1 MAGGIO: “FESTA DELLA DISOCCUPAZIONE”: BOLDRINI :”LA PRECARIETÀ SARÀ IL NOSTRO FUTURO STILE DI VITA”. SIAMO IN GUERRA MA POCHI LO SANNO!!!

giovedì 1 maggio 201

Questa dichiarazione è gravissima, al livello di quella di Monti che dice ai giovani di abituarsi alla precarietà e che il posto fisso è noioso.
Inoltre, questa MONDIALISTA, con questa dichiarazione, mostra la sua vera natura ovvero lontanissima dal pensiero di sinistra e PRO-GLOBALIZZAZIONE.
QUI il Video:

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Andiamo bene!
Fonte: http://freeanimals-freeanimals.blogspot.it/
Lavorare dovrebbe servire a vivere, non il contrario. Perciò dovrebbe essere considerato alla stregua del denaro: un mezzo da maneggiare col dovuto senso del limite. 
Il lavoro, dicevano gli antichi Greci che a saggezza battevano alla grande noi moderni, è una pena (un fardello, un peso, un male necessario ma pur sempre un male). 
Altro che festa! 

E ci sono quelli che ne fanno una religione ideologica fermando le lancette al Settecento di Smith e all’Ottocento di Marx. Consigliamo di riscoprire l’otium, la bellezza, il sesso, l’arte. E la Grande Politica fatta di ideali, comunità e vita quotidiana, e non di spread, rating, deficit, fiscal compact, bonus, job’s act.

Fuck you!
Ma il lavoro è nemico del pensiero e “come tale costituisce la migliore polizia e tiene ciascuno a freno e riesce a impedire validamente il potenziarsi della ragione, della cupidigia, del desiderio di indipendenza. Esso logora straordinariamente una gran quantità di energia nervosa, e la sottrae al riflettere, allo scervellarsi, sognare, al preoccuparsi, all’amare, all’odiare” (Friedrich Nietzsche).

 

Con il 12,7% di disoccupazione complessiva e 42,7% per i giovani il 1 maggio sembra la “Festa della disoccupazione”.
Il processo di deindustrializzazione va avanti senza un progetto di investimenti per il futuro. Disoccupati, cassintegrati e scoraggiati sono in aumento come anche coloro che decidono di espatriare per trovare lavoro all’estero.
Certo lo spread è sceso, ma a quale costo?
Il primo di maggio quindi non c’è proprio niente da festeggiare e c’è solo da stendere un velo pietoso sulla politica e sulle classi dirigenti che hanno portato il nostro paese in un declino dai connotati terrificanti.
Tommaso Genetti
testo completo qui

Primo oltraggio

[…] Sanno bene, ma si guardano dal denunciarlo, che i paesi (come l’Italia) che hanno adottato la moneta unica si sono messi in una gabbia in cui la competitività si scarica inevitabilmente sui costi di produzione e sui salari e sui posti di lavoro, che diventano di conseguenza una merce soggetta alle (per i più deboli) spietate regole di mercato […]
Testo di 
Paolo Zuccaro
 
immagine da http://www.iconicon.it/blog/2014/05/la-festa-dellidiota/
e questi sono i risultati, in Italia:

1° Maggio: resta solo un rito tribale

I SUICIDATI ED I FUTURI ASPIRANTI TALI che sono oltre quel FALSO 12% DI DISOCCUPATI UFFICIALI RINGRAZIANO PER L’IMPEGNO DI SINDACATI, SOCIETA’ CIVILE, PARTITI POLITICI PER NON GARANTIRE LORO UN REDDITO DI CITTADINANZA. SIETE DEGLI ASSASSINI

