Posted on 10 marzo 2014
di Fabrizio Salmoni Presentata ad Avigliana la lista di sinistra e i candidati della Valle. Ma sono parecchie le perplessità che suscita la proposta.
La prima cosa che ci si chiede quando viene presentata una nuova lista elettorale è: chi sono? In questo caso, per i valsusini la risposta è facile: Nicoletta Dosio, Gigi Richetto, Carla Mattioli. I primi due sono esponenti amati e molto stimati, due Padri Fondatori del Movimento, due persone preparate politicamente dalle loro lunghe militanze a (estrema) sinistra, raddolcite da un rapporto permanente, diretto con la gente, dal tempo e dall’età che porta consiglio e smussa i contrasti. Gigi negli anni ha addirittura scoperto in sè la fede religiosa che ne ha accentuato la pacatezza e ne ha rivelato il credo pacifista. Nicoletta invece non ha mai deviato dalla combattività che le viene da un certo massimalismo passato e che contribuisce certamente alla sua proverbiale sicurezza e nettezza di giudizio.
Entrambi sono eticamente inattaccabili e profondamente assimilati nel dna di chi si batte contro la Torino-Lione. Carla Mattioli ha condotto da Avigliana di cui era sindaco Pd (dissidente) la sua lotta contro il Tav da posizione difficile con pochi tentennamenti. Insomma, se la sinistra fosse sempre stata di persone come loro, forse oggi non sarebbe confinata in percentuali al limite dell’esistenza politica. Ma se si passa dalle persone alla politica il discorso, come sovente avviene, si fa complesso.
La lista Tsipras è stata proposta da Nichi Vendola, dopo un aspro confronto interno che ha portato Sel sull’orlo della scissione, sull’onda dell’ inaspettata opposizione al governo Letta. Un Vendola tradito da un Pd che, poco riconoscente e senza scrupoli di sorta, l’ha snobbato preferendogli le grandi intese e decretandone forse la prossima fine elettorale. Dalla necessità di non sparire scaturisce la lista Tsipras. Al carro Tsipras sembra essersi poi aggregata quella sinistra intellettuale onesta, rigorosa e volonterosa che aveva tentato il sostegno a Ingroia, rimanendone in parte scottata dai compromessi, dall’integralismo del leader. A quelle due componenti (Sel e intellettuali) oggi si aggiungono i residui della sinistra estrema, ghettizzata dal sistema elettorale ma anche dai propri opportunismi (ricordiamo Rifondazione Comunista che pur di stare in giunta torinese col Pd ingoiava la politica sul Tav: un po’ quello che fa ora Sel nello stesso consesso). Tutto questo schieramento di “poveri” si è ora ricompattato su sollecitazione degli stessi gruppi intellettuali che avevano sperato in Ingroia. Tutte persone assolutamente stimabili e di grande intelligenza: da Barbara Spinelli a Luciano Gallino, da Marco Revelli (che non ha mai fatto mancare il suo prezioso sostegno ai valsusini) a Luca Casarini (novello Cohn-Bendit), da Moni Ovadia a Curzio Maltese a Guido Viale.
Questione di fiducia. Una lista di promotori di tutto rispetto ma non scevra di ambiguità che pone un primo interrogativo di credibilità e di fiducia: di Maltese non risulta pervenuto alcun chiaro pronunciamento contro il Tav; è piuttosto un nemico sfrenato dei 5 Stelle da posizioni di destra e il suo livore potrebbe disturbare la serenità dell’intero fronte No Tav ove le 5 Stelle sono maggioritarie; Guido Viale, con tutto il rispetto per la sua intelligenza, in quanto ex leader di Lc ha la corresponsabilità storica e morale di aver abbandonato una generazione (di sinistra) all’invisibilità, alla droga e al terrorismo, in conseguenza di proprie scelte d’opportunità del momento (v. Erri De Luca sulla lobby di Lc.. http://www.tgvallesusa.it/?p=2571) . Il tempo, si sa, guarisce tante ferite, la gente cambia e Viale non è un Gad Lerner ma chi di quelli che hanno vissuto lo strazio di Lc potrebbe ancora fidarsi di lui? Sono parecchi gli ex Lc che combattono la To-Lione e provengono in massima parte dalla componente militante quella che ha più sofferto delle vicende di allora.
