A proposito del “decisionismo” di Renzi

di Enrico Galoppini – 13/04/2014
Da quando hanno stabilito di propinarcelo dalla mattina alla sera (conservo la serie di “prime pagine” dell’Ansa delle settimane precedenti la nomina a presidente del Consiglio: c’era solo e sempre lui!), c’è una caratteristica dell’ex sindaco di Firenze che è stata messa in risalto più delle altre (il “giovanilismo”, la “parlantina”, l’“informalità”, il “dinamismo” ecc.): la capacità di prendere decisioni, che è la premessa necessaria per poter “fare”.
Tale capacità è tutta da dimostrare, tuttavia i “media” hanno già costruito l’immagine di Matteo Renzi come quella di un “decisionista”.
Questa qualità – hanno intuito gli esperti di “comunicazione” (cioè di abbindolamento di massa) – sarà senz’altro apprezzata da un popolo che ormai ha introiettato l’idea (peraltro vera) che in Italia nessuno combina mai nulla.
Tuttavia su questo “non combinare nulla” bisogna intendersi una volta per tutte e tenteremo di spiegare che cosa è veramente.
Ma procediamo per ordine.
Per prima cosa, va detto che il “decisionismo” non è una categoria del politico che possa andare disgiunta dai contenuti delle decisioni stesse!
Intendo dire che anche nel Cile di Pinochet o nell’Argentina dove operava la Tripla A a caccia di “comunisti” (in realtà patrioti), con la Cia alle spalle che addestrava i torturatori, esisteva eccome un governo “decisionista” (salvo poi sfaldarsi alle prime batoste nelle Falkland/Malvinas). Nelle proverbiali “Repubbliche delle banane” era tutto un fiorire di “decisionisti” che applicando con zelo le ricette disumane dei teorici del “Libero mercato” portavano alla disperazione la gran parte della popolazione.
Sinceramente, da un simile “decisionismo” Dio ce ne scampi e liberi.
“Decisionista” era anche la Tatcher, la cosiddetta “Lady di Ferro”, quella che – tanto per dirne una – combinò lo spezzatino delle ferrovie britanniche in oltre venti società, col risultato che proprio a causa della sua “decisione” un servizio così importante era stato devastato, ovviamente in nome del “Mercato” e delle sue mai dimostrate “virtù”.
La stessa immagine venne costruita attorno a Tony Blair, quello delle bugie sesquipedali sui “sacrosanti” motivi per attaccare l’Iraq e che ora è uno strapagato conferenziere come altri suoi simili della “sinistra” mondiale, che dopo aver fatto solo danni ed aver preso in giro il suo popolo adesso riscalda la solita minestra per farla sorbire al pubblico di qualche esclusivo consesso di “decisori”…
Con questo non intendiamo certo dire che Renzi s’appresta a sguinzagliare gli “squadroni della morte” a caccia di chi lo avversa, però si può affermare che egli s’inscrive a tutto tondo nel filone dei politici della “nuova sinistra”, post-tutto, che per non ammettere di non aver nulla da dire di diverso dalla “destra” deve inventarsi queste figure ibride, che ammiccano anche all’elettorato avverso, proprio attraverso una maschera “decisionista”.
Va comunque chiarito che questo “decisionismo 2.0”, oltre ad essere la classica aria fritta e riducendosi a un vacuo slogan utile per abbindolare gli allocchi, è in effetti anche una realtà, ma di un tipo particolarmente insidioso e nocivo per il bene comune, cioè il bene della comunità nazionale presa nel suo complesso, la quale, nella maggioranza dei suoi membri, andrà a subire gli effetti dannosi delle “decisioni” dell’“uomo forte” di turno.
Questo per dire che mentre nessuna “decisione” in grado di produrre effetti benefici e stabili, capace d’invertire la china di “lacrime e sangue” che va sotto il titolo “La Crisi”, verrà presa da quest’autentico prodotto di “marketing”, nella concreta pratica di governo andrà avanti, imperterrito, il programma di smantellamento dello “stato sociale” e di demolizione dell’apparato produttivo italiano, secondo i dettami della grande finanza speculativa ed usuraia che deve cancellare questo paese dal novero delle nazioni più avanzate dal punto di vista industriale.

