Torino. I Maggio di vergogna

Corteo privato e blindato che festeggia la farsa dei garantiti e dei quadri di partito. Spezzone sociale con migliaia di partecipanti, caricati più volte, perché andasse in scena la parodia Pd e Confederali.

di Massimo Bonato e Fabrizio Salmoni

Dopo la smilitarizzazione della Polizia, assistiamo alla sua privatizzazione, al soldo di Pd e Confederali.

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Davanti, la Torino dei dirigenti di partito, dei quadri, dei garantiti, delle larghe intese, del Fiscal Compact e la radicalizzazione della precarietà, dei contratti atipici Tutti Frutti, degli stage a oltranza e dell’apprendistato sottopagato, degli F35 a tutti i costi, del Muos e del Tav apertura all’Europa, della cementificazione e degli sfratti che scaglia scudi e caschi contro persone inermi e senza più nulla. La Torino che passa direttamente dal Comune al San Paolo senza quasi cambiare poltrona. La Torino degli interessi difesi dal manganello.

Dietro la società civile.

È così che comincia questo I Maggio doppio, con la naftalina che scorre privatamente e il sudore di chi deve lottare e strappare con i denti anche la propria festa.

È così che comincia questo I Maggio, con una provocazione in piena regola che i manifestanti non raccolgono, ma per la quale devono pagare. Tenuti distanti dal palco a suon di cariche e manganellate.

Foto di Luca Perino

Foto di Luca Perino

Ieri è comparso tra le pagine di un noto quotidiano online un articolo in cui i No Tav erano citati in neretto, evidenziati tra altri partecipanti alla manifestazione odierna. Stamane uno dei primi titoli di una rete nazionale è stato “Scontri tra Polizia e No Tav”. Ma altri Tg han parlato di una carica di alleggerimento per riportare l’ordine e il tranquillizzante “tutto sotto controllo”. Vi è naturalmente chi ha anche parlato di una carica avvenuta in seguito al lancio di sedie verso il cordone Pd.

Questo è ciò che hanno raccontato.

Foto di Luca Perino

Foto di Luca Perino

Attorno alle 9.00 in piazza Vittorio Veneto alcuni cordoni dello spezzone sociale son già formati. Un furgone e un camioncino con gli altoparlanti. Ragazzi attorno, musica, striscioni già alzati e bandiere. Si intravvedono alcune bandiere No Tav arrivare alla spicciolata, mischiarsi qua e là. Poi all’improvviso arriva il cordone del servizio d’ordine del Pd. Insieme Esposito e Ferrentino posano per le fotografie. Ma non sono altrove. Non potrebbero essere altrove. Sono lì dove il corteo del I Maggio degli “altri” deve concludersi. Protetti da un poderoso cordone del servizio d’ordine al soldo del Pd e un poderoso cordone di polizia. Davanti allo spezzone sociale, che comincia a ingrossare.

Un po’ di concitazione, slogan, nulla che voli se non tanta rabbia e parole. Ma basta.

Parte una prima carica a freddo per allontanare lo spezzone sociale dal servizio d’ordine del Pd. La gente attorno è sbigottita. Non ha la più pallida idea del perché la carica sia partita. Ma il corteo del I Maggio è loro, di chi è già partito.

Sono le 10 e nulla ancora succede. È una condizione di stallo nella quale si profitta del tempo per scandire messaggi forti, che sono quelli rappresentativi di questo vero I Maggio. Ci sono tutti: sindacati di base, cobas, No Tav, centri sociali e studenti, anarchici e autonomi, precari e disoccupati che chiedono diritti. Diritto al lavoro, alla casa, alla sanità, all’istruzione, al futuro, alla verità. Raggiunge lo spezzone anche un messaggio della mamma di Federico Aldrovandi.

Ma ciò che lo spezzone sociale rivendica oggi è il diritto a sfilare, a fare di questo I maggio non l’escluso dalla festa privata del Pd.

È un faccia a faccia tra polizia e primi cordoni.

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Al di là, verso il centro, il corteo ha cominciato a muoversi, le bandiere del Pd, il cordone del servizio d’ordine frammisto alla solerte digos sono già in via Po. In testa si materializzano da una dimensione clandestina Fassino, un torvo Chiamparino, la maschera semigrottesca di Giachino e il sempre allegro Giampiero Leo, circondati dai digos e guardati su ogni lato da un drappello di celerini. Quasi si nascondono in mezzo ai gonfaloni, sono tesi, si guardano intorno, guardano due ali di gente che li lascia sfilare in un silenzio gelido. Sono finiti i tempi degli applausi. Solo l’Anpi ne riceve qualcuno mentre una bandiera No Tav spunta da un ultimo piano.

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Lo spezzone sociale in piazza Vittorio Veneto è ancora fermo. Qualche passo. Uno striscione No Tav che accerchia il cordone di polizia con su scritti i nomi di Claudio, Mattia, Chiara e Niccolò e la tensione torna a salire.

Una nuova carica, a fondo, dai primi metri di via Po risospinge i manifestanti indietro tra i furgoni. Qualche poliziotto tenta di aprire le porte del furgone ma un anziano gli si para davanti. Si parla di feriti. L’onda di questo corteo che non riesce a partire segue gli incidenti, e anche chi non è direttamente coinvolto insegue da dietro la polizia con lo striscione dispiegato e le bandiere.

