La crociata di Bernard Henri Levy

Più che intellettuali, questi sono dei veri e propri agenti del Potere.
DI SEBASTIANO CAPUTO · 27 FEBBRAIO 2014
 
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“Gli intellettuali non sono, come spesso si dice, gli uomini che pensano: sono gente che fanno professione di pensare e che prelevano un salario aristocratico”.
 
Georges Sorel
 
Gli intellettuali di regime possiedono tutti le stesse caratteristiche. Hanno una visione turistica del mondo, disprezzano il Paese in cui vivono, provengono da un certo ambiente universitario, pubblicano ad orologeria saggi (il più delle volte curati da “ghostwriter”) su tematiche estremamente attuali, sono editorialisti delle grandi testate nazionali, gravitano da un programma televisivo all’altro, si riempiono la bocca di parole come “democrazia” e “libertà”, dettano l’agenda ai governi, producono e manipolano l’informazione, pontificano, legittimano, ma soprattutto santificano l’ideologia dominante.
 
Più che intellettuali, questi sono dei veri e propri agenti del Potere. Tra i più attivi dell’ultimo decennio spicca il “filosofo” francese Bernard Henri Levy, soprannominato dall’intero apparato mediatico “BHL”. Autore de “il genio del Giudaismo”, massimo esponente dello “scontro delle civiltà huttingtoniano” (nel saggio “Chi ha ucciso Daniel Pearl?” edito dalla Rizzoli nel 2003, divide il mondo arabo-musulmano in “terroristi” e “occidentalizzati”), Bernard Henri Levy è diventato, con il passare degli anni, il portavoce intellettuale dell’atlantismo. La sua crociata imperialista inizia negli anni Novanta in Jugoslavia. Nel 1993 si reca a Sarajevo e si dichiara a favore dell’indipendenza della Bosnia Erzegovina sostenendo il presidente musulmano bosniaco Alija Izetbegovic. Il suo obiettivo era quello di “balcanizzare” il Paese e “proteggere” le “piccole patrie” rifiutando allo stesso tempo il nazionalismo. Sulla Bosnia Erzegovina scrive un libro, realizza un documentario televisivo, un documentario cinematografico, fino a condurre una lista “Sarajevo” alle elezioni europee del 1994.
 
La sua legittimazione della destabilizzazione degli “Stati canaglia” (terminologia artificiale inventata dai vertici neocon di Washington) dirompe nel 2010 contro l’Iran di Mahmoud Ahmadinejad. Bernard Henry Levy mobilita l’opinione pubblica francese per salvare dalla lapidazione una donna iraniana accusata di adulterio: Sakineh. Travolto dalle emozioni, il mondo, non ha avuto il tempo di verificare questa accusa, fino a quando l’umorista francese Dieudonné, recentemente travolto da un ciclone mediatico, si è recato a Teheran per smentire tutte le menzogne dell’intellettuale di regime.
 
Bernard Henri Levy è poi tornato a colpire nel 2011 contro Muammar Gheddafi. È stato lui a convincere l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy a bombardare la Libia tanto che all’indomani del conflitto, pubblicò l’ennesimo saggio-bollettino intitolato “La guerra, senza amarla”, nel quale raccontava la “sua guerra privata” contro il Rais. Pochi mesi dopo è stato sempre lui che dai salotti parigini lanciava le sue invettive contro Bashar al Assad. I suoi articoli tracciavano un parallelismo tra la città siriana di Homs, e quella libica di Bengasi. Parlavano chiaro: “ci vuole, adesso, un intervento in Siria”. Oggi Bernard Henri Levy occupa le prime pagine del Corriere della Sera per essersi recato a Kiev, in Ucraina, in sostegno della folla benedetta dall’Occidente.
La crociata di Bernard Henri Levyultima modifica: 2014-03-01T20:44:45+01:00da davi-luciano
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