IL TAR DEL LAZIO SCHIANTA EQUITALIA: LE CARTELLE SONO TUTTE NULLE! (E NON E’ UNO SCHERZO)

domenica 5 maggio 2013
«Le cartelle di Equitalia e gli avvisi delle Agenzie delle Entrate sono tutti nulli. Ciò deriva da una importante sentenza del TAR Lazio. Il Tribunale amministrativo ha stabilito che, all’interno delle Agenzie delle Entrate, gran parte del personale che firma gli accertamenti non ha i requisiti di “dirigente”. La conseguenza è che tali atti sono nulli e, con essi, anche le successive cartelle Equitalia.»

«La questione è stata affrontata anche dalla stessa Corte dei Conti e dal Consiglio di Stato. Quest’ultimo sostiene, tra le righe, che Equitalia S.p.a. agendo in qualità di agente della riscossione, in quanto concessionario di un pubblico servizio, deve utilizzare, per tutte le incombenze, personale che opera in regime di diritto pubblico, ossia Dirigenti della Pubblica Amministrazione.»

«Così, i restanti posti sono stati coperti con incarichi fiduciari, conferiti in barba alla legge secondo logiche clientelari. A coprire carichi dirigenziali sono stati chiamati semplici impiegati, che non avevano neanche la qualifica di funzionari e neanche quelli che sono stati retrocessi alla nona qualifica funzionale (i quadri). Così, a comandare sui dirigenti vengono chiamati dei semplici impiegati.»

(Sintesi della sentenza Tar Lazio n. 6884)

Ed ora veniamo ai commenti di esperti e operatori del settore.

767 funzionari di Equitalia su 1146 sarebbero “abusivi”, quindi i loro atti nulli. Ma non è dato sapere chi siano. Motivi di sicurezza. Una delicatezza che non è stata usata per gli italiani e i loro conti correnti, ormai obbligatori per tutti per questioni di tracciabilità del denaro. Si, il nostro!In nome del principio di trasparenza, voluto dalla stessa Costituzione Eq uitalia sarà costretta a pubblicare i nomi dei funzionari coinvolti nel procedimento di riscossione del tributo, a differenza di quanto dichiarato precedentemente dall’ente che motivava la sua scelta con motivi di sicurezza. Il caso nasce dopo la richiesta, da parte di un contribuente, di conoscere il nome del funzionario che si occupava della sua pratica, per poter meglio valutare la sua strategia di difesa ed è in parallelo con quello di 767 dirigenti dello stesso ente la cui nomina è avvenuta attraverso procedure non corrette e quindi è stata decretata come nulla. La particolarità della questione nasce proprio dal fatto che questo piccolo esercito di funzionari è entrato a far parte della “famiglia” di Equitalia (una sorta di famiglia Addams ma completamente antipatica), senza attraversare l’iter classico per l’assunzione del personale, ovvero niente concorso nè graduatorie pre esistenti. Nessun controllo, nessuna documentazione. Una ingiustizia per il cittadino il quale deve presentare, da adesso, una serie di scartoffie firmate anche da genitori e parenti in caso di regali particolarmente costosi oppure di prestiti che, in periodo di crisi, siamo sempre più spesso a chiedere, a tutto discapito di una “normale” dignità umana che diventa sempre più rara. (trendonline)

Sarebbero nulli tutti gli atti emessi dalla Agenzia delle Entrate e, di conseguenza, le cartelle esattoriali di Equitalia formate sulla base di ruoli delle Agenzie delle Entrate: la ragione è perché il Fisco ha fatto fino ad oggi firmare i propri atti a personale dipendente privo della qualifica di “dirigente”. Il terremoto è stato sollevato dalla dottoressa Maria Rosaria Randaccio ex Intendente di Finanza a Cagliari (poi direttrice della Commissione Tributaria, in ultimo in forza al Tesoro e all’assessorato regionale al Turismo), la quale avverte: le cartelle di Equitalia e gli avvisi delle Agenzie delle Entrate sono tutti nulli. Ciò deriva da una importante sentenza del TAR Lazio [1]. Il Tribunale amministrativo ha stabilito che, all’interno delle Agenzie delle Entrate, gran parte del personale che firma gli accertamenti non ha i requisiti di “dirigente”. La conseguenza è che tali atti sono nulli e, con essi, anche le successive cartelle Equitalia. La Randaccio ha da poco presentato un esposto alla Procura Generale della Corte dei Conti e alla Avvocatura Generale e invita tutti i cittadini a ricorrere contro questo vizio di nullità.

