Gli USA si stanno preparando alla “pioggia radioattiva”

20 gennaio 2014

Dopo aver appreso che Il “Department of Health and Human Services” ha ordinato 14 milioni di dosi di ioduro di potassio da consegnare entro e non oltre il primo di febbraio, è facile prevedere che lo stesso governo federale si senta responsabile per aver permesso, senza commentare, che fossero superati i limiti radioattivi consentiti nei cibi e per aver disattivato i principali punti di controllo sulle radiazioni nucleari nella costa ovest.

In questo modo, ora ci si può preparare, nel più assoluto riserbo, per una futura fissione nucleare degli impianti di Fukushima.

Lo stesso tipo di fusione nucleare avvenuto a Fukushima  è stato immaginato da eminenti scienziati, come quelli che, pochi mesi fa, hanno parlato denunciando i potenziali pericoli di Fukushima, durante il simposio scientifico tenutosi presso l’Università di Alberta. Scienziati come David Suzuki sono entrati nel merito  ed hanno affermato che Fukushima è stata solo un terremoto devastante per il Giappone ma che con la eventuale ricaduta delle sue radioazioni potrà distruggere anche altre nazioni.

Durante la conferenza, Suzuki ha detto : «Ho visto un articolo che dice che se il quarto impianto dovesse essere soggetto ad un terremoto, e quella zona è molto esposta, dovremmo non solo “dire bye bye al Giappone” ma “tutti gli abitanti della costa occidentale” del Nord America dovrebbero evacuare.»

E Suzuki non è l’unico che si preoccupa tanto, anche se Suzuki è forse uno dei pochi che ottiene l’attenzione dei media per il suo status  e per la sua notorietà dovuta ai suoi sedici importanti  riconoscimenti accademici e per essere il conduttore del popolare programma della CBC-TV, intitolato “The Nature of Things”.

Il Professor Charles Perrow, della Yale University,  ha espresso preoccupazioni simili in un articolo intitolato eloquentemente “Fukushima Forever”, che mette in evidenza la gravissima minaccia di una catastrofe nucleare a causa di un errore umano, quando si tratta di rimuovere dalla centrale barre di combustibile esausto.

Un pericolo che di certo il governo degli USA riconosce come legittimo sulla base dell’analisi dei massimi esperti e che, senza dubbio, sta silenziosamente preparandosi ad affrontare da dietro le quinte .

Perrow scrive:

“E’ molto grave il pericolo che le barre di combustibile esausto che si trovano nella parte superiore della Centrale Nucleare Numero quattro, si spacchino sia per una tempesta o per un terremoto, ma anche  in un tentativo fallito di rimuovere con attenzione ciascuna delle 1.535 barre per metterle al sicuro immagazzinandole nella piscina a 50 metri di distanza. Le condizioni della piscina dell’impianto Nr. 4, che si trova a 100 metri da terra, sono pericolose e, se due qualsiasi delle barre dovessero toccarsi, potrebbero causare reazioni nucleari incontrollabili. La radiazione che possono emettere  tutte queste barre, se non mantenute  sempre fredde e separate, richiederebbero l’evacuazione delle zone circostanti, compresa Tokyo. Proprio per l’emanazione di queste radiazione  6.375 barre che sono conservate nella piscina non hanno potuto essere raffreddate  in continuazione,se per questo motivo si realizzasse una  fissione nucleare, tutta l’umanità sarebbe minacciata per migliaia di anni”.

E, in sordina, il “Department of Health and Human Services” USA sta stoccando enormi quantità di iodio, per prepararsi ad un evento di questo genere.  Proprio stamattina, una fonte governativa mi ha detto che questo acquisto è davvero curioso sia per la quantità (14 milioni di dosi ) che per i tempi di consegna (entro il 1° febbraio), e va da sé intendere, per le esperienze del passato, che quando ci si trova di fronte ad un mega-acquisto-pubblico, del quale non si vede nessuna vera urgenza e nessun pericolo, ci si sta preparado a qualcosa di eccezionale.

La verità è che anche farsi una piccola scorta di ioduro di potassio di bassa di qualità sta diventando difficile perché nella popolazione si sta diffondendo la voce sulla pericolosità dell’espansione dei danni di Fukushima anche ad altre zone del pianeta. Molti produttori già stanno accumulando iodio greggio e lo trattano come una forma di investimento, con la consapevolezza che il fenomeno di Fukushima può benissimo scoppiare nei prossimi mesi. Per questo motivo, è stato difficile riuscire a brevettare la nuova formula dello iodio, che ha permesso a molti nel settore della produzione di aver cominciato a riempire i propri magazzini già da un bel po’ di tempo.