Di Enzo Pennetta – 1 maggio 2014

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L’anno scorso abbiamo parlato della dipartita del 1° Maggio, oggi se ne sono accorti in molti.
.
Dopo il funerale siamo adesso al rito tribale, sperando che lo spirito del defunto intervenga in aiuto dei lavoratori.
Concerto del 1° maggio: una marcia funebre per il sindacato, così era intitolato un anno fa l’articolo sul 1° Maggio su CS, la morte dei sindacati era evidente per una serie di fatti:
Il sindacato è morto.
Il sindacato in realtà muore ogni giorno, muore quando rinuncia a difendere i più deboli, muore quando ad esempio, proprio il giorno prima della festa del 1° maggio, si dichiara contrario all’abolizione dell’IMU, una battaglia condotta in nome di una politica di presunte priorità che appare figlia di un trip allucinogeno…
Ma questo è solo l’ultimo episodio di un tradimento perpetrato da un sindacato che ha rinunciato da anni a difendere i più deboli, che non è stato capace di dire nulla in difesa dello stato sociale, che ha permesso che una concorrenza sleale, figlia della globalizzazione ultraliberista, togliesse posti di lavoro tutelato da diritti degni di un paese civile creandone invece nei paesi dove il lavoro si chiama sfruttamento.
Il sindacato da anni è muto, da anni non ha saputo e voluto alzare la voce contro l’elitocrazia europea che costruiva un’Europa delle banche, che realizzava una moneta unica che sarebbe diventata lo strumento per sottrarre sovranità agli Stati e creare colonie interne da parassitare.
Oggi negli stessi termini si esprime anche uno come Paolo Barnard che sul suo sito interviene con un articolo intitolato “DOVE E’ SEPOLTA LA SALMA DEL PRIMO MAGGIO.“, che la morte del sindacato e con esso dei lavoratori sia cosa già avvenuta sembra dunque che si sia in più d’uno ad essere d’accordo:
Oggi sono in grado di rivelare per la prima volta a milioni di lavoratori e al mondo politico dove è stata sepolta la salma del Primo Maggio.
La stanno cercando disperatamente 30 milioni di disoccupati/sottoccupati europei, e il 42% dei vostri figli senza lavoro e senza speranza di trovarne uno…
.Che senso ha dunque quel carrozzone che oggi in Piazza S. Giovanni sparerà i suoi watt nell’aria tra panini con la porchetta, canne, birra e cessi chimici?
Il festeggiato è morto e un rito tribale farà finta che sia ancora vivo chiedendogli un miracolo che non può compiere, migliaia di persone penseranno che con le note di quattro cantanti si possano cambiare le cose, penseranno di fare qualcosa contro il sistema mentre invece faranno quello che quel sistema vuole da loro: che si sfoghino, che arrivino alla sera stanchi e spompati, e che domani tornino a prendersela in quel posto senza creare problemi. Quello che dovrebbe accadere se le persone fossero normali lo dice ancora Barnard nella conclusione del suo articolo:
Domani primo Maggio, in un mondo sano, dovrebbe scoppiare una guerra civile in Europa.
.Povera generazione disorientata e ingannata, resa incapace di capire cosa succede, e così anziché protestare veramente si accontenta di un misero concertone, suoni, balli nella speranza di cambiare le cose, proprio come quelle tribù che facevano la danza della pioggia sperando che servisse a far terminare la siccità e la carestia.

Alexis Tsipras: un piede in due staffe

Andando oltre l’appoggio da parte di Repubblica alla lista Tsipras, allo scontro interno per la candidatura nelle liste, all’ambiguità già dibattuta in questa sede che contraddistingue il programma politico per ridiscutere i vincoli imposti in sede europea, quello che preme sottolineare qui è quale posizione potrebbe assumere in politica estera la lista Tsipras e soprattutto quale ruolo potrebbe giocare lo stesso leader greco a seguito di una sua possibile vittoria in Grecia con SYRIZA.
DI ANDREA MINCIARONI · 30 APRILE 2014
    
In Italia c’è ancora un elettorato di sinistra che non riesce ad identificarsi con il PD e che non ha abbandonato le speranza di ricostruire un movimento che possa racchiudere in modo definitivo tutti gli esuli e i non allineati, e che regolarmente decide quindi ad ogni tornata elettorale di affidarsi a qualcuno in grado di incarnare questa speranza, qualcuno che sia in grado di restituire credibilità e rappresentatività ad un popolo deluso. Dopo Fausto Bertinotti e la lista arcobaleno, dopo Nichi Vendola e sel, ora tocca perfino ad uno straniero: Alexis Tsipras, leader del partito greco di SYRIZA.

