Con Tsipras? Nemmeno per sogno!

se anche repubblica sostiene Syriza è facile intuire quanto il potere ne tema il potenziale……L’importante è contestare a parole e captare il malcontento per condurlo ad un binario morto
 
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di Diego Fusaro
 
Recentemente, in un’intervista pubblicata su un giornale greco, l’editorialista di Repubblica Barbara Spinelli ha preso posizione a favore della candidatura del leader di Syriza, Tsipras, a presidente della Commissione Europea. La Spinelli si augura la nascita di una lista di sostegno in Italia: “Non dovrebbe essere – ha detto – una coalizione dei vecchi partiti della sinistra radicale ma qualcosa per scuotere la coscienza della società con l’obiettivo di unire tutte le forze colpite dalla crisi”. Per un’altra Europa, contro l’austerity e i nuovi nazionalismi.
 
Le intenzioni sono buone, la via proposta è pessima. Quel che né la Spinelli né Tsipras mettono in luce è che l’Europa federale dei popoli fratelli e democratici non è possibile se non uscendo dall’odierno lager eurocratico. Riformarlo in corso d’opera non è possibile. Ciò che sembra sfuggire tanto alla Spinelli quanto a Tsipras è che solo uscendo dall’euro e dall’odierno incubo si può perseguire il sogno desto di un’altra Europa, ossia, appunto, l’Europa dei popoli fratelli e degli Stati democratici sovrani. Tutto il resto è chiacchiera politicamente corretta di sinistra. In poche parole, la Spinelli e Tsipras vogliono democrazia, giustizia sociale e libertà dei popoli e, insieme, vogliono mantenere ciò che le rende impossibili, appunto l’odierno dispositivo eurocratico.
 
Come giustamente ha rilevato Alberto Bagnai, la funzione della moneta unica non è servire i popoli, ma asservirli, rinsaldando il potere dell’oligarchia finanziaria e del grande capitale europeo, cifra macabra di un’Europa finanziaria in cui i popoli e le nazioni non contano più nulla né come soggetto politico, né come soggetto sociale. Se non si abbandona la dittatura della moneta unica, se non si riconquista la sovranità democratica dei popoli e delle nazioni, ogni tentativo di perseguimento della giustizia sociale è inevitabilmente votato allo scacco.
 
Il progetto eurocratico si rivela organico alla dinamica post-1989 a) di destrutturazione degli Stati nazionali come centri politici autonomi (con annesso disciplinamento dell’economico da parte del politico) e b) di “spoliticizzazione” (Carl Schmitt) integrale dell’economia, trasfigurata in nuovo Assoluto. Dal Trattato di Maastricht (1993) a quello di Lisbona (2007), la creazione del regime eurocratico ha provveduto a esautorare l’egemonia del politico, aprendo la strada all’irresistibile ciclo delle privatizzazioni e dei tagli alla spesa pubblica, della precarizzazione forzata del lavoro e della riduzione sempre più netta dei diritti sociali. Spinelli e Tsipras vorrebbero rimuovere gli effetti lasciando però le cause. Il che, evidentemente, non è possibile.
 
Finché si permane sul terreno dell’odierna Europa spoliticizzata, non v’è spazio per manovre contro l’austerità e in difesa dei popoli oggi oppressi. Finché non si rimuove la causa dell’ingiustizia, non è possibile sopprimere neppure i suoi effetti. Quando lo capiranno la Spinelli e Tsipras? Quando capiranno che l’Europa dell’euro e del primato assoluto della finanza è esattamente ciò che impedisce e sempre impedirà la realizzazione dell’unione pacifica dei popoli, rispettosi delle differenze e delle tradizioni, delle lingue e delle culture, del valore assoluto degli individui inseriti nelle loro comunità di appartenenza? Quando capiranno quello che già a suo tempo aveva capito Ernst Bloch (cfr. Eredità del nostro tempo), ossia il fatto che l’idea di nazione e di sovranità non è di destra (forse che le grandi rivoluzioni comuniste non sono sorte nel Novecento da questioni nazionali?), ma lo diventa quando la sinistra la abbandona alle destre stesse?
 
fonte: Lo Spiffero

Editore Britannico: Gli Stati Uniti e la UE sono dietro le manifestazioni in Ucraina

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“Dietro le proteste rinnovate in questi giorni in Ucraina, ci sono gli sforzi degli USA e dell’Unione Europea per rovesciare il governo  democraticamente   eletto di Viktor Yanukovich”, questo ritiene l’editore capo della rivista britannica “Polics First”, Macus Papadopoulos.
Secondo il giornalista, che ha ripreso un commento citato dall’agenzia Itar-tass  e che esprime la sua opinione personale secondo cui “l’Occidente sta esercitando pressioni e si sforza di influire sulla situazione in Ucraina per mezzo dell’organizzazione e dell’istigazione dei partiti oppositori”.
 
Tra le finalità di Washington e di Bruxelles, Papadopoulos ha individuato, come obiettivo strategico, “quello di imporre un governo filo occidentale ed antirusso che cerchi di far entrare l’Ucraina come membro associato della UE e della NATO, in modo simile come già accaduto con il governo dell’ex presidente della Giorgia, Mijail Saakashvili”.
“La sovranità dell’Ucraina come paese indipendente è stata scartata e calpestata dai funzionari della UE insieme con alcuni politici statunitensi come John Mc Cain che hanno viaggiato a Kiev ed hanno ispirato le proteste dell’opposizione.”. condidera l’esperto britannico.
 