Articolo scritto da DI ANTONY GUCCIARDI thetruthseeker.co.uk

Nota biografica.
Anthony Gucciardi è editor e fondatore del sito web di notizie alternative “www.Storyleak.com” , e ha fondato anche “www.NaturalSociety.com”, il terzo sito web nel suo campo del mondo. E’ anche una personalità dei media e analista apprezzato da emittenti radio e televisive , tra cui Drudge Report, Michael Savage’s Savage Nation, Coast to Coast AM, and RT.
http://www.nocensura.com/2014/01/gli-usa-si-stanno-preparando-alla.html

Il casinò della finanza

Nel dopoguerra la dimensione della finanza negli Usa era pari a circa il 15 per cento del Pil. Nel 1975 era ancora il 17 per cento. Alla fine degli anni ’80 si era arrivati al 35 per cento, dieci anni dopo al 150 per cento. Nel 2006, alla vigilia dello scoppio della bolla dei mutui subprime, la finanza aveva superato il 350 per cento del Pil statunitense. I soldi che circolavano nella sola Borsa di New York erano oltre tre volte e mezza la ricchezza prodotta in un anno dall’economia a stelle e strisce.
Oggi una singola banca privata detiene derivati, gli strumenti principe della speculazione finanziaria, per un controvalore di circa 78.000 miliardi di dollari, una cifra superiore al Pil dell’intero pianeta. Tramite tali strumenti è possibile persino scommettere sui prezzi del cibo, andando di fatto a guadagnare sulla fame dei più poveri.
Sono sono alcuni esempi per illustrare come la finanza abbia totalmente perso di vista il proprio ruolo di strumento al servizio dell’economia e della società per trasformarsi in un fine in sé stesso per fare soldi dai soldi nel più breve tempo possibile. Un sistema responsabile dell’attuale crisi, il cui costo è però scaricato sui cittadini e sulle fasce più deboli della popolazione, in termini di maggiore disoccupazione, perdita di diritti dati per acquisiti, piani di austerità che vanno a colpire la spesa sociale e i servizi essenziali.
Al di là dei disastri provocati, parliamo di un settore che ha raggiunto una dimensione pari a decine di volte l’economia reale, mentre fasce sempre più ampie della popolazione sono escluse dai servizi finanziari e dall’accesso al credito. In altre parole un sistema incredibilmente inefficiente, in quanto necessità di enormi risorse per portare a termine il proprio compito, e altrettante inefficace, in quanto non riesce nemmeno a realizzare tale compito in maniera accettabile.
Per questo è necessario un radicale cambiamento di rotta, agendo secondo due direzioni. Da un lato introdurre regole e vincoli per chiudere una volta per tutte questo gigantesco casinò: una tassa sulle transazioni finanziarie, dei limiti all’utilizzo dei derivati, una seria lotta contro i paradisi fiscali e via discorrendo. In ognuno di questi ambiti sappiamo cosa andrebbe fatto. Le difficoltà non sono tanto di natura tecnica quanto nella volontà politica di agire per controllare, e non per compiacere, i mercati finanziari.
di Andrea Baranes – http://comune-info.net/
link all’articolo completo: http://comune-info.net/2014/01/chiudiamo-il-casino/
Tratto da: http://systemfailureb.altervista.org

Al-Qaeda, il killer pagato della Nato: scandalo in Turchia

ESTERI, NEWSlunedì, 20, gennaio, 2014

 Il “banchiere” di Al-Qaeda, Yasin al-Qadi, ricercato dagli Stati Uniti dopo gli attentati contro le loro ambasciate in Kenya e Tanzania del 1998, era un amico personale sia dell’ex vicepresidente Usa Dick Cheney sia dell’attuale primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, che ha visitato almeno quattro volte nel 2012 facendo scalo a Istanbul dove – grazie alle telecamere oscurate – ha aggirato i controlli doganali, sotto la protezione degli agenti sicurezza turchi.

Secondo la polizia e i magistrati turchi che hanno rivelato queste informazioni e incarcerato i collaboratori di svariati ministri coinvolti nel caso, il 17 dicembre 2013 – prima di essere spogliati delle indagini o sollevati dal loro incarico dal primo ministro – Yasin al-Qadi e Erdogan avevano sviluppato un vasto sistema di distrazione di fondi per finanziare Al-Qaeda in Siria, racconta Thierry Meyssan, secondo cui lo scandalo che sta scutendo la Turchia rivela che Al-Qaeda, in realtà, «ha sempre combattuto gli stessi nemici dell’Alleanza Atlantica», fin dalla sua nascita nel 1979 come struttura di guerriglia contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan.
Nel momento in cui questo incredibile doppio gioco veniva portato alla luce ad Ankara, continua Meyssan in un post tradotto da “Megachip”, la polizia turca ha fermato vicino al confine siriano un camion che trasportava armi per Al-Qaeda. «Delle tre persone arrestate, una dichiarava di trasportare il carico per conto della Ihh, l’associazione “umanitaria” dei Fratelli Musulmani turchi, mentre un’altra affermava di essere un agente segreto turco in missione».