Dunque, stabilito che naturalmente non va bene l’esatto opposto del “decisionismo”, cioè l’immobilismo, il non riuscire a combinare mai nulla, non è per questo che bisogna esaltarsi alla semplice idea che ora siamo governati da uno che non sta mai un attimo fermo e salta da una scuola all’altra, ha innescato il disco degli “80 euro al mese” e ne inventa una più del diavolo pur di convincere che “risparmia”.
Questo è il solito fumo, dietro il quale sta il succulento arrosto che consiste nell’avanzamento del suddetto progetto di smantellamento e demolizione di quella che è stata l’Italia uscita dalla guerra e protagonista del “boom economico”, ma che dagli anni Ottanta, con un’accelerazione sensibile dai Novanta, è stata scelta come laboratorio per testare le meraviglie delle dottrine cosiddette “neo-liberiste”, che adesso, dopo un decennio di “Europa” e qualche anno di forsennata polemica “anti-casta”, si appresta a ricevere la mazzata finale.
La verità è che non vero che finora “non s’è combinato nulla”. Altro che se hanno “combinato”: un disastro! Diciamo piuttosto che nessuno ha combinato nulla di buono per la nazione nel suo complesso, mentre tutti – chi più chi meno – sono stati intenti ad applicare le “direttive europee”, i “parametri di Maastricht” eccetera mentre l’apparato mediatico studia sempre qualche nuova “polemica” allo scopo di distrarre dal normale tran-tran che procede a gonfie vele per Lorsignori.
Che pensate, che passino tutto il giorno ad occuparsi di amene baggianate come quella di togliere la cittadinanza onoraria torinese a Mussolini?
Altro che. Lo passano ad ottemperare gli “impegni” presi coi loro padroni al momento in cui sono stati insediati.
E così, tra una battuta e l’altra da consumato imbonitore, c’è chi ci crede per davvero e chi la prende a ridere pensando che si tratti di un fenomeno al limite del pittoresco. Ma ci sarà solo da piangere quando il prossimo anno entrerà in vigore il famigerato “Fiscal Compact” e si sentiranno gli effetti dell’incatenamento al Meccanismo Europeo di Stabilità…
Allora ve la spiego io questa fretta di togliere “lacci e lacciuoli” gabbata per “decisionismo” che pare essersi impossessata di questo Governo: prevedendo un drastico peggioramento della situazione per molti, e perciò un aumento del malcontento, blindano più che possono questo sistema serrando sempre più strette le sbarre della gabbia.

Ed ecco che, per farlo senza troppe complicazioni, c’è bisogno per l’appunto di un “decisionista”, di un personaggio che prestandosi ottimamente alla commedia, mentre promette mari e monti giurando di andarsene se “non ce la farà”, applica pedissequamente le “decisioni” che altri, ben più potenti di lui, hanno preso per questa nazione che, invece di una parodia di “capo” – per giunta a vantaggio di scelte impopolari – avrebbe bisogno di un condottiero disinteressato e mosso unicamente dall’amore per la sua terra e la sua gente.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=48170

Il piano Marshall e l’americanizzazione dell’Europa

Il piano Marshall, finalmente, oltre a contribuire alla creazione dello spazio del Libero Mercato, rese gli abitanti psicologicamente conformi al suo modello economico. Nella banalità del quotidiano si andavano minando le fondamenta e le identità dei popoli europei: chi poteva sospettare di una lattina di Coca-Cola, dei blue jeans, del cinema, del juke-box?
DI LORENZO VITELLI · 15 APRILE 201
 
 
Era il 5 giugno del 1947 quando all’università di Harvard il segretario di Stato George Marshall lanciò un appello agli europei con il quale si stabilì lo stanziamento da parte degli Stati Uniti di quasi 100 miliardi di dollari (attuali) nelle economie del vecchio continente. Da inserire nelle logiche della guerra fredda il cosiddetto piano Marshall servì a Washington per mantenere il suo raggio di influenza sull’Europa Occidentale. Raramente vengono mosse critiche a questo progetto che dal 1947 al 1951 innescò un nuovo paradigma: il postmoderno. In Italia si attuò il miracolo italiano, in Francia lo chiamarono le trente glorieuses, per tutti fu un successo a cui seguirono modificazioni strutturali della nostra società, una nuova idea di sviluppo, nonché un radicale mutamento delle mentalità.
 
