Cina punta a divenire il secondo produttore di gas di scisto dopo Nord America.

 cina riserve shale gas
Il potenziale cinese nella produzione di gas di scisto, riporta in un articolo molto interessante Zero Hedge, è sconcertante, almeno quanto lo è la crescita potenziale della domanda di gas naturale. L’agenzia statunitense Energy Information Administration stima che la Cina possieda le più grandi riserve di gas di scisto tecnicamente recuperabili.
La Cina punta ad essere il secondo paese produttore di gas di scisto dopo il Nord America, con l’obiettivo di produrre da 60 a 100 miliardi di metri cubi di gas entro il 2020, seppur sia più probabile che la cifra si aggirerà intorno ai 25 miliardi. Non è chiaro se tale produzione sarà in grado di soddisfare la domanda cinese, che secondo alcune stime, come quella di Barclay’s, potrebbe crescere, costringendo la Cina a importare gas naturale: l’entità della domanda per l’importazione di gas di scisto, chiaramente, dipenderà dalla capacità cinese di sviluppare con successo l’estrazione del gas di scisto.

I RADAR MILITARI DANNEGGIANO IL DNA: UN IGNOTO STUDIO SCIENTIFICO ITALIANO DEL 1981

di Gianni Lannes
 
In Europa si registrano attualmente valori di campo elettromagnetico da un milione a un miliardo di volte più alti che nel 1950. Colpisce il silenzio attorno a questo tema e la mancanza di una normativa europea ed italiana che preservi realmente la salute dell’essere umano e protegga l’ambiente, fornendo limiti di esposizione su basi biologiche (mac zero) e distanze di rispetto da queste potenti fonti di inquinamento.
Siamo assediati da un nemico invisibile e silenzioso: l’elettrosmog. Il 12 novembre 1982 la circolare 69 del ministero della Sanità (“Radiazioni non ionizzanti. Protezione da esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde. Informativa generale”), avverte:
 
«quelle dei radar sono le sorgenti elettromagnetiche più pericolose per l’organismo umano».
Lo Stato, però, non prende alcuna contromisura. In barba al principio di precauzione.
Già all’epoca, attesta la disposizione ministeriale, sepolta in un cassetto ad ammuffire:
 
«Il numero dei radar attualmente impiegati è elevato ed in continuo aumento. Non sono disponibili dati precisi, perché segreti, sui radar militari, ma è nota la continua richiesta di sempre nuovi e più sofisticati dispositivi di questo tipo».
 
Il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (Istisan 89/29) documenta in maniera inequivocabile:
 
«l’esposizione a campi elettromagnetici può causare diversi effetti nocivi alla salute. Tali effetti includono la cataratta negli occhi, il sovraccarico del sistema di termoregolazione. Lesioni termiche, quadri comportamentali alterati, convulsioni ed una minore capacità di resistenza alla fatica. Devono essere condotte indagini su tutte le installazioni e su tutti i dispositivi probabili emettitori di radiazione a RF eccedente i limiti accettati. Molte sorgenti di radiazione a RF emettono in modo non confinato (emissioni radio, tv, radar e simili) e le loro radiazioni si propagano su vaste aree. Prima di scegliere un sito sono necessari uno studio appropriato ed un’attenta analisi dell’impatto sanitario ed ambientale (…) le raccomandazioni per la riduzione delle esposizioni a livelli accettabili devono essere messe in atto il più presto possibile».
 
Nello Stivale le antenne militari sotto lo status della NATO per fare la guerra si moltiplicano. L’esempio più eclatante è il fuorilegge MUOS nordamericano in Sicilia. La legge quadro sull’elettrosmog in relazione all’inquinamento provocato dai radar militari fa una strana deroga.
 
