Distruggono le nazioni e poi propongono prestiti. Fmi all’assalto in Serbia

mercoledì, 26, febbraio, 2014
Una missione del Fondo monetario internazionale (Fmi) sara’ da domani a Belgrado per un’esame della situazione economica e finanziaria della Serbia e per vagliare le condizioni di un possibile prestito precauzionale al Paese balcanico. La delegazione, guidata da Zuzana Murgasova, si fermera’ in Serbia fino al 13 marzo.
L’ultimo accordo di prestito dell’Fmi alla Serbia fu concluso a fine settembre 2011, ma fu congelato nel febbraio successivo poiche’ la legge di bilancio 2012 non aveva rispettato il programma fiscale concordato da Belgrado con l’Fmi.
Una fonte del ministero delle finanze serbo ha osservato che i colloqui sono di natuta tecnica, e che il negoziato per un eventuale prestito precauzionale prenderebbe il via solo dopo la formazione del nuovo governo, conseguenza del voto anticipato in programma in Serbia il 16 marzo (ANSAmed)

NON CONSUMO E MI CONSUMO (LA FAMIGLIA) – LA CRISI STRANGOLA GLI ITALIANI CHE HANNO TAGLIATO SU TUTTO, ANCHE SULLE SPESE ALIMENTARI – METÀ DEI TRENTENNI VIVE ANCORA CON LA PAGHETTA DEI GENITORI – – – –

per favorire questa bassa crescita per usare le parole di Padoan è necessario comprimere salari e tassare ancora i consumi, sempre secondo il “tecnico” Padoan
Un genio
Ormai si taglia anche l’indispensabile: ne è un’altra prova la flessione del valore degli acquisti di farmaci (-2,4%) – Vanno bene i discount, i low cost e gli esercizi specializzati – Negli ultimi dodici mesi sono andate in fumo quasi 19 mila imprese del commercio al dettaglio – E nel 2014 non è previsto un miglioramento…

1. LA CRISI STRANGOLA I CONSUMI – IL PEGGIOR CALO DI SEMPRE
Luigi Grassia per ‘La Stampa’
Speriamo che in questo 2014 le cose vadano meglio ma di certo il 2013 dell’economia in Italia è stato brutto e lo conferma il crollo dei consumi, l’indicatore più sicuro del malessere delle famiglie: il -2,1% rispetto a un anno prima è il dato peggiore dal 1990 cioè da sempre visto che la serie storica è cominciata allora. In parole povere era da almeno 24 anni, ma in realtà potrebbero essere molti di più, che i commercianti non si trovavano di fronte a cifre simili.
Fra l’altro, il 2013 è stato l’ultimo di diversi anni di consumi in calo, quindi quel -2,1% è rispetto a dati già bassi in maniera patologica. È da un quadriennio che per colpa della crisi le famiglie sono costrette a stringere la cinghia, se si esclude la piccola eccezione del 2010, quando sembrò profilarsi una ripresa (ma a ben guardare anche quell’eccezione evaporerebbe facendo i calcoli in termini reali, ovvero al netto dell’inflazione).
Fra i numeri dell’Istituto nazionale di statistica colpiscono soprattutto quelli del comparto alimentare. Nel 2013 gli italiani, attanagliati dalla recessione, hanno dovuto risparmiare pure a tavola, dove i consumi sono calati dell’1,1% come non accadeva dal 2009.

La forzosa «spending review» delle famiglie non sembra conoscere limiti e dopo avere eliminato il superfluo va a intaccare pure i beni di prima necessità. Ne è un’altra prova la flessione del valore degli acquisti di farmaci (-2,4%). Certo si deve pur mangiare e la soluzione è offerta dai discount, cioè i negozi di prodotti super-scontati che sono gli unici a terminare l’anno in positivo (+1,6%), seguiti a distanza dai cosiddetti esercizi specializzati (+0,5%), cioè i negozi focalizzati su una singola tipologia (mobili, abbigliamento, libri).

