Il canone RAI è legittimo. Il parere della Commissione Europea

vuoi che la commissione non protegga  le mazzette? La propaganda di regime è d’élite

ITALIA
Non verrà aperta un’indagine sugli aiuti di Stato

Per Bruxelles, il canone è compatibile con le leggi e garantisce l’esistenza e il mantenimento del servizio pubblico

19 marzo 2014
Il canone Rai è legittimo. Lo sostiene la Commissione Europea in un parere di fronte alla Commissione Petizioni chiamata a giudicare la conformità alle norme del canone Rai. La Commissione Europea ha deciso così di non aprire un’indagine sugli aiuti di Stato. Il canone – spiega il documento – è perfettamente compatibile con le norme che disciplinano il mercato interno. La Commissione Europea si limiterà in futuro a richiedere informazioni alle autorità italiane circa la corretta applicazione delle indicazioni già espresse nel 2005 su un caso analogo. I proventi derivanti dal canone – prosegue la Commissione – garantiscono l’esistenza e il mantenimento dei servizi pubblici di radiodiffusione in Italia e in Europa e non sono in alcun modo oggetto di un contratto tra utenti e fornitori, ma più semplicemente, secondo quanto stabilito dalla normativa italiana, un obbligo fiscale collegato al possesso del televisore.
– See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Il-canone-RAI-legittimo-parere-Commissione-Europea-servizio-pubblico-40e765d0-1ea4-4ada-92f4-b8355a210e3b.html?refresh_ce#sthash.JZ7tcccK.dpuf

Comunicato Movimento No Tav

http://www.tgvallesusa.it/?p=6803
Posted on 25 marzo 2014

COLPEVOLI DI RESISTERE

Il 14 maggio. a Torino si aprirà il processo a carico di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò accusati di terrorismo per il sabotaggio di un compressore. Attraverso l’accusa di terrorismo contro alcuni NO TAV si vogliono colpire tutte le lotte.

SABATO 10 MAGGIO Ore 14 (ritrovo in Piazza Adriano)

MANIFESTAZIONE POPOLARE A TORINO

PERCHÉ Chi attacca alcuni di noi, attacca tutte e tutti

PERCHÉ Le loro bugie, i loro manganelli, le loro inchieste non ci fermano

RESISTIAMO allo spreco delle risorse, alla  devastazione del territorio, alla rapina su i  salari, le  pensioni e la  sanità.

CHIARA, CLAUDIO ,NICCOLÒ , MATTIA LIBERI SUBITO.

Una sentenza storica

La notizia è di quelle che faranno gioire tutti i fotografi, soprattutto i molti, anzi moltissimi, che si sono visti rubare (senza virgolette) da giornali, agenzie e siti web le proprie foto pubblicate su siti di condivisione o social network.

Dopo tre anni di battaglia legale, il fotografo haitiano Daniel Morel ha ottenuto un risarcimento di 1,2 milioni di dollari da due colossi dell’industria della compravendita fotografica come Getty Images eAFP (Agence France-Presse), ree di aver consapevolmente rubato e rivenduto alcune immagini del terremoto di Haiti del 2010 che il fotografo aveva pubblicato su Twitter.

1465413-10202615966145086-171318115-nDaniel Morel (a destra) gioisce dopo la sentenza con i suoi legali davanti al tribunale Thurgood Marshall di Manhattan. © Rikki Reich, da BJP.

Riassumendo brevemente, nel 2010 Morel aveva scattato una serie di foto drammatiche delle conseguenze del terremoto e le aveva postate pochi minuti dopo su Twitter. In seguito un altro utente del social network, tale Lisandro Suero, le aveva “ritwitatte” a suo nome. Da lì, secondo i legali delle due agenzie, l’equivoco: pensavano che le immagini fossero state postate sul network per la pubblica distribuzione, così le hanno prese e rivendute a chiunque, tra cui testate come Corriere della SeraWashington PostLiberation, e siti web di grandi network televisivo americani come CNN, ABC e CBS, con diverse attribuzioni, tra cui il “tale” Lisandro Suero e l’autore vero e proprio, Daniel Morel.

A quanto pare, sono stati proprio i credit, le attribuzioni, a influenzare la decisione finale del giudice della corte federale USA Alison Nathan: laddove le due agenzie sostenevano che la responsabilità fosse di Suero, che aveva ritwittato le imagini di Morel (Twitter permette il ritwittaggio delle imagini ma non il loro uso commerciale), e che loro non sapevano realmente chi fosse l’autore, i legali di Morel hanno presentato come prove i credit sui giornali, alcuni dei quali attribuivano le immagini a “Daniel Morel/Agence France-Presse – Getty Images”. Prova, secondo il giudice, che le agenzie si erano attribuite la proprietà delle immagini e che quindi sapevano esattamente ciò che stavano facendo; in pratica, il  furto delle immagini era consapevole e intenzionale.

papersUna delle immagini del terremoto di Haiti di Daniel Morel sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo

Una sentenza realmente storica insomma, che farà certamente giurisprudenza, visto che è la prima volta che un’agenzia digitale viene condannata al risarcimento dei danni a un fotografo per aver violato consapevolmente i suoi diritti d’autore. Ora resta da vedere come la prenderanno i giudici di tutto il mondo, e in particolare quelli italiani.