A prescindere dalle singole differenze, se ce ne sono, tutti e tre sembrano accomunati da una sottile ambiguità di fondo che li rende di fatto omogenei e soprattutto fallimentari nel corso del tempo. Bertinotti, Vendola, e Tsipras sembrano incarnare alla perfezione quell’ideale di sinistra euro-occidentale, velatamente atlantista, che da una parte dichiara e promette dall’altra inganna e disattende. A prescindere dalle singole differenze come alleanze, candidati e programmi politici, quello che più  colpisce è la lontananza di questi movimenti da quei leader che magari continuano a definire l’immaginario ideale dell’elettore di sinistra non allineato, evidenziando contraddizioni mai sopite del tutto. Mi riferisco principalmente a quel blocco socialista sud americano costituito dai vari Morales, Castro,Correa, Chavez, e Maduro; leadership che i stessi partiti di Tispras o Vendola sentono come proprie, considerandole molto spesso punti di riferimento imprescindibili. Voi però ve lo immaginate Hugo Chavez che ridiscute le politiche di austerity della troika insieme a Curzio Maltese e Barbara Spinelli ?

Andando oltre l’appoggio da parte di Repubblica alla lista Tsipras, allo scontro interno per la candidatura nelle liste, all’ambiguità già dibattuta in questa sede che contraddistingue il programma politico per ridiscutere i vincoli imposti in sede europea, quello che preme sottolineare qui è quale posizione potrebbe assumere in politica estera la lista Tsipras e soprattutto quale ruolo potrebbe giocare lo stesso leader greco a seguito di una sua possibile vittoria in Grecia con SYRIZA.

Parlavamo di atlantismo velato, quella posizione che contraddistingue quasi tutti i partiti di sinistra europei che nonostante i continui sconvolgimenti geopolitici portati avanti dagli Stati Uniti e dai loro alleati, sono incapaci di schierarsi in modo netto e definitivo. Pretendendo da una parte di condannare l’imperialismo  statunitense dall’altra di schierarsi contro chi lo combatte ogni giorno, dai vari Bashar Al Assad a Vladimir Putin fino all’ex presidente iraniano Ahmadinejad.

Alla luce di quanto detto non sorprende l’ultima uscita di Francesco Gesualdi fondatore del “Centro Nuovo Modello Di Sviluppo” e candidato con la lista Tsipras per le prossime elezione europee. In poche righe in questo articolo ( link diretto all’articolo http://www.listatsipras.eu/blog/item/2338-aiutiamo-l-ucraina-con-forze-di-pace.html ) Gesualdi è riuscito a sintetizzare la crisi in Ucraina senza spendere una sola parola sul tentato golpe da parte degli Stati Uniti e Unione Europea. Il candidato per la lista Tsipras però è andato oltre, non solo ha costruito un analisi fuori dalla realtà, ma anzi è arrivato perfino a parlare di “invasione russa” paventando per la risoluzione della crisi, operazioni di peacekeeping sulla falsariga di Kosovo e Iraq, utili per disarmare le parti in conflitto.

 ”Giganti in guerra tra di loro per la conquista del potere” si legge nell’articolo. Bisognerebbe dire a Gesualdi che Vladimir Putin è stato costretto per forza di cose a intervenire direttamente sulla questione ucraina schierandosi in difesa di un area a maggioranza russa e non ha certo invaso militarmente il paese, nonostante l’opposizione di Stati Uniti e Unione Europea, che pur di ostacolare la vicinanza di Yanukovich al presidente russo hanno di fatto finanziato e armato gruppi neonazisti, come quello di Svoboda, che ora rischiano di salire al potere con il consenso delle democrazie occidentali.

Prescindendo però da tali considerazioni l’articolo di Gesualdi chiarisce e sintetizza alla perfezione quella sterile e utopica ricerca di una terza posizione – né Stati Uniti,  né  Russia – che la sinistra europea insegue da anni, incapace di dare sostanza a quella lotta antimperialista che nel 2014 non dovrebbe più possedere un solo colore politico, ma radicarsi nelle coscienze di ognuno, andando oltre ideologie passate che certo non aiutano ad osservare lucidamente la realtà.  Posizioni ambigue quindi, ribadite dallo stesso leader greco che non hai mai speso come dirigente di SYRIZA una sola parola contro la NATO, ma anzi più volte si è limitato a parlare di una generica ricostruzione del ruolo delle Nazioni Unite o di una politica estera multilaterale e “pacifista”. Termini vuoti, senza sostanza, che hanno attirato le dure critiche in Grecia del partito Trotzkista.

In questo senso la lista Tsipras non solo non porta nulla di nuovo nello scenario politico attuale ma anzi sembra ricalcare vecchie logiche, vecchi modelli incapaci di restituire credibilità a chi veramente avrebbe a cuore un’altra Europa.

