Alta velocità: l’Economist si schiera con i No TAV

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mag 05, 2014 1

 

TAV

Non ci credevano per primi i No TAV veri e propri, che pure lo hanno tradotto e pubblicato in bella posta: l’Economist ha pubblicato un articolo estremamentecritico nei confronti dell’Alta Velocità ferroviaria. Un vero e proprio incubo per tutti coloro che da mesi (o meglio anni) ripetono la stanca solfa della necessità della grande opera per rilanciare l’economia del Paese e sviluppare anche le periferie.

Tutti gli argomenti pro-TAV vengono smontati in nome di un idolo difficilmente considerabile filo-ambientalista: la convenienza economica. Dunque l’Alta Velocità è troppo cara e lo stesso Regno Unito, secondo quei “fondamentalisti verdi” dell’Economist dovrebbe rivedere i suoi piani:

I treni ad alta velocità raramente conseguono i vasti benefici economici che i suoi promotori prevedono. Il governo inglese – l’ultimo ad essere ingannato da questa visione della modernità – dovrebbe ripensarci. In questo momento ovunque si parla di alta velocità. Sei paesi hanno investito grosse somme nei treni “pallottola”: Giappone, Francia, Germania, Spagna, e, più recentemente, l’Italia e la Cina. Australia, Portogallo e Indonesia stanno considerando nuove linee. E il governo britannico sta valutando piani per 32 miliardi di sterline (52 miliardi di dollari) per collegare Londra al nord dell’Inghilterra.

Primo assunto da cui partire è: non è vero che l’alta velocità porti sviluppo in periferia. Anzi, ad arricchirsi sono i nodi ferroviari, come dimostrano gli esempi lontani, ma simili, di Parigi e Tokyo:

In effetti, nelle economie più sviluppate i treni ad alta velocità non riescono a colmare i divari fra le regioni e, talvolta, li aggravano. Migliori collegamenti rafforzano i vantaggi di una città ricca situata nel punto centrale della rete: le ditte in regioni prosperose possono raggiungere un’area più grande, finendo per danneggiare le prospettive dei luoghi più poveri.

Anche in Giappone, dove corre la linea ad alta velocità di maggior successo commerciale, Tokyo continua a crescere più rapidamente di Osaka. Le nuove linee ferroviarie spagnole hanno ingrossato le imprese di Madrid a discapito di quelle di Siviglia. La tendenza in Francia è quella di trasferire le sedi centrali a Parigi a svantaggio di altre località.

Per non parlare del danno incalcolabile che viene portato alle zone che vengono saltate dalla TAV in nome di una maggiore rapidità di collegamenti:

Anche se qualche città ne trae benefici, i restanti luoghi al di là della rete ferroviaria ne soffrono: la velocità è raggiunta parzialmente, al costo di ridurre le fermate, cosicché aree già ben servite dai servizi esistenti si trovano nuove linee che le escludono. Zone della Gran Bretagna, per esempio, temono che una nuova cerniera di ferrovia creerà città di secondo livello fornite da un minor numero di treni più lenti.

Inoltre, se il circolo delle merci lungo l’Alta Velocità ferroviaria potrebbe non portare grandi vantaggi economici globali, il servizio dato ai viaggiatori risulta in media troppo gravoso e poco concorrenziale. In pratica, conclude l’Economist, si finisce per far viaggiare dei treni passeggeri vuoti, pagati dalle tasche dei contribuenti e dove solo pochi ricchi possono accedervi (per risparmiare i soldi dell’aereo). Una prospettiva non proprio edificante.

Infine, il giornale britannico getta la maschera ed assume il viso del No Tav più militante: la soluzione più razionale sarebbe lo sviluppo delle reti già esistenti. E fa davvero impressione leggere argomenti – solitamente bollati come retorica Nimby dalla stampa nostrana – in bocca da uno dei più osannati giornali liberal mondiali:

Allo stato attuale, per la maggior parte dei posti, i benefici marginali di queste fantastiche conquiste dell’ingegneria, tradotti in termini di tempi di percorrenza ridotti, vengono soppressi dai costi elevati. E i costi di finanziamento riducono i fondi che potrebbero essere disponibili per schemi più semplici, ma più efficienti.