Ormai non passa settimana senza che qualche fotografo mi racconti di questo o quell’altro sito (anche di testate molto note) che ha rubato le sue foto e le ha ripubblicate senza chiederglielo, senza pagarlo e senza accreditarlo. Succede spesso anche alla testata per cui lavoro, National Geographic, le cui immagini pubblicate sul web vengono regolarmente prese e ripubblicate da altri siti senza alcuna autorizzazione, come se fosse la cosa più normale del mondo. In genere basta una telefonata o un’email per farle rimuovere o per far linkare o citare la fonte, ma di recente, dopo aver protestato per un caso simile con un sito web misconosciuto, mi sono sentito rispondere “quando pubblichi una foto sul web è come se la regalassi. La possono usare tutti”. Beh, non è così, e spero che questa sentenza contribuisca a riportare un po’ di ordine e rispetto per il lavoro altrui, se non nell’incontrollabile nel far west del web, almeno fra le testate più importanti e “prestigiose” del nostro paese e del resto del mondo.

Mi auguro quindi che i giudici italiani si diano una svegliata su questo tema caldissimo e che si moltiplichino le cause da parte dei fotografi nei confronti delle migliaia di testate in Italia e nel mondo che continuano impunemente a rubare fotografie e a pubblicarle, sia in forma cartacea che online, senza pagare i fotografi e senza neanche accreditarli.

KAMIKAZENOMICS – UN SUICIDIO ECONOMICO

Postato il Martedì, 25 marzo
DI MIKE WHITNEY
 
La “Abenomics” è stata qualcosa di grande per gli speculatori e per i capoccioni delle grosse aziende, ma per chiunque altro non è stata la stessa cosa. Il fatto è che malgrado tutti i fuochi d’artificio fatti a suon di grancassa da tutti i media per raccontare la strategia monetaria messa in atto dal Primo Ministro Shinzo Abe, – quella che doveva mettere fine a 20 anni di deflazione – si è rivelata un fiasco totale. Ma questa non è una opinione personale, meglio controllare quello che scrive la Reuters per capire meglio :
 
Nel quarto trimestre dello scorso anno, l’economia giapponese è cresciuta ad un tasso annuo di appena lo 0,7%, come si legge dai dati che mostrano una crescita più lenta rispetto alla stima iniziale dell’ 1,0% a causa dei consumi e degli investimenti più deboli del previsto….” (Japan fourth-quarter growth, external balance suffer blow in test for Abenomics, Reuters)
 
Capito ? L’economia del Giappone è morta stecchita. Nessun segno di vita. Di quali altre prove c’è ancora bisogno?
 
E poi la Abenomics non serviranno nemmeno per fermare la deflazione. Anche quella era tutta scena. Uno yen debole è servito solo a costringere lavoratori e pensionati, con reddito fisso, a ridurre ancora i loro consumi, e questo farà che si rinforzerà la crisi. Porca miseria, questo l’ha capito anche il FMI, ecco qualche stralcio da uno dei loro pezzi più recenti:
 
“ Il lavoratore medio giapponese ha dovuto attingere ai propri risparmi per finanziare la crescita dei consumi. Ma a questo c’è un limite. Il tasso di interessi sui risparmi è diminuito in percentuale del 5% rispetto a 10 anni fa, per arrivare, oggi, allo zero, lasciando così poco spazio per continuare ad attingere ai propri risparmi…. In prospettiva i salari reali resteranno ancora sotto pressione, per quest’anno e per il prossimo, con una inflazione di fondo e con successivi aumenti del tasso fiscale sui consumi.” (Abenomics—Time for a Push from Higher Wages, IMF-direct)
 
A me sembra che il FMI stia dicendo al vecchio Shinzo che il suo piano fa schifo, mi sbaglio?
 
Chi pensava che pompare vari trilioni di dollari nel sistema finanziario avrebbe messo fine alla deflazione doveva avere qualche rotella che non girava bene. Non è così che funziona. La Fed ha scaricato 4.000 miliardi di dollari negli assets finanziari e l’inflazione è ancora in bilico, ferma ad un misero 1%. Quindi, se questa teoria non ha funzionato negli Stati Uniti, ma perché dovrebbe funzionare in Giappone?
 