Tra le prime conseguenze non possiamo omettere il nascente fenomeno dell’americanismo: ovvero l’ammirazione incondizionata verso tutto ciò che era americano. Ad esso va aggiunto, però, l’assioma fondante dell’era postmoderna, ovvero l’equazione “nuovo = buono” a cui, in quanto Paese giovane, si è associata l’incognite America. Il mito del progresso e dello sviluppo, dell’innovazione e della crescita, non poterono trovare più alta espressione se non nella liberal-democrazia statunitense e nel suo agire pragmatico a cui tutta l’Europa fece riferimento.
 
A questo processo seguì la relativa americanizzazione delle economie, e prese forma la dialettica del capitalismo indistintamente in tutto il tessuto sociale standardizzando la realtà nel rapporto tra produzione – industriale, secondo il modello fordista – e consumo. Dall’economia rurale, povera, lenta, si passò all’economia dell’abbondanza.
 
Alla penetrazione commerciale e all’insediamento delle multinazionali nel nuovo cortile europeo, succedette la penetrazione ideologica, la creazione oltre che del Mercato, dei mercanti e dei consumatori. L’Europa fu artificialmente fagocitata dal mito dell’american way of life, adeguandosi marxianamente al principio secondo il quale la cultura diviene espressione dei bisogni ideologici del mercato. L’individualità divenne allora idealmente costituita sul riflesso delle istanze che regolavano la società capitalistico-liberale.
 
Il piano Marshall, finalmente, oltre a contribuire alla creazione dello spazio del libero mercato globale, rese gli abitanti psicologicamente conformi al suo modello economico. Il tutto passò sotto il silenzio dell’intellighenzia europea felicemente stipendiata dalle riviste appositamente create dalla Cia. Intanto nella banalità del quotidiano si andavano minando le fondamenta e le identità dei popoli europei: chi poteva sospettare di una lattina di Coca-Cola, dei blue jeans, del cinema, del juke-box?

Voto a maggio ma inizio legislatura dopo 7 mesi. L’Ue ci costa 15 milioni al giorno

che naturalmente i giusti europeisti, che vogliono cambiare la Ue, devolveranno ai poveri……
si sà, l’Ue è stata creata dai nobili padri fondatori tanto bravi e buoni….

Bruxelles, 15 apr – Manca poco più di un mese alle elezioni per il Parlamento europeo e, anche a causa della ovvia e giustificata prospettiva che trasforma le consultazioni in una sorta di referendum pro o contro l’Europa, è singolare quanto poco si parli di programmi e proposte. Eppure la protezione o meno del nostro mercato e dei nostri lavoratori dipendono in gran parte dall’Unione Europea.
Ma ciò che è singolare, soprattutto, è quanto poco si sappia delle istituzioni europee in generale. Poco del loro funzionamento, poco delle loro competenze, poco di chi, in breve, governa il super-stato europeo che, pure, nei tg appare come l’emblema della democraticità e del progresso.
Ebbene, guardando alle imminenti elezioni ed a ciò che ne seguirà, si potrà toccare con mano la sensazione di un realtà iper-burocratica, lenta, grigia, sorda ai bisogni ed alla sovranità dei popoli.
Un leviatano che, infatti, dopo il voto di fine maggio, entrerà in funzione soltanto a dicembre, dopo circa sette mesi, se tutto andrà “bene” e se – ipotesi non proprio scontata – i due principali schieramenti (Partito popolare e Partito socialdemocratico) avranno una maggioranza netta e non si dovrà ricorrere a larghe intese ormai di moda anche in sede europea, soprattutto ora che l’euroscetticismo dilaga e rischia di rompere le uova nel paniere.

Come ben riassumeva il quotidiano “Italia Oggi” nel numero del 3 aprile scorso, infatti, una volta eletti, i parlamentari europei cominceranno a lavorare a pieno regime soltanto dopo una lunga serie di passaggi che daranno inizio alla nuova legislatura.

«I 751 deputati eletti al Parlamento europeo – spiega Tino Oldani – si riuniranno nei primi giorni di luglio per l’insediamento del nuovo presidente e formare le nuove commissioni. Subito dopo, i capi di Stato e di governo dei 28 paesi membri dell’Union europea, riuniti nel Consiglio europeo, sceglieranno il presidente della Commissione Ue» (appartenente al partito vincente per un vincolo imposto dal Trattato di Lisbona), ruolo per cui è in corsa, tra i socialdemocratici, Martin Schultz, noto in Italia per l’attacco a Berlusconi a cui l’ex premier rispose affibbiandogli la poco onorevole definizione di “kapò”.