L’aggiornamento delle linee esistenti, delle reti più lente, soprattutto nei paesi più piccoli, spesso ha maggior senso. La capacità può essere aumentata con treni più lunghi e piattaforme estese. Alcune spaziose carrozze di prima classe possono essere convertite in quelle più compresse di seconda classe; una politica dei prezzi può razionare la domanda più efficacemente nelle ore di punta. Un sistema segnaletico migliore può aumentare la velocità media dei viaggi. I treni non ad alta velocità in Gran Bretagna, ad esempio, sono già più veloci degli equivalenti di molti altri paesi. Alcuni treni che attualmente viaggiano a 125 miglia all’ora potrebbero andare più veloci se la segnaletica venisse aggiornata – probabilmente per i politici è più allettante inaugurare un nuovo futuristico servizio che togliere la copertura ad un nuovo pannello di segnaletica!

Davvero una serie di argomenti su cui molti pro-Tav dovrebbero riflettere bene.

GUIDO GRASSADONIO

da Greenstyle

La polizia espone una croce fascista

http://milano.repubblica.it/cronaca/2011/05/03/news/la_polizia_espone_una_croce_fascista_e_il_popolo_di_internet_protesta_online-15731318/

E la protesta viaggia attraverso il web

L’episodio, confermato dalle foto scattate da un passante, al commissariato Città Studi a Milano
La replica degli agenti: “L’avevamo sequestrata due giorni prima ed è rimasta appesa per poco”

di ANDREA MONTANARI e MASSIMO PISA

La polizia espone una croce fascista E la protesta viaggia attraverso il web
Giallo sulla croce celtica fascista comparsa in un ufficio al secondo piano del commissariato di polizia Città Studi in via Cadamosto, a Milano, zona Porta Venezia. Il simbolo fascista è stato fotografato da un passante il pomeriggio del Primo maggio. La bandiera con il simbolo della croce cerchiata in bianco su sfondo nero, appesa alla parete dell’Uigos (l’ufficio politico del commissariato) è ben visibile dalla finestra centrale del secondo piano. La stessa che monta sui pennoni appesi al davanzale sia la bandiera tricolore sia quella dell’Unione europea. Sarebbe stata sequestrata, insieme con altro materiale, la sera del 29 aprile durante l’annuale fiaccolata in memoria di Sergio Ramelli, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani, a cui avevano partecipato 300 militanti dell’estrema destra.

A una prima richiesta informale di spiegazioni sull’accaduto da parte di alcuni abitanti della zona, dal commissariato avrebbero risposto che si è trattato solo di un atto goliardico e che la bandiera è stata subito rimossa. Precisazione che però non è bastata a placare le proteste che si sono subito levate via Internet. Le foto con la croce celtica, stanno facendo il giro del web suscitando l’indignazione dei milanesi (e non) per il fatto che il simbolo fascista sia stato appeso in un ufficio pubblico. E in particolare  nel commissariato di zona della polizia. “Ma tengo a precisare – fa sapere il vicequestore aggiunto Maurizio Cusano, dirigente di Città Studi – che quella è una bandiera che avevamo sequestrato, insieme con una mazza con la scritta ‘Forza nuova’, ed è rimasta provvisoriamente su quella parete del nostro ufficio politico. Poi è stata riposta, come da prassi, insieme con tutti i reperti. Quei simboli, come altri, sono totalmente estranei alla nostra ideologia”. La questura di Milano ha comunque disposto accertamenti sulla vicenda.

(03 maggio 2011)

«Monti era una risorsa. Complotto? Solo fumo» L’intervento del presidente Napolitano dopo le rivelazioni di Friedman sui contatti tra il Colle e Monti nell’estate del 2011

Se non è ammissione di golpe questa….ma niente impeachment per carità

LA LETTERA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 Gentile Direttore,
posso comprendere che l’idea di “riscrivere”, o di contribuire a riscrivere, “la storia recente del nostro Paese” possa sedurre grandemente un brillante pubblicista come Alain Friedman. Ma mi sembra sia davvero troppo poco per potervi riuscire l’aver raccolto le confidenze di alcune personalità (Carlo De Benedetti, Romano Prodi) sui colloqui avuti dall’uno e dall’altro – nell’estate 2011 – con Mario Monti, ed egualmente l’avere intervistato, chiedendo conferma, lo stesso Monti.