In pratica:

 Secondo l’esposto presentato dalla dott.ssa Randaccio, tutti gli accertamenti fatti da Equitalia ma che provengono da ruoli trasmessi dalle Agenzie delle Entrate, in quanto firmati da personale privo della qualifica di dirigente, sono nulli all’origine, così come sono nulle tutte le attività di Equitalia.

Fonte: rischio calcolato e altri.
http://www.ilnord.it/c-335_IL_TAR_DEL_LAZIO_SCHIANTA_EQUITALIA_LE_CARTELLE_SONO_TUTTE_NULLE_E_NON_E_UNO_SCHERZO

DIETRO PRIMO GREGANTI, APPARE IL GRUPPO GAVIO E A FIANCO APPARE PIERLUIGI BERSANI (RENZI DIMETTITI, IL PD E’ CORROTTO)

martedì 13 maggio 2014
“A pagina 262 dell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere la «cricca» sull’Expo 2015, compare un nome scritto in maiuscolo, che i magistrati hanno evidenziato in neretto. Sono cinque lettere che rischiano di far sobbalzare sulle sedie diversi esponenti del Partito democratico, perché parlare del gruppo Gavio – tra i leader in Italia per le opere autostradali, trovarlo nei verbali di un’inchiesta dove compare anche il nome di Pierluigi Bersani, significa scoperchiare, oltre che il passato di Tangentopoli, l’ultimo vero scandalo che ha fatto tremare gli ex Ds dalle parti del capoluogo lombardo: l’acquisto del 15% della Milano Serravalle da parte della provincia di Milano nel 2005.

È un processo, quest’ultimo, che non si è ancora chiuso, con la Procura della Corte dei Conti della Regione Lombardia che nel novembre scorso ha contestato all’ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati un danno erariale di oltre 119 milione di euro”.

Tratto dal sito web linchiesta.it – che ringraziamo.

ROBERT MUNDELL (”PADRE” DELL’EURO-DISASTRO): ”L’EURO E’ L’ARMA ELIMINARE FINALMENTE WELFARE E SOVRANITA’ NAZIONALI”

venerdì 9 maggio 2014
Come rivelato da un’articolo del Guardian scritto dal giornalista statunitense Greg Palast (ben due anni fa!), uno dei padri fondatori della moneta unica, Robert Mundell, considerava l’euro come l’arma che avrebbe spazzato via norme e regolamenti sul lavoro costringendo i governi nazionali a tagliare la spesa sociale e a limitare i diritti civili, svendendo la propria sovranità alla stessa UE e ai grandi gruppi finanziari.
Lo stesso Mundell disse a Palast che “l’euro è tutt’uno con la Reaganomics; la disciplina monetaria impone la disciplina fiscale ed agisce anche sui politici ,e quando la crisi morde allora alle nazioni resta ben poco da fare se non “liberalizzare” privatizzare, deregolamentare e soprattutto distruggere il welfare garantito dallo Stato”.
Tutto ciò lo vediamo al giorno d’oggi con le politiche di austerità imposte dalla Commissione Europea e dalla BCE ai governi nazionali , politiche che mirano a limitare e distruggere lo stato sociale e a spostare sempre di più la sovranità verso Bruxelles .

Tutto questo comporta l’aumentare del precariato e della disoccupazione, la distruzione graduale della classe media e la diminuzione dei diritti per quella lavoratrice , aumentando fortemente le diseguaglianze economiche e sociali. D’altronde l’UE non è democratica ma è basata su un sistema politico di tipo oligarchico: chi comanda sono i rappresentanti della Commissione che non hanno nessun mandato popolare.
Dare maggiori poteri a questa UE significa sostanzialmente dire addio alla democrazia anche formale e avviarci verso un “neofeudalesimo” tecnocratico.
Il problema non è l’Europa unita in sè, ma questa Unione Europea e questo euro che sono totalmente disfunzionali di per sè. L’euro e l’UE come sono ora  fanno comodo solo ai burocrati che la guidano, a certe multinazionali e ai grandi gruppi di potere finanziario e economico che la sostengono, ma non ai cittadini .
Solo in quest’ottica si possono capire le famose dichiarazioni rilasciate nel 2011 da Mario Monti sull’euro e la Grecia: “La Grecia è la prova del successo dell’euro”.
In Grecia le politiche di austerità hanno portato a un aumento vertiginoso della povertà con ben il 44% della popolazione che nel  2013 aveva un reddito al di sotto della soglia di povertà. Inoltre, secondo un recente rapporto dell’ Unicef oltre 600mila bambini sono a rischio povertà. Questo è il risultato di questo euro e delle politiche volute dall’Unione Europea .
Come si può ben capire, il problema non sta tanto nell’Europa unita ma in questa Unione Europea e sul come è stata creata. Molti opinionisti affermano che si può tentare di cambiarla gradualmente, ma questo processo sarebbe troppo lungo e al giorno d’oggi risulterebbe “utopistico”.
Probabilmente un’uscita dall’UE potrebbe essere una valida alternativa e al contempo si dovrebbero porre le basi per una nuova e diversa Europa , andando oltre il modello obsoleto e disfunzionale che caratterizza l’attuale UE  (e la sua disgrazia valuta unica, da distruggere quanto prima).