Per ridisegnare totalmente i rapporti di forza che governano oggi l’Unione Europea e che contribuiscono anche alla creazione di quei vincoli di austerity che all’improvviso tutti i partiti dopo anni passati a firmare qualsiasi trattato sembrano aver riscoperto, bisogna ripensare quale ruolo e quale guida la comunità europea deve assumere nell’evoluzione degli equilibri geopolitici e geoeconomici internazionali. In altre parole, capire se rimanere ancora sotto la sfera di influenza degli Stati Uniti e della NATO o avvicinarsi in modo più deciso ai BRICS, giocando anche un ruolo di primo piano sul Mediterraneo.

Questo di certo non è più il periodo per stare con un piede in due staffe.
http://www.lintellettualedissidente.it/alexis-tsipras-un-piede-due-staffe/

Ragazzo d’Europa tra Mes, Fiscal Compact e Erf

quel ragazzo sicuramente non voleva questa Europa (perché ne voleva una?) ma chi siedeva e siede nei salottini buoni, nei circoletti (lobby e logge) giusti cari alla finanza SAPEVA che cosa stava promuovendo ed ha manipolato le masse portandole  a credere che la Ue fosse questo magnifico progetto di pura bontà disinteressata.

Ecco l’ennesima trappola in stile UE che noi europei dovremmo subire: l’ERF (Fondo Europeo di Redenzione).
DI EDOARDO ARRIGO · 30 APRILE 2014

Negli ultimi decenni, quando il vero dibattito sull’Europa era aperto, si cantava questa canzone “Ragazzo dell’Europa che casa più non hai ma solo un po’ di terra per cui combatterai…” con l’intento di spronare questo ragazzo alla creazione di un’Europa vera. Queste parole che un tempo davano coraggio e infervoravano i cuori oggi però potrebbero essere interpretate letteralmente. Se si continua così possiamo essere abbastanza sicuri che il Ragazzo del XXI secolo non solo non avrà una casa (IMU, ICI, TARSU, TRASI, TRASE ecc) ma probabilmente potrebbe perdere ogni tipo di diritto e legittimità sulla propria terra.

Di fatti l’organizzazione chiamata Unione Europea oltre ad aver fatto pesare sul ragazzo ingenti tasse, patrimoniali e non, attraverso Fiscal compact e MES, a Giugno scorso ha approvato l’ERF, il Fondo Europeo di Redenzione (da notare come nessuno ne abbia parlato o tantomeno menzionato in questi mesi). L’operazione prevede di far confluire nel Fondo l’importo dei debiti pubblici degli Stati dell’Eurozona per la parte eccedente il 60% del debito. L’ERF emetterebbe quindi titoli (per complessivi 2.300 miliardi di euro) per una durata massima di 20-25 anni garantiti dal gettito delle imposte riscosse a livello nazionale e da asset pubblici, in particolare, riserve auree e di valuta estera dei Paesi assistiti. L’Italia visto l’ingente debito che ha prodotto in questi anni sarà costretta a versare 950 miliardi pari al 40% dell’ammontare dell’intero fondo.

Ricapitolando: in questo fondo va a finire tutto il debito pubblico oltre il 60% di ogni singolo Paese; si fanno degli eurobond a lunga durata avallati dalle entrate tributarie dei Paesi ma, se le entrate tributarie non fossero sufficienti prenderebbero a garanzia i nostri asset pubblici (immobili) o la riserva aurea (già ci avevano provato con BANKITALIA). Ci troviamo di fronte, quindi, ad un fondo la cui esistenza è temporaneamente limitata e che comunque deve essere completamente rimborsato dagli Stati membri alla fine della sua durata mettendo in pericolo non solo le entrate tributarie ma le uniche cose che sono rimaste: oro (siamo il quarto paese al mondo con più oro!) e patrimonio. Un sistema che punta definitivamente a legittimare l’EURO e ad indebolire i singoli Stati privandoli, come quello che potrebbe avvenire in Italia, delle uniche cose che certamente hanno valore. Ecco l’ennesima trappola in stile UE che noi europei dovremmo subire.