L’aumento delle vendite «low cost» preoccupa la Coldiretti che mette in guardia dai «prodotti offerti spesso a prezzi troppo bassi, prodotti di scarsa qualità che rischiano di avere un impatto sulla salute» (benché non si debba generalizzare né criminalizzare a priori i prodotti dei discount, visto che queste catene di negozi svolgono una funzione utilissima nella crisi, sono un fattore di sopravvivenza per molte famiglie). Tutto il resto del settore della distribuzione, compresi i supermercati e gli ipermercati, registra un giro d’affari in contrazione, a cominciare dai piccoli negozi, come le botteghe e gli alimentari sotto casa (-2,9%).
Un ulteriore risvolto negativo, evidenziato dalla Confesercenti, sta nel fatto che nei passati dodici mesi sono andate in fumo quasi 19 mila imprese del commercio al dettaglio, più di duemila solo nell’alimentare, strangolate dalla mancanza di clienti. E un’altra associazione, la Confcommercio dice che «l’ennesimo calo congiunturale, quello di dicembre, è molto peggiore del previsto». Infatti neppure il Natale è riuscito a spronare la domanda. Anzi, l’arretramento è stato netto (-0,3% su novembre e -2,6% su base annua). Federdistribuzione parla di «un comportamento di freno ai consumi, divenuto ormai consolidato».

I conteggi delle associazioni di consumatori sembrano non lasciare scampo: secondo Federconsumatori e Adsubef solo per i prodotti della tavola in media una famiglia ha diminuito la spesa di 309 euro, e non perché i prezzi siano calati ma perché si è proprio comprata meno roba.
Il Codacons guardando più in là prevede un altro anno debole sul fronte consumi, ipotizzando un calo dello 0,8% per il 2014. Non fa ben sperare il dato sulla fiducia dei consumatori a febbraio, di nuovo in calo, anche se le interviste dell’Istat si fermano alle prime due settimane del mese e quindi non possono registrare gli eventuali effetti del nuovo governo sul dato della fiducia.

Da ‘La Stampa’

Se per caso i ragazzi italiani sono «bamboccioni» è per necessità e non per scelta: data la disoccupazione giovanile alle stelle, restare in famiglia può essere una scelta obbligata, e così più della metà dei trentenni vive ancora con la paghetta dei genitori (51%) o di altri parenti (3%). È quanto emerge dall’ analisi Coldiretti/Ixe su «Crisi: i giovani italiani e il lavoro nel 2014».
Dall’indagine emerge lo scoraggiamento dei giovani in cerca di un lavoro che è sempre più difficile da trovare, a meno di raccomandazione (l’80% ritiene che sia necessaria per trovare posto), tanto che nell’ultimo anno il 44% dei ragazzi non ha inviato alcuna domanda per trovarlo. Ma pur di lavorare quasi un giovane su quattro (il 23%) accetterebbe un posto da spazzino, il 27% entrerebbe in un call center e il 36% farebbe il pony express. Per assicurarsi il posto si è disposti anche ad accettare un orario più pesante con lo stesso stipendio (33%).
Coldiretti invita a considerare le molte opportunità di lavoro collegate all’agricoltura, sempre più creativa e flessibile nell’adattarsi ai nuovi scenari economici, e illustra le proposte di nuovi mestieri: dall’agritata che fa asilo nido in fattoria al tutor dell’orto che insegna il piacere di far crescere ortaggi e frutta sul balcone di casa o nei cortili delle scuole.
L’organizzazione agricola ha avviato presso le sedi e gli sportelli territoriali il portale «Lavoro in campagna», una banca dati per favorire l’incontro di domanda e offerta in agricoltura. Sul sito verranno archiviate e rese disponibili sia le richieste di manodopera delle imprese che i curricula e le disponibilità dei lavoratori.
[lui. gra.]
http://www.dagospia.com/rubrica-29/Cronache/non-consumo-e-mi-consumo-la-famiglia-la-crisi-strangola-gli-italiani-che-hanno-72590.htm