Dopo di che, trascorso un altro mese, il Parlamento ratificherà la scelta della figura che guidarà la commissione europea (attualmente si tratta di Josè Barroso), mentre, a fine luglio, il nuovo presidente Ue sceglierà i 28 commissari (ogni paese sarà rappresentato infatti con un commissario), ovvero la sua squadra di governo che poi, soltanto a settembre, dopo due mesi di ferie, verranno presentati singolarmente al Parlamento con apposite audizioni che termineranno con la fine del mese di ottobre.

Solo allora l’assemblea voterà la fiducia alla Commissione, che sarà in carica (salvo slittamenti dovuti alle preannunciate difficoltà di poter contare su una maggioranza stabile) dal primo novembre.

Ma non è finita. Toccherà infatti a capi di Stato e di governo nominare, l’1 dicembre (dopo un altro mese), il presidente del Consiglio europeo, altro organo Ue che rappresenta l’anima “intergovernativa” dell’unione. Soltanto a questo punto avrà pienamente inizio una nuova legislatura della durata di quattro anni.

Una macchinosità che, però, pare non essere l’unico difetto di progettazione “made in Ue”.

Tutto questo ingegnoso meccanismo, infatti, ci costa, secondo un calcolo fatto dal giornalista ed autore del libro “Non vale una lira” Mario Giordano, ben 174 euro al secondo, 15 milioni di euro al giorno.

Non solo perché «ogni deputato, sommando l’indennità (8mila euro), le spese generali (4.299 euro), il gettone di presenza di 304 euro al giorno, più rimborsi vari, arriva a una media di 18-19 mila euro al mese» ma, soprattutto, sulla base dei 15 miliardi dati all’Europa dal nostro paese nel 2013 e degli appena 9 ricevuti (5,7 miliardi di differenza).

Una situazione più o meno simile nel 2012 (5,2 miliardi persi nel 2012), di gran lunga peggiore nel 2011 (7,4 miliardi), nel 2010 (6,5 miliardi) e nel 2009 (7,2 miliardi).

Emmanuel Raffaele
http://www.ilprimatonazionale.it/2014/04/15/voto-a-maggio-ma-inizio-legislatura-dopo-7-mesi-lue-ci-costa-15-milioni-al-giorno/

IL PARTITO IPNOCRATICO DI MASSA

di Francesco Carraro
14 aprile 2014

Avviso ai naviganti. Questo è un messaggio per chi è iscritto, a sua insaputa, al Partito Ipnocratico di Massa. Per appurare se hai la tessera, controlla se sei sotto ipnosi senza saperlo. Osserva i sintomi.
Hai intenzione di votare Pd alle prossime elezioni Europee (o uno qualsiasi dei partiti del nuovo arco costituzionale del sonno, Forza Italia e Nuovo Centro Destra compresi)?

Hai preso parte alle primarie democratiche?
Sei iscritto a un club Forza Silvio?
Sei convinto che Renzi sia l’ultima (buona) occasione per l’Italia di uscire dal pantano?

Se hai risposto di sì ad almeno una delle precedenti domande la diagnosi è confermata. Ciò che stai per leggere potrebbe svegliarti per cui prosegui solo se ti consideri pronto. Anzi, leggi lo stesso. Alla fine del pezzo ti riaddormenterò di nuovo e non ricorderai più nulla. Qualcuno ha detto che è meglio illudersi da ignoranti che disperarsi da consapevoli, quindi, forse, dormire è la ricetta giusta.

Ecco un buon vademecum da portarsi in cabina elettorale.

L’Unione Europea è una costruzione intrinsecamente anti democratica. Nessuno dei suoi organi muniti di prerogative sovrane è elettivo. Non la Commissione europea che ha il potere di iniziativa legislativa cioè di proporre le leggi che tu subirai. Non il Consiglio Europeo che definisce orientamenti e priorità generali della Ue. Non il Consiglio dell’Unione Europea che approva le leggi che la Commissione fa e a cui tu obbedisci.

C’è il Parlamento, obietterai, da europeista dormiente quale sei. Certo, ma non ha funzioni legislative e non ha alcun reale potere a parte fungere da foglia di fico, ogni cinque anni, per far credere ai cittadini di contare ancora qualcosa con la farsa delle elezioni.