In definitiva, il governo ha ostacolato la giustizia, confermando che «il trasporto era un’operazione segreta del Mit (i servizi segreti turchi)», e ha ordinato che il camion e il suo carico potessero riprendere il loro cammino. L’inchiesta mostra anche che il finanziamento turco di Al-Qaeda usava un’industria iraniana, sia per agire sotto copertura in Siria sia per condurre operazioni terroristiche in Iran. «La Nato disponeva già di complicità a Teheran durante l’operazione “Iran-Contras” presso i circoli vicini all’ex presidente Rafsanjani, come lo sceicco Rohani, divenuto poi l’attuale presidente».
Questi fatti, aggiunge Meyssan, sono intervenuti nel momento in cui l’opposizione politica siriana in esilio lancia una nuova teoria alla vigilia della Conferenza di Ginevra: le milizie qaediste che hanno seminato strage in Siria sarebbero creature dei servizi di Assad, incaricate di terrorizzare la popolazione per indurla ad accettare la protezione del regime. «Saremmo dinque pregati di dimenticare tutto il bene che la stessa opposizione in esilio diceva di Al-Qaeda da tre anni, così come il silenzio degli Stati membri della Nato sulla diffusione del terrorismo in Siria». Pertanto, se si può ammettere che la maggior parte dei leader dell’Alleanza atlantica ignorasse del tutto il Erdogan e al-Qadi, il banchiere di Bin Ladensostegno della loro organizzazione al terrorismo internazionale, per Meyssan «si dovrà anche ammettere che la Nato è il principale responsabile mondiale del terrorismo».
Finora, le autorità Nato hanno sostenuto che il movimento jihadista internazionale, da esse sostenuto in occasione della sua formazione durante la guerra in Afghanistan contro i sovietici, si sarebbe ritorto contro di loro dopo la liberazione del Kuwait nel 1991.

Gli Stati Uniti accusano Al-Qaeda di aver attaccato le ambasciate Usa in Kenya e in Somalia nel 1998 e di aver fomentato gli attentati dell’11 settembre 2001 a New York, ma ammettono che dopo la morte “ufficiale” di Osama Bin Laden, nel 2011, «certi elementi jihadisti hanno nuovamente collaborato con loro in Libia e in Siria».

Tuttavia, Washington avrebbe messo fine a questo riavvicinamento tattico nel dicembre 2012. «In realtà, questa versione è contraddetta dai fatti», sottolinea Meyssan, perché Al-Qaeda ha sempre combattuto dalla parte della Nato, come ora viene confermato anche dallo scandalo turco. libreidee
http://www.imolaoggi.it/2014/01/20/al-qaeda-il-killer-pagato-della-nato-scandalo-in-turchia/

Napoli: peruviano accoltella la fidanzata italiana che voleva lasciarlo

la ragazza perdonerà se la sua violenza subita non sarà degna di importanza in quanto rea di avere la cittadinanza sbagliata e nella società civile c’ è una rigorosa scala dell’indignazione che varia a seconda di certi parametri, in nome dell’eguaglianza s’intende

CRONACA, NEWSlunedì, 20, gennaio, 2014
coltells20 gen. – Finisce nel sangue una lite tra fidanzati in albergo: una ventunenne napoletana, accoltellata alla gola ed alle braccia, nel cercare di difendersi, e’ ora ricoverata in gravi condizioni in ospedale. Il feritore, un peruviano di 22 anni residente in provincia di Milano, e’ stato arrestato dalla polizia e deve rispondere dell’accusa di tentato omicidio e detenzione abusiva di arma da taglio. La polizia ha accertato che le intenzioni del peruviano erano quelle di ammazzarla, avendo trovato alcune frasi, anche messe su internet, su quale fosse il suo proposito nei confronti della donna, che lo voleva lasciare. L’aggressione e’ avvenuta nel pomeriggio in un albergo di Frattamaggiore, nel Napoletano.
Joe Nilton Martel Conception, originario di Lima ma residente a San Donato Milanese, aveva convinto la ventunenne, di Frattaminore, a raggiungerlo in un albergo per discutere della loro relazione, in quanto lei aveva deciso di mettervi fine. Al termine di una accesa discussione, il peruviano ha afferrato un coltello ed ha piu’ volte colpito la donna: prima alla gola, ferendola gravemente, e poi alle braccia con le quali la giovane aveva tentato di difendersi dai numerosi fendenti. Le urla della ragazza hanno attirato l’attenzione di alcuni dipendenti dell’albergo che hanno immediatamente avvertito la polizia. Pochi minuti e gli agenti del commissariato di Frattamaggiore hanno raggiunto l’albergo: entrando nella camera dov’era segnalata l’aggressione, i poliziotti si sono imbattuti nello straniero che aveva tra le mani un coltello, sporco di sangue, mentre ovunque c’erano copiose macchie di sangue.
Soccorsa, la ventunenne e’ stata trasportata al pronto soccorso dell’ospedale a San Giovanni di Dio, dove e’ ricoverata in osservazione per le ferite subite: alla gola, alla mano sinistra ed all’avambraccio destro. Le sue condizioni sono ritenute serie ma non e’ in pericola di vita. Durante la perquisizione della stanza, gli agenti hanno rinvenuto e sequestrato materiale cartaceo e digitale sul quale il peruviano aveva annotato i suoi propositi omicidi. Arrestato, Joe Nilton Martel Conception e’ stato condotto nel carcere di Poggioreale. agi
http://www.imolaoggi.it/2014/01/20/napoli-peruviano-accoltella-la-fidanzata-italiana-che-voleva-lasciarlo/

Maxi-evasione di Angiola Armellini, 1.243 immobili ‘sconosciuti’ al fisco

ah allora se fisco vuole li becca i veri evasori invece di fare la cresta sui pensionat, disoccipati, cassintegrati con l’imu incalcolabile ed impagabile secondo le scadenze