Il Ragazzo degli anni 70 sicuramente si sarebbe immaginato un’Europa diversa. Un’Europa che punti al sociale, che faccia della solidarietà il suo punto cardine e che miri al bene della collettività e non dei pochi. Sicuramente non se la sarebbe immaginata come un’organizzazione che fa dell’economia il suo elemento centrale; che mette davanti al singolo individuo interessi economici delle banche e di quelle lobby che ad oggi ci stanno indirettamente governando. Quel Ragazzo probabilmente sarebbe profondamente deluso.
http://www.lintellettualedissidente.it/il-ragazzo-ai-tempi-della-ue/

Inizia la calda estate di Renzi

Il 1 maggio torinese diventa ogni tanto cartina di tornasole delle contraddizioni che attraversano la città e in senso più lato il territorio del nord-ovest. E’ stato così anche quest’anno: migliaia di persone hanno sfilato nello spezzone sociale e dell’autorganizzazione: fuori dai partiti, dai sindacati e dalle congreghe del sistema-Torino. L’avevamo detto in anticipo che si sarebbero viste due piazze differenti oggi: da un lato i “garantiti” dei partiti e della burocrazia sindacale, quanti hanno mangiato e vogliono continuare a campare di questo sistema fatto di indebitamento sulle spalle della maggioranza e riproduzione della casta; dall’altra i non-garantiti, che oggi erano presenti in massa in tutte le loro articolazioni: studenti, giovani, precari, occupanti di case, notav, centri sociali ed anche pezzi di quella composizione già scesa in piazza il 9 dicembre coi cosiddetti “forconi”.

Nelle cronache del media mainstream erano “un gruppo di antagonisti” che hanno provato a “sfondare il corteo” e che “qualche carica di aggiornamento” avrebbe ridotto a più miti consigli. Chi c’era ha visto! Chi c’era sa come sono andate le cose! Una parte di quella Torino che sta pagando la crisi ha gridato in faccia ai bonzi della politica e delle istituzioni che in piazza oggi non erano graditi.

Quella che si è manifestata è stata una contestazione di massa al mondo del Pd: una contestazione di cui si son resi protagonisti uomini e donne di ogni generazione, non solo giovani e studenti ma anche pensionati, lavoratori, orfani di una sinistra che non c’è più. Ne sia testimonianza la piazza San Carlo piena che a fine mattinata ha accompagnato e partecipato al comizio finale dei non-garantiti che hanno interrotto il concertino di PD-cgil-cisl-uil. Abbiamo visto anziani tirare sedie contro la polizia dopo le prime cariche partite per proteggere l’impresentabile Esposito da delle semplici contestazioni (in sua compagnia Antonio Ferrentino, il traditore della Val Susa, l’uomo del come-nì-Tav). Uomini e donne inveire contro poliziotti e digos dopo ogni nuovo pestaggio.

Le cariche sono partite subito, forse indispettiti dai tanti cartelli che denunciavano l’infamia del Sindacato Autonomo di Polizia, che ricordavano Federico Aldrovandi e la dignità della mamma, Patrizia Moretti, contro chi non trova niente di meglio che applaudire per 5 minuti degli assassini in divisa (un segnale di una certa polizia al nuovo governo?). Un messaggio giunge in piazza da Patrizia e ringrazia i presenti per il ricordo commosso del figlio.

Tutte le componenti dell’autorganizzazione oggi erano presenti e hanno resistito, carica dopo carica ad una polizia presente in gran quantità. Uno schieramento pesante, già annunciato ieri da un articolo di Massimo Numa.

Devono giustificare i soldi investiti in “ordine pubblico” e preparare un clima di allarme per le prossime scadenze di lotta importanti che attraverseranno questa città nei prossimi mesi: il 10 maggio, quando scenderemmo in piazza per la liberazione di Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia contro l’assurda accusa di “terrorismo”; e il prossimo 11 luglio, quando contesteremo con tutte le reti e i movimenti sociali il vertice dei primi ministri dell’Unione Europea sull’occupazione giovanile.

Nessuno oggi si è fatto intimorire, se ne facciano una ragione! Non basta solo militarizzare i territori se non ci sono anche altre proposte. Continuiamo a non vederle… e continuiamo, per parte nostra, ad organizzare la rabbia e ad assecondare tutti quei fermenti sociali che esprimono incompatibilità. Non ci sono altre strade che non partano dall’autorganizzazione e dalla composizione di quei settori che la crisi la stanno pagando.

Renzi e il suo partito inaugurano la loro estate, noi iniziamo a preparare la nostra!