Articolo scritto da  Salvatore Santoru per Informazioneconsapevole.blogspot.it – che ringraziamo.

 

Nota.

Greg Plast ha scitto anche questo articolo, su Robert Mundell:

 

“Per l’architetto dell’euro, prendere le decisioni di macroeconomia senza la partecipazione dei politici eletti e stringere i tempi della deregolamentazione erano una parte del piano. L’idea che l’euro abbia “fallito” è pericolosamente ingenua. L’euro sta facendo esattamente quello che il suo ideatore – e quell’1% di ricchi che decisero di adottarlo – aveva previsto e per cui era stato programmato.

Questo progenitore è l’economista Robert Mundell, che lavorò all’Università di Chicago. L’architetto della “supply-side economics” è ora professore alla Columbia University, ma io lo conoscevo perché era in contatto con il mio professore di Chicago, Milton Friedman, con cui lavorò nella ricerca su valute e tassi di cambio che sarebbe stata la base del progetto di unione monetaria europea e della moneta comune europea.

Mundell, all’epoca, era più interessato ad arredare il suo bagno. Il Professor Mundell, oltre ad aver vinto un Premio Nobel possedeva anche una antica villa in Toscana, e mi disse, irritato: “Non vogliono nemmeno farmi costruire un bagno. Qui ci sono delle regole che mi dicono che non posso trasformare questa stanza in un bagno! Ci potresti credere?”

Come spesso accade, non lo so. Ma io non ho una villa in Italia, quindi non posso nemmeno immaginare quali frustrazioni possa creare un regolamento catastale sulla costruzione di servizi igienici. Ma Mundell, un canadese-americano, di quelli che possono fare tutto, voleva fare qualcosa anche per questo: e venne fuori con un’arma capace di spazzare via le regole e i regolamenti governativi sul lavoro. (Odiava veramente gli idraulici e il loro sindacati che volevano un sacco di soldi per spostare il suo water.)

“E ‘molto difficile licenziare i lavoratori in Europa”, si lamentò. Ma trovò una risposta: l’euro.

L’euro sta facendo bene il suo lavoro quando la crisi colpisce, ha spiegato Mundell. L’aver rimosso i controlli di un governo sulla moneta sta evitando che piccoli e fastidiosi funzionari eletti dal popolo utilizzino gli strumenti monetari e fiscali Keynesiani per tirare fuori una nazione dalla recessione. “Si deve lasciare la politica monetaria fuori dalla portata dei politici”, ha detto. “[E], senza poter manovrare la politica fiscale, l’unico modo con cui le nazioni possano sostenere il livello occupazionale è dare spazio alla concorrenza riducendo le norme in materia di business.”

Parlava di leggi del lavoro, di regolamenti sull’ambiente e, naturalmente, di tasse. Con l’euro tutto sarebbe stato spazzato via. La democrazia, in questo modo, non sarebbe più riuscita a interferire con il mercato e nemmeno con l’impianto idraulico. Come dice un altro premio Nobel, Paul Krugman, la creazione della zona euro ha violato la regola base dell’economia nota come “area monetaria ottimale”. Grazie a una delle regole escogitate da Bob Mundell.

Ma questo non preoccupava Mundell. Per lui, l’euro non doveva trasformare l’Europa in una forte entità economica unificata . Si preoccupava piuttosto di Reagan e della Thatcher. “Ronald Reagan non sarebbe stato eletto Presidente senza l’influenza di Mundell”, ha scritto una volta Jude Wanniski sul Wall Street Journal. Le supply-side economics ( Nota 1) introdotte da Mundell sono diventate il modello teorico per Reaganomics – o come George Bush Sr. diceva L”economia voodoo”: il credo nella panacea della magia del libero mercato, che ha ispirato le politiche della Thatcher.

Mundell mi ha spiegato che, di fatto, l’euro è un tutt’uno con le Reaganomics: “Una Disciplina monetaria deve imporre anche una disciplina fiscale ai politici.” E quando cominciano le crisi, le nazioni economicamente disarmate hanno poco altro da fare, se non cancellare massicciamente le regole sociali, privatizzare indiscriminatamente le industrie statali , tagliare le tasse e buttare il welfare state giù per lo scarico.