CRONACA, NEWSmartedì, 21, gennaio, 2014

21 gen. – E’ Angiola Armellini l’imprenditrice denunciata alla procura di Roma assieme ad altre undici persone per associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale: secondo gli accertamenti svolti dal pm Paolo Ielo, sono riconducibili alla donna i 1243 immobili, quasi tutti nella Capitale e non dichiarati al fisco. Angiola Armellini e’ figlia di Renato, il ‘palazzinaro’ romano diventato celebre negli anni del ‘boom’ economico, stroncato da un malore nell’estate del ’93 mentre nuotava a pochi metri dalla riva all’Argentario.
A lei sono riconducibili 1.243 immobili ubicati prevalentemente nella capitale, sebbene intestati a varie societa’ estere. Ammontano invece a oltre 2,1 miliardi di euro le disponibilita’ patrimoniali all’estero (tra partecipazioni societarie e attivita’ finanziarie) non dichiarate al fisco a partire dal 2003. E’ inoltre di 190 milioni di euro, nello stesso periodo, l’evasione fiscale contestata. Questi i numeri dell’operazione “All Blacks”, diretta dalla Procura della Repubblica di Roma e svolta dai finanzieri del comando provinciale della Guardia di finanza della capitale, nei confronti di una imprenditrice romana, “figlia di un noto costruttore della citta’”, come ha precisato il generale Ivano Maccari, comandante provinciale della Gdf, durante una conferenza stampa in Campidoglio.
L’imprenditrice romana indagata risiede di fatto in un lussuoso appartamento (attico e superattico) nel centro di Roma, non classificato come abitazione civile. Dall’inizio degli anni Novanta aveva ideato un’articolata struttura societaria, riferibile a proprie persone di fiducia, per schermare l’effettiva disponibilita’ di ingenti capitali all’estero: Lussembugo, Svizzera, Nuova Zelanda, Jersey, Bahamas e Principato di Monaco dove aveva spostato, solo formalmente, la propria residenza nel 1999.
Le 1243 unita’ immobiliari a lei riconducibili sono costituite da tre alberghi e da appartamenti ubicati quasi totalmente nella capitale, “in particolare tra Ostia e il centro storico”, riferisce il tenente colonnello della Gdf di Roma Paolo Borrelli. L’indagine ha dimostrato l’effettiva e costante residenza a Roma dell’imprenditrice, cui e’ stata contestata la mancata dichiarazione di disponibilita’ estere, in violazione alle disposizioni sul cosiddetto ‘monitoraggio fiscale’ per un valore complessivo (a partire dal 2003) di oltre 2,1 miliardi di euro. Ai fini delle imposte dirette, l’omessa dichiarazione di ricavi ammonta invece a circa 190 milioni di euro, “i cui 80 milioni riferibili alla persona fisica e il resto alle societa’”, ha precisato ancora il tenente colonnello Borrelli.
Quanto alla struttura societaria messa in piedi dall’indagata, sono stati disarticolati due trust e disconosciuti gli effetti di dieci scudi fiscali presentati nel 2009. Sul piano penale, l’imprenditrice e’ stata deferita alla Procura della Repubblica di Roma insieme ad altre undici persone, tra le quali spiccano alcuni consulenti italiani ed esteri, per associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale.
Infine, le attivita’ investigative hanno anche permesso di riscontrare il sistematico mancato versamento di tributi locali (Ici e Imu) per alcuni milioni di euro, connessi al vasto patrimonio immobiliare, quello che il generale Maccani definisce “un tesoro a molti zeri per le casse di Roma Capitale”. (AGI) .
http://www.imolaoggi.it/2014/01/21/maxi-evasione-di-angiola-armellini-1-243-immobili-sconosciuti-al-fisco/

“Quand l’ennemi parle clairement” – Brève réflexion sur les dernières arrestations NO TAV

http://notavfrance.noblogs.org/post/2014/01/11/quand-lennemi-parle-clairement-breve-reflexion-sur-les-dernieres-arrestations-no-tav/

Posted on 11 janvier 2014 by notavfrance

" Padalino, terroriste c'est ta mère "

” Padalino, terroriste c’est ta mère “

Elle était dans l’air l’opération répressive qui a mené trois compagnons et une compagnonne en prison accusés d’avoir participé dans la nuit du 13 au 14 mai dernier à l’action contre le chantier du TAV à Chiomonte en Val di Susa.

Évidemment on ne savait pas qui serait frappé, ni précisément pour quoi. Mais le refrain répété de manière obsessionnelle depuis des mois par tous les médias nationaux et les représentants les plus en vue du Parti transversal pro-TAV ne laissait pas de doutes.

L’annonce du procureur en chef de Turin, Caselli, de prendre sa retraite quelques mois en avance n’avait pas échappé aux plus attentifs. Une nouvelle qui ne laissait rien présager de bon : il est difficile d’imaginer qu’un tel personnage abandonne la scène en silence.