In questa situazione di tensione e di scontri giocano un ruolo fondamentale le decine di agenzie ONG operanti nel paese e finanziate dagli USA, dalla CIA o dalla Stratfor (agenzia ombra della CIA) , oltre che da ambienti finanziari anglosassoni che stanno soffiando sul fuoco della rivolta di piazza infiltrando loro agenti fra i dimostranti.
 
Si tratta di agenzie come la “Open Society”, la Albert Einstein Intitute, la “National Endownment for Democrazy”, la Konrad Adenauer Fondation, o la famigerata ” Otpor”, tutte specializzate in propaganda e manipolazione di informazioni, installatesi nel paese già per la prima “rivoluzione arancione”del 2004, avendo provveduto nel frattempo ad acquistare giornali e canali TV . La Otpor in particolare risulta la stessa i cui servizi furono utilizzati in altri paesi , fra i quali la Serbia per il rovesciamento del regime di Milosevic, ostile agli interessi USA.
L’Ucraina, per la sua posizione geografica, per le risorse del sottosuolo e per la popolazione (52 milioni di persone per la metà circa di etnia russa ) è considerata dagli USA un paese chiave per isolare la Russia dall’Europa e privarla di una sfera di influenza ad occidente.
Il “gioco sporco” che l’Unione europea sta attuando in Ucraina, sobillando ed istigando alla rivolta contro il governo in carica, democraticamente eletto, con le interferenze scoperte per cooptare questo paese nell’Unione ed isolarlo dalla Russia, gioco condotto per conto degli interessi americani, non mancherà di avere serie conseguenze nei rapporti già tesi con la Russia di Putin.
Appare fin troppo scoperto il tentativo di accerchiare la Russia ed isolarla all’Ovest sottraendole quello che è il paese più importante e strategico per la Russia.
I funzionari della UE hanno sottovalutato la determinazione del Cremlino ad opporsi all’integrazione della UE dell’Ucraina ed alla perdita di questo importante paese. Ne andrebbe della sicurezza della stessa Russia che non potrebbe mai tollerare una Ucraina costellata di basi militari NATO in funzione anti russa.
 
Fonte:  RT Actualidad
 
N.B. Nella foto sopra il senatore USA Mc Cain arringa la folla a Kiev
 
 

“Commissione UE collusa con Bilderberg, obiettivo governo mondiale”

certo che i paladini del popolo in corsa per le poltrone europee si esprimeranno in altrettanta maniera………
 
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“E’ impossibile non giungere alla conclusione che la mancata segnalazione di questi eventi è qualcosa di diverso di una cospirazione tra gli organizzatori e i media. Semplicemente questo conferma la convinzione di molti che l’agenda e lo scopo nascosto del gruppo Bilderberg è quello di realizzare un governo mondiale non democratico. E’ una vergogna che la Commissione Europea sia collusa con questo.”
 
Gerard Batten (Europe of Freedom and Democracy group)
 
 
 
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Tunisia. Forse la primavera è arrivata

Domenica annunciato un nuovo governo e approvata una nuova Costituzione che non concede nulla agli islamisti radicali

J.V.    