AGENZIA McKINSEY, Banca Mondiale e certa “bella gente”…

 
            L’Agenzia McKinsey, grande sponsor di Matteo Renzi, viene citata all’interno di un documento molto interessante, redatto nel Marzo 1998[1] da Giovanni Ferri, Principal Financial Economist della Banca Mondiale.  Proviene dagli archivi di MPS[2] (Monte Paschi di Siena),
 
            I contenuti del comunicato non fanno che corroborare quanto espresso dalle parole contenute nei libri dell’economista più noto, Nino Galloni (Cfr. Misteri dell’euro misfatti della finanza, Edizioni Rubettino, 2005, pag. 23), poiché nei toni e nelle mire del Ferri affiora in purezza tutto lo “sforzo cinico” da manager.
 
            Egli (Ferri) scriveva all’attenzione di un pugno di destinatari fra cui Fabrizio Barca[3] (già Ministro della Coesione Territoriale del Governo Monti – e scampato ministro dell’economia della fase renziana – mi rifiuto di definire Governo tutto ciò che parte da Monti in poi). L’intento di tutta l’opera del Principal Financial Economist della Banca Mondiale era quello d’illustrare ai destinatari, con dovizia di particolari (oltre che grafici non riportati in questa elaborazione), la bontà dell’uso d’immettere sul Mercato titoli cartolarizzati. Si legge inoltre che Alitalia, nel Settembre 1994, per tramite della Citibank[4], ha immesso 350 Miliardi di “lire-euro” di titoli cartolarizzati della US Guarantee che deteneva nelle proprie casse.
 
               “Per le imprese, lo sviluppo di un mercato della cartolarizzazione dei prestiti, oltre a produrre i benefici indiretti […] potrebbe offrire anche benefici diretti. Imprese di dimensione grande o mediogrande (Alitalia, Cremonini, Finmeccanica, Olivetti) [e Parmalat N.D.R.], come si è visto hanno già lanciato operazioni della specie ottenendo così finanziamenti a condizioni particolarmente convenienti […] In sintesi, la cartolarizzazione potrebbe costituire un passaggio intermedio adeguato a favorire l’accesso diretto degli operatori a tutti i segmenti del mercato finanziario, incluso quello del capitale di rischio[5] […] in Italia, la cartolarizzazione potrebbe offrire interessanti opportunità per migliorare le condizioni operative delle banche […]. Le prospettive di sviluppo della cartolarizzazione in Italia appaiono tuttavia condizionate alla rimozione di taluni ostacoli specifici su cui va richiamata l’attenzione[6]. Non sembra che le banche locali debbano avere dei timori di fronte alla cartolarizzazione. Come osservava già qualche anno addietro Bryan (1988), sulla base della sua lunga esperienza di consulenza nella McKinsey & Company[7]. Tra i principali ostacoli che sinora hanno sfavorito lo sviluppo della cartolarizzazione in Italia alcuni riguardano gli aspetti fiscali, altri gli aspetti civilistici, altri gli aspetti della legislazione e regolamentazione bancaria, altri ancora gli aspetti informativi. Il complesso di questi fattori ha fatto sì che, finora, la totalità delle operazioni di cartolarizzazione italiane di cui si è a conoscenza ha avuto sbocco sui mercati esteri. E non è dunque un caso che sia in fase avanzato l’iter parlamentare di una legge che dovrebbe rimuovere gran parte di questi ostacoli e/o consentire di superarli[8]”.
 