Nel 1978, uno studioso italiano, Franco Sarto, avvia un’indagine sul campo. E nel 1981, pubblica sulla rivista di Medicina del Lavoro, una prima conclusione sui danni provocati dai radar militari. L’anno successivo, per conto dell’Istituto di Medicina del lavoro dell’Università di Padova, Sarto – coadiuvato dalle colleghe Rita Scarpinelli ed Isabella Cominato – dà alle stampe sempre sulle pagine del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro, lo studio “Aberrazioni cromosomiche nel lavoratori dei radar”. In sintesi, le conclusioni:
 
«I lavoratori delle postazioni radar vanno incontro a numerosi rischi: radiazioni non ionizzanti, radiazioni ionizzanti per cui vengono discusse le modalità con cui esse si possono produrre. Abbiamo eseguito un check-up generale e lo studio delle aberrazioni cromosomiche sui linfociti periferici ad un gruppo di 41 radaristi, di età media 35 anni, operanti in alcune basi dell’Esercito italiano. Quest’ultimo esame è considerato il più sensibile indicatore di danno biologico indotto dalle radiazioni ionizzanti mentre non è ancora stabilito se le radiazioni non ionizzanti siano in grado di provocare aberrazioni cromosomiche. Le aberrazioni di tipo cromosomico negli esposti erano aumentate in maniera altamente significativa rispetto a quelle riscontrate in un gruppo di controllo di 26 soggetti maschi di età simile (…) Allo stato attuale delle nostre conoscenze sembra che il principale responsabile dell’aumento di aberrazioni cromosomiche nel gruppo dei radaristi sia la presenza di radiazioni ionizzanti anche se non è possibile escludere un sinergismo tra tutti i tipi di radiazioni elettromagnetiche presenti nell’ambiente di lavoro (…)».
 
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Il dottor Sarto ha documentato rotture dei cromosomi (anticamera del cancro) con una frequenza superiore alla norma su 41 sottufficiali preposti alla manutenzione di potenti radar contraerei Hawk nelle basi militari tra Mestre e Rovigo. 10 anni dopo, nello stesso gruppo di radaristi ci sono stati 6 morti per leucemia e mieloma. Le autorità militari hanno impedito al dottor Sarto di proseguire l’indagine scientifica: le sue ricerche  hanno inequivocabilmente documentato che l’elettrosmog bellico scompagina il dna umano. Tradotto: malformazioni genetiche e tumori assicurati per sempre. A metà degli anni ’80 si scopre che nei radar Hawke, all’epoca uno dei più diffusi nel sistema di difesa dei Paesi Nato, c’è qualcosa che causa tumori. Ufficialmente non si sa cosa. Ma il rischio è concreto: tanto reale che tra i sottufficiali addetti alla manutenzione dei radar del secondo gruppo artiglieria missili contraerei, con postazioni fra Mestre e Rovigo, si notano i primi morti. Su circa150 uomini che dal 1968 all’88 si sono succeduti alla manutenzione delle apparecchiature radar, infatti si sono verificati sei casi di leucemia, linfoma e mieloma, due di sterilità e ben 27 di anomalie cromosomiche. Almeno quattro valvole usate in questi radar rientrano fra quelle che già nel 1968 un decreto del presidente della repubblica (numero 1428) classifica a rischio per l’emissione di radiazioni, con l’obbligo di misure di radioprotezione individuale e ambientale. Gli addetti lavorano senza manuali informativi sui livelli di pericolosità di radiazioni, microonde e isopoti radioattivi.
 