C’est ainsi qu’après avoir tâté un peu le terrain cet été, à coups d’enquêtes et de perquisitions contre divers No Tav avec l’accusation « d’attentat à visée terroriste » (article 280), l’inévitable duo des procureurs turinois Padalino-Rinaudo retente le coup quelques mois plus tard avec les arrestations de Chiara, Claudio, Mattia et Niccolo, comme un ultime salut respectueux à leur parrain-Caselli et en espérant grimper quelques échelons dans la course à sa succession.

En plus de l’article 280 déjà cité, les accusations sont : « acte de terrorisme à l’aide d’engins pouvant entraîner la mort ou explosifs, dégradations par voie d’incendie, violence contre agents de police, détention et transport d’armes de guerre ».

Ces accusations, qui enlèvent la possibilité d’obtenir des mesures de contrôle judiciaire (alternatives à la prison : assignation à résidence, obligation ou interdiction de se trouver dans un territoire, etc.), impliquent un temps de prison préventive très long, et elles menacent de se transformer en condamnations qui pourraient dépasser les 20 ans de prison si les chefs d’inculpation devaient rester les mêmes lors du procès.

Pour être plus précis, les quatre compagnons incarcérés sont accusés, entre autres, d’avoir en réunion et avec d’autres personnes « en cours d’identification », attenté à la vie et à l’intégrité des personnes chargées des travaux de construction du tunnel d’exploration et à des personnes responsables de l’ordre public, aux fins de « contraindre les pouvoirs publics ou une organisation internationale à accomplir ou à s’abstenir d’accomplir un acte quelconque » (dans ce cas le financement et la réalisation de la ligne ferroviaire à grande vitesse Turin-Lyon), « causant ainsi un grave préjudice à l’Italie et à l’Union Européenne » (article 270sexies du code pénal).

Une simple constatation à relever est que personne après cette action contre le chantier du TAV, qu’il s’agisse d’ouvrier, de policier ou de militaire, n’a signalé la moindre égratignure ni présenté d’interruption temporaire de travail. En revanche, il vaut la peine de rentrer un peu dans les détails de l’article 270sexies.

Inclu dans le « Paquet sécurité Pisanu » (juillet 2005), cet article devait servir à reformuler la définition d’« attitude terroriste » en l’élargissant de manière significative. Elle exploitait la vague d’émotion suscitée lors des massacres de Madrid en 2004 et de Londres en 2005. Ces nouvelles normes, apparemment applicables contre les bombes de Madrid (qui contraignirent le gouvernement de Zapatero à retirer ses troupes d’Irak), se caractérisaient par une définition volontairement vague.

Déjà compagnons et avocats étaient conscients que divers contextes de luttes en feraient les frais. L’apparition de l’article 270sexies dans une instruction contre des No Tav n’est donc pas une anomalie judiciaire mais bien l’application d’un dispositif pensé dès le départ contre le conflit social.

Ce n’est sûrement pas un hasard que cette carte soit jouée pour la première fois justement en défense du chantier du TAV à Chiomonte, où déjà les barbelés israéliens, les militaires et les tanks de retour d’Afghanistan, rendaient toujours plus inexistante la frontière entre guerre intérieure et guerre extérieure.

Cette nuit-là un générateur, une armoire d’alimentation d’une turbine d’aération, des câbles électriques et des canalisations de la turbine ont été incendiés. Du matériel servant à la réalisation du tunnel d’exploration dont la dégradation bloque ou ralentit concrètement l’avancement des travaux.

Un acte tout autre qu’indiscriminé, un geste qui affirme directement son propre objectif.

Une action de sabotage exemplaire, en bref, un sabot jeté dans la machine du chantier pour en enrayer le fonctionnement.

Une chose bien comprise par le mouvement No Tav, comme le démontraient les déclarations et les communiqués des jours suivants. Pour la première fois en Italie en trente ans, un mouvement de masse revendiquait le sabotage comme pratique. Dans l’histoire réelle, qui est bien différente de celle écrite par la justice, la pratique du sabotage a été assumée publiquement par le mouvement. Ceci parce que les formes constantes et catégoriques de refus massif contre ce grand chantier ont été constamment et catégoriquement ignorées. Preuve en est le fait que le chantier d’un tunnel d’exploration soit devenu « site d’intérêt stratégique national » [définition reprise par le dossier d’instruction des procureurs Rinaudo-Padalino non pas d’une norme gouvernementale, mais de la revue de la Haute Défense Étatique]. Tout ceci a créé de beaux ennuis au Parti pro-Tav, vu l’influence dont jouit la lutte en Val di Susa. De même ailleurs nous pensons à la lutte No Muos [lutte contre l’installation d’antennes militaires USA en Sicile] où le mot sabotage est de nouveau au goût du jour, préoccupant plus encore « la mère de toutes les préoccupations » (= la démocratie italienne), comme le dit madame Cancellieri-Ligresti [ministre de la justice et politicien].

C’est à cette lumière que doit être lu le dossier de l’instruction.