Non funzionerà. C’è un solo modo per spingere l’inflazione e bisogna far circolare il  denaro nell’economia aumentandone la velocità. Questo significa avere una piena occupazione e salari più alti.  Significa creare uno stimolo fiscale e redistribuire la tassazione. In pratica mettere a posto questa dannata economia. Ma Abe non ha intenzione di farlo perché non ha voglia di sprecarsi per una strategia che preveda una guerra di classe, proprio contro chi, oggi, detta le regole della politica. Ora leggiamo questo estratto da un articolo di Roger Arnold di The Street :
 
«Gli strumenti politici essenziali di Abenomics sono uno stimolo monetario e fiscale massiccio per forzare il calo dello yen, per favorire le esportazioni a far aumentare la produzione interna, con conseguente aumento dell’occupazione e dei consumi domestici : il ciclo virtuoso. In questo processo, il Giappone ha visto aumentare anche il debito sovrano, che deve essere pagato dal governo. Il costo di questo debito si suppone dovrebbe arrivare da un aumento delle entrate fiscali prodotte dalla maggiore produzione e dal consumo interno. Ma non funziona.
Il fallimento della Abenomics per stimolare l’attività economica e far aumentare le entrate fiscali tanto da poter pagare i costi per lo stimolo, adesso sta costringendo il governo a tornare indietro su questi programmi con un aumento, controcorrente, delle imposte di consumo di circa il 3%, a partire da aprile. In altre parole, la Abenomics sta portando le reali condizioni economiche e fiscali del Giappone al peggio e non al meglio. Questa politica sta scavando un buco del debito sovrano più grande e sta accelerando la corsa verso il fallimento … Gli investitori farebbero bene a evitare il Giappone oggi, ma forse anche in futuro» (Arnold: Abenomics’ Failure Is the Global Canary, The Street).
 
Questo sembra essere un buon consiglio, anche se probabilmente per l’implosione del Giappone ci vorrà molto più tempo di quello che sembra credere Arnold. Ma non è questo il punto, quello che conta è che questo tipo di politica non funziona. Non fa crescere l’economia, i consumi personali restano deboli, persiste un deficit commerciale, il deficit corrente ed il debito pubblico continuano a volare e contemporaneamente il popolo giapponese diventa sempre più pessimista. E soprattutto l’aumento della tassa sulle vendite del + 3% prevista per l’inizio di aprile dovrebbe spingere l’economia e a farla inciampare nella recessione (Abe ha voluto questo aumento delle tasse, per placare i suoi elettori di destra anche se sono chiari i rischi che corre l’economia).
 
Quindi, è tutto sbagliato, eccetto che per i grandi-finanzieri che volano alto o per gli Amministratori Delegati, o per i soci di multinazionali o grandi Aziende di famiglia. In questo caso le cose non sono mai andate meglio, lo possiamo leggere sul Wall Street Journal:
 
“Mentre la ditta Giappone & Co. può fischiettare felicemente per i robusti profitti prodotti grazie ad uno yen debole come voluto dall’Agenzia pro-business del Primo Ministro Shinzo Abe, mercoledì è stata pubblicata una importante indagine che mostra che per i consumatori i benefici delle Abenomics sono stati di tutt’altro genere.
 
L’indice mensile sulla fiducia dei consumatori pubblicato dal Cabinet Office riporta che nel mese di febbraio c’è stata una contrazione, per il terzo mese consecutivo, a 38,2. Il peggior risultato da quando Abe è entrato in carica nel gennaio del 2013 ed il più basso da settembre 2011. Gli intervistati si sono dimostrati ancora più pessimisti di quanto lo erano durante il primo mandato di Abe come Primo Ministro tra settembre 2006 e settembre 2007 …
 
Anche se gli ultimi dati hanno dimostrato che i salari dei lavoratori della terza più grande economia del mondo sono saliti per la prima volta in quasi due anni, nel mese di gennaio, gli intervistati nel sondaggio di febbraio non erano ottimisti per questi dati sulla crescita del reddito, sul valore dei loro beni e sui loro bisogni rispetto a un mese prima.
 
La lettura di questi dati ha convinto il governo ad abbassare le sue aspettative, riconoscendo che questo è “ un punto debole.” (Japanese Consumer Pessimism Hits New High Under Abe, WSJ)
 
Dire che i giapponesi sono solo depressi, sarebbe un eufemismo. Quello che pensa la gente è “ancora più pessimista” di quello che pensava quando Abe si dimise dal suo precedente mandato nel 2007, quando l’economia giapponese era sull’orlo del rigor mortis. Sembra che quegli “Happy Days” siano ritornati. Ci sarà pure qualcuno che ha sentito qualche chiacchiera o che ha letto sui media qualcosa scritto da qualche liberal, come, ad esempio, da quel folle di Krugman?
 
Sempre secondo il sondaggio apparso sul Japan Times solo il 22% degli intervistati “pensa che l’economia stia imboccando la direzione giusta” mentreil 76% è preoccupato per l’impatto che l’aumento dell’imposta sul consumo potrà avere sull’economia.
 