Gli addetti militari italiani non sono mai stati dotati di dosimetri per verificare la quantità di radiazioni cui sono sottoposti. Il dottor Sarto che all’epoca era il responsabile del laboratorio di Citogenesi dell’università di Padova, dopo aver rivelato i danni biologici elevatissimi non poté completare l’indagine. «A causa del segreto militare non sono disponibili dati relativi all’ambiente di lavoro. Lo studio ha dimostrato che il gruppo esposto presentava un netto aumento della prevalenza delle aberrazioni cromosomiche significative per lesioni da radiazioni – dichiara Sarto – In base a studi internazionali questi dati significano che il gruppo presentava un aumentato rischio di tumore». E le alte gerarchie della Difesa lo sapevano. «Alla fine del 1981 – rivela Sarto – venne a trovarmi un capitano medico. Gli spiegai cosa significavano quei risultati. Mi fece capire che l’alta gerarchia militare non era entusiasta delle mie ricerche e che i miei esami creavano ansietà nei tecnici». Nel 1979, in quel clima di segretezza, tre marescialli che lavoravano da dieci anni ai radar (due con anomalie cromosomiche e uno con la leucemia) fecero causa al ministero della Difesa, davanti al tribunale di Venezia. Dalle deposizioni emerse che lavoravano senza schermi protettivi e senza controlli medici preventivi. Come avviene tuttora. Ancora una volta fu imposto il segreto militare. E i tre sottufficiali persero la causa.
 
riferimenti:
 
Lannes Gianni, IL GRANDE FRATELLO. STRATEGIE DEL DOMINIO, Draco, Modena 2012
 
 

FEUDALESIMO ALL’AMERICANA : OBAMA SI PORTA 900 PERSONE AL SEGUITO

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Postato il Lunedì, 31 marzo
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DI MICHAEL KRIEGER
 
 
All’inizio di questa settimana, il Presidente americano Barack Obama è arrivato a Bruxelles per il vertice europeo, ma non era solo. In effetti era accompagnato da 900 (novecento) persone, cosa che lascia qualche perplessità sui costi di viaggio che vengono addebitati ai contribuenti americani.
 
Ma a Bruxelles si può assegnare anche un premio speciale, come città dove si sono spesi oltre dieci milioni di dollari per la sicurezza, rispetto alla solitaspesa che non supera mai i 700 mila dollari per le riunioni degli altri summit europei.
 
Naturalmente questo tipo di viaggi feudali non sono cosa nuova per i presidenti americani del 21° secolo. Come osserva il Washington Post, George W. Bush si portò 700 persone, al seguito del suo viaggio a Londra del 2003.
 
Oh, ma non vi venga in mente che questi viaggi siano costati troppo, non dimentichiamo che per il viaggio della famiglia Obama nell’Africa sub-sahariana la spesa prevista dal governo USA andava da 60 a 100 milioni di dollari.
Da The Washington Post:
 
Il Presidente Obama e il suo entourage – che The Guardian ha stimato in 900 persone – sono arrivati aBruxelles per il summit UE di Martedì scorso e  la capitale belga ha dovuto rinforzare significativamente le sue spese per ospitarlo.
 
Il Sindaco di Bruxelles, Yvan Mayeur ha detto al Guardian che la sua città spenderà 10,4 milioni di dollari per garantire la sicurezza di Obama durante la sua visita presidenziale di 24 ore. Ospitare un summit della E.U.costa, di solito, alla città circa € 500.000 scrivono i giornali. «Ma questa volta, si può moltiplicare questa cifra per 20», ha detto Mayeur.
 
Le esigenze di sicurezza di Obama non sono singolari, anche quando il suo predecessore, il Presidente GeorgeW. Bush, viaggiava all’estero, non ci andava leggero. A novembre 2003, pochi mesi dopo l’invasione americana dell’Iraq, Bush si portò dietro 700 persone in visita a Londra – The Guardian, all’epoca  descrisse il momento come “degno del viaggio di un monarca medievale“. Il governo britannico mise in conto una spesa extra di circa  5 milioni di sterline  per proteggere Bush durante i suoi quattro giorni di soggiorno a Londra.
 
Questi viaggi non solo fanno sborsare cifre esorbitanti alle città ospitanti, ma gravano anche in modo estremamente pesante sulle spalle dei contribuenti americani. Il Washington Post ha riferito  che a giugno 2013, quando la famiglia Obama fece un viaggio nell’Africa sub-sahariana il governo degli Stati Uniti stimò di dover spendere in tutto una cifra tra i 60 milioni ed i 100 milioni di dollari.
 