Suite aux arrestations du 9 décembre, beaucoup ont souligné comment les accusations de terrorisme, reprises en cœur par toute la presse, tentaient de diviser encore une fois le mouvement. Après le « nous sommes tous des black-blocs » scandé à l’unisson suite au 3 juillet [Le 3 juillet 2011 des milliers de personnes manifestent contre l’expulsion de la Maddalena, avec des affrontements de plusieurs heures et une belle détermination à reprendre le lieu de résistance. Des arrestations s’en suivent, l’État et ses médias tente de diviser. Un slogan est lancé et porté par l’ensemble du mouvement en lutte « nous sommes tous des blacks blocs ».], cette fois encore la tentative d’isoler les quatre compagnons incarcérés, en divisant le mouvement entre bons et mauvais, entre habitants de la vallée pacifistes et extrémistes venus d’ailleurs, a misérablement échoué.

En matière de division, bien peu de personnes pouvaient encore avoir des doutes et les enquêteurs eux-mêmes ne se faisaient pas trop d’illusions. À travers ces accusations de terrorisme, l’objectif porté par les autorités semble être tout autre.

Dans le dossier d’instruction, les enquêteurs, en insistant sur le plan strictement juridique, soutiennent une thèse clairement politique. En s’appuyant sur un bref historique des actes légaux et des sommets internationaux qui ont permis l’installation du chantier de Chiomonte en Val de Susa, les magistrats soutiennent qu’il s’agit d’une élaboration démocratique. L’action contre le chantier  — en lien avec l’énumération de pratiques d’opposition dont l’épais dossier fournit une longue liste — est définie « terroriste » pas tellement pour ses caractéristiques spécifiques, mais par le fait qu’elle s’oppose au démocratisme d’une décision intergouvernementale. Suivons cette logique. Toutes les décisions imposées par l’État ont un emballage légal, ce qui veut dire qu’elles sont formellement basées sur le Droit. Tout ce qui met réellement en discussion un projet étatique est donc passible de « terrorisme ». Il reste seulement le désaccord platonique. Donner un caractère concret à son propre NON, qui au fond est la caractéristique essentielle du mouvement No Tav, devient donc antidémocratique. Benito Mussolini aurait dit « rien hors de l’État, rien contre l’État ». Le totalitarisme parle aujourd’hui un langage différent : « Nos décisions démocratiques ne te plaisent pas ? Tu es un terroriste ».

La démocratie est une porte blindée contre toute forme de désaccord (à part celui concédé de se plaindre) ; le désaccord ne s’arrête pas, la porte est donc blindée avec barbelés et militaires ; le désaccord se fait sabotage, et cela révèle les « finalités terroristes » de la lutte No Tav. En quelques sortes, les deux procureurs turinois disent explicitement ce qui était jusqu’ici implicite : les décisions d’un État démocratique sont incontestables. Quelle que soit la lutte, y compris un conflit syndical, elle cherche toujours à pousser la contrepartie à « accomplir ou à s’abstenir d’accomplir un acte quelconque » (comme récite l’article 270sexies). Le bien nommé pacte social, ou la dialectique entre les parties sociales, se fondait formellement sur ceci : ce qui aujourd’hui est illégal peut demain devenir un droit. C’était l’époque, commencée dans l’Après guerre, pendant laquelle on voulait intégrer les paysans et les ouvriers dans le Grand Compromis : si vous me donnez votre force de travail, je vous concède des droits. Et bien, cette histoire-là est finie. C’est cela la démocratie. En dehors ou contre cela, il y a le Mal, il y a le terrorisme. Dire que tout cela pourrait concerner n’importe quel mouvement de lutte est alors banal. Ce qui est moins banal, c’est d’en tirer les conséquences. D’une époque à l’autre, la classe dominante attaque frontalement l’ennemi sur ses points forts, non sur les plus faibles. L’emploi de la catégorie de terrorisme contre le mouvement No Tav — pour ce qu’elle exprime et symbolise — est dans ce sens un avertissement pour tous.

À suivre jusqu’au bout la logique des procureurs Rinaudo et Padalino, la nature « terroriste » de la lutte contre le Tav ne caractérise pas pas un soi-disant « saut qualitatif », mais bien ses fondements mêmes : ce NON de vingt ans d’expériences, de savoirs, de confrontations et d’actions qui ne sont que son développement cohérent.

Ne s’être pas résigné face aux matraques, aux gaz, aux pelles mécaniques, aux Lince (expertise économique et commerciale en Italie, ndt), aux incarcérations, au terrorisme médiatique, voilà le crime qui contient tous les autres.

En ce sens, la défense des compagnons incarcérés et inculpés pour « terrorisme » n’est pas seulement un acte de devoir de solidarité, mais la revendication entêtée de la lutte et de ses raisons.

Cueillir l’enjeu de cette opération répressive et relancer les résistances, dans la Vallée comme ailleurs, est l’affaire de chacun et de tous.

texte publié sur informa-azione et Macerie, traduit de l’italien, reçu par mail

Après la prison, le marteau-pilon d’amendes milliardaires

http://notavfrance.noblogs.org/post/2014/01/21/no-tav-apres-la-prison-le-marteau-pilon-damendes-milliardaires/

Posted on 21 janvier 2014 by notavfrance

Ronronnette vous rappelle que la solidarité n’existe pas si elle se contente de bonnes paroles: à vos portefeuilles!