                A prescindere dall’abbacinante (o forse capziosa, chi lo può dire) miopia professionale dimostrata dal numero uno della Banca Mondiale in Italia, irreparabilmente screditato nei fatti realmente accaduti che hanno segnato la storia (vedi Crac Parmalat[9] e successive “crisi” finanziarie[10] mondiali dovute proprio all’immissione del derivato in circolo), non sarà sfuggito il tono disinvoltamente protervo con cui egli tratteggia il ruolo del Governo – in questo caso quello italiano – riducendolo a poco più di una scacchiera su cui muovere le pedine a proprio piacimento. Quella “gran parte degli ostacoli da rimuovere” altro non erano che i bastioni eretti in tempi non sospetti. Erano gli aspetti fiscali, altri gli aspetti civilistici, gli aspetti della legislazione e regolamentazione bancaria, altri ancora gli aspetti informativi, tutti ideati col preciso scopo di scongiurare quanto invece è stato fatto accadere. Una sorta di “estintori” con cui l’Italia è cresciuta dagli anni Trenta senza mai doversene servire ma i quali non erano più in sede al momento dell’incendio doloso.
 
La Storia, tuttavia, ha dato loro ragione. Le modifiche arrivarono ad hoc col risultato che la struttura del primo dei poteri fondamentali dello Stato, consistente nella funzione di emanare, modificare, abrogare le leggi, venne manomesso[11].
 
Ora, il Renzi – vi ci potete scommettere le mutande – punterà tutto sulla “riforma” del Titolo Quinto della Costituzione, quello delle Autonomie Locali (vedi mio articolo sulla “supposta renziana” http://www.signoraggio.it/supposta-renziana-spiegazione-del-titolo-v-della-costituzione-in-termini-facili/). Lo ha già annunciato durante il battibecco con Beppe Grillo. Non resta che attendere per vederlo all’opera. Solo che qualcuno gli metterà il bastone tra le ruote. Chi sarà a metterglielo? Il popolo!
 
Andrea Signini
 
[1]              Il Presidente del Consiglio dei Ministri era Romano Prodi e Oscar Luigi Scalfaro il Presidente della          Repubblica.
 
[2]              Istituto di credito di diritto pubblico dal 1936 divenuto S.p.A. con Decreto del Ministero del Tesoro in data 8        Agosto-’95 da cui sono nate: Banca Monte Paschi di Siena e la Fondazione Monte Paschi di Siena. Dal 27            Giugno 2012 il nuovo piano mira ad un riassetto del gruppo improntandolo fortemente alla riduzione dei costi               e alla razionalizzazione. L’operazione prevede la soppressione di oltre 4.600 posti di lavoro con incorporazione                delle controllate e chiusura di 400 filiali entro il 2015. Tuttavia i piani sembrano essere andati in fumo sia per       la richiesta di una Commissione Parlamentare, sia per via dello scandalo scoppiato alla vigilia delle elezioni            politiche 2013.
 
[3]              Aveva svolto sin dal “1979 la carriera professionale nel Servizio Studi di Banca d’Italia, divenendone     dirigente nel 1991 [e poi ha] ricoperto l’incarico di Capo del Dipartimento per le politiche di sviluppo e         coesione tra il 1998 e il 2000 e dal 2001 al 2006 presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel quale        ha assunto l’incarico di Dirigente Generale.
 
                Fonte: Governo italiano – Presidenza del Consiglio dei Ministri – Fabrizio Barca Ministro per la Coesione                 Territoriale.
 