#civediamolundici

Editoriale da InfoAut :

http://www.infoaut.org/index.php/blog/editoriali/item/11584-inizia-la-calda-estate-di-renzi

A Pordenone la prima festa della disoccupazione Città simbolo della crisi: in Regione persi oltre 22mila posti in cinque anni

01/05/2014

 Il Primo Maggio del lavoro in bilico Da Taranto a Genova, fino a Porcia ecco la mappa delle vertenze in corso GIUSEPPE BOTTERO
 
Sindacati nella trincea del lavoro per il 1° Maggio. Si è tenuta a Pordenone quest’anno la manifestazione nazionale di Cgil, Cisl e Uil. La città un tempo capitale dell’industria del bianco e dell’occupazione oggi è in prima linea nell’affrontare le pesanti conseguenze della crisi industriale in corso, con le vertenze di Elecrolux e Ideal Standard in primo piano ma a pesare è più in generale il crollo del comparto manifatturiero che negli anni aveva fatto da motore di una straordinaria crescita.
«Eravamo quelli della disoccupazione zero e ora siamo al centro di un problema di disoccupazione importantissimo per tutto il Paese e che ci farà capire alla fine come sarà il lavoro in futuro in Italia» ha sottolineato alla viglia della manifestazione il Sindaco della città, Claudio Pedrotti, facendo appello ai cittadini perché scendessero in piazza compatti per dire che Pordenone non vuole spegnersi.
 
Tensioni Lega Nord – Tsipras  
All’evento che ha attraversato la città sono intervenute numerose persone ma non c’è stata una partecipazione straordinaria. A spiccare c’era la bandiera gialla immagine della voglia di resistenza e di reagire della città e dell’Electrolux. Ci sono stati alcuni brevi momenti di tensione quando il corteo è passato davanti a un presidio della Lega Nord. Sono volate parole grosse tra i militanti del Carroccio e alcuni esponenti della lista Tsipras che sfilavano assieme ai lavoratori: «Andate a lavorare» e «Vergogna» gli epiteti scambiati. Poi la manifestazione è perseguita senza problemi.
 
La Locomotiva in ginocchio  
Per la Regione Friuli Venezia Giulia è la seconda Festa del Primo Maggio che si svolge sul suo territorio in dieci anni. L’ultima volta la manifestazione si era tenuta a Gorizia, altra città simbolo della storia recente, che celebrava l’abbattimento della “cortina di ferro” con l’ingresso della Slovenia nell’Unione europea. A distanza di un decennio il clima è completamente diverso con una profonda crisi economica di un intero territorio che ha visto, in cinque anni, raddoppiare la disoccupazione con oltre 22mila occupati cancellati, e perdere migliaia di piccole imprese. In pochi anni la Regione è così passata da modello da seguire a livello nazionale a grande malato dell’economia italiana. Lunedì i fari saranno di nuovo accesi su questo angolo del Paese: per quel giorno è attesa l’approvazione del nuovo piano industriale predisposto da Electrolux per mantenere in vita i quattro stabilimenti del bianco di Porcia, Susegana, Forlì e Solaro.
 
Festa del lavoro senza lavoro  
Ad aprire il corteo oggi c’erano proprio gli operai della grande fabbrica di Porcia dell’Electrolux, messa in discussione, seguiti dai lavoratori dell’Ideal Standard e poi dai Sindaci dell’area diventata simbolo delle difficoltà del lavoro. Davanti a tutti lo striscione slogan «Più lavoro, più Europa e più solidarietà».  
«Siamo qui ma vorremmo essere idealmente a Piombino e con tutte quelle vertenze che han visto passare quattro governi senza vedere soluzioni» ha detto dal palco Susanna Camusso, leader della Cgil. Difesa dei posti di lavoro e crescita elle produzioni le due parole più utilizzate. Il messaggio principale che la Cgil ha lanciato dalla manifestazione del Primo Maggio «è quello che bisogna avere il coraggio di passare a una stagione vera di investimenti per il lavoro». Per Bonanni (Cisl) bisogna «reagire subito come stanno facendo gli operai della Electrolux. Con consumi bassi e alti costi, la disoccupazione è destinata a crescere sempre di più». Meno tasse, meno burocrazia e più infrastrutture, infine, la ricetta con cui, secondo Angeletti della Uil, il Paese ripartirebbe «più forte di prima».
http://www.lastampa.it/2014/05/01/economia/a-pordenone-la-prima-festa-della-disoccupazione-sUDd3092575UKHwwnDmQTO/pagina.html

Ufficio parlamentare di bilancio, chi era costui?