Quatre opposants au TGV Lyon-Turin de la Vallée de Susa sont toujours en prison depuis le 9 décembre, sous l’accusation de terrorisme.  Les faits reprochés: la participation à une manifestation nocturne contre le chantier au cours de laquelle la seule victime a été…

…un compresseur

Par ailleurs, le tribunal ordinaire (très ordinaire) de Turin vient de condamner solidairement Alberto Perino, porte-parole le plus connu du mouvement, Loredana Bellone et Giorgio Vair au paiement de dommages et intérêts à la société LTF, qui gère le chantier, pour une somme totale de 214 000, 40€. Il leur est reproché d’avoir participé à une manifestation de plusieurs centaines de personnes venues occuper un terrain où la LTF devait procéder à des sondages. Un piège avait été tendu au mouvement: la Digos (police politique) garantissant aux responsables que les flics ne dégageraient pas les manifestants mais qu’après être venus demander aimablement à opérer les sondages, la LTF se retirerait en cas de refus. Nos amis no-tav, pourtant aguerris, ont eu la faiblesse de croire la parole des flics… En fait, cela a permis d’exiger des dommages et intérêts stratosphériques, en dépit du fait que l’opération sondagière n’avait pour but que de soutirer des subventions à l’Europe: une fois les manifestants partis, sur les 34 sondages prévus, on n’en a fait que 5 qui n’ont servi à rien, le projet de zone de déchargement prévu étant en plus abandonné.
Nos amis nous, vous écrivent:
“Le mouvement No-Tav supporte déjà de lourdes dépenses pour la défense judiciaire, à quoi s’ajoute ce coup de matraque terrible, qu’il ne peut à lui seul affronter. C’est pourquoi, avec beaucoup d’humilité, mais tout autant de dignité et de confiance, il demande à tous ceux qui disent: “Ne lâchez pas!”, “Vous êtes l’unique espérance de ce pays”, “Résistez aussi pour nous”, de donner un appui concret en nous aidant économiquement de manière que nous puissions résister encore contre cet Etat et ces Pouvoirs Forts qui veulent nous renvoyer bien sages à la niche.
“Plus de 400 personnes font l’objet d’une procédure pour cette résistance contre une oeuvre imposée, inutile et destructrice aussi bien pour l’environnement que pour les finances de cet Etat et qui empêche de faire toutes les autres petites oeuvres utiles”
“Même en utilisant ces armes sales, ils n’arriveront pas à arrêter la résistance du peuple no-tav. Aidez-nous à résister, merci”

Le soutien financier doit être exclusivement adressé sur le compte-courant postal n.1004906838 – IBAN – IT22L0760101000001004906838 au nom de Pietro Davy

texte publié sur Les Contrée Magnifiques, plus d’infos sur Notav.info

Caisse de solidarité pour les arrêtés No TAV du 9 décembre

http://notavfrance.noblogs.org/post/2014/01/13/caisse-de-solidarite-pour-les-arretes-no-tav-du-9-decembre/

Posted on 13 janvier 2014 by notavfrance

Pour faire face aux coûts des expertises, aux frais du procès et à la subsistance en détention des quatre accusés [ Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò,  a été crée une “Caisse de solidarité pour les No TAV  arrêté-e-s le 9 Décembre 2013″. Pour tous les solidaires qui veulent contribuer nous publions les détails du compte, ainsi que le texte de la présentation de la caisse.

IBAN : IT27A0316901600CC0010722513
BIC/SWIFT : INGDITM1
Au nom de : Francesca CAMICIOTTOLI

texte publié sur Macerie (12/1/2014) , traduit de l’italien.

Colloqui bloccati

http://www.autistici.org/macerie/?p=29882

liberta-per-i-compagn.jpg

Questa mattina un compagno e un familiare di Chiara, recatisi alle Vallette per i colloqui che svolgono regolarmente da ormai più di un mese, si son visti negare dai secondini la possibilità di incontrarla. «C’è un nuovo provvedimento del Tribunale che blocca i colloqui», hanno spiegato le guardie. Nel corso della giornata si è appreso che il blocco dei colloqui riguarda anche Niccolò, Claudio e Mattia, ma non si è ancora riusciti a comprendere il perché di questa decisione né la durata di questa interruzione. Responsabili di questa manovra sono naturalmente i soliti Padalino e Rinaudo.
Al momento dunque i compagni oltre che non poter incontrare altri detenuti non hanno neanche alcun contatto con il mondo esterno. Se Niccolò, Claudio e Mattia si possono incontrare solo tra di loro, Chiara a questo punto è invece in un isolamento assoluto.

macerie @ Gennaio 20, 2014

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Ricevo e diffondo.
Da stamattina, lun 20 gennaio 2014, i PM hanno sospeso tutti i colloqui autorizzati (genitori compresi) per Mattia, Nico, Claudio e Chiara.

Non se ne conoscono le motivazioni, anche se sembrerebbe una ritorsione per le dure accuse rivolte alla procura dagli avvocati nei commenti successivi all’esito del riesame (che conferma l’accusa di attentato con finalità terroristiche).