Quanto può essere utile un giudizio di questo genere per sostenere la Kamikazenomics di Abe? Gli unici che ancora credono ai canti e ai suoni di Abe sono quelli rimasti chiusi dentro le torri di avorio di Princeton e Yale. Tutti gli altri hanno gettato la spugna.
 
La Abenomics è una truffa pubblica che serve a spostare sempre più bustarelle nelle tasche di voraci speculatori e dei loro compari delle tante mega-imprese disoneste. Si tratta di truffe imbottite di bugie: questo è quello che sono. Ma ci sono delle vittime, questo è un fatto sicuro. Basta leggere quello che dice questo articolo di Bloomberg :
 
“Il primo ministro giapponese Shinzo Abe sembra destinato a guidare con un indicatore sempre fisso sul massimo storico delle difficoltà economiche da 33 anni a questa parte, con le tasse e le tariffe che aumentano e con salari stagnanti. L’indice di povertà, che si aggiunge al tasso di disoccupazione e al livello dell’inflazione, salirà al 7% nei prossimi tre mesi a partire dal 1 aprile, quando il Giappone aumenterà l’ IVA dal 5% all’8%, secondo le stime medie elaborate dagli economisti di Bloomberg. Questo sarebbe il più alto livello dal giugno 1981, cioè da quando il Giappone stava uscendo dalla depressione dopo lo shock petrolifero degli anni ‘70.
 
Lo stimolo monetario progettato dalla Banca del Giappone per la crescita economica e per raggiungere il 2% di inflazione, ha indebolito lo yen del 6,8% negli ultimi 12 mesi, erodendo il valore dei salari e portandolo a un minimo record. Abe, il figlio di un ex-ministro degli Esteri che è cresciuto in una casa con tanto di servitù, è sotto il fuoco del partito di opposizione, dopo che il costo della vita è salito al massimo da cinque anni.
 
“L’inflazione è veramente dura” – ha detto Kiyoshi Ishigane, un Senior Strategist della Mitsubishi UFJ Asset Management Co., azienda che gestisce più di 77 miliardi di dollari – “Chi parla a favore dell’inflazione, può solo essere nato in una famiglia ricca e non ha mai conosciuto le privazioni e i disagi che porta l’inflazione”. (Misery Index Rising to 33-Year High on Abenomics: Japan Credit, Bloomberg)
 
Il Misery Index ha toccato il massimo livello e tutto quello che ci dicono all’estero sono solo un mucchio di sciocchezze sulle gloriose Abenomics e sull’effetto miracoloso di stampare denaro.  E’ una barzelletta. La gente sta male da tanto tempo in Giappone, e il perfido Shinzo sta solo accrescendo il loro dolore con una politica monetaria Hara-kiri.
 
E’ tutta una follia. I salari sono scesi per 19 mesi di fila prima di vedere una “frenata nella discesa”, il mese scorso, quando sono cresciuti dello 0,1%, un grandissimo niente. La tendenza generale continua ad essere più giù, giù, giù. In cima a tutto c’è quel 35% della forza lavoro del Giappone che èpart–time, senza pensione, senza aiuti, senza sicurezza del lavoro, senza niente di niente. Le cose girano sempre più lentamente, e ci si avvia giù per la spirale, senza nessun’altra aspettativa che sentirsi dire da un mmento all’altro “Addio, Charlie !” Forse non si preoccuperanno nemmeno di far timbrare il cartellino, daranno tempo per raccogliere i resti del pranzo e “fuori, l’utente è scaduto”. (N.d.T.: il virgolettato-in-grassetto è una libera traduzione ripresa dall’esperienza diretta di chi, introducendo il tesserino magnetico nei tornelli, se lo vide restituire con la scritta “utente scaduto”. Fu così che apprese di essere diventato, da quel momento, un cassa-integrato.)
 
E allora come penserà Abe di creare inflazione quando i lavoratori non hanno più risparmi e non hanno nemmeno abbastanza soldi per comprare qualche gingilletto che la ditta Giappone & Co. sta producendo?
 
Ma questa storia non è che un antipasto, infatti credo che tutta questa voglia di “combattere la deflazione” sia solo una grande cortina fumogena per confondere la gente, che serve solo a nascondere quello che veramente sta andando avanti e cioè un massiccio trasferimento della ricchezzaverso la classe degli investitori, per mezzo di questo sistema inflattivo. Che poi alla fine è proprio quello che sta succedendo!
 
La Abenomics è solo un modo per produrre grassi rendimenti durante periodi di crescita lenta e di profonda stagnazione dell’economia. I big boyshanno capito come uscire fuori da questa situazione, che loro stessi hanno creato con la loro avidità senza limiti. Immagino che siano proprio convinti che, se tutti gli altri devono soffrire per colpa di questa dannata depressione, questo non significa che anche loro devono soffrire.
 