Naturalmente non poteva abbandonarsi ad analoghe confidenze (anche se sollecitate dal signor Friedman), il Presidente della Repubblica, che “deve poter contare sulla riservatezza assoluta” delle sue attività formali ed egualmente di quelle informali, “contatti”, “colloqui con le forze politiche” e “con altri soggetti, esponenti della società civile e delle istituzioni”(vedi la sentenza n. 1 del 2013 della Corte Costituzionale).

Nessuna difficoltà, certo, a ricordare di aver ricevuto nel mio studio il professor Monti più volte nel corso del 2011, e non solo in estate : conoscendolo da molti anni (già prima che nell’autunno 1994 egli fosse nominato Commissario europeo su designazione del governo Berlusconi), e apprezzando in particolare il suo impegno europeistico che seguii da vicino quando fui deputato al Parlamento di Strasburgo. Nel corso del così difficile – per l’Italia e per l’Europa – anno 2011, Monti era inoltre un prezioso punto di riferimento per le sue analisi e i suoi commenti di politica economico-finanziaria sulle colonne del Corriere della Sera. Egli appariva allora – e di certo non solo a me – una risorsa da tener presente e, se necessario, da acquisire al governo del paese.

Ma i veri fatti, i soli della storia reale del paese nel 2011, sono noti e incontrovertibili. Ed essi si riassumono in un sempre più evidente logoramento della maggioranza di governo uscita vincente dalle elezioni del 2008. Basti ricordare innanzitutto la rottura intervenuta tra il PdL e il suo cofondatore, già leader di Alleanza Nazionale, il successivo distacco dal partito di maggioranza di numerosi parlamentari, il manifestarsi di dissensi e tensioni nel governo (tra il Presidente del Consiglio, il ministro dell’economia ed altri ministri), le dure sollecitazioni critiche delle autorità europee verso il governo Berlusconi che culminarono dell’agosto 2011 nella lettera inviata al governo dal Presidente della Banca Centrale Europea Trichet e dal governatore di Bankitalia Draghi.

L’8 novembre la Camera respinse il rendiconto generale dell’Amministrazione dello Stato, e la sera stessa il Presidente del Consiglio da me ricevuto al Quirinale convenne sulla necessità di rassegnare il suo mandato una volta approvata in Parlamento la legge di stabilità. Fu nelle consultazioni successive a quelle dimissioni annunciate che potei riscontrare una larga convergenza sul conferimento a Mario Monti – da me già nominato, senza alcuna obiezione, senatore a vita – dell’incarico di formare il nuovo governo. Mi scuso per aver assorbito spazio prezioso sul giornale da lei diretto per richiamare quel che tutti dovrebbero ricordare circa i fatti reali che costituiscono la sostanza della storia di un anno tormentato, mentre le confidenze personali e l’interpretazione che si pretende di darne in termini di “complotto” sono fumo, soltanto fumo.

Con un cordiale saluto.

10 febbraio 2014

Giorgio Napolitano

http://www.corriere.it/politica/14_febbraio_10/monti-era-risorsa-complotto-solo-fumo-ae384d6a-9271-11e3-b1fa-414d85bd308d.shtml

Nella letterina Napolitano non smentisce affatto di aver proposto a Monti di fare il Presidente del Consiglio nell’estate del 2011.

Corte Europea: il canone RAI è illegittimo

ma sta sentenza c’è o no?