Nel frattempo, di queste voci non arriva nulla alle orecchie dell’uomo della strada, nemmeno ai più attenti che, a malapena, riescirebbero a sentire qualche bip.
 
Qui si può leggere l’artico intero.
 
Liberty,
Michael Krieger
 
 
29.03.2014
 
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario.

Chiamparino: l’uomo che comanda in Piemonte

certo saremmo stati più sereni ad avere un sindaco M5S, peccato che toccherà in Valle di nuovo un sindaco notav, ma con tutto il Pd si tav annesso…..mah

Scelto per acclamazione e benedetto dai big del partito, a partire dall’attuale sindaco di Torino…
DI MATTEO RENOLDI · 31 MARZO 2014
Scelto per acclamazione e benedetto dai big del partito, a partire dall’attuale sindaco di Torino Piero Fassino, è il candidato del centro-sinistra alla carica di governatore della regione Piemonte: Sergio Chiamparino noto anche scherzosamente come “Chiampa”.

Insomma, tutto pronto per la campagna elettorale tranne le primarie che, come previsto dal primo comma dell’art 18 dello statuto del PD servono proprio a scegliere anche il candidato presidente di regione, non sono state realizzante perché come spiega il democratico Gariglio “A 90 giorni dalle elezioni, le primarie, che pure io ho sempre sostenuto, sono un lusso. Anche perché l’esito è già noto a tutti”. Fatti i giochi di potere consultare la base non serve più. Chiamparino è un politico di lungo corso, entrato in politica nel lontano 1975 col PCI come capogruppo nel comune di Moncalieri, che si è però saputo ben adattare allo zeitgeist riuscendo sempre a ricoprire incarichi di un certo peso.

Da possibile rottamando ha preferito abbracciare la fede renziana, la vicinanza politica al sindaco fiorentino gli era valsa addirittura la candidatura alla carica di presidente della Repubblica da parte dei parlamentari vicini a Renzi mentre la maggior parte del partito – allora di fede bersaniana- sosteneva Marini. L’ascesa verso i più alti gradi della politica che conta è stata dovuta soprattuto alla sua guida della città della Mole come primo cittadino. Stando ai sondaggi, compiuti anche dal Sole 24 Ore, il Chiampa è stato un sindaco amatissimo in città; non possiamo però esimerci dal domandarci quanto il cosiddetto “Sistema Torino” abbia giovato alla sua popolarità soprattuto permettendolgi di guadagnare i favori delle persone giuste.

Un sistema dove, come ottimamente spiegato da Pagliasotti nel libro Chi comanda a Torino, personaggi si scambiano ruoli di potere come membri di fondazioni bancarie, referenti di musei o posti in municipalizzate attraverso un reclutamento per cooptazione in totale assenza di meritocrazia. Questo sistema non solo ha prodotto sempre più gravosi debiti per la città, esponenzialmente aumentati dopo le Olimpiadi invernali del 2006, ma anche il pessimo stato dell’ambiente che ha reso Torino la città più inquinata d’Italia come conferma una rapporto di Legambiente e non va dimenticato lo stravolgimento dello skyline cittadino con la costruzione del grattacielo di Intesa Sanpaolo che raggiungerà quasi 170 metri d’altezza.