Dovremmo avere, anche noi, a portata di mano uno di questi ragazzi, che pensano proprio a tutto .
 
MIKE WHITNEY abita a Washington state. Ha collaborato a  Hopeless: Barack Obama and the Politics of Illusion (AK Press).  Può essere raggiunto su  fergiewhitney@msn.com.
 
24.03.2014
 
Il testo italiano di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte ComeDonChisciotte.org  e l’autore della traduzione Bosque.Primario

Mauro Moretti: “Fare l’ad di Ferrovie una fatica. Stipendio? Tocca a Renzi convincermi”

l’eroe della patria
By admin  /   25 marzo, 2014
 
Dopo aver minacciato di andar via in caso di taglio dello stipendio e dopo aver incassato il “via libera” del ministro Maurizio Lupi e l’invettiva di Diego Della Valle, il manager passa al contrattacco: “Ogni euro risparmiato va a vantaggio dei contribuenti che hanno tutto l’interesse che il gruppo sia gestito nel migliore dei modi” e aggiunge: “Nel 2006 nessuno voleva fare l’amministratore delegato”
 
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Dopo aver minacciato di andar via in caso di taglio dello stipendio e dopo aver incassato il “via libera” del ministro Maurizio Lupi e l’invettiva di Diego Della ValleMauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie, passa al contrattacco: “Ogni euro risparmiato va a vantaggio dei contribuenti che hanno tutto l’interesse che il gruppo sia gestito nel migliore dei modi:se ci sono alternative alla guida si facciano pure avanti”.
 
In occasione della presentazione del piano industriale 2014-2017: “Noi non stiamo a poltrire negli uffici e il nostro è il lavoro più duro che si possa pensare in Italia e nel mondo. Ho conosciuto tanti ex amministratori delegati e tutti mi hanno detto che una realtà industriale così dura, complessa e difficile non l’avevano mai vista. Ora la sfida è che il capitale industriale della società venga valorizzato appieno perché va a beneficio di tutta la collettività. Non capisco chi dice che qui lacompetizione non c’è. Non so in che mondo viva”.  “Aspetto la proposta di Renzi. La valuterò, toccherà a lui convincermi. Aspetto la proposta – dice rispondendo ai giornalisti – da quando ricopro questo ruolo ho ricevuto solo riduzioni di stipendio. All’inizio prendevo 1,1 milioni e chi mi ha preceduto ne prendeva anche 1,6. Non è un fatto personale, ma la leva retributiva è fondamentale nelle aziende che stanno sul mercato”. Per quanto riguarda eventuali altre proposte dall’estero “l’avete scritto sui giornali sono italianissimo, vorrei continuare a lavorare in un’impresa italiana”.
 
Il top manager, che ha uno stipendio di 873mila euro l’anno, rivendica il suo lavoro e anche il fatto che fino a qualche anno fa non c’era la coda per sedersi su quella poltrona: “Nel 2006 nessuno voleva fare l’amministratore delegato di Fs, lo si ricordi. Questa è una storia di fatica, non di giochetti per prendere mezzo minuto di scena”. L’ex segretario nazionale della Cgil Trasporti,attualmente imputato nel processo per la strage di Viareggio, replica alle critiche presentando il nuovo Frecciarossa Etr1000: “In arrivo tra il 2015 e il 2017 intendiamo rideterminare i servizi nazionali e potenziare la parte più profittevole dei servizi internazionali”. Treni da 350 chilometri all’ora che, a quanto pare, saranno pronti per Expo2015.
 
”Non temiamo – ha aggiunto il manager – di essere misurati sui risultati, anzi, lo chiediamo”. Moretti ha poi aggiunto che tale metro di paragone deve valere “per tutti” in quanto “sulle chiacchiere non si misura nessuno”. Il piano presentato oggi dall’ad alla comunità finanziaria prevede investimenti per 24 miliardi di euro, di cui 8,5 miliardi in autofinanziamento, con una dotazione per il servizio locale di 3 miliardi. Quella del risanamento di Fs, che nel 2006 “era sull’orlo del fallimento” è “una piccola e buona storia italiana, fatta di sfide, fatica e lavoro, e difatti realizzati nel silenzio. Senza troppe parole. Da una squadra forte di ferrovieri, di cui io sono solo il portavoce pro-tempore“.
 
Trovo che sia sbagliato, per l’importanza del tema, metterci a discutere delle singole persone” dice il ministro della P.A., Marianna Madia, a margine del convegno ‘I manager pubblici che vogliamo’, a chi le chiedeva di commentare le dichiarazioni di Moretti. “Partire da un dibattito polemico, come in questi giorni, sicuramente non ci fa intraprendere la strada migliore” e “credo sarebbe il modo peggiore di affrontare il tema”.
 