Per inviare lettere e cartoline:

Niccolò Blasi
Mattia Zanotti
Claudio Alberto
Chiara Zenobi

c.c. via Maria Adelaide Aglietta 35, 10151 Torino

VOTO DI…SCAMBIO

http://claudiogiorno.wordpress.com/2014/01/20/voto-discambio/

gennaio 20, 2014

La “tartaruga” dell’intercity Milano-Ventimiglia è in bilico, appoggiata a un parapetto che non sembra poterla sottrarre a lungo dall’abbraccio della scogliera, dieci metri più in basso. Ogni alluvione ha la sua “immagine-simbolo” che ce la fissa in memoria: quella di questo fine settimana del primo mese del 2014 certifica la strage sfiorata; i quattro feriti non gravi dovuti allo “svio” della locomotiva e dei primi due vagoni per una frana che fortunatamente ha anticipato (invece che attendere) il transito del treno, sono “il miracolo” in cui è ormai d’obbligo sperare  ogni volta che piove intensamente per un paio di giorni di seguito…

treno_deragliato_andora

negazionisti dell’effetto serra non si premurano di spiegare il perché di nubifragi tropicali in pieno inverno. Ricordiamo che assieme alla Liguria dove la cadenza degli “eventi eccezionali” sta divenendo ormai mensile è andata sott’acqua mezza piana emiliana tra Modena e Reggio, e la minaccia si è poi estesa a Toscana, Lazio e Campania (dove tuttavia che piova tra dicembre e gennaio è un po’ più consueto)…Undrone di un quotidiano del nord e un elicottero messo a disposizione di un magistrato di Savona ci hanno raccontato per immagini le con-cause antropologiche della frana che ha interrotto la ferrovia che collega la Costa Azzurra con la Riviera di Ponente, (e attraverso questa con Torino e Milano): Un’area di un milione di abitanti unita ai quasi cinque delle città che si affacciano sui diversi itinerari (e più se ci spingiamo sino a Nizza).

Abitanti molti dei quali con due o più case: quelli delle villette a schiera il cui terrazzo è scivolato sin poco sopra il binario, lasciando a vista le fondamenta e determinando la colata di fango e detriti che è finita sulle rotaie si è scritto che siano milanesi. Il PM vuole addebitare a loro e all’Ufficio Tecnico di Andora – territorialmente competente – il risarcimento dei danni subiti dalla ferrovia e dalla sua interruzione. Neanche fossero proprietari di Vesailles riuscirebbero a ricavare una somma sufficiente per tacitare L’Ingegnermoretti (e trovando un acquirente per la reggia). Qualche giornalista più onesto – qualcuno c’è ancora  – ha ricordato che i lavori di arretramento a monte – (anzi, sotto i monti) – e raddoppio dei binari di quel tratto di linea sono fermi da decenni e che lo si deve a una inchiesta sul cemento troppo “magro” che sarebbe stato usato per il rivestimento delle gallerie. Chiunque è stato in riviera sa che spesso sono addirittura tre i tracciati da cui la ferrovia è stata via via arretrata dalla costa: se ne trova traccia in ogni dove con piazzali di stazione messi a parcheggi, il vecchiosedime ferroviario trasformato in rilassanti piste ciclo-pedonali per passeggiate di kilometri in riva al mare,  e i vecchi fabbricati di stazione o i “caselli” dei passaggi a livello trasformati in invidiabili villette fiorite a picco sulle scogliere…Anche il tratto tra Andora e Cervo – oltretutto ancora a binario unico, perché sarebbe stato impossibile raddoppiarlo in sede – avrebbe dovuto essere riconvertito allo stesso modo. Qualche esperto (vero) di trasporti aveva suggerito di usare i vecchi binari per trasformarli in metrò di superficie che avrebbe potuto garantire un collegamento capillare e – soprattutto – scaricare l’Aurelia di traffico di auto private, ma la rivalutazione delle seconde case garantita da parcheggi e percorsi ciclabili è stata preferita e così la“statale” più trafficata (e franosa) d’Italia si è caricata anche di autobus pesanti ed inquinanti e di qualche filobus “Ansaldotrasporti” messo in linea come “foglia ecocompatibile di fico”… Raddoppiare un vecchio tracciato ferroviario, scavare delle gallerie di lunghezza ragionevole e utilità certificabile non ha mai creato una contestazione  radicale. Persino in Valle di Susa è stato fatto e più o meno negli stessi anni in cui sono iniziati i lavori mai completati della Genova-Ventimiglia! Ma evidentemente fare la cresta sugli appalti – come speculare rendendo edificabili anche scarpate e scogliere – è ancora il “core business” del “sistemaitalia”. E allora mi permetto di dubitare che sarà con una nuova legge elettorale partorita da una giovane faina e un vecchio pregiudicato che si rimedierà al cambiamento del clima: la riduzione della CO2 non si ottiene né attraverso al doppio turno alla francese, né con l’italicum (che – tornando ai treni ricorda sinistramente l’Italicus)! Continuare a considerare il territorio e l’ambiente come il miglior supporto per ogni sorta di speculazioni punta dritto a perpetuare l’unica pratica elettorale davvero irrinunciabile: il voto di scambio.

Borgone Susa, 20 gennaio 2014 – Claudio Giorno