Ma il lato veramente liberticida di tutta la faccenda è la composizione della Commissione. E’ l’organo più potente, fa le leggi, gestisce il bilancio, vigila sull’applicazione del diritto comunitario, bacchetta gli stati membri se non fanno i compiti per casa, può infliggergli sanzioni e le sue decisioni sono vincolanti (en passant, rappresenta pure l’Europa nel mondo). Tu, europeista addormentato nel bosco, oltre a non sapere che la Commissione non è elettiva (i tuoi leader si sono sempre dimenticati di dirtelo) non sai neppure da quanti membri sia composta questa nomenklatura. Ventotto. Incredibile vero? Meno di trenta persone non elette che fanno e disfano le sorti di trecento milioni di persone.

Non è finita. La Commissione si riunisce una volta alla settimana, le sue riunioni non sono pubbliche e le sue decisioni hanno carattere riservato.

I piccoli chimici che si son dilettati a generare in provetta la Ue ne han fatte anche di peggio.

Tipo concepire un sistema che privava gli stati sovrani di una loro banca con cui fare politiche sociali tramite la spesa pubblica e attribuirne le funzioni a una banca centrale che non può rifornire di denaro gli stati. Geniale, non trovi? E gli stati son diventati succubi dei mercati. Et voilà monsieur lo spread!

Così facendo han violato una caterva di articoli di quella costituzione per la quale i tuoi nonni son morti in montagna. Dal primo (per cui la sovranità appartiene al popolo) al trentottesimo (tutela dei lavoratori) al quarantunesimo (per cui l’attività economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale). Benvenuto nel futuro, dove vigono regole diametralmente opposte: competitività, flessibilità, mercati, in primis, poi, se resta tempo e spazio, politica e democrazia.

Ora, lo so bene, caro elettore del P.I.M., che sembra una roba da regime, ma così da regime che se te l’avessero detto prima e ad alta voce li avresti appesi a testa in giù da qualche parte.
E infatti lo è, solo che le tue guide te l’han fatta sotto il naso mentre eri distratto a guardare la telenovela ‘Berlusconi contro Occhetto’ e i sequel ‘Berlusconi contro Rutelli’, ‘Berlusconi contro Veltroni’, ‘Berlusconi contro Bersani’.
Poi, quando l’opera al nero è stata completata han rottamato tutti i primattori e le comparse del tragicomico ventennio che abbiamo alle spalle: destra e sinistra, il partito della libertà e la classe dirigente del partito democratico, le province e il senato.
Ora che abbiamo trovato il cadavere (la repubblica democratica e sovrana) non resta che chiedersi se qualcuno è stato corrivo con l’assassino. Purtroppo, caro elettore del P.I.M., la risposta è affermativa.
Avevi un pantheon di eroi che si chiamavano De Gasperi e Togliatti, Dossetti e Nenni, Moro e Berlinguer? Bene, gli epigoni dei tuoi miti di bambino, quell’accozzaglia di acronimi che la storia ha già digerito ed evacuato (pds, ds, fi, ppi, ccd, udc, pdl, pd, ncd) sono stati il cavallo di troia che ti ha portato in casa la Merkel, Barroso e Van Rompuy.

Quindi significa che c’è un disegno? Certo che sì. La sinistra post comunista e la destra post democristiana, sostenitrici accorate (e unificate) dell’ingresso dell’Italia nell’Ue, sono state il grimaldello per consegnare il nostro paese a un futuro tecnocratico, ademocratico, oligarchico (cioè il presente in cui viviamo).

Vuoi la pistola fumante? Vai a rileggere il rapporto redatto nel 1975 da Michel Crouzier, Samuel Huntington e Joi Watanuki per conto della Commissione Trilaterale dove, tra l’altro, si scriveva:
«Il funzionamento efficace di un sistema democratico necessita di un livello di apatia da parte di individui e gruppi. In passato ogni società democratica ha avuto una popolazione di dimensioni variabili che stava ai margini, che non partecipava alla politica. Ciò è intrinsecamente anti-democratico, ma è stato anche uno dei fattori che ha permesso alla democrazia di funzionare bene. (.) Curare la democrazia con ancor più democrazia è come aggiungere benzina al fuoco».
Adesso andiamo a citare alcuni dei padri nobili de sinistra e de destra che preconizzarono il sol dell’avvenire da cui ora ti ritrovi ustionato. Jean Claude Juncker (ex presidente dell’Eurogruppo), il 21 dicembre 1999, a Der Spiegel, sul modus operandi della Commissione Europea:
«Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere cosa succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa é stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno».