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L’Ufficio parlamentare di bilancio -volgarmente detto Autorità di Bilancio- è il controllore dei conti pubblici introdotto nell’assetto istituzionale italiano dal Fiscal Compact, secondo il quale esso deve certificare il DEF (Documento di Economia e Finanza, il principale atto di programmazione del governo), valutando l’osservanza del principio del pareggio di bilancio. Esso sarebbe dovuto entrare in funzione all’inizio di quest’anno, ma ha subìto vari colpi d’arresto in violazione del misconosciuto trattato che l’ha istituito (e della specifica legge nazionale che lo prevede, la n. 243 del 24 Dicembre 2012).
Fino a ieri, infatti, è rimasta incompleta la rosa dei dieci nomi dalla quale la premiata ditta Boldrini & Grasso, nella qualità di Presidenti rispettivamente di Camera e Senato, dovrà scegliere mediante apposito decreto i componenti della triade (Presidente e due componenti) che andrà a costituire l’organismo, rimanendo in carica per la durata di sei anni. Una nomina tutt’altro che popolare e sovrana di un’Autorità che si ostinano a definire “indipendente”.
Nell’elenco dei papabili a rivestire il ruolo di boia, preposti a infliggere una austerità di durata ventennale al popolo italiano, figurano almeno tre ex collaboratori del commissario per la revisione della spesa pubblica Carlo Cottarelli: si tratta di Marco Cangiano che arriva dal Dipartimento affari fiscali del FMI, diretto fino a poco tempo fa proprio da Cottarelli, di Alberto Zanardi a cui sempre Cottarelli ha chiesto di coordinare il gruppo di lavoro sul taglio della spesa degli Enti Locali, e di Chiara Goretti, incaricata dal commissario di dare colpi d’accetta alle società partecipate.
A essi si aggiungono Paolo Savona, ministro delle privatizzazioni nel governo di Carlo Azeglio Ciampi (1993-1994), l’ex FMI Giuseppe Pisauro, Luigi Paganetto (ora all’ISTAT), Pietro Garibaldi, consulente di Matteo Renzi per le politiche (di distruzione) del lavoro, e Angelo Fabio Marano.
E, notizia dell’ultima ora, Gianfranco Polillo, sottosegretario all’Economia ai tempi di Monti, nonché Fiorella Kostoris, “nota economista”.
Scommettiamo che la nomina della triade avverrà prima del 25 Maggio?
Ché minacciosa all’orizzonte si staglia la sagoma del “dittatore barbuto” Beppone Grillin
Federico Roberti

Canone Rai, perché vogliono obbligarti a pagarlo e non impedirti di vedere i programmi

30 aprile 2014 4 Commenti

L’obbligo del pagamento del canone Rai è un’assurdità. La Rai è un servizio pubblico? Bene! Allora chi ne usufruisce lo paghi, ma perché dovrebbero pagarlo anche coloro ai quali questo “servizio” non interessa?

E’ come se io fossi costretto a comprare ogni giorno il biglietto del tram anche se utilizzo la mia automobile per recarmi al lavoro. Che senso ha? Un’assurdità, appunto!

Ma per i nostri attuali governanti, l’assurdo non esiste, anzi è una condizione normale, per cui Renzi nega che si possa inserire il canone Rai all’interno della bolletta elettrica, e contemporaneamente il suo “vice”, Graziano Del Rio, alla trasmissione della Annunziata lo smentisce dicendo candidamente che ne avevano appena parlato all’interno del Consiglio dei Ministri.

Ora anche il Garante dell’energia, Guido Bertoni, ha chiaramente detto che una simile eventualità non può essere neppure presa in considerazione.

Da sempre, giustamente, la stessa Rai prevede che l’utente che non intenda fruire dei programmi dell’azienda pubblica possa non pagare il canone chiedendo che sul proprio apparecchio vengano posti dei sigilli che impediscano la visione delle reti della tv pubblica.

Il fatto è che la Rai non è in grado di fare questa operazione! E allora? Fatti suoi! Che ci può fare l’utente?

Non sono, però, così sprovveduto da non sapere che anche coloro che non pagano il canone Rai, “indirettamente” tramite la leva fiscale, almeno in parte contribuiscono loro malgrado, perché la Rai continua a far debiti su debiti e quelli chi li paga? Ovviamente tutti i contribuenti italiani.