Intanto sulla questione delle retribuzioni dei manager pubblici al Tesoro si vuole prima di tutto far chiarezza sulle norme già vigenti, a partire dal Regolamento sui compensi per gli amministratori delle società controllate dal ministero dell’Economia non quotate e che non emettono strumenti finanziari quotati sui mercati regolamentati. Si tratta di un decreto ministeriale firmato dall’ex ministro Fabrizio Saccomanni che entrerà in vigore dal primo aprile e riguarderà quindi le prossime nomine.
 
Tre le fasce previste: nella prima fascia, quella dove rientrano le società più importanti come Rai eAnas l’importo massimo sarà di 311mila euro lordi; nella seconda fascia, quella delle società intermedie come il Poligrafico, il tetto sarà di 248.800 euro lordi; nella terza fascia, quella delle società minori tipo Sogesid (tutela del territorio), il tetto scende al 60%, cioè a 186.600 euro lordi.
 
Per le società quotate, cioè EniEnel e Finmeccanica, e per quelle non presenti in Borsa ma che emettono strumenti finanziari quotati, come la Cassa depositi e prestiti, le Ferrovie dello Stato, le Poste, si applicano invece le norme varate dal governo Monti con il decreto Salva Italia come modificate dalla legge 98 del 2013, che prevede un taglio del 25% “del trattamento economico complessivo a qualsiasi titolo determinato, compreso quello per eventuali rapporti di lavoro con la medesima società”. Ad oggi l’ad dell’Eni Paolo Scaroni guadagna 6,52 milioni lordi, quello dell’EnelFulvio Conti 3,95 milioni lordi, quello di Finmeccanica Alessandro Pansa 1,02 milioni lordi, delle Poste Massimo Sarmi 2,2 milioni lordi, del presidente delle stesse Poste, Giovani Ialongo 903.611 euro lordi, dell’ad della Cassa depositi e prestiti Giovanni Gorno Tempini 1,035 milioni lordi. Ben lontani da quanto ritiene opportuno il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, secondo cui nessun manager pubblico deve prendere un stipendio superiore a quello del presidente della Repubblica, cioè 239.181 euro lordi l’anno.
 
Fonte: Il Fatto Quotidiano
 
 

Ricorrono 15 Anni dai bombardamenti NATO sulla Jugoslavia

«La disinformazione e manipolazione sono purtroppo penetrati anche nelle sinistre, dato che oggi in Europa abbiamo solo sinistre false. Blair, Schoreder, Jospin, D’Alema sono forse di sinistra? Gli USA sono penetrati nelle loro strutture politiche e dunque mediatiche. Sono state paradossalmente le sinistre a bombardarci.»
Slobodan Milosevic

di Grigory Milenin

Quindici anni fa sulla mappa dell’Europa, il 24 marzo del 1999, le aviazioni congiunte di Stati Uniti e Nato iniziarono il bombardamento della Jugoslavia, che durò più di due mesi. L’aggressione dell’Occidente portò alla morte di quasi duemila civili.
(In Italia c’era un governo di centro sinistra guidato da Massimo D’Alema che dispose la partecipazione delle forze armate italiane ed in particolare dell’aeronautica Italiana che partecipò al bombardamento di Belgrado).

L’aggressione dell’alleanza contro la Jugoslavia nel penultimo anno del XX secolo è stato uno degli atti finali della campagna pluriennale contro questo stato balcanico. Le bombe ed i missili caduti dai cieli notturni nelle città di Belgrado, Pristina ed in altre città serbe, hanno completato la formattazione della nuova mappa dell’Europa dell’Est, ha dichiarato a “La Voce della Russia”, Alexander Bovdunov, esperto del Centro Conservazione Dati della Facoltà di Sociologia dell’MGU:
È stato creato un focolaio di tensioni in Europa, che ha impedito all’Europa stessa di essere un centro geopolitico indipendente ed ha soppresso tutte quelle forze che avrebbero potuto diventare alleate del mondo russo. In primo luogo, la Serbia ed il popolo serbo. In questo conflitto, gli Stati Uniti e l’Europa hanno deciso di distruggere lo stato serbo, riducendo al massimo la sua influenza nei Balcani e scatenando il conflitto in Kosovo.
Uno dei principali obiettivi degli Stati Uniti è stato quello di mostrare al mondo che essi sono in grado di imporre la loro volontà e dettare le leggi sui territori in qualunque parte d’Europa. Così, gli sforzi di Washington, sono stati chiari sulla micronazione della Republica del Kosovo, ha dichiarato Vasiliy Kashirin, ricercatore dell’Istituto russo di Studi Strategici:
Si tratta di un satellite affidabile e leale dell’Occidente. Vi è la più grande base americana di tutto il continente europeo. Gli americani costruirono una vera e propria città-fortezza militare. Da decenni sono giunti fino a lì, e non hanno intenzione di andarsene. Dal punto di vista del trionfo della brutale potenza militare americana è stato un totale successo.
Frantumando lo stato jugoslavo in tante piccole repubbliche ed enclavi, l’Occidente non è rimasto fermo. La sua “democrazia alata” ha seminato devastazioni in Iraq, in Afghanistan ed in Libia. Ed era già pronto a fare giustizia anche nella ribelle Siria, quando all’improvviso il meccanismo di influenza unipolare ha fatto cilecca, poiché sul sentiero della politica euro-atlantica si è frapposta la Russia, ricorda Vasilij Kashirin:
È cambiato l’equilibrio globale delle forze nel mondo. La Russia non è più così debole come nel 1999, e lo ha dimostrato chiaramente l’anno scorso, durante la crisi siriana, quando Mosca con la sua diplomazia ragionevole e con la sua posizione di principio, non ha permesso all’Occidente di iniziare un’aggressione militare contro la Siria.
La Crimea è stata il successivo errore dell’asse euro-atlantico. È abbastanza naturale e comprensibile il desiderio, da parte di Mosca, di proteggere la popolazione di lingua russa che risiede nella penisola dai nazionalisti ucraini, che invece la società occidentale denuncia essere un’aggressione militare contro l’Ucraina. I risultati della libera volontà della Crimea di aderire alla Russia è considerata in Europa una violazione dell’integrità territoriale della nazione ucraina. Come ha osservato Vasilij Kashirin, una tale reazione in Europa occidentale e negli Stati Uniti è un riflesso di una politica che ha due pesi e due misure diversi. Tuttavia i tempi sono cambiati e questo tipo di politica non sarà più efficace come lo è stata prima.