L’unica vera primavera araba potrebbe essere quella tunisina. Lo è già, nel senso che si è trattato di una rivolta interna al paese e non eterodiretta come in seguito accaduto per altri paesi arabi, lo sarà perché nonostante tre anni difficili si potrebbe finalmente essere giunti a una svolta dopo la parentesi islamista segnata dal partito Ennahda, maggioranza in Parlamento che ha paralizzato una Tunisia che non aveva scordato la sua radicata cultura laica. Domenica l’altalena delle crisi di governo sembra essersi fermata con la notizia della formazione di un nuovo esecutivo e soprattutto con l’approvazione di una nuova Costituzione. L’instabilità politica aveva prodotto un clima incandescente, con continue rivolte popolari e l’eliminazione fisica di esponenti politici dell’opposizione laica da parte di integralisti islamici. Nel luglio scorso, nel giorno della festa della Repubblica, era caduto sotto i colpi esplosi da un militante salafita il fondatore della Corrente Popolare, Mohamed Brahmi, esponente della sinistra nazionalista. Il 6 febbraio 2013, quasi un anno fa, era stata la volta del membro della coalizione di partiti di sinistra del Fronte Popolare nazionalista, Chokri Belaid, assassinato a colpi d’arma da fuoco. E per la cui morte sono stati indagati alcuni salafiti legati alla Lega per la protezione della rivoluzione vicini al partito islamista al governo Ennahda. Pochi mesi prima, nell’ottobre del 2012 Lotfi Nagdh, del partito Nida Tounes, era stato ucciso nell’assalto a una sede del partito, sempre da parte di militanti della Lega per la protezione della rivoluzione. La deriva islamista è stata favorita dall’eccesso di potere del partito confessionale Ennahda, che ha lasciato ampi spazi di manovra ai gruppi più radicali di ispirazione salafita. L’ultima vittima della violenza politica, Brahmi era un membro dell’Assemblea nazionale costituente eletto per la circoscrizione di Sidi Bouzid, il “luogo di nascita” della rivoluzione contro Ben Ali, e poco prima di essere ucciso aveva attaccato proprio Ennahda e il suo sostegno al deposto presidente egiziano della Fratellanza musulmana, l’islamista Mohamed Morsi, tracciando un parallelo tra la scarsa legittimità dei Fratelli Musulmani in Egitto e quella della troika politica che in quel momento guidava la Tunisia, formata dall’alleanza tra Ennahda, Congresso Per la Repubblica e Ettakatol. Dal febbraio 2013, dopo l’uccisione di Belaid, si sono susseguite continue crisi di governo, risolte ogni volta con un nuovo esecutivo. Nel marzo successivo era stato formato un nuovo governo islamista a guida Ennahda, con la nomina a premier di Ali Laarayedh, ex ministro degli Interni nel governo di coalizione nato dopo le prime elezioni dalla fine del regime di Ben Ali. Ma l’operato del suo ministero è stato oggetto di continue contestazioni popolari per l’abituale ricorso alla violenza, per non aver sciolto la Lega per la protezione della rivoluzione e soprattutto per l’eccessiva tolleranza mostrata nei confronti dei gruppi salafiti che seminano il caos nel Paese. A fine dicembre 2013 gli islamisti di Ennahdha hanno accettato di cedere il potere per far uscire la Tunisia dalla profonda crisi politica e il nuovo premier designato in sostituzione di Laarayedh, il ministro uscente dell’Industria Mehdi Jomaa, ha iniziato le consultazioni su impulso del più importante sindacato del paese l’UGTT per formare un nuovo esecutivo. Dopo altre sei settimane di stallo, solo domenica scorsa Jomaa ha potuto annunciare un nuovo governo che dovrà indire elezioni entro un anno. Poco dopo l’Assemblea nazionale ha approvato la nuova Costituzione. Tre anni dopo la caduta di Ben Ali, la Tunisia ha finalmente una sua nuova Carta fondamentale che, dato importante, non cede alle pressioni della maggioranza islamista che era uscita vincitrice dalle elezioni per la Costituente. L’Assemblea nazionale ha adottato la legge con una schiacciante maggioranza di 200 voti a favore , 12 contrari e 4 astensioni, ben al di sopra la maggioranza necessaria di 145 voti. “In questa Costituzione tutti i tunisini si ritrovano: protegge i nostri beni e getta le basi di uno stato democratico”, ha detto Mustapha Ben Jaafar, il presidente dell’Assemblea. La nuova Costituzione concede uno spazio ridotto all’Islam che è definito la religione di Stato ma si esclude la sharia come base del diritto. Viene garantita la libertà di fede e di coscienza e viene posto il divieto di accusare qualcuno di apostasia. La Carta afferma l’eguaglianza di diritti e doveri dei due sessi e un aspetto interessante è che viene introdotto per la prima volta nel mondo arabo l’obiettivo della parità di genere nelle assemblee elettive. Quanto al nuovo governo, che dovrebbe ricevere questa settimana la fiducia dell’Assemblea Costituente, Jomaa ha affermato di avere fatto la sua lista “in base a tre criteri: competenza, indipendenza e onorabilità” e comprende funzionari, magistrati personalità del settore privato. Il ministro degli Interni, Lotfi Ben Jeddou, è rimasto al suo posto nonostante non fosse particolarmente gradito alle opposizioni. Un ostacolo è stato superato, ma il lavoro difficile non è certo terminato, Mehdi Jomaa ha sottolineato che “le elezioni sono la prima priorità” ma la legge elettorale deve ancora essere approvata dal Parlamento. Sullo sfondo, a preoccupare resta la situazione economica molto difficile, con una crescita al palo e un alto tasso di disoccupazione. Condizioni che rendono facile l’esplodere di violenze e proteste popolari.

28 Gennaio 2014  – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22920

UE: DEMONIZZARE, ESORCIZZARE e COMANDARE

Il buon candidato? Chi devolve ai legittimi depositari il potere usurpato dalla “commissione” di Bruxelles e dalla Banca Centrale Europea (BCE)
 
Tito Pulsinelli Alla fine l’essenziale è sapere chi è il nemico principale. Quali sono i mezzi più efficaci per impedire che il potere economico deglutisca anche il residuale potere politico. Come strappare spazi di manovra alle onnivore elitesuniversaliste? Il 14 maggio, l’oggetto del contendere è una istituzione devitalizzata, evirata di ogni potere reale sull’economia, moneta e difesa. Strasburgo è un teatro in cui le due ali del
 
neoliberismo -costrette dall’emergenza a dismettere la vetusta baruffa sceneggiata- si coalizzano per non precipitare nel vuoto.
 
Demonizzano il movimento reale in cui è sottesa un’idea-forza: chi ha il potere economico non può avere anche il potere politico. Oligarchie e lobbies segrete contro ceti medi e produttivi; funzionari in incognito di Goldman Sachs contro dirigenti scaturiti e legittimati dalla sovranità popolare. “Commissari” di Bruxelles e plenipotenziari di Francoforte versus dirigenza leale ai Paesi che compongono l’Europa storica e millenaria. Non quella fuoriuscita dalla provetta di Maastricht con la formula esoterica che riduce il governare a 5 macro-indicatori economici.
 