Così, vediamo che il (non eletto) Primo Ministro Mario Monti sta cambiando completamente il diritto del lavoro in Italia per rendere più facile ai datori di lavoro, come Mundell , di licenziare gli idraulici toscani. Mario Draghi, il (non eletto) Capo della Banca Centrale Europea, chiede “riforme strutturali” – un eufemismo per distruggere i contratti collettivi di lavoro. Tutti parlano di una teoria nebulosa che questa “svalutazione interna” , dovrà farfunzionare in ogni nazione e permetterà a tutti di essere più competitivi. Monti e Draghi non possono credibilmente spiegare come, se tutti i paesi del continente deprezzano la loro forza lavoro, sarà possibile ottenere un vantaggio competitivo.

Ma non c’è bisogno di spiegare le loro politiche, ma solo guardare come stanno lasciando lavorare i mercati con i titoli sovrani di ogni nazione.   Quindi, l’unione monetaria è una guerra di classe con altri mezzi. La crisi in Europa e le fiamme in Grecia hanno fatto amalgamare meglio tutti i componenti di quello che il re dei filosofi della “ supply side economics” Joseph Schumpeter chiamava la “distruzione creativa”. Schumpeter , sostenitore del libero mercato dell’apologeta Thomas Friedman, è subito volato ad Atene per vedere la banca bruciata, come fosse un “provvido tempio” dove sono morte tre persone dopo un bombardamento di fuoco di manifestanti anarchici, e non ha perso l’occasione per fare la sua omelia sulla globalizzazione e sulla “irresponsabilità” della Grecia.

Le fiamme, la disoccupazione di massa, la svendita dei beni nazionali, dovrebbero produrre quello che Friedman chiama “rigenerazione” della Grecia e, in definitiva, dell’intera zona euro. Così Mundell e tutti quegli altri che hanno una villa in Toscana, potranno spostare i loro dannati cessi ovunque vogliano e adesso potranno farlo con meno fastidi. Nessun fallimento quindi anzi, l’euro , che era una creatura di Mundell, ha fatto molto di più di quanto probabilmente aveva sognato il suo papà”.

Link originale in lingua inglese:

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/jun/26/robert-mundell-evil-genius-euro?INTCMP=SRCH

RUSSIA BLOCCHERA’ IL SISTEMA GPS SUL SUO TERRITORIO DAL 1° LUGLIO 2014 (FORSE)

13 maggio – La Russia bloccherà dal primo luglio le stazioni di rete Gps sul suo territorio, se i trasmettitori del sistema russo Glonass non verranno dislocati negli Usa. ”Dal primo luglio interromperemo il funzionamento di queste stazioni in Russia”, ha dichiarato alla stampa il vicepremier Dmitri Rogozin, citando poi il primo settembre come data definitiva del blocco della rete Gps, in caso i colloqui che stanno iniziando non porteranno ad un accordo. L’intesa fu firmata nel 1993 e ratificata nel 2011.
http://www.ilnord.it/b-2344_RUSSIA_BLOCCHERA_IL_SISTEMA_GPS_SUL_SUO_TERRITORIO_DAL_1_LUGLIO_2014_FORSE

Il #9d troppe poltrone hanno tremato: arrivano gli arresti!

Martedì 13 Maggio 2014

Nella mattina di oggi, sono scattate 6 misure cautelari nei confronti di chi, nel dicembre del 2013 prese parte alle mobilitazioni di rabbia, quando in diversi quartieri e in vari punti la città venne letteralmente bloccata e messa in subbuglio dai cosìddetti “forconi”, in un clima di totale imprevedibilità e gestibilità da parte della questura torinese.

A distanza di mesi, la magistratura ha autorizzato diversi provvedimenti richiesti dalla questura torinese; ad essere colpiti risultano, tutti giovanissimi: due del Collettivo Universitario Autonomo di Torino e altri ragazzi provenienti dai quartieri periferici e proletari della città. Le misure adottate sono tutte a livello cautelare e per questo sono stati disposti gli arresti domiciliari per quattro di loro, un obbligo di firma e un indagato a piede libero.

Quello di oggi rappresenta un atto intimidatorio nei confronti di quella parte di popolazione (proletaria) dei quartieri periferici che nel dicembre del 2013 hanno espresso una conflittualità, seppur per certi versi disorganizzata, ricca di rabbia e di potenzialità.

Non è un caso che a Torino, dove il cosìddetto movimento dei “forconi” ha avuto delle peculiarità rispetto al resto d’Italia, la magistratura ha deciso di utilizzare mezzi di repressione più “incisivi”.

L’intento è quindi chiaro: intimidire quelle soggettività che potrebbero esprimere ancora quella rabbia dimostrata il 9 dicembre scorso e che di certo ha caratterizzato l’incompetenza gestionale della questura che ora decide di rattoppare (a modo suo).