Problematiche anche le posizioni di Chiamparino rispetto sia al TAV dove in conformità con tutto il PD e il centrodestra si professa uno strenuo difensore e sostenitore e anche rispetto a Marchionne con cui, oltre a giocare a scopone assime, sostiene che quando necessita si possano ridurre agli operai ferie e salari. Poca traccia rimane delle conquiste dei lavoratori che, da ex-sindacalista CGIL, dovrebbe tenere bene a mente. Stufo della presidenza della fondazione San Paolo, Chimaparino tornerà nell’arena politica e dopo i suoi grandi successi come amministratore non può che considerare la sua come una candidatura “per ridare il futuro al Piemonte”.
http://www.lintellettualedissidente.it/chiamparino-luomo-che-comanda-piemonte/

Considerazioni sull’indagine del Parlamento verso la troika

La troika non è una creatura divina. E’ stata creata dagli Stati.
di Chris Richmond-Nzi
Le perplessità espresse dal Parlamento europeo sul ruolo e sulle attività della troika sono sicuramente legittime. Ciò che non può essere legittimo, è il tentativo di approfittare della densa foschia per lanciare il sasso, nascondere la mano, e defilarsi ‘on the cool’. La legislatura parlamentare giunge al termine, la propaganda politica sale di tono e mentre si avvicinano le elezioni, gli europarlamentari approvano un’indagine che è senza precedenti, che potrebbe sollecitare il ‘punto G’ dell’Unione europea, il suo acquis. Purtroppo – o per fortuna, a dipendenza della dottrina professata – la relazione approvata “non tenta di trarre conclusioni definitive o raccomandazioni da formulare”. Gli unici rappresentanti votati universalmente dai cittadini europei si sono accorti che vi è probabilmente stata un’infrazione nella gestione della crisi finanziaria, hanno indagato sull’accaduto, riconosciuto e indicato i presunti o effettivi colpevoli. Ma non intendono trarre conclusioni definitive.
La troika non è una creatura divina. È frutto di una decisione dei capi di Stato dell’area euro – su suggerimento del Consiglio Ecofin – risalente al 25 marzo 2010, rinforzata dal regolamento 472/2013 del Parlamento che ne definì il ruolo. La sua legittimata invece, risale alla ratifica dei capi di Stato dell’ESM, quel trattato che alla troika diede vita. È legittimo pensare – o sperare – che la proposta del Parlamento di smantellare l’attuale troika comporti anche lo smantellamento del meccanismo europeo di stabilità, ma così non sarà. La troika è composta da 3 organizzazioni internazionali con ruoli e scopi diversi, che mediante l’ESM cooperano per gestire un problema comune in una regione ben precisa della società internazionale: la zona euro. Prima dell’istituzione dell’ESM, ogni organizzazione parte della troika – Commissione europea, BCE e FMI – aveva una sua ‘ragione’ sociale, che ha mantenuto anche durante le attività svolte in nome della troika – e per conto dell’ESM –. Ragione sociale che, a meno di una modifica dei loro Statuti istitutivi, manterranno anche dopo un’eventuale smantellamento dell’ESM.
Nella relazione, il Parlamento addita pesantemente le altre istituzioni dell’Unione europea: accusa sia la Commissione che la BCE di conflitto d’interessi e scarica tutta la responsabilità politica delle azioni della troika sull’Eurogruppo, ma tace in merito alle effettive o presunte colpe del Fondo Monetario Internazionale. La BCE e la Commissione possono essere colpevoli di conflitto d’interesse soltanto se mediante la troika le loro competenze sono state illegittimamente ampliate, questo perché le istituzioni dell’Unione sono obbligate ad agire nei limiti del principio di attribuzione, e nei limiti delle loro competenze. L’ESM è stato istituito a seguito di una modifica dei trattati, mediante la procedura di revisione semplificata. Procedura che può addirittura modificare tutta la terza parte del trattato, ma che “non può estendere le competenze dell’Unione” e delle sue istituzioni. E con la sentenza Pringle, la Corte di giustizia europea ha evidenziato che entrambe le istituzioni “possono svolgere