Forse queste sono inezie in politica ma non da sottovalutare. Piuttosto, non giova al fattore fiducia l’intenzione dichiarata di alcuni dei “top players” di ritirarsi, se eletti, e lasciare il posto ai secondi. E’ un giochetto poco simpatico perchè riguarda il rapporto diretto con gli elettori.
Si è scritto poi che la lista Tsipras si rivolgerebbe ai Pdem insoddisfatti, a Sinistra Critica, ai resti di Rifondazione o dell’Idv o dei Verdi (mah!), addirittura ai centri sociali, agli anarchici e ai cani sciolti “di sinistra”. E’ una bella scommessa ma molto rischiosa perchè le prime sono aree esigue, opportuniste e frammentate, le altre sono propense a non votare del tutto, a priori e comunque non amiche dell’Europa. Si raschierebbe il barile. E allora, dove prendere i voti?
La “sinistra“. Era una parola sinonimo di “cambiamento”, più o meno radicale a seconda delle posizioni, con un forte fondamento ideologico condiviso nel mondo. Pensare che il Pd si definisce ancora sinistra fa riflettere sulla flessibilità del concetto ma, proprio grazie al Pd, è opinione diffusa che la contrapposizione destra/sinistra, almeno nel nostro paese, senza avventurarci in analisi complesse, abbia perso molto del suo significato e molta credibilità.
La questione vera riguarda l’opportunità di una ennesima proposta “di sinistra” di fronte alla situazione politica attuale e alle domande dell’elettorato. Quante possibilità ha una tale lista di affermarsi al punto di incidere in rilevante misura sulle decisioni di Bruxelles e di conseguenza sulle politiche nazionali? Pensiamoci realisticamente e senza preconcetti.
Che fare? Volenti o nolenti, oggi in Italia (o per l’Italia) il cambiamento possibile si chiama 5 Stelle, il soggetto che ha più probabilità di successo e quindi di incidere. Lo dicono i numeri, la fase avanzata del progetto 5S che, malgrado le magagne, i problemi, gli anatemi di Grillo, le convulsioni da adattamento, sta guadagnando terreno tra l’elettorato. Lo dice la stizzosità del Pd che riconosce nei 5S l’unico avversario. Lo dicono gli osservatori politici e i media che dal giorno X di Renzi sono partiti all’attacco a testa bassa. Lo dice la presenza degli eletti 5S sul territorio (in Valle), la loro identificazione totale con il Movimento No Tav, il lavoro di contrasto svolto nelle istituzioni in appoggio alla resistenza. Si possono non condividerne atteggiamenti e integralismi ma credo sia difficile negare la realtà. Tanto più per i valsusini che, partendo dal 27% per i 5S delle recenti politiche, sfruttando le sinergie del voto multiplo hanno anche la possibilità di portare le proprie istanze al governo del Piemonte e ostacolare ancora più efficacemente il Tav (in attesa di un possibile ulteriore botto alle prossime politiche).
Sono di sinistra, sono di destra i 5 Stelle? Be’, se il cambiamento è “di sinistra” la risposta è data ma comunque, pragmaticamente, ammettendo una certa confusione concettuale nel loro elettorato, l’etichetta poco dovrebbe importare a fronte dei benefici che potrebbero derivare da una loro affermazione, incluso il ridimensionamento del Pd e soci d’affari e la possibilità di affrontare la discussione sul cambio del modello di sviluppo. Pensano gli amici di Tsipras di riuscire a tanto? E’ cosi poco condivisibile per gli amici di Tsipras il programma dei 5S o è un problema di schemi ideologici, di meri fastidi epidermici? Eppure gli obiettivi oggi sono quasi a portata di mano e l’occasione è storica. Perchè non provarci? Perchè frenare un cambiamento, pur imperfetto ma tanto atteso? Si tratta solo di forzare un pochino degli schemi sedimentati sapendo che finora non hanno funzionato. Ci potrà essere occasione più tardi di togliere il consenso accordato. Oggi mi pare che non ci sia alternativa se la Valle vuole avere speranza. (F.S. 9.3.2014)