 
[4]              A partire dal marzo 2010, Citigroup è la terza società bancaria statunitense più grande per totale attivo, dopo la    Bank of America e JP Morgan Chase. Ma se oggi può vantare tale posizione non è certo per via di una politica     irreprensibile, anzi. Come si legge nel sito http://en.wikipedia.org/wiki/Citibank (non disponibile in lingua           italiana) Citibank “as a result of the global financial crisis of 2008–2009 and huge losses in the value of its           subprime mortgage assets, Citibank was rescued by the U.S. government under plans agreed for Citigroup. On     November 23, 2008, in addition to initial aid of $25 billion, a further $25 billion was invested in the             corporation together with guarantees for risky assets amounting to $306 billion”  – traducibile in –  “a seguito della crisi finanziaria globale del 2008-2009 e di enormi perdite di valore dei suoi attivi dei mutui subprime         [gli stessi di cui si parla nello scrtto del Ferri], Citibank è stata salvata dal Gverno degli Stati Uniti nell’ambito         di piani concordati per Citigroup. Il 23 novembre 2008, in aggiunta agli aiuti iniziali di $ 25 miliardi, ottenne                in prestito di ulteriori 25 miliardi dollari”. Gli aiuti totali distribuiti dal Governo di Obama al circuito bancario   americano che rivendeva titoli tossici senza nemmeno proteggersi attraverso la stipula di assicurazioni a copertura della minaccia di default, ammontano a 204 Miliardi di USD di cui solo un misero 60 % è stato restituito e – come scrive CNN-Money – “Eight banks, mainly regional lenders headquartered in the South              andMidwest, still hold TARP loans of at least $1 billion. All have been losing money by the bucketful, and                 none is expected to turn an annual profit until 2011 at the earliest” ovvero “Otto tra banche ed istituti di credito                 prevalentemente regionali con sede nelSud e nel Midwest, continuano a detenere i prestiti di almeno 1    miliardo di USD. Tutti hanno perso soldi a secchiate, e non si intravede possibilità di un utile annuo fino al           2011”. Le stesse piccole banche a cui profusamente il Ferri fa riferimento nel documento del 1998.
 
 
[5]              G. Ferri, La cartolarizzazione dei crediti: vantaggi per le banche e accesso ai mercati finanziari per le imprese    italiane, in Studi e note di economia, Graph. Darst, Firenze Marzo 1998, Sez. pp. 87-106, pagg. 101 e 102.              Reperibile anche on-line all’indirizzo:
 
 
[6]              G. Ferri, Alcune considerazioni specifiche sul caso italiano, Ivi, pag. 99.
 
[7]              G. ferri,  Cartolarizzazione: le opportunità per le banche italiane Ivi., pag. 100.
 
[8]              G. Ferri, Alcuni dei principali ostacoli, Ivi, pagg.102, 103.
 
[9]              G. Braccini Squeri, Crack Parmalat. Corruzione giudiziaria, I^ parte, stampato in proprio, Parma 2012.
 
[10]             Cfr., G. Sapelli, Giochi proibiti. Enron e Parmalat, capitalismi a confronto, Bruno Mondadori, Milano 2004.
 
[11]             Cfr., G. Sapelli, La democrazia trasformata. La rappresentanza tra territorio e funzione: un’analisi teorico-                comparativa, Bruno Mondadori, Milano 2007.
 

Lagarde: crescita globale del 3,45%, ma proseguire con l’austerity

mercoledì, 26, febbraio, 2014
 
Quest’anno si assistera’ a una crescita globale dell’economia del 3,45% e del 4% nel prossimo anno. Lo ha detto il direttore generale dell’Fmi, Christine Lagarde, parlando di innovazione e tecnologia nell’economia globale alla Stanford University. ”Mentre la disoccupazione rimane troppo alta – ha detto la Lagarde -, il livello di debito pubblico e privato rimane troppo alto e la crescita globale procede a un ritmo basso in relazione al suo potenziale, stiamo assistendo a una dinamica della crescita globale che sara’ del 3,45% quest’anno e del 4% nel prossimo. Questa accelerazione e’ dovuta principalmente allo sviluppo positivo delle economie avanzate, certamente negli Stati Uniti, ma anche in Giappone e nell’Eurozona”.
 
Tutto cio’, mentre i paesi emergenti, che hanno sostenuto l’economia globale durante la crisi, stanno ora mostrando segnali di rallentamento. ”In queste circostanze – ha aggiunto la Lagarde – dobbiamo fare attenzione che: la politica monetaria rimanga accomodante in molte delle economie avanzate e che i paesi proseguano a mantenere sotto controllo i propri conti tramite politiche di bilancio adeguate e credibili eproseguendo nelle riforme e che le comunicazioni tra i capi di governo migliorino”.