Lo spezzone si ricompatta, questa volta deciso a farlo il suo corteo. È una promessa. E spinge. È il contatto tra volti e scudi. La polizia anche serra in fretta le fila e indietreggia. La pressano i No Tav da dietro con le spalle a via Po con striscione e bandiere, Di fronte lo spezzone sociale. Ha del surreale cominciare una manifestazione del I Maggio a ritroso, camminando al contrario, guardando la polizia che cammina all’indietro sospinta a neanche un metro da una fiumana di persone che non ne può più.

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E riparte un’ulteriore carica, ancora più a fondo. Dritta a falange verso la piazza di fronte. Poi si divide in tre tronconi e dai lati manganelli e scudi vengono agitati sin sotto i portici, tra i tavolini dei de-hors, tra camioncino e furgone. Qui, e solo ora, volano due o tre sedie per impedire il peggio a chi si trova schiacciato contro i portici o sotto, lungo i negozi, con le spalle al muro. Ma i tafferugli sono ormai dappertutto, sia verso piazza Vittorio violenti, sia verso via Po sottotono, giusto qualche spintone per allontanare, per evitare a chi di qua voglia unirsi al grosso. Ma tanto basta, cercando di non cadere, per intravedere il volto di una No Tav teso, i denti digrignati nello sforzo di tenere il fratello, il corpo in bilico sugli scudi, per evitare che se lo portino via. Ma la stretta non impedirà che lo trascinino in stato di fermo. Oltre a qualche testa sanguinante quindi, tre fermati. Soltanto un ragazzo verrà rilasciato nel primo pomeriggio, per due dell’Aska si aprono  le porte delle Vallette, trascinati ai blindati.

E tre. Il corteo si ricompatta e ricomincia a spingere. Ancora, si cammina all’indietro, per tutto un isolato, isolati dal I Maggio di chi ha raggiunto la piazza San Carlo messa in sicurezza da digos e  servizi d’ordine sindacali che, secondo consueta regia, infoltiscono di bandiere il fronte palco a beneficio dei Tg e blindano gli accessi.

Poi finalmente la polizia si fa da parte, apre ad ala schierandosi sotto i portici e il vuoto di via Po si riempie. Sono passate le 11 quando comincia questo I Maggio. E ha il sapore di una fiumana di gente che segue, di bandiere  e striscioni che sono la cifra vera di questa società in declino e del totalitarismo che vi si sta abbattendo. È una via Po piena di gente. Da piazza Castello a piazza Vittorio Veneto. Quella che i media chiamano dei “ragazzi dei centri sociali”, studenti.

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Eppure, in via Roma,  una nuova carica. Solo che ormai, a cantare Bella ciao c’è anche la signora che ciondola il capo sognante sotto braccio al marito. Solo che a riempire i portici del grido “Vergogna” ci sono anche messe in piega e cardigan, cravatte e camicie ben stirate. Ancora c’è chi viene inseguito fin sotto i portici e strappato dalle mani della polizia da gente che fino a un minuto prima passeggiava. Sono anziani e madri di famiglia che riempiono via Roma del grido “Assassini”. Applausi, ma questa volta al nome di Federico (Aldrovandi) che qualcuno alza dalle fila.

Chiediamo al dirigente Digos perché, perché impedire a un corteo evidentemente pacifico ma determinato ad arrivare in piazza? Ci risponde che “devono proteggere il Pd dall’aggressione dei violenti”. Siamo a questo punto: la polizia che difende un partito mentre altri che non hanno niente da temere dalla folla, sfilano tranquillamente: c’è la Lista Tsipras, i Cinque Stelle, persino l’Italia dei Valori. Il Pd ci era arrivato mezz’ora prima in piazza San Carlo: ridotti all’osso, meno di cento persone tra parlamentari e apparato. Riecco Ferrentino che si è guadagnato il posto in lista col tradimento della sua gente e si pavoneggia come d’abitudine tra i pochi che lo interpellano, ci sono i dirigenti storici, tante facce che stanno ancora lì, dopo anni di trasformazioni sempre al peggio, chissà se per fedeltà anchilosate o per semplice camaraderie o per mera abitudine. Raccolgono le bandierine e quelli che non si sciolgono si stringono alla digos presso il palco. Fassino se n’è già andato, non parlerà questa volta, per pudore o forse solo perché non ha niente da dire.

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Entrare in piazza San Carlo e pensare che è finita non rende conto della grandezza della cosa. Entrare in piazza San Carlo e salire sul palco, vedere la piazza colma di gente che ancora da via Roma arriva, rende invece conto di quale abissale differenza rappresenti ormai quello che si continua a chiamare “spezzone sociale”, “antagonismo”, quando appresso altro non c’è che la gente che questa crisi inventata deve sopportare ogni giorno. Sempre più lungo da vivere dovendo scegliere tra una bolletta e l’altra, quale pagare prima, e con che denaro.

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Allora, lo sguardo si riempie della piazza colma, piena di gente che ha lottato per arrivarci. Una piazza strappata con i denti, metro dopo metro. Eccolo il I Maggio. Un vero I Maggio di lotta.

M.B e F.S. 01.05.14

Torino. I Maggio di vergognaultima modifica: 2014-05-02T14:37:44+02:00da davi-luciano
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