Esorcizzano rispolverando vetusti fantasmi populisticon il ricatto filisteo della reductio ad hitlerorum di chiunque resista rimanendo al di fuori dei recinti politici. Beceri artifici propagandistici che chiamano alla resa o alla passività verso la dittatura finanziaria. Inutile e dozzinale interfenza, poichè il neoliberismo è già identificato come il -prendiamo in prestito un manicheismo a loro caro- “male assoluto” del tempo presente.
 
Per il 14 maggio, la posta gioco ha un valore simbolico di importanza strategica: chiudere un ciclo di arrogante onnipotenza, iniziare il recupero parziale dell’iniziativa nazionale e popolare. Semplicemente, l’Europa non sarà una SpA delle elites. Urgenza di un cuneo per la discontinuità che allarghi la crepa nella muraglia del neoassolutismo.
 
Per riaprire la prospettiva in cui le maggioranze non saranno più le vittime sacrificate all’economia, prefabbricata alla misura del 2% dei viventi. Ritorno alla sovranità popolare per accumulare forza sufficiente per esercitare un potere di veto de factoContro parlamenti ridotti alla ratificazione automatica di ognieditto emanato dalla troika.
 
I buoni candidati? Quelli favorevoli a devolvere ai naturali ed originari depositari idiritti e il potere usurpato e concentrato dalla “commissione” di Bruxelles e dalla Banca Centrale Europea (BCE), complici del FMI.
 
Nessun progetto di cambio sociale, radicale o no, è realizzabile se è svincolato dalla dimensione geografica e temporale, Il neoliberismo insiste nella predicazione di un messianismo che -come la religione o la filosofia- sarebbevalido in ogni tempo e luogo. E’ diagnosi, farmaco e terapia delle patologie che autoproduce.
 
L’euro e UE sono stati sviliti al rango di un labirinto che si pretende comel’infernoprivo di via d’uscita. Il punto di partenza è il recupero del potere politicoe controllo dell’avamposto parlamentare. Senza questa trincea e la sintonia con la forza centrifuga dei movimenti esterni, non si consolida alcuna capacità difensivacontro le elites. Non quelle interne, ancor meno contro struttura reale del potere globale.
 
La lezione che proviene da chi ha ottenuto vari risultati positivi contro il neoliberismo, è che le depredazioni furono frenate da grandi movimenti popolari, trasversali che -dal basso di ogni nazione, assunta come principale terreno dello scontro- raggiunsero un primo e prezioso potere di veto. Materializzato nellacaduta in serie di governi-FMI, fino alla successiva conquista del potere politico, attraverso ampie alleanze politiche e sociali anti-liberiste.
 
Con la cofluenza degli indios, senza-casa, senza-terra, senza-lavoro, del settore commerciale vittima dell’apertura indiscriminata dei mercati e frontiere, e dei piccoli e medi produttori distrutti dalle multinazionali. Tutti questi, non disconobbero e accolsero i nuovi attori e le figure prodotte dalla decomposizioneliberista.
 
Voti e piazza. In Venezuela, Brasile, Argentina, Ecuador, Uruguay, Bolivia, Nicaragua, in Ungheria, l’immediata e inmancabile destabilizzazione fomentata da tutti gli altri poteri (banca interna e internazionale, latifondi mediatici, multinazionali, militari, conferenze episcopali e ONG) cozza contro la piazza mobilitata. Il ribaltamento illecito dei processi antiliberisti fallisce perchè i difensori della sovranità e i beneficiari dell’equità difendono interessi concreti.
 
 Consapevoli che l’inversione di tendenza e i benefici ricevuti scaturiscono dal blocco del finanziamento ai banchieri, dal sostegno ai consumi e produzione interna e dalla riattivazione delle politiche sociali azzerate dai regimi post-democratici.
 
L’implicazione immediata è la maturazione di superiori livelli di unione e di armi concettuali quali sovranità, equità, etica, solidarietà, redistribuzione. Da contrapporre al darwinismo e atomizzazione sociale imposte dall’oligarchiasovranazionale. La nazione non è mercato, il cittadino è ben altro che un consumatore. Progresso e “crescita” del Pil sono inconciliabili, il lavoro ha priorità assoluta sul capitale. La memoria storica e l’identità sono un baluardo contro l’iper-individualismo e gli antivalori propagati come un Alzheimer culturale dai nuovi mercanti del tempio.

Siria, fu False Flag.

Noi blogger lo avevamo capito subito, e a suo tempo ne avevamo parlato ampiamente, ma si sa noi siamo pazzi e paranoici mentre i giornali che credevano acriticamente all’attacco siriano con armi chimiche e soffiavano sulla guerra erano quelli sani di mente.
 
Questi giornalisti professionisti non erano in grado di farsi una semplicissima domanda: cui prodest?
 
Sono ben presto emersi i primi dati che smentivano il film trasmesso dai TG
 
Sulla carta stampata ci sono state poche eccezioni che a suo tempo avevo ritenuto giusto evidenziare:
 
Ci sono state le dichiarazioni di Carla Del Ponte
 
Quelle degli stessi ribelli
 
La testimonianza di Pierre Piccinin
 
L’incapacità di trarre conclusioni logiche (sull’autore della strage) sulla base dei dati in nostro possesso è stata ben spiegata in questo articolo:
 
Si è stati a un passo dalla guerra, lo abbiamo già dimenticato?
 
