per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un’insurrezione” (articolo 2, paragrafo 2 della CEDU).
 
La cosa è di estrema gravità. Infatti, anche in questo caso, chi deciderà che una protesta è sfociata in disordini tali da rendere lecito un omicidio? (l’Italia, poi, ha un triste primato in fatto di “agenti provocatori” pagati per trasformare una manifestazione in guerriglia).
 
In quali casi si potrà sparare sulla folla disarmata? Chi deciderà quando potranno essere sospesi i diritti umani? Perché di questo si tratta.
 
Ecco la storia di un grande inganno, un inganno che inizia con il cedere illecitamente, proteggendosi con il segreto, la funzione sovrana dell’esercizio della politica monetaria a privati. Nello sfuggire alle responsabilità del proprio operato depenalizzando le figure di attentato alla costituzione. Nell’approfittare delle ferie estive per ratificare un trattato con cui vengono cedute le nostre restanti sovranità (legislativa, economica, monetaria, salute, difesa, ecc..) ad una oligarchia non eletta e che nessuno conosce. Ed, in ultimo, nel dare il potere a qualche politico di poter privare i cittadini dei loro diritti umani semplicemente con una parola.
 
Così, quando i cittadini si renderanno conto che hanno perso tutto, che la loro vita viene decisa da una oligarchia di potenti non eletti democraticamente, quando si renderanno conto del grande inganno in cui sono caduti non sarà loro concesso neanche reagire o protestare, perchè basterà una sola parola per trasformare la reazione in “azione terroristica” o la protesta in “insurrezione”, legittimando così la sospensione dei diritti umani e l’applicazione della pena di morte. Il tutto, poi, verrà coperto con il segreto di stato.
 
 

Abolizione delle province? No, aumento dei posti pubblici

venerdì, maggio 30, 2014
 
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In questo articolo vogliamo evidenziare come la tanto sbandierata riforma di abolizione delle province si riveli, nella realtà dei fatti e dei numeri, una riforma a metà costruita a fini meramente elettorali. Le provincie non saranno abolite ma riformate, aumenteranno le città metropolitane, come aumenteranno il numero di consiglieri comunali e assessori nei piccoli e piccolissimi comuni, una distribuzione di circa 25mila cariche pubbliche, mentre il risparmio generale per lo Stato sarà modestissimo, attorno ai 150 milioni di euro.
 
La notizia economica principale di queste settimane è stato il passaggio al Senato del decreto legge sull’abolizione delle Provincie. Il così detto “decreto Del Rio”, è stato approvato al Senato la settimana scorsa con 160 voti favorevoli e 133 contrari, nessun astenuto.
 
Cosa prevede il decreto
 
A dispetto della grancassa mediatica e della propaganda del governo sulle riforme da effettuare, il disegno di legge non prevede affatto l’abolizione delle provincie, ma bensì una loro riforma. Questo ad un qualsiasi costituzionalista potrà sembrare ovvio, in quanto per eliminare completamente le Provincie ci sarebbe voluta una riforma della Costituzione e non un decreto legge, anche se costituzionale. Se si va a leggere il testo della legge infatti, si viene a scoprire che le amministrazioni locali saranno categorizzate in: città metropolitane, province, unioni di comuni e comuni. Le province, non saranno quindi abolite ma avranno funzioni limitate e saranno gestite dai primi cittadini locali, non più da funzionari provinciali e da giunte specifiche. Inoltre, le giunte provinciali rimarranno e, oltre il danno la beffa, non saranno nemmeno più elette direttamente dai cittadini. Le provincie quindi verranno praticamente svuotate dalla rappresentanza politica, ma rimarranno in capo ad esse ancora numerose attività, soprattutto del settore dei trasporti, nella costruzione e gestione delle strade provinciali e insieme ai comuni nell’edilizia scolastica.
 