Fonte: Italian.ruvr
http://www.controinformazione.info/ricorrono-15-anni-dai-bombardamenti-nato-sulla-jugoslavia/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=ricorrono-15-anni-dai-bombardamenti-nato-sulla-jugoslavia

Danimarca: gli euroscettici in testa ai sondaggi. “L’UE è un problema per qualsiasi popolo libero” DANIMARCA

– Gli euroscettici danesi in testa ai sondaggi. La leader del Danish People Party Pia Godt: “L’Unione Europea ci danneggia economicamente e politicamente. E’ onerosa e pratica politiche sbagliate”.
Continua la marcia degli euroscettici nei vari paesi dell’ormai fallita Unione Europea. Oltre che in Francia e in Gran Bretagna, anche i sondaggi in Danimarca danno infatti un partito indipendentista in testa in vista delle prossime elezioni europee.
Il Danish People Party, partito che si batte per l’uscita della Danimarca dall’Unione Europea e per il contingentamento degli stranieri, potrebbe ottenere il 15%, diventando così il primo partito danese. In forte crisi socialdemocratici e liberali, che si ostinano a difendere l’UE e che i sondaggi danno non oltre il 13%.
La leader del Danish People Party Pia Godt: “L’Unione Europea ci danneggia economicamente e politicamente. E’ onerosa e pratica politiche sbagliate. Un problema per qualsiasi popolo libero”.
MS
Fonte: mattinonline.ch

Putin giustiziere del popolo

si capisce perché non piace ai salottini nostrani….difendere i lavoratori è passato di moda da ere ormai
 Vladimir #Putin viene messo a conoscenza del fatto che migliaia di operai, che non ricevevano stipendio da mesi, stanno per essere licenziati e la loro fabbrica chiusa da quegli stessi dirigenti che ne avevano tratto profitti milionari. (*le happy merchant*)
 
Il Presidente russo saputo della cosa va ad occuparsi personalmente della faccenda: convoca immediatamente Padroni e Oligarchi responsabili dell’ondata di licenziamenti, che con la loro avidità ed incompetenza, stavano per mandare in mezzo ad una strada migliaia di famiglie e li affronta uno per uno, facendogli un cazziatone memorabile! Esigendo le loro dimissioni immediate e concludendo il discorso con la frase: “Il termine ultimo per il pagamento degli stipendi arretrati, È OGGI !”.
 
Nelle successive 4 ore vengono pagati 40 milioni di dollari di stipendi arretrati e gli unici licenziamenti sono quelli dei padroni.
 
Estratto dal documentario integrale
 

“Tav e media”. Lo studio del Controsservatorio Valsusa al Forum “Giornalismo e informazione” di Perugia

 http://www.tgvallesusa.it/?p=6814

Dalla Valsusa a Perugia. La rappresentazione mediatica del movimento No Tav presentata a giornalisti di tutta Italia al più importante convegno nazionale su giornalismo e informazione.