Con buona pace dell’opinione del “popolo sovrano”
 
… e altri che non sto a riprendere.
 
Ora grazie a questo articolo di Giulietto Chiesa sul Fatto Quotidiano
 
veniamo a sapere che c’è un report del  Massachusetts Institute of Technology
che dimostra che la versione ufficiale viola le leggi della fisica, quindi è falsa.
 
Leggi qui il report:
 
Giulietto Chiesa fa giustamente notare nel suo articolo:
<<Adesso dovrebbero essere obbligati a smentire, ma non smentiscono>>
Eh già. Proprio quelli che tu compri in edicola.
 
L’avevo già detto, ma lo ripeto: un pacifista <<mainstream>> è un controsenso!!!

Una Valle per un’Italia pulita!

http://www.tgvallesusa.it/?p=5069

Mentre il Procuratore Maddalena parla con il linguaggio della casta e promette di mentenere l’aggressione giudiziaria ai valsusini, l’Assemblea popolare di venerdi compatta la Valle,  rilancia la resistenza e respinge al mittente le accuse di terrorismo .Con un occhio alle elezioni amministrative di Maggio.

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Voi siete i ladri, noi siamo quelli che combattono per un’Italia migliore! Cosi Sandro Plano, ancora nelle vesti di Presidente di una Comunità Montana smobilitata, si rivolge ai partiti e alla lobby del Tav  anticipando le risposte agli impaludati Procuratori all’inaugurazione dell’anno giudiziario. In un Polivalente di Bussoleno affollatissimo, venerdi sera si è rinforzata l’unità tra Comitati e amministratori e questo è il primo dato nuovo della situazione in Valle. Cosa c’è stato di diverso e in più delle altre volte?

(foto di Luca Perino)

LA SOLIDARIETA’. C’è stato che di fronte all’attacco giudiziario con le imputazioni di terrorismo sono cadute tante remore dei sindaci sulla solidarietà, anche di fronte a forme di lotta che forzano la legalità: “Siamo tutti responsabili!” dice Plano alla folla, e persino il pacifico Patrizio, sindaco di Avigliana non trattiene la rabbia: “Abbiamo contro un intero sistema…L’obiettivo nostro deve essere di rompere tutti i piani” di chi vuole l’opera. E tutti si dicono disponibili alle iniziative di lotta contro i nuovi cantieri, con e senza fascia.

La sentenza contro Vair, Perino e Bellone è “un attentato alla democrazia!” che richiede un impegno di tutti per raccogliere in fretta la somma necessaria.

E’ chiaro a tutti che il rifiuto di ridiscutere il progetto sta a significare che è solo più la ragion di Stato che spinge avanti il Tav. Quindi è sempre  vivo anche il No alle compensazioni.

L’accusa di terrorismo viene unanimemente ribaltata su chi manovra le campagne mediatiche e quelle giudiziarieè terrorismo di Stato quello che si accanisce contro i valsusini con la violenza militare, giudiziaria e mediatica per favorire lo sperpero di denaro pubblico, la speculazione e la devastazione del territorio.

NUOVI SOGGETTI  E ELEZIONI. C’è l’iniziativa autonoma dei sindaci perun’associazione dei sindaci della Valle se dovesse fallire il progetto di Società dei Comuni richiesto dalle nuove leggi  e c’è l’appello di tutti, sindaci e forze politiche presenti (5 Stelle e  Rifondazione Comunista) a serrare le fila per le scadenze elettorali che aspettano la Valle: il 25 Maggio devono vincere tutti i candidati No Tav su un programma di cambiamento del modello di sviluppo e di gestione dei beni pubblici, soprattutto nei comuni governati ora da maggioranze compiacenti, che svendono 20 anni di lotta al Tav per una rotonda, uno svincolo, una stazione: Susa, S. Antonino, Almese, Condove e Chiomonte. Vincere dappertutto in Val Susa mettendo da parte divergenze personali e sigle è l’indicazione politica condivisa.

Un’assemblea dunque ricca di contenuti politici che vede la Valle proporsi al Paese come punta di diamante dell’opposizione popolare e trova lo spazio anche per attaccare a tutto campo la legge elettorale di Renzi. L’assalto mediatico sul terrorismo, per quello che riguarda la Valle, è fallito, respinto e rinviato al mittente. Allo stesso tempo è ribadita la solidarietà a tutto campo con gli arrestati e i condannati, ed è confermato l’impegno a rinnovare la resistenza sia sul piano istituzionale che sul terreno con la giornata del 22 Febbraio. Non ci sono anarchici, terroristi, esterni: è un’unica comunità in lotta contro un sistema di potere corrotto che non riesce a dare prospettive credibili di cambiamento. C’èuna nuova unità su basi più avanzate e su presupposti ben chiari che sembra dare già i suoi frutti a 24 ore di distanza con l’avvicinamento delle posizioni delle varie componenti a Susa per una lista unica. C’è insomma una forza che, pur subendo colpi senza precedenti, si può permettere di rilanciare l’iniziativa, di stabilire alleanze e di sottoporre al Paese proposte politiche. C’è da stupirsi se vogliono annientarla?