Titolari dell’inchiesta – manco a dirlo – sono i pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo: dove c’è conflitto i due arrivano a pacificare… a colpi di arresti e misure cautelari!

Il 9 Dicembre torinese fa paura: un’operazione di polizia di questa mattina ha portato a perquisizioni, arresti domiciliari e misure cautelari per gli scontri che avvennero sotto il palazzo della Regione di piazza Castello. Per le 14 è stata convocata una conferenza stampa a Palazzo Nuovo (sede dell’Università).

Di seguito il comunicato del Cua di Torino, il collettivo di cui fa parte Tommaso, uno degli arrestati:

A cinque mesi dal 9 dicembre polizia e magistratura hanno confezionato una risposta repressiva a quei giorni di rabbia e ribellione che hanno bloccato la città e fatto tremare diverse poltrone del potere torinese. Dopo la notizia di un paio di giorni fa della condanna a sei mesi ad un manifestante che aveva partecipato ai blocchi stradali di quei giorni di dicembre, questa mattina sono scattate le denunce per altre sei persone, quattro delle quali con misura cautelare degli arresti domiciliari e una con obbligo di firma. Tra di loro in particolare c’è Tommaso, militante del Collettivo Universitario Autonomo, che da anni si spende generosamente nelle lotte degli studenti ed ora è sottoposto agli arresti domiciliari con il divieto di comunicazione con l’esterno.

Il 9 dicembre e le giornate successive migliaia di torinesi (da diversi quartieri, lavoratori, disoccupati e studenti) hanno partecipato ai blocchi, hanno assediato il palazzo della Regione contro i politici che pensano solo alla loro poltrona e a fare favori ai loro amici potenti. Le strade di Torino sono state invase da una composizione eterogenea che ha gridato la rabbia di chi vive in una città che si impoverisce, di chi perde il lavoro o è strozzato dalle tasse, dei giovani che vedono nel futuro solo disoccupazione e miseria. Nella difficoltà di affrontare una situazione tanto estesa e variegata, la questura ha colpito solo un numero relativamente piccolo di persone riconducibili a collettivi, all’area antagonista o al mondo dello stadio, con l’intento di rappresentare quelle giornate come frutto di forze organizzate o della prevedibile natura criminogena di minoranze devianti e pericolose. D’altra parte proprio leggendo l’ordinanza di custodia cautelare si vede che cinque indagati su sei sono giovanissimi nati tra il 1990 ed il 1994, provenienti da diversi quartieri di Torino o dalla sua cintura, a testimoniare il ruolo di protagonisti avuto da tanti giovani che vivono un presente di merda e non vedono un futuro migliore. Non saranno queste misure cautelari che potranno fermare la voglia di lottare e lo dimostreremo l’11 Luglio in occasione del vertice europeo per la disoccupazione giovanile.

Non possiamo che esprimere solidarietà a chi è stato colpito da questi provvedimenti per aver espresso la propria rabbia ed aver lottato per cambiare le cose in un paese che sembra immobile di fronte allo schifo che politici, banche e potenti stanno facendo sulla nostra pelle!

Tommi libero subito!

Liberi tutti!

Collettivo Universitario Autonomo – Torino

http://www.infoaut.org/index.php/blog/metropoli/item/11710-il-#9d-troppe-poltrone-hanno-tremato-arrivano-gli-arresti

IL TOCCASANA PER LE PIANTE DI POMODORI? L’ASPIRINA

MAGGIO 12, 2014 REDAZIONE
Per chi ama coltivare i pomodori, sembra che ci sia una cura efficace per la peronospora, l’avvizzimento e ogni sorta di malattie e parassiti che danneggiano questa pianta.

E’ l’aspirina, dicono gli scienziati, la sola medicina che può mantenere sana una pianta di pomodoro e aumentarne la resa.

Giardinieri sono invitati sia per spruzzare le piante di pomodoro con una soluzione contenente il farmaco, o per immergere i semi in un liquido aspirina prima della semina
I contadini sono invitati sia a spruzzare le piante di pomodoro con una soluzione contenente il farmaco, o immergerne i semi in un liquido con aspirina prima della semina

Il farmaco è particolarmente efficace per scongiurare  la peronospora, una malattia fungina devastante che può spazzare via un intero raccolto in pochi giorni.

Le due forme della malattia – Fusarium e Verticillium – sono particolarmente comuni dopo la pioggia d’estate, e possono colpire rapidamente con spore diffuse dal vento.

Un recente studio del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, ha scoperto che l’uso di uno spray all’aspirina, che può essere fatto in casa, ha comportato una riduzione del 47 per cento della peronospora.