Romano Prodi, il 4 dicembre 2001, al Financial Times:

«Sono sicuro che l’euro ci costringerà a introdurre un nuovo insieme di strumenti di politica economica. Proporli adesso è politicamente impossibile, ma un bel giorno ci sarà una crisi e si creeranno i nuovi strumenti».

Jacques Attali (uno dei padri fondatori dell’Unione Europea e dei trattati europei), il 24 gennaio 2011, all’università partecipativa:

«Abbiamo minuziosamente “dimenticato” di includere l’articolo per uscire da Maastricht. In primo luogo, tutti coloro, e io ho il privilegio di averne fatto parte, che hanno partecipato alla stesura delle prime bozze del trattato di Maastricht, hanno. o meglio ci siamo incoraggiati a fare in modo che uscirne sia impossibile. Abbiamo attentamente “dimenticato” di scrivere l’articolo che permetta di uscirne. Non è stato molto democratico, naturalmente, ma è stata un’ottima garanzia per rendere le cose più difficili, per costringerci ad andare avanti».

Helmuth Kohl, il 9 aprile 2013, al Telegraph sull’ingresso nell’euro da parte della Germania:

«Sapevo che non avrei mai potuto vincere un referendum in Germania. Avremmo perso il referendum sull’introduzione dell’euro. Questo è abbastanza chiaro. Avrei perso sette a tre. Nel caso dell’euro, sono stato come un dittatore».

Ecco, caro elettore del Partito Ipnocratico di Massa, chi sono i paladini cui darai, tra poco, il tuo voto.
Ora che lo sai, rilassati, inspira, espira, inspira, espira, inspira, espira.
Tutto ciò che hai letto è solo un brutto sogno.

Conta da ventuno a zero, piano piano. Ninna nanna ninna oh, questo Mostro a chi lo do? Leggi i manifesti del Pd, ascolta un sermone di Renzi, sparati un monito di Napolitano. Fatto. Ora puoi tornare a dormire.

Francesco Carraro www.avvocatocarraro.it

Virus Ebola: sintomi, diagnosi, trasmissione, tutto quello che bisogna sapere

http://www.eticamente.net/26964/virus-ebola-sintomi-diagnosi-trasmissione-tutto-quello-che-bisogna-sapere.html

Quando si parla di Virus dell’Ebola ci si riferisce ad un virus estremamente aggressivo per l’uomo, al punto che può essere per lui letale.

Il primo ceppo di tale virus fu scoperto nel 1976, nella Repubblica Democratica del Congo e, fin dalla sua scoperta, è stato responsabile di un elevato numero di morti.

La causa della morte è solitamente dovuta a shock ipovolemico o sindrome da disfunzione d’organo multipla.

Il tasso di mortalità è estremamente alto, variabile dal 50 al 89% secondo il ceppo virale, e un trattamento tramite vaccino non è tuttora disponibile.

Il virus viene trasmesso all’uomo tramite contagio animale, e si diffonde tra coloro che sono entrati in contatto con il sangue e i fluidi corporei di soggetti infetti, per poi causare una febbre emorragica.

La mortalità e la scarsità di vaccini e terapie adeguate, classificano l’Ebola come un agente di rischio biologico di livello 4, così come agente bioterroristico di categoria A.

SINTOMI. I sintomi della febbre emorragica legata al Virus dell’Ebola sono variabili e compaiono improvvisamente.

Generalmente la sintomatologia iniziale comprende febbre alta (almeno 38,8 °C), cefaleamialgiaartralgiadolori addominali,  astenia,  faringitenausea  e vertigini. Tutti sintomi, questi, che inizialmente possono essere facilmente confusi con  le manifestazioni della malaria, della febbre tifoide, della dissenteria, dell’influenza, o di altre molteplici infezioni batteriche, le quali, però, provengono da fonti molto meno letali.

Col protrarsi della malattia, però, i sintomi possono peggiorare ed assumere entità più gravi. Ai sintomi sopra indicati, infatti, possono associarsi diarrea, feci scure o sanguinolente, vomito scuro dall’aspetto a “fondo di caffè”, occhi rossi dilatati con presenza di aree emorragiche sulla sclera, petecchierash maculopapulare e porpora.

Altri sintomi secondari includono ipotensioneipovolemiatachicardia,danni agli organi (soprattutto a reni, milza e fegato) come risultato di una necrosi sistemica disseminata e proteinuria. L’emorragia interna è causata da una reazione tra il virus e le piastrine che da’ luogo a varie rotture nelle pareti dei vasi capillari.