Ultimo aggiornamento 06 gennaio 2014 , ore 09:36
Per i giudici di Strasburgo l’antica imposta sul possesso della TV non è dovuta. Il 31 gennaio scadrà l’abbonamento e già si teme un’ondata di disdette. Farne richiesta è semplice e costa poco
Il canone RAI è illegittimo. Lo dice l’Europa! Così riportano alcuni importanti quotidinai nazionali. Pochi giorni fa, una sentenza della Corte eurpea dei diritti umani ha sentenziato l’irregolarità del canone RAI, a conclusione di un ricorso di un cittadino leccese che non si è fermato dinnanzi alle bocciature dei tribunali italiani. La sentenza emessa il 30 Dicembre 2013 afferma il principio per il quale il canone RAI è illegittimo in quanto non si attiene alla “materia fiscale, nocciolo duro della supremazia del potere pubblico, essendo dominante il carattere pubblico tra il contribuente e il resto della comunità”. In altre parole, la Corte asserisce che l’intervento della polizia tributaria ai danni del cittadino viola il diritto a ricevere notizie e informazioni di carattere pubblico. Di conseguenza lo Stato italiano, obbligando i cittadini a pagare un canone di abbonamento, il cui mancato pagamento ha come conseguenza l’oscuramento degli apparecchi di informazione, viola la libertà di informazione di ogni libero cittadino. Una batosta che cade alla vigilia della riscossione dell’abbonamento annuale RAI in scadenza il 31 gennaio e che potrebbe mettere a dura prova il bilancio di previsione del carrozzone pubblico italiano, già al centro di numerose polemiche sulla gestione delle spese e del denaro dei cittadini, come anche osservato recentemente dalla Corte dei Conti.

Adesso i contribuenti sono legittimati a non pagare più

Non solo. La sentenza della Corte europea – sostengono alcuni esperti di diritto che attendono di esaminare dettagliatamente il attenti al canonetesto – potrebbe adesso aprire uno squarcio nei conti pubblici della RAI. Per tre quarti di secolo, da quanto è entrato in vigore il regio decreto n. 246 del 1938 che istituiva l’imposta sulla detenzione di apparecchi atti o adattabili alla ricezione dei programmi televisivi, sono stati versati dai cittadini fiumi di denaro, non propriamente dovuti, nelle casse dello Stato. Ciò sarebbe potuto essere corretto (il condizionale è d’obbligo a questo punto) qualora le trasmissioni fossero state pubbliche e non private. Ma oggi, nell’era delle trasmissioni digitali, delle parabole, di internet, ecc. questa “tassa” è diventata più che discutibile. Ciò potrebbe costituire un deterrente per intraprendere una causa collettiva (class action) contro lo Stato per aver “abusato” di uno strumento legislativo antiquato atto a escutere somme di denaro in maniera impropria e ingiusta. Alla luce della recente sentenza della Corte europea, inoltre, da questo momento chiunque potrebbe sentirsi legittimato a non versare più i 113,50 euro dovuti alla RAI per il 2014.

Il canone RAI non è abolito. Si paga anche in Europa, ma è diverso

E’ bene comunque precisare che la Corte europea di Strasburgo non ha il potere di annullare una legge italiana e nemmeno quello di imporre veti violando la sovranità fiscale e legislativa di un paese membro. Tuttavia lo stato italiano adesso dovrà adeguarsi alle disposizioni impartite dai giudici europei nel rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini che appartengono all’Unione. Quindi, il canone RAI, così com’è stato concepito dalla legge italiana anteguerra, non è abolito, come potrebbe sembrare, ma solo messo in discussione da un organo giuridico sovranazionale. Certo è che se prima il canone era duramente contestato dai contribuenti ora lo sarà ancora di più ed è presumibile che per il 2014 la RAI incasserà meno soldi del previsto alla luce di questa sentenza. Del resto, come si fa a non rendere discutibile una legge vecchia di 76 anni, quando a quei tempi le televisioni erano possedute solo da pochissime famiglie abbienti? Va inoltre ricordato che il canone RAI si paga anche in altri paesi europei, ma l’imposta non è legata al possesso di un apparecchio radiotelevisivo, bensì all’utilizzo di frequenze pubbliche il che rende meno discutibile l’imposta.

Non pagare il canone RAI si può?