L’acido salicilico – il principio attivo dell’aspirina – crea ‘resistenza sistemica acquisita’, aumentando la resistenza delle piante contro microbi o attacchi di insetti, secondo uno studio pubblicato su Annals of Applied Biology.

La sostanza è efficace nella lotta contro la malattia per tutta la famiglia delle Solanacee, che comprende patate e pomodori.

Un altro studio, di scienziati dell’Università Gorgan di Scienze Agricole in Iran, ha scoperto che l’acido salicilico può essere un ‘ormone vegetale potente’, che potenzia notevolmente il rendimento.

Basta spruzzare il fogliame o mettere in ammollo i semi in una soluzione di aspirina per portare ad una maggiore crescita, e più alto contenuto di vitamina C, secondo un documento pubblicato su International Journal of Agriculture and Crop Sciences.

Rebecca Brown, professore di scienze delle piante presso l’Università di Rhode Island, consiglia di aggiungere da 250 a 500 mg di aspirina per circa 4,5 litri di acqua e spruzzare con la soluzione le piante due o tre volte al mese.

Si avverte che la soluzione è efficace solo prima della comparsa della malattia.

Per i giardinieri organici, si suggerisce di utilizzare l’acqua del salice fatto da alberi appena potati.

‘Salici sono naturalmente ad alto contenuto di acido salicilico,’ ha detto alla rivista Fine Gardening.
http://voxnews.info/2014/05/12/il-toccasana-per-le-piante-di-pomodori-laspirina/

Geithner: “Chiesero ad Obama di far cadere Berlusconi”

WSI | Pubblicato il 13 maggio 2014| Ora 07:33
Nell’autunno 2011, racconta l’ex ministro del Tesoro Usa nel suo libro, alcuni funzionari Ue avrebbero chiesto a Washington di fare pressione per la caduta del governo italiano.
 L’ex ministro del Tesoro degli Stati Uniti, Timothy Geithner, ha appena pubblicato un libro di memorie uscito lunedì, dal titolo “Stress Test”.
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L’ex ministro del Tesoro degli Stati Uniti, Timothy Geithner, ha appena pubblicato un libro di memorie uscito lunedì, dal titolo “Stress Test”.

WASHINGTON (WSI) – Nell’autunno 2011 quando lo spread era alle stelle e l’economia italiana ad un passo dal baratro alcuni funzionari europei avrebbero fatto pressione sull’amministrazione Obama proponendo un piano per far cadere Berlusconi. L’america si sottrasse al complotto: “Non possiamo avere il suo sangue sulle nostre mani”. Parole dell’ex ministro del Tesoro Timothy Geithner, pubblicate in un libro di memorie uscito lunedì “Stress Test” e anticipate da La Stampa (vedi sotto), che riaprono il dibattito su passaggio delicatissimo della storia italiana recente.

“Ad un certo punto in quell’autunno, alcuni funzionari europei ci contattarono con una trama per cercare di costringere il premier italiano Berlusconi a cedere il potere; volevano che noi rifiutassimo di sostenere i prestiti dell’Fmi all’Italia, fino a quando non se ne fosse andato” scrive Geithener ripercorrendo i mesi frenetici in cui l’euro rischiò di saltare.

A settembre 2011 il ministro del Tesoro Usa fu invitato in Polonia all’Ecofin dove ricevette richieste per “fare pressioni sulla Merkel affinchè fosse meno tirchia, o sugli italiani e gli spagnoli affinchè fossero più responsabili”. E allora arrivò anche la proposta del piano per far cadere Berlusconi. Ma per quanto sarebbe stato utile avere una leadership migliore, precisa Geithner, l’America preferì evitare un complotto di tale portata.

***

L’ex ministro Usa: funzionari europei ci proposero di far cadere Silvio
Geithner: ovviamente dissi a Obama che non potevamo starci.

di PAOLO MASTROLILLI

INVIATO A NEW YORK

Nell’autunno del 2011, quando la drammatica crisi economica aveva portato l’euro ad un passo dal baratro, alcuni funzionari europei avvicinarono il ministro del Tesoro americano Geithner, proponendo un piano per far cadere il premier italiano Berlusconi. Lui lo rifiutò, come scrive nel suo libro di memorie appena pubblicato, e puntò invece sull’asse col presidente della Bce Draghi per salvare l’Unione e l’economia globale.
«Ad un certo punto, in quell’autunno, alcuni funzionari europei ci contattarono con una trama per cercare di costringere il premier italiano Berlusconi a cedere il potere; volevano che noi rifiutassimo di sostenere i presti dell’Fmi all’Italia, fino a quando non se ne fosse andato». Geithner, allora segretario al Tesoro Usa, rivela il complotto nel suo saggio «Stress Test», uscito ieri. Una testimonianza diretta dei mesi in cui l’euro rischiò di saltare, ma fu salvato dall’impegno del presidente della Bce Mario Draghi a fare «tutto il necessario», dopo diverse conversazioni riservate con lo stesso Geithner.