Possono presentarsi anche sanguinamenti interni o emorragie esterne orali e nasali e, in alcuni casi, provenienti dai fori d’accesso degli aghi per siringhe non ancora completamente chiusi.

A partire dalla seconda settimana di infezione, si assiste ad una riduzione dell’iperpiressia o all’innescarsi di una sindrome da disfunzione multiorgano.

Il margine di tempo tra l’insorgenza dei sintomi e la morte, invece, si aggiraintorno ai 7-14 giorni.

DIAGNOSI. Generalmente la metodologia diagnostica relativa all’ebola include test urinari e sulla saliva. Va detto, però, la diagnosi clinica è difficile nei primissimi giorni, a causa dell’aspecificità dei sintomi iniziali.

Nei primi giorni la conferma del caso si ottiene con l’isolamento del virus, attraverso l’inoculazione in colture cellulari di un campione di sangue.

Accanto al prelievo di sangue, l’esame può essere condotto anche su altri liquidi corporei, come saliva e urine. Il primo caso comporta un maggiore rischio di contagio per l’operatore, mentre il secondo presenta un’invasività minore e una probabilità inferiore di esposizione al contagio.

Il Virus dell’Ebola è diagnosticato tramite test ELISA (Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay), mediante l’analisi di anticorpi in immunofluorescenza.

TRASMISSIONE. Come dicevamo prima, il virus viene trasmesso all’uomo tramite contagio animale, e si diffonde tra coloro che sono entrati in contatto con il sangue e i fluidi corporei di soggetti infetti, oppure, in minor proporzione, per via epidermica o per contatto con le membrane mucose.

Vi è una scarsa evidenza di trasmissioni aeree da uomo a uomo. La trasmissione virale può invece registrarsi se si entra in contatto con l’animale infetto

Il periodo di incubazione può variare dai 2 ai 21 giorni, ma generalmente è di 5-10 giorni.

Nelle prime fasi l’ebola sembra non essere estremamente contagioso: il contatto in fase precoce con individui colpiti sembra non causare la malattia; non appena la malattia progredisce, i fluidi corporei presenti nella diarrea, nel vomito e nel sangue rappresentano invece un rischio biologico estremo.

Generalmente le epidemie su vasta scala scoppiano in quelle aree più povere ed isolate prive di ospedali moderni e di personale addestrato, dove i protocolli di igiene (mascherine, guanti, occhiali e camici monouso) e sterilizzazione sono un lusso o rappresentano pratiche sconosciute al personale, e dove gli aghi monouso e le autoclavi non esistono a causa dei costi eccessivi. Procedure queste, che dovrebbero obbligatoriamente essere fatte osservare a tutto il personale medico e a chiunque abbia a che fare con il paziente infetto.

In situazioni di isolamento come nelle aree ospedaliere di quarantena o nei villaggi remoti, la maggior parte delle vittime vengono infettate rapidamente a seguito della presenza del primo caso infettivo.

Poichè anche i cadaveri restano infetti, alcuni medici adottano misure preventive affinchè le sepolture avvengano in sicurezza contrariamente ai rituali funebri tradizionali diffusi in quelle aree.

TRATTAMENTO E TERAPIA. Non esistono interventi specifici per il trattamento della febbre emorragica legata al Virus dell’Ebola. La terapia primaria è unicamente di supporto e comprende procedure invasive ridotte al minimo: bilancio degli elettroliti, (dal momento che i pazienti sono frequentemente disidratati), ripristino dei fattori di coagulazione per arrestare il sanguinamento, mantenimento dei parametri ematici e di ossigenazione, trattamento delle complicanze infettive e delle eventuali sovrainfezioni.

VACCINI E PREVENZIONE.Purtroppo, ad oggi, non esiste un vaccino efficace contro il Virus dell’Ebola. L’unica forma di prevenzione, dunque, si affida al rispetto delle misure igienico sanitarie, alla capacità di una diagnosi clinica e di laboratorio precoci e all’isolamento dei pazienti.

Va inoltre evitato il contatto con il sangue e con le secrezioni corporee dei casi accertati o sospetti, mentre il personale sanitario a contatto con il paziente infetto deve, come dicevamo prima, utilizzare adeguate attrezzature per la protezione individuale, come maschera, guanti, camice, occhiali monouso.