Città metropolitane
 
Il decreto oltre a questa rimodulazione delle province, prevede la costituzione di nuove città metropolitane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. A queste sia aggiunge, con alcune specificità, Roma capitale. Queste nove città si vanno ad aggiungere a quelle già istituite dalle Regioni a statuto speciale tra cui: Palermo, Catania, Messina, Cagliari e Trieste. Le città metropolitane avranno fondamentalmente la funzione delle province con il sindaco del capoluogo che diventerà sindaco metropolitano. Il consiglio metropolitano verrà composto dal sindaco metropolitano e da: 24 consiglieri nelle città metropolitane con popolazione superiore a 3 milioni di abitanti, 18 consiglieri nelle città metropolitane con popolazione superiore a 800mila persone e inferiore o pari a 3 milioni di abitanti, 14 consiglieri nelle città con popolazione inferiore a 800mila abitanti.
 
Piccoli consigli comunali crescono
 
Come spesso accade la vera natura di molti decreti legge la si deve ricercare nei commi, in questo caso al comma 27, dove si fa riferimento alla “ricomposizione dei consigli comunali”. Come giustamente sottolineato dal Fatto Quotidiano, nel nuovo articolo 28 della legge vengono elencate una serie di disposizioni per un aumento del numero dei consiglieri comunali e degli assessori comunali per i Comuni fino a 3mila e fino a 10mila abitanti. Con la nuova legge le fasce dei piccoli comuni sono state semplificate in due, quelli sotto i 3000 e quelli tra i 3000 e i 10000. In questa maniera nella prima fascia  il consiglio comunale sarà composto, oltre che dal sindaco, da 10 consiglieri e un numero massimo di due assessori, mentre per quelli fino a 10mila si passa a 12, più quattro assessori. Un netto aumento rispetto alla riforma Calderoli che prevedeva:
  • 6 consiglieri per i Comuni fino a 1000 abitanti;
  • 6 consiglieri e due assessori per i Comuni tra i mille e i 3mila abitanti;
  • 7 consiglieri e 3 assessori per i Comuni tra i 3mila e i 5mila abitanti;
  • 10 consiglieri e 4 assessori per i Comuni tra i 5mila e i 10mila abitanti;
Come possiamo vedere la semplificazione c’è stata, ma verso l’alto, un’incredibile distribuzione di mini poltrone e posti pubblici, basata essenzialmente su puro calcolo politico/elettorale.
 
Pesanti critiche di Boeri al disegno di legge
 
Non ha fatto mancare pesanti critiche al disegno di legge nemmeno l’economista Tito Boeri, che in un articolo pubblicato su lavoce.info. Nel articolo l’economista sottolinea che stando al testo di legge le prospettive di risparmi effettive per lo Stato saranno minime dato che né dipendenti né funzioni delle ex province scompariranno e, di conseguenza, neanche i costi relativi, la stragrande maggioranza delle spese di questo livello di governo. E dato che come abbiamo visto le province rimangono in vita, anche se la dirigenza politica è ora espressa in modo indiretto, non si riducono neanche le spese di rappresentanza degli altri enti territoriali e del governo presso le province. I veri risprmi, calcola Boeri, si aggireranno attorno ai 150 milioni di euro, sommando l’eliminazione del finanziamento degli organi istituzionali e le spese relative alle elezioni provinciali. Una cifra quasi insignificante di fronte alla spesa pubblica complessiva di 800 miliardi di euro. Rispetto alla riforma dei consigli dei piccoli comuni, Boeri non solo evidenzia i circa 25 mila posti pubblici in più creati dalla legge, che stando al governo verrebbero creati “senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica”, ma inoltre rinfaccia all’esecutivo il mancato coraggio di non essere andati più a fondo:“Visto che per i piccoli comuni la gestione di tutti i servizi fondamentali in forma associata diventa obbligatoria, non si capisce bene perché non prevederne direttamente la fusione”
http://cogitoergo.it/?p=26505