I ricordi più drammatici cominciano con l’estate del 2010, quando «i mercati stavano scappando dall’Italia e la Spagna, settima e nona economia più grande al mondo». L’ex segretario scrive che aveva consigliato ai colleghi europei di essere prudenti: «Se volevano tenere gli stivali sul collo della Grecia, dovevano anche assicurare i mercati che non avrebbero permesso il default dei paesi e dell’intero sistema bancario». Ma all’epoca Germania e Francia «rimproveravano ancora al nostro West selvaggio la crisi del 2008», e non accettavano i consigli americani di mobilitare più risorse per prevenire il crollo europeo.

Nell’estate del 2011 la situazione era peggiorata, però «la cancelliera Merkel insisteva sul fatto che il libretto degli assegni della Germania era chiuso», anche perché «non le piaceva come i ricettori dell’assistenza europea – Spagna, Italia e Grecia – stavano facendo marcia indietro sulle riforme promesse». A settembre Geithner fu invitato all’Ecofin in Polonia, e suggerì l’adozione di un piano come il Talf americano, cioè un muro di protezione finanziato dal governo e soprattutto dalla banca centrale, per impedire insieme il default dei paesi e delle banche. Fu quasi insultato. Gli americani, però, ricevevano spesso richieste per «fare pressioni sulla Merkel affinché fosse meno tirchia, o sugli italiani e spagnoli affinché fossero più responsabili». Così arrivò anche la proposta del piano per far cadere Berlusconi: «Parlammo al presidente Obama di questo invito sorprendente, ma per quanto sarebbe stato utile avere una leadership migliore in Europa, non potevamo coinvolgerci in un complotto come quello. “Non possiamo avere il suo sangue sulle nostre mani”, io dissi».

A novembre si tenne il G20 a Cannes, dove secondo il Financial Times l’Fmi aveva proposto all’Italia un piano di salvataggio da 80 miliardi, che però fu rifiutato. «Non facemmo progressi sul firewall europeo o le riforme della periferia, ma ebbi colloqui promettenti con Draghi sull’uso di una forza schiacciante». Poco dopo cadde il premier greco Papandreu, Berlusconi fu sostituito da Monti, «un economista che proiettava competenza tecnocratica», e la Spagna elesse Rajoy. A dicembre Draghi annunciò un massiccio programma di finanziamento per le banche, e gli europei iniziarono a dichiarare che la crisi era finita: «Io non la pensavo così».

Infatti nel giugno del 2012 il continente era di nuovo in fiamme, perché i suoi leader non erano riusciti a convincere i mercati. «Io avevo una lunga storia di un buon rapporto con Draghi, e continuavo ad incoraggiarlo ad usare il potere della Bce per alleggerire i rischi. “Temo che l’Europa e il mondo guarderanno ancora a te per un’altra dose di forza bancaria intelligente e creativa”, gli scrissi a giugno. Draghi sapeva che doveva fare di più, ma aveva bisogno del supporto dei tedeschi, e i rappresentanti della Bundesbank lo combattevano.

Quel luglio, io e lui avemmo molte conversazioni. Gli dissi che non esisteva un piano capace di funzionare, che potesse ricevere il supporto della Bundesbank. Doveva decidere se era disponbile a consentire il collasso del’Europa. “Li devi mollare”, gli dissi». Così, il 26 luglio, arrivò l’impegno di Draghi a fare «whatever it takes» per salvare l’euro. «Lui non aveva pianificato di dirlo», non aveva un piano pronto e non aveva consultato la Merkel. A settembre, però, Angela appoggiò il «Draghi Put», cioè il programma per sostenere i bond europei, che evitò il collasso.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da La Stampa – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
http://www.wallstreetitalia.com/article/1692563/geithner-chiesero-ad-obama-di-far-cadere-berlusconi.aspx

Mps, il buco di bilancio si allarga. Paga costi legati ad aiuti di Stato

la banca dei moralmente superiori campa coi soldi dei contribuenti e va bene così. Nessun fascicolo, mi raccomando. Così come David Rossi è morto “suicida”

WSI | Pubblicato il 13 maggio 2014
Ottava perdita consecutiva di bilancio su base trimestrale. Perdita netta aumentata a 174 milioni di euro.

La performance del titolo Mps dall’inizio del 2014.

SIENA (WSI) – Banca Monte dei Paschi di Siena ha sofferto la sua ottava perdita di bilancio consecutiva, su base trimestrale, complici i costi legati agli aiuti di stato che ha ricevuto.