Rimborsopoli, scavate nel centrosinistra

nnnoooooo….la sinistra ruba?????? ma che eresia….e la magistratura guarda solo da una parte, per giunta arrivando a definire alcuni cittadini terroristi????

Pubblicato Lunedì 27 Gennaio 2014, ore 16,49
 
Un esposto di tre cittadini (pare su suggerimento del centrodestra) si oppone alla richiesta di archiviazione degli esponenti di Pd e alleati. L’avvocato Vecchio: “L’elettore può agire sostituendosi agli enti pubblici”. Contestato il principio del favor rei – LEGGI L’ATTO
 
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Su Rimborsopoli ci sono stati due pesi e due misure. Il teorema più volte enunciato dal governatore Roberto Cota, tra gli indagati dell’inchiesta sull’utilizzo dei fondi dei gruppi regionali – è alla base di un esposto promosso da tre privati, assistititi dall’avvocatoMaurizio Vecchio, in cui si chiede di riaprire le indagini sui consiglieri di centrosinistra, tutti avviati verso l’archiviazione, con la sola eccezione di Andrea Stara, eletto nella lista di Insieme per Bresso e oggi iscritto al Pd, sul quale gli inquirenti hanno chiesto un supplemento di indagine, dell’esponente dei Moderati Michele Dell’Utri e dei tre eletti nell’Idv Andrea Buquicchio, Luigi Cursio e Tullio Ponso.
L’iniziativa prende spunto da un decreto legislativo del 2000 che «consente al cittadino elettore – spiega l’avvocato Vecchio – di agire in sostituzione del Comune e della Provincia per tutte quelle azioni che questi Enti, per loro inattività, non propongono». Inoltre, secondo l’atto di opposizione depositato oggi «le premesse alla richiesta di archiviazione, prima ancora che gli elementi di indagine riferibili a ciascuno degli indagati, muovono da una considerazione, in tema di dolo, non condivisibile ma soprattutto “insufficiente”». Si contesta il “metro” di valutazione – precisa il legale – adottato dalla Procura per valutare la responsabilità dei singoli Consiglieri» perché «introdurre il principio di “buona fede” in una tale vicenda – conclude – è quanto meno non condivisibile da un punto di vista giuridico».
I ricorrenti sono Filippo FerraroPietro Ricca e Giorgio Rizzato, quest’ultimo dirigente sindacale dell’Ugl, e c’è chi sarebbe pronto a giurare che l’imbeccata sarebbe giunta loro proprio da qualcuno dei malcapitati consiglieri di centrodestra rinviati a
 
giudizio. Si legge nell’esposto formulato dall’avvocato Vecchio(foto): “Essi hanno piena legittimazione a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione. L’assunto trova fondamento nella obiettiva situazione venutasi a creare nel procedimento de quo in alcuni precisi riferimenti normativi che disciplinano la c.d. “azione popolare” del cittadino che ha facoltà di surrogarsi all’inerzia della Pubblica amministrazione. Vi è innanzitutto una obiettiva situazione di inerzia della Regione Piemonte determinata dall’evidente posizione conflittuale dei consiglieri (sia di maggioranza che di minoranza) che impedisce al soggetto legittimato di esprimere le corrette valutazioni in ordine alle azioni che direttamente spetterebbero a tale Ente: l’eventuale opposizione alla richiesta di archiviazione e l’eventuale costituzione di parte civile nei confronti degli imputati”.
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Nell’atto il legale contesta il principio del favor rei, adottato dai giudici inquirenti. “Il mancato rispetto della norma e la sua palese violazione – si legge – avrebbero dovuto, sul versante dell’emento soggettivo, richiedere una specifica valutazione di stretta inerenza all’attività politica del Gruppo Consiliare e nemmeno del singolo consigliere. Sono infatti i singoli consiglieri – quali membri del Gruppo Consiliare  – ad aver disatteso, violandola, la norma dell’art. 4 (quella in cui si stabiliscono le modalità di utilizzo di tali fondi ndr)”. Insomma, indipendentemente dal beneficio che ne abbiano tratto, che si parli di un euro o di molto di più, i consiglieri sono tenuti a conoscere le leggi che loro stessi (o chi li ha preceduti) hanno votato. Di conseguenza “le premesse alla richiesta di archiviazione […] muovono da una considerazione, in tema di dolo, non condivisibile ma soprattutto “insufficiente”.