Posted on 26 marzo 2014

di Oriano De Paoli

Si è tenuta il 25 marzo a Perugia, nella Sala Vaccara del Palazzo dei Priori, la conferenza stampa di presentazione del Forum Giornalismo e Informazione. Dalla libertà di stampa alla manipolazione della realtà.

forum-giornalismo-e-informazione-pg1Il Forum si terrà tra il 28 e il 30 marzo e vede numerosi ospiti del mondo giornalistico.  Tra gli altri:  Paolo Borgognone, collaboratore del Centro Iniziative per la Verità e la Giustizia; Geraldina Colotti, scrittrice e poeta, giornalista de “il Manifesto”, per il quale cura anche l’edizione italiana de “Le Monde Diplomatique”; Jean Toschi Marazzani Visconti, collaboratrice de “Il Manifesto”, “LIMES”, “Avvenimenti”, “Maiz”; Giorgio Beretta, ricercatore OPAL (Osservatorio permanente sulle armi leggere), membro della Rete Italiana Disarmo, giornalista, massimo esperto in commercio ed esportazione di armamenti; Andrea Palladino, giornalista e documentarista, si occupa di  inchieste sulle ecomafie e sulla criminalità organizzata per varie testate tra cui “il Manifesto”,  ”l’Espresso”, “Il Fatto Quotidiano”,  ”l’Unità”,  “Reportime”  e il sito web tedesco stern.de; Giuseppe Firrinceli per il movimento No Muos.

Parteciperanno al Forum Irene Pepe (BalonMundial) e Massimo Bonato (TG Vallesusa) per il Controsservatorio Valsusa, portando a Perugia i risultati dello studio Il Tav e i media: quale informazione, di recente presentato al Polivalente di Bussoleno, Venaus e al Circolo dei lettori di Torino.

Di seguito il comunicato del Comitato promotore del Forum

 COMUNICATO

Che si tratti di giustificare un cambio di regime, di stabilire la legittimità di un referendum, di dichiarare un embargo o di addurre prove per scatenare guerre ed annientare Stati sovrani, non c’è stato atto o evento della politica internazionale degli ultimi anni che i mass media occidentali non abbiano ricondotto nell’alveo rassicurante della missione civilizzatrice che lo stesso Occidente continua a volersi assegnare.

Sbandierare ad ogni piè sospinto la dottrina dei diritti umani, retoricamente indicata come culmine della morale civile, è servito ad oscurare il fatto che tra i diritti umani c’è per primo il diritto alla pace, il diritto a non vedere aggredito il proprio paese, il diritto a non essere bombardato, il diritto all’autodeterminazione.

Sta di fatto che a partire dalla aggressione alla Jugoslavia, all’Iraq, all’Afghanistan per venire alla Libia o alla Siria, quella dottrina è stata impiegata come formula di legittimazione degli interventi armati degli USA e dei loro alleati per abbattere regimi sgraditi e non funzionali alla loro espansione egemonica.

Fornendo sovente una giustificazione ideologica a quell’insieme integrato di rapporti di forza dal quale dipende, il circo mediatico, negando in concreto quegli stessi valori fondativi della civiltà occidentale, si è esibito in una grande produzione di discorsi ideologici che hanno evitato il confronto con la realtà.

Proprio a partire dalle realtà emerse dai conflitti con tutte le loro implicazioni e a partire dal bisogno dei giornalisti di rivendicare libertà di informare, anche e soprattutto dal basso, un gruppo di cittadini, sostenuti da ARCI, AsiCubaUmbria, Ass.Culturale La Goccia, Attac Perugia, Micropolis, ha promosso un incontro pubblico a microfono aperto sul tema della libertà di stampa contro ogni manipolazione.

Il Comitato Promotore

Maurizio Fratta

Elisabetta De Persio

Loukia Demosthenous

Anna Serena Bartolucci

http://forumgiornalismoperugia.wordpress.com/

VACCINO EPATITE B OBBLIGATORIO DAL 1991 GRAZIE AD UNA TANGENTE

la scienza a servizio dei pazienti eh?

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Il vaccino dell’Epatite B è obbligatorio in Italia dal maggio 1991: a prendere questa decisione è stato l’allora Ministro della Sanità Francesco de Lorenzo. Quest’ultimo, insieme al responsabile del settore farmaceutico del ministero, Duilio Poggiolini, intascò ben 600 milioni di lire dall’azienda Glaxo -SmithKline,  unica produttrice del vaccino Engerix B. La somma servì per rendere il vaccino obbligatorio in Italia. Entrambi i ministri sono stati condannati in via definitiva con sentenza della Cassazione per questo e per altri gravi reati. La Corte ha deciso di condannarli

“avendo percepito somme da numerose case farmaceutiche, producendo un danno erariale derivato dalla ingiustificata lievitazione della complessiva spesa farmaceutica, determinata dalla violazione degli obblighi di servizio riferibili a ciascuno”.

Il vaccino dell’Epatite B viene somministrato ai neonati nei primi mesi di vita e, anche dopo la condanna, continua ad essere obbligatorio.
Tante domande sorgono spontanee: il vaccino è sicuro per i nostri bambini? è davvero necessario somministrarlo ad una così tenera età? come possiamo fidarci dello Stato Italiano?
Fonte: EticaMente