Nel primo trimestre, stando a quanto riporta un articolo di Bloomberg, la perdita netta è aumentata a 174 milioni di euro, rispetto al rosso di 101 milioni di euro dello stesso periodo dell’anno precedente.

I risultati hanno scontato il pagamento di interessi e di oneri aggiuntivi per 143 milioni di euro versati al Tesoro e legati agli aiuti che Mps ha ricevuto dallo stato.

Prosegue la strategia dell’amministratore delegato Fabrizio Viola che, nel tentativo di sollevare la terza banca italiana, sta tagliando posti di lavoro e vendendo asset, al fine di far tornare l’istituto in attivo nel 2015. La banca è vicina a vendere bad loans per ridurre i rischi.

“Stiamo finalizzando la vendita di prestiti non performanti per 500 milioni di euro – ha detto Viola, nel corso di una conferenza stampa – La transazione dovrebbe essere completata nel primo semestre dell’anno”.

I risultati di bilancio sono stati resi noti dopo la chiusura delle contrattazioni dei mercati della vigilia, con il titolo che ha chiuso con +5,2% a 24,13 euro. Le quotazioni sono balzate +38% quest’anno.

Monte dei Paschi è alla ricerca di nuovi fondi, dopo aver in parte ripagato i 4,1 miliardi di euro di aiuti statali, nel corso di quest’anno. Gli interessi sui bond che ha venduto allo stato con l’operazione di bailout sono saliti su base annua al 9,5% nel 2014, contro il 9% del 2013.

L’istituto ha rimborsato in totale 5 miliardi di euro dei 29 miliardi di aiuti che ha ricevuto dalla Bce attraverso l’operazione LTRO.
http://www.wallstreetitalia.com/article/1692593/mps-il-buco-di-bilancio-si-allarga-paga-costi-legati-ad-aiuti-di-stato.aspx

Fuga di notizie sul piano economico, indagati 3 funzionari del Mef

chi han disturbato per aver fatto agire la magistratura tanto prontamente?
Il documento di programmazione economica, deve essere reso noto a giochi fatti? Così, se contengono qualcosa di scandaloso (come sempre del resto), si può creare un azione di fastidio, ma se non trapela nulla, tutto passa.

Nel mirino della Procura di Roma tre dipendenti del dicastero che avrebbero diffuso i documenti riservati alla stampa durante il governo Letta. Ulteriori indagini riguardano però anche i primi mesi di governo Renzi

13 maggio 2014

Sono indagati per rivelazione e divulgazione del segreto d’ufficio i tre funzionari del Mef, oggetto questa mattina di perquisizioni nell’ambito dell’inchiesta sulla fuga di notizie relative a bozze di documenti di programmazione economica e finanziaria del governo.

I documenti in questione sarebbero stati divulgati, attraverso la posta elettronica istituzionale, anche ad organi di stampa, a fine 2013, quando era in carica il ministro Fabrizio Saccomanni.
Ci sarebbero però due tranche di indagine: la prima riguarda fatti avvenuti durante il governo Letta, la seconda durante il governo Renzi.

L’arco temporale tra la commissione dei fatti e le perquisizioni si è reso necessario per permettere agli investigatori di esaminare tutto il flusso di posta del dicastero ed individuare le postazioni di lavoro da cui sarebbero partite le missive “incriminate”.
Le apparecchiature informatiche dei tre funzionari sono state perquisite questa mattina dagli uomini del Nucleo speciale Frodi tecnologiche della Guardia di finanza.
Gli accertamenti, disposti su richiesta dei pm Nello Rossi e Nicola Maiorano, sono scattati dopo una denuncia presentata dall’ufficio di gabinetto del Mef circa la pubblicazione di provvedimenti finanziari del Governo finiti sui giornali e su siti internet prima che venissero ufficialmente resi pubblici. Atti relativi al Dpef (documento di programmazione economica e finanziaria) passati ad alcuni quotidiani e siti internet quando non erano ancora ultimati, vidimati, ufficializzati.

Le verifiche hanno consentito agli specialisti delle fiamme gialle, partendo dall’analisi dei documenti informatici pubblicati su alcuni siti web, di stabilire che gli stessi erano stati prodotti su postazioni informatiche interne al ministero. Successivi accertamenti condotti sui file log dei sistemi di posta elettronica istituzionale, hanno permesso di risalire ai tre funzionari che avrebbero indebitamente divulgato bozze di documenti in corso di formazione, e pertanto ancora riservate.
http://roma.repubblica.it/cronaca/2014/05/13/news/fuga_di_notizie_sul_piano_economico_perquisizioni_al_mef-86015484/