Non più padroni in casa nostra

di Ernesto Galli Della Loggia – 01/05/2014

Fonte: Style  
I giornali e la politica fanno un gran parlare di populismo, quasi sempre per dipingerlo come un pericolo mortale ma quasi mai per spiegarlo, per indicarne i motivi e í contenuti. Forse molte cose sarebbero più chiare se invece si cominciasse con il dire chiaramente che: primo, quello che viene definito populismo nasconde in realtà un sentimento di crescente ostilità, se non addirittura di rivolta, degli strati più «popolari» e disagiati della società contro le élite; e, secondo, che questo nuovo tipo di rivalità sociale gode di così cattiva stampa perché non è in alcun modo intercettato politicamente dai partiti della sinistra tradizionale, a differenza di quanto avveniva fino a non molto tempo fa in Italia come in Europa.
L’incapacità della sinistra di ascendenza socialista a rappresentare questa nuova protesta dal basso dipende probabilmente dà1 fatto che l’attuale protesta riguarda sì questioni di natura economica, ma si nutre moltissimo di altri motivi di natura ideale, culturale e simbolica. Non solo’s’intreccia spesso con questi, ma è in particolare su questo terreno che essa si esprime con la maggiore radicalità, assumendo per l’appunto connotati antielitari di tipo populista. Il fatto è che ;in-tutta Europa negli ultimi due o tre decenni le élite sono profondamente cambiate. Pen- denazionalizzazione/internazionalizzazione. siamo ai vertici del più grande gruppo capitalistico privato italiano, la Fiat. L’avvocato Agnelli, torinese, era cresciuto ascoltando in famiglia suo nonno parlare piemontese, e aveva studiato in un liceo della città trascorrendo le sue vacanze in una villa a Forte dei Marmi; nel 1940, poi, come milioni di suoi concittadini era stato chiamato alle armi e aveva fatto la guerra, prima in Russia poi in Africa settentrionale. Insomma, anche se non gli, mancò certo una larghissima esperienza di luoghi, cose e persone stranieri, tuttavia la sua identificazione con l’Italia nonché la sua conoscenza dì essa rimasero sempre evidenti e fortissime. Può dirsi la stessa cosa di John Elkann? Nella differenza tra i due c’è il senso di una parabola storica. In realtà, di pari passo con la globalizzazione, le élite italiane ed europee hanno attraversato un processo di denazionalizzazione/internazionalizzazione.
La loro educazione, i loro modelli di vita e le loro attività hanno cominciato ad avere sempre meno a che fare con il proprio Paese, laddove invece la massa della popolazione vi è restata inevitabilmente legata, avendo, anche per questo e per la crisi dei sistemi scolastici, sempre maggiore difficoltà di ascesa sociale. D’altro canto, la crescente dipepdenza da Bruxelles, vissuta come una centrale politico. amministrativa straniera, dove però comandavano solo le élite, ha inevitabilmente radicato nelle masse suddette l’impressione di non essere più padrone in casa propria.
Un effetto analogo, forse ancor più devastante sul piano psicologico, hanno avuto infine le gravi modificazioni subite dall’habitat della vita quotidiana degli strati popolari. Questi, infatti, negli ultimi due o tre decenni non solo sono stati definitivamente espulsi dal centro dei grandi agglomerati urbani, perdendo dunque ì punti di riferimento tradizionali rappresentati dall’antica rete di luoghi, e di attività, ma in molti casi hanno dovuto provare la non facile esperienza della convivenza con gli immigrati. Le società europee, insomma, sono attraversate oggi da fratture per molti aspetti píù profonde di ieri: e la rivolta contro le élite ne è la conseguenza.
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Non più padroni in casa nostraultima modifica: 2014-05-06T08:41:21+02:00da davi-luciano
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