SE CI RUBANO ANCHE LE POSTE, SERVIZIO PUBBLICO UNIVERSALE

25/01/2014
  
Dopo aver versato, per non più di un minuto, lacrime di coccodrillo sui dati della disuguaglianza sociale nel pianeta, forniti dal rapporto della ong Oxfam – le 85 persone più ricche del mondo detengono una ricchezza equivalente a quella di 3,5 miliardi di persone; l’1% del pianeta possiede il 50% della ricchezza mondiale – il ministro Saccomanni, presente all’annuale Forum di Davos, è passato alle cose serie e, in un incontro con i grandi investitori stranieri, ha annunciato l’avvio dell’ennesimo piano di privatizzazioni, con in testa le Poste Italiane. Senza senso del ridicolo, è riuscito a dire che l’operazione, che prevede, per ora, la messa sul mercato del 40% del capitale sociale di Poste, comporterà un’entrata di almeno 4 miliardi da destinare alla riduzione del debito pubblico.
Anche ai più sprovveduti credo risulti chiara l’inversione del contesto: Saccomanni dice di voler privatizzare le Poste per ridurre il debito pubblico, mentre è evidente come il debito pubblico sia solo l’alibi – lo shock teorizzato da Milton Friedman – per permettere la privatizzazione di un servizio pubblico universale. Bastano due semplici operazioni di matematica: la vendita del 40% di Poste Italiane porterebbe il debito pubblico da 2.068 a 2.064 miliardi, con un entrata una tantum non riproducibile, e nel contempo eliminerebbe un’entrata annuale stabile di almeno 400 milioni/anno (essendo l’utile di Poste Italiane pari a 1 miliardo). Ma, ovviamente, non c’è dato che conti quando l’obiettivo è quello di dichiarare una vera e propria guerra alla società, attraverso la progressiva spoliazione di diritti, beni comuni, servizi pubblici e democrazia, all’unico scopo di favorire l’espansione dei mercati finanziari. E, d’altronde, la messa sul mercato del 40% di Poste è la naturale prosecuzione di un processo di trasformazione del servizio, in corso già da quando l’azienda dello Stato è diventata una SpA: da allora abbiamo assistito a più riprese – tutte avvallate dagli accordi sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil di categoria – al progressivo smantellamento del servizio postale universale, con relativo attacco alle sue prerogative di uniformità di servizio su tutto il territorio nazionale, di tariffe contenute e di soddisfacente qualità del recapito. Ciò che si vuole perseguire, con la definitiva privatizzazione, è lo smantellamento della funzione sociale di Poste Italiane, attraverso la separazione di Banco Posta dal servizio di recapito, trasformando il primo – già oggi ricettacolo di molteplici attività finanziarie – in una vera e propria banca e mettendo sul mercato il secondo.
Con la naturale conseguenza che i servizi postali saranno garantiti da una miriade di soggetti privati, solo laddove adeguatamente remunerativi (grandi città e grandi utenti) e smantellati, o a carico della collettività con aumento incontrollato dei costi, in ogni territorio dove il rapporto servizio/redditività non sarà considerato adeguato. Senza contare il fatto che, con questa operazione, anche tutta la funzione di raccolta del risparmio dei cittadini, oggi svolta dagli oltre 13.000 uffici postali, che convogliano il denaro raccolto a Cassa Depositi e Prestiti, verrebbe messa a rischio o profondamente trasformata. Stiamo già sentendo le consuete sirene ideologiche di accompagnamento: la vendita del 40% non intaccherà il controllo pubblico, mentre nel capitale sociale verranno coinvolti i lavoratori e i cittadini risparmiatori, in una sorta di azionariato popolare e democratico.
 
Credo che tre decenni di privatizzazioni abbiano già fornito gli elementi per confutare entrambe le tesi: l’entrata dei privati nel capitale sociale di un’azienda pubblica ha sempre e inevitabilmente comportato la trasformazione della parte pubblica in soggetto finalizzato all’unico obiettivo del profitto; l’azionariato diffuso tra lavoratori e cittadini, aldilà delle favole sulla democrazia economica, è sempre servito a immettere denaro nell’azienda, permettendo agli azionisti maggiori – i poteri forti – di poterla possedere senza fare nemmeno lo sforzo di doverla comprare. Ogni smantellamento di un servizio pubblico universale consegna tutte e tutti noi all’orizzonte della solitudine competitiva: ciascuno da solo sul mercato in diretta competizione con l’altro. Opporsi alle privatizzazioni, oltre a fermare i processi di finanziarizzazione della società, consente di riaprire lo spazio pubblico dei beni comuni e di un altro modello sociale. Perché il futuro è una cosa troppo seria per affidarlo agli indici di Borsa.
Marco Bersani, “Il postino smetterà di suonare?”, da “Comunitaria” del 24 gennaio 2014 (tramite libreidee.org)

IL VENERABILE MARIO DRAGHI MUOVE CON LUCIFERINA SAPIENZA LE PEDINE LETTA E RENZI

e mica vorrete dar la colpa alle banche? E’ l’evasione…
Il frastuono dei media serve solo a deviare l’attenzione dei cittadini dalle questioni vere che condannano l’Italia e l’Europa ad un lungo e doloroso declino. Paradossalmente, se non esistessero i mezzi di informazione, i cittadini avrebbero modo di capirne di più sulle cause e i dissimulati obiettivi perseguiti da una oligarchia infame fautrice dell’involutivo processo storico attualmente in atto. Invece, inebetiti da questioni futili, analisi sciatte e questioni di contorno, il popolo finisce giocoforza con il perdere di vista il cuore del problema.
Domanda: perché un numero crescente di europei affolla le file della Caritas? C’è stata forse una grave carestia? La grandine ha distrutto il raccolto? Siamo in presenza di una nuova glaciazione? Insomma, l’umanità è contingentemente vittima di fenomeni naturali avversi contro i quali non è possibile resistere? No, niente di tutto questo. E quindi? Di chi è la colpa? Dell’Uomo, evidentemente. A questo punto sarebbe il caso anche di precisare meglio la categoria umana responsabile di cotanto sfacelo. Che dite, la recessione può essere imputata agli operatori ecologici? Alle colf? Ai tranvieri? Ai maestri elementari? Alle commesse dei grandi magazzini? Ai disoccupati? Ai cassintegrati? Agli esodati? Difficile sostenerlo. Tutti i gruppi appena enunciati non posseggono alcun potere decisionale in grado di condizionare il corso degli eventi. Allora, se diamo per assodato che la colpa è degli uomini e, più nel dettaglio, di quelli che controllano le leve del potere, non rimane che prendersela con i politici. Ora sappiamo che Letta, Alfano, Napolitano e compagnia sono certamente parte del problema. A questo punto chiediamoci: il potere politico si autoalimenta o è eterodiretto da poteri riservati, elitari ed antidemocratici? Anche in questo caso la risposta non è difficile. Come è evidente pure ai ciechi, alcune strutture burocratiche e tecnocratiche di matrice sovranazionale hanno già di fatto commissariato i legittimi rappresentanti politici periodicamente eletti con metodo democratico. Il Parlamento italiano, prima di approvare qualsiasi legge in materia economica e finanziaria, deve assicurarsi la benevolenza dei variDraghi, Olli Rehn e Lagarde.