i compiti che sono stati loro conferiti mediante il trattato ESM” per il semplice fatto che entrambe erano già in possesso di tali competenze, ben prima dell’istituzione di quel trattato. A differenza del patto di stabilità – che in parte vincola anche i paesi che non adottano l’euro come moneta – l’ESM è specificatamente rivolto ai 18 Stati che sono membri dell’Eurozona, pertanto, non riguarda i paesi con deroga. Se però si prende in considerazione l’approccio dell’Unione europea nei confronti di quei paesi che non adottano la moneta euro, ma che si trovano in difficoltà nella bilancia dei pagamenti, appare evidente perché l’ESM non estende in alcun modo né le competenze della BCE, né quelle della Commissione.
Nella primavera 2009 la Romania ha inoltrato alle istituzioni internazionali (Unione europea e Fondo Monetario Internazionale) una richiesta di assistenza finanziaria multilaterale. Dopo alcuni mesi di trattative, le parti hanno raggiunto un accordo sull’ammontare dell’assistenza: 5 miliardi € provenienti dall’Unione europea, 13 miliardi (11,44 miliardi di DSP, ovvero 1’110.77 % delle quote detenute dalla Romania) dal Fondo Monetario Internazionale, 1 miliardo dalla Banca Mondiale e un altro miliardo dalla Banca per lo Sviluppo. Il programma di assistenza sarebbe dovuto durare due anni, ma nel febbraio 2011, per rilanciare la crescita economica e consolidare la stabilità finanziaria, la Romania è stata sottoposta ad un secondo programma di assistenza, denominata precauzionale: 1,4 miliardi € dall’Unione europea, 3,5 miliardi (3,090 miliardi di DSP, ovvero il 300% delle quote detenute dalla Romania) dal Fondo Monetario e 1,1 miliardi dalla Banca Mondiale. Nel luglio 2013, dopo ben due programmi di assistenza finanziaria, e a seguito di un ulteriore rischio nella bilancia dei pagamenti, le autorità rumene hanno dovuto richiedere alle istituzioni internazionali un terzo programma di assistenza finanziaria che terminerà a fine settembre 2015, proprio quando la Romania dovrà iniziare a rimborsare i debiti contratti con il primo programma di assistenza datato 2009. La ratifica dei Memorandum d’intesa contenente i vincoli imposti hanno anticipato tutte le rate di assistenza: spending review, riforma sanitaria, riforme istituzionali, consolidamento del settore bancario, riduzione del rapporto deficit-PIL, riforma del lavoro e riforma delle pensioni. Questa è la peculiarità di essere con due piedi fuori dall’euro, e con due mani dentro l’Unione europea.
L’intenzione del Parlamento europeo di avviare “una graduale cessazione della partecipazione del FMI nella risoluzione dei problemi dell’area euro” – oltre ad essere tecnicamente complicato – è di fatto una soluzione parziale, anche perché non prende in considerazione le competenze del FMI all’interno del sistema economico finanziario internazionale. Il Fondo, oltre ad essere il centro di raccolta e di scambio di informazioni sui problemi monetari e finanziari, è il consulente tecnico per eccellenza “nell’elaborazione delle politiche – nazionali – volte a promuovere il conseguimento degli scopi del Fondo” stesso. Secondo il Fondo Monetario, ogni Stato membro – 188 – deve rendere i diritti speciali di prelievo (DSP) lo strumento principale di riserva del sistema monetario internazionale, ed ogni Stato membro “deve impegnarsi a non effettuare transazioni con uno Stato che non è membro del FMI, oppure che è contrario agli scopi del Fondo”.
Un Fondo monetario europeo, istituito con il diritto primario dovrà comunque avvalersi delle prestazioni e della peculiarità del FMI: grazie ai prestiti erogati dagli Stati membri non ha limiti di erogare prestiti. In ogni caso, il futuro Fondo monetario europeo sarà ampiamente strutturato come l’originale. Sarà finanziato dagli Stati membri dell’Unione europea e avrà anch’esso una peculiarità: a differenza dell’ESM, non sarà specificatamente destinato ai paesi dell’Eurozona, ma sarà dedicato a tutti i paesi membri dell’Unione europea, senza deroga alcuna.
Notizia del: 27/03/2014