Così, in attesa che i politici e le lobby dello spettacolo di Saxa Rubra si mettano al lavoro per trovare una soluzione legislativa che superi, non solo la sentenza dei giudici europei, ma soprattutto le anacronistiche disposizioni legislative, è bene ricordare a tutti che è possibile disdire l’abbonamento RAI con una semplice raccomandata. Spendendo 4,30 euro si evita di pagarne 113,50. Basta chiedere il “suggellamento” della TV seguendo le istruzioni fornite dalla stessa RAI

(http://www.abbonamenti.rai.it/Ordinari/IlCanoneOrdinari.aspx#DisdAbb).

Tranquilli! Non verrà nessuno a spegnervi per sempre l’apparecchio! Ogni anno quasi 12.000 persone scrivono alla RAI per chiedere il “suggellamento” dell’apparecchio TV e la cessazione del relativo canone. Con questa richiesta chiederete alle autorità preposte di sigillare il vostro televisore, maturando il diritto a non pagare più il canone della televisione pubblica, che – ricordiamo – è una imposta collegata al possesso e all’uso dell’apparecchio.
Attenzione solo a chi possiede antenne paraboliche atte alla ricezione di canali satellitari con abbonamenti Sky e Mediaset Premium, ad esempio. In questo caso i controlli vengono svolti d’ufficio e con incrocio di dati fiscali, per cui dovranno essere cessati congiuntamente anche questi tipi di contratto.

http://www.investireoggi.it/economia/corte-europea-il-canone-rai-e-illegittimo/

Lorenzo Pascucci 09/01/2014, ore 09:46

Gennaio porta con sé come tutti gli anni la tassa che tutti gli italiani vorrebbero evitare. Il 31 di questo mese scade infatti il termine per il pagamento del Canone Rai, una spesa in più sulle tasche dei contribuenti già alle prese con non poche tasse per questo inizio di 2014.

Quest’anno però c’è un po’ di confusione in più rispetto al solito, visto che la Corte Europea dei diritti umani ha preso di mira la tassa italiana. Dopo il ricorso di un cittadino leccese che ha continuato la sua battaglia nonostante i pareri negativi dei giudici italiani la Corte, con sentenza emessa il 30 dicembre, ha affermato il principio per il quale il Canone RAI è illegittimo in quanto non si attiene alla “materia fiscale, nocciolo duro della supremazia del potere pubblico, essendo dominante il carattere pubblico tra il contribuente e il resto della comunità”. In altre parole, la Corte asserisce che l’intervento della polizia tributaria ai danni del cittadino viola il diritto a ricevere notizie e informazioni di carattere pubblico. Ciò si verifica nel momento in cui vengono posti i sigilli sul televisore evitando così di potere accedere agli altri canali per cui non è previsto nessun pagamento.

Intanto il 19 marzo Roberto Fico, presidente della Commissione di Vigilanza Rai in quota Movimento 5 Stelle, dovrà dare spiegazioni alla Commissione Petizioni dell’Unione Europea dopo l’iniziativa presa dalla leghista Mara Bizzotto, che ha raccolto le firme di 14.000 italiani per chiedere la cancellazione del canone per manifesta iniquità. La Commissione inizierà dunque una fase istruttoria per capire quanto il canone Rai rispetti i diritti del cittadino in base proprio alla Convenzione europea sui Diritti dell’uomo. Una prima criticità emergerebbe ad esempio dal meccanismo che consente di non pagare il canone se si decide di farsi sigillare il televisore, ma ciò potrebbe violare proprio l’articolo 10. Altro punto sotto la lente di ingrandimento della Commissione sarà anche quello riguardante le ancora troppe limitazioni verso i disabili, visivi e auditivi, che si devono spesso confrontare con un sistema Rai ancora in difficoltà nel consentire l’accesso a tutti i programmi del proprio palinsesto.