Quale forza attribuisce a tali signori un potere sulle nazioni così vasto, smisurato e irresponsabile? La risposta è la “massoneria“, creatrice della modernità, momentaneamente ostaggio di una componente contro-iniziatica che ne offende la storia e il prestigio. E ancora: attraverso il controllo di quali gangli vitali la massoneria reazionaria oggi prevalente si assicura a cascata il mantenimento di una supervisione generali sui fenomeni globali? In primis di quelli finanziari e mediatici, che, a loro volta, creano e distruggono le singole carriere politiche dei diversi maggiordomi occasionalmente assoldati per il bene della causa. Provate ad esempio a mettere in fila i nomi dei ministri dell’Economia succedutisi in Italia nel corso della seconda Repubblica. Vi accorgerete che si tratta di figure quasi sempre allevate all’interno di quelle grandi banche d’affari ad alto contenuto massonico, bravissime ad inseguire interessi privati dopo avere sapientemente cooptato figure che rivestono incarichi pubblici. In alcuni casi, leggi Monti o Saccomanni, i massoni reazionari giocano a viso scoperto. In altri, vedi Letta eRenzi, preferiscono invece comandare dietro le quinte, al riparo delle sagome dei soliti provvidenziali burattini. Come egregiamente spiegato dai massoni di Grande Oriente Democratico (clicca per leggere),Letta e Renzi si contendono il potere locale pur essendo entrambi proni ai desiderata degli stessi mondi occulti. Il Venerabilissimo Maestro Mario Draghi, ben spalleggiato da un uomo assetato di potere comeGiorgio Napolitano, è oggi il vero dominus della politica italiana. Pur di portare a termine la sua missione di morte, che prevede il definitivo abbattimento della nostra civiltà, Mario Draghi si avvale dei servigi di personaggi infidi, subalterni e senza scrupoli, pronti cioè a farsi carico dell’inevitabile impopolarità a patto di garantirsi futuri riconoscimenti in termini di denaro e potere. Per dirla in maniera ancora più semplificata, Letta e Renzi sono come due odalische che si beccano nella speranza di divenire le favorite dell’ImperatoreMario Draghi. Il gioco delle parti tra il Rottamatore e il nipotino di Gianni Letta in versione punch-ball è gradito e incoraggiato dai padroni nella misura in cui le politiche di austerità, indispensabili per seminare ulteriore povertà e miseria, non vengano messe seriamente in discussione da nessuno dei contendenti. Letta può quindi tranquillamente governare al fine di perseguire il doloso peggioramento del quadro economico. Renzi potrà continuare a recitare tatticamente il suo controcanto per non disperdere un consenso popolare necessario per varcare in prospettiva la soglia di Palazzo Chigi garantendo così la prosecuzione di un indirizzo politico assassino e disumano. Il tutto sotto la regia vigile del vero garante dell’Olocausto italiano: Giorgio Napolitano il Rieletto. Quindi amici miei, mentre state lì a trastullarvi con ilPorcellum, il Maialinum e l’Asinellum, sappiate che all’interno dei templi più esclusivi si lavora per il vostro totale annientamento. Letta, una volta finita la sua macabra missione, verrà ricompensato con un ruolo di prestigio in ambito Ue. Renzi, sotto la supervisone dell’uomo McKinsey Yoram Gutgeld, prenderà il posto di Enrichetto per completarne la scellerata opera. Mentre Napolitano, tra un monito e un mojito, resterà abbarbicato sul Colle per l’intero secondo settennato dicendo ogni giorno che non vede l’ora di andarsene. Alla fine della fiera non rimarrà pietra su pietra. E tutti gli asini oggi intenti a parlare di Bunga Bunga,sprechi, Job Act e altre simili amenità, affogheranno lentamente e inconsapevolmente sotto lo sguardo tetro e compiaciuto del più sottile demone che paralizza il nostro tempo: ovvero il potentissimo massonecontro-iniziato Mario Draghi. Francesco Maria Toscano Fonte:http://www.ilmoralista.it/2014/01/21/il-venerabile-mario-draghi-muove-con-luciferina-sapienza-le-pedine-letta-e-renzi/