Ma una domanda gli italiani dovrebbero porsela, oggi, infatti, la tecnologia ha fatto progressi tali che non sarebbe difficile riscuotere il canone dalle persone che vogliono vedere i programmi Rai ed impedirne la visione a coloro che invece non vogliono pagare, ed allora, perché non si va in questa direzione?

Vi siete mai posti questa domanda?

Obiettivamente ha senso porsela e c’è un’unica risposta plausibile.

Per i politici che controllano la Rai, l’obiettivo principale è rincoglionire la popolazione con la più totale disinformazione, se poi, si ottiene questo scopo addirittura facendosi pagare … beh … si è raggiunto l’apice.

Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro
http://www.finanzainchiaro.it/canone-rai-perche-vogliono-obbligarti-a-pagarlo-e-non-impedirti-di-vedere-i-programmi.html?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews  

Ecco la ripresa! 40 fallimenti al giorno (+22% rispetto al 2013)

28 aprile 2014

Io penso che gli italiani si siano stufati di sentire frasi del tipo: “si vede la luce in fondo al tunnel” oppure “il peggio è alle spalle” e via di questo passo, ma non vogliono ancora abbandonarsi all’idea che proseguendo su questo binario non si possa altro che finire nel baratro.

Ai telegiornali non sentiamo altro che la mistificazione della realtà, d’accordo che se spiattellassero in faccia alla popolazione la reale situazione probabilmente finiremmo in una depressione collettiva, ma al nostro Paese serve assolutamente uno choc per evitare l’eutanasia.

Ovviamente non so come venga praticata l’eutanasia, ma ritengo che prima vengano impiegati dei tranquillanti, poi si proceda con una sedazione, ed infine, quando non c’è più coscienza, si arrivi a somministrare il farmaco letale.

Ecco, secondo voi, cari lettori, noi a che punto siamo?

Ci hanno dato solo dei tranquillanti o hanno già proceduto con la sedazione?

Perché ci deve essere qualcuno che mi spieghi come oggettivamente si possa parlare di ripresa nel nostro Paese quando i fallimenti, nei primi tre mesi di quest’anno, sono aumentati del 22% rispetto all’anno precedente (che era già stato un anno disastroso!).

Quaranta attività ogni santo giorno (festività comprese) che scompaiono portando con sé la disperazione di persone, famiglie e comunità intere.

E l’Italia cosa fa? Rimane, “composta”, raccolta nel proprio dolore, in attesa della sua ineluttabile fine.

Ho usato volontariamente il termine “ineluttabile” dal latino “ineluctabilis” composto dal prefisso “in”, che nega, ed il termine “eluctabilis” il cui significato è “che si può superare con la lotta”.

Davvero gli italiani vogliono andare incontro alla propria fine senza nemmeno lottare per la sopravvivenza?

Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro
http://www.finanzainchiaro.it/ecco-la-ripresa-40-fallimenti-al-giorno-22-rispetto-al-2013.html

De Schutter (ONU): «In futuro prezzi del cibo alti e volatili»

Secondo il delegato belga presso le Nazioni Unite, occorre cambiare modello agricolo e alimentare. Ma il WTO non ne vuol sapere.
Il delegato belga per il Diritto all’Alimentazione presso le Nazioni Unite, Olivier De Schutter, ha dichiarato ieri di temere in un periodo futuro di «prezzi alimentari elevati e volatili», che esigerà delle risposte «più energiche» da parte dei governi. Per De Schutter, le crisi rischiano di ripetersi a causa dei «fattori strutturali di squilibrio che perdurano», tra i quali cita «l’aumento del consumo di proteine animali e di biocarburanti», nonché «la nostra incapacità di affrontare il problema deglisprechi» nel sistema agroalimentare.
Nel suo bilancio dopo oltre sei anni di mandato, il delegato belga ha specificato inoltre che «il modello agricolo fondato sui pesticidi, dipendente dall’industrializzazione sempre più forte del comparto agricolo, è al capolinea». Occorre, al contrario un cambiamento verso una nuova «agro-ecologia».
De Schutter ha poi attaccato l’Organizzazione mondiale del commercio (WTO): la sola organizzazione internazionale «che non ha fatto la sua parte nel riconoscere la necessità per ciascun Paese di garantire la propria produzione alimentare». «Il WTO continua a difendere un sistema superato», ha concluso.
 
30 Aprile 2014