Resta comunque il fatto che il canone Rai per ora non è di certo abolito, ma questa è la prima volta che l’Europa si pronuncia in materia e ora la Rai dovrà per forza di cose tenerne conto. Quello che si prospetta è sicuramente una diminuzione degli introiti da parte della TV pubblica, visto che in molti potrebbero decidere di fare richiesta di suggellamento del mezzo televisivo tramite raccomandata, così come consentito dalla legge.

http://www.webmasterpoint.org/news/canone-rai-2014-non-pagare-cosa-fare-sentenza-corte-europea-dichiara-illegittimo-ma-rimane-ancora-tassa-valida_p56090.html

Canone Rai a Bruxelles: troppe cose non tornano

Il Parlamento europeo ha deciso di mettere sotto la lente il canone Rai: qualcosa davvero non torna. Il 19 marzo Roberto Fico (Movimento 5 Stelle), presidente della Commissione di Vigilanza Rai, parteciperà a un’audizione a Bruxelles per dare spiegazioni agli eurodeputati della Commissione Petizioni. Grazie all’iniziativa della leghista Mara Bizzotto ben 14mila cittadini italiani hanno richiesto la cancellazione del canone per manifesta iniquità.

In pratica in questa fase istruttoria la Commissione UE vuole capire la portata di alcune criticità che oggi più che mai fanno imbestialire gli abbonati. Il primo su tutti è il meccanismo che consente di non pagare il canone se si decide di farsi sigillare il televisore. Questa operazione di fatto potrebbe violare l’articolo 10 della Convenzione europea sui Diritti dell’uomo.

“Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera”, si legge nella carta dei diritti. “Il presente articolo noti impedisce che gli Stati sottopongano a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, di cinema o di televisione”. È evidente che sigillando si preclude la possibilità di vedere altri canali TV.

Il secondo punto riguarda l’accesso ai programmi Rai da parte di disabili, visivi e auditivi: sono ancora troppo pochi i programmi che soddisfano questa esigenza. E anche in questo caso si tratterebbe di una violazione della Carta dei Diritti fondamentali dell’UE.

Terzo punto la questione dell’oscuramento dei canali Rai accedendo attraverso il decoder Sky. Per altro già oggetto di una sentenza di condanna del Consiglio di Stato nel 2013.

Un altro punto è quello che riguarda i poco comprensibili bilanci della Rai, che tra profitti e perdite poco “trasparenti” potrebbero violare la direttiva europea sui consumatori.

Infine il tema del canone: legittimo o aiuto di Stato per la Rai?

http://www.tomshw.it/cont/news/canone-rai-a-bruxelles-troppe-cose-non-tornano/52150/1.html#.Us67m6KDmSo

Usa, la forza lavoro ai minimi degli ultimi 36 anni

Nemmeno la crescita più significativa dei posti di lavoro da oltre due anni a questa parte, starebbe contribuendo a far aumentare il numero di persone che si mettono alla ricerca di un lavoro.

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Il livello più basso degli ultimi 36 anni. È quello raggiunto dalla forza lavoro americana, mai così scarsa in rapporto alla popolazione dal marzo 1978. Lo rende noto oggi il Labour Department statunitense pubblicando le statistiche ufficiali sull’occupazione. Un dato che fa riflettere, segnala Bloomberg, se è vero quel 62,8% (in calo di 0.4 punti percentuali rispetto al mese scorso) registrato alla voce “labor force participation rate”, finisce per “drogare” implicitamente il dato, incoraggiante, sulladisoccupazione.
Il dato percentuale sulla forza lavoro, infatti, segnala la percentuale della popolazione teoricamente disponibile all’impiego e calcolata come somma tra occupati e persone in cerca di occupazione. Il rapporto, che non comprende i cosiddetti discouraged workers (prossimi alle 800 mila unità, in linea con la media dell’anno scorso), ovvero coloro che hanno rinunciato a cercare un lavoro, si è abbassato ad aprile per la prima volta dall’inizio dell’anno contribuendo così ad abbassare il tasso di disoccupazione che, al momento, si colloca al 6,3%, il livello più basso dal settembre 2008 (l’epoca del collasso Lehman). Nemmeno la crescita più significativa dei posti di lavoro da oltre due anni a questa parte, rileva Bloomberg, starebbe contribuendo a far aumentare il numero di persone che si mettono alla ricerca di un lavoro.
 
2 Maggio 2014
Matteo Cavallito

http://www.valori.it/economia/usa-forza-lavoro-ai-minimi-degli-ultimi-36-anni-7461.html?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews