National Geographic: Fukushima sta trasformando il Pacifico in un immenso cimitero

Purtroppo si tratta di una delle notizie più sconvolgenti di cui abbiamo mai scritto su questo blog: il 98% dei fondali della California è cosparso di creature marine morte.
I media non lo hanno ancora diffuso, ma quanto sta accadendo nell’oceano californiano è sconvolgente.
La notizia è stata lanciata da National Geographic: fino a Marzo 2012 solo l’1% dei fondali del suddetto oceano era composto da creature defunte. Da Luglio di quest’anno si parla invece del 98%. E’ come se l’intera area si fosse trasformata in una sorta di cimitero marino, brulicante di cadaveri in decomposizione.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences, non ha ancora dimostrato alcuna correlazione con Fukushima, ma non è difficile immaginare uno stretto legame tra i due avvenimenti, anche perchè negli ultimi 24anni non si era mai verificato nulla del genere.
La zona analizzata è la stazione M, che si trova a 145 miglia al largo tra le città californiane di Santa Barbara e Monterey.
Sembra che i governi e i media vogliano che noi tutti dimentichiamo Fukushima ed il catastrofico danno ambientale che ha procurato al nostro pianeta. Ma non potranno coprire la verità per sempre: la vita umana è strettamente legata alla salute degli oceanied in particolar modo all’ossigeno che la vita marina crea e rilascia nella nostra atmosfera.
A San Francisco, 1000 persone hanno allineato i loro corpi per scrivere sulla spiaggia “FUKUSHIMA IS HERE” ed essere fotorafati dal cielo:
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I filantropi miliardari impongono i loro ordini di depopolamento, dedicato a chi crede nella democrazia

gli ordini arrivano dall’alto e i tirapiedi spacceranno diritti umani e civili per servire un nobile scopo, il controllo delle masse
QUELLI DEL THINK TANK ..::.. postato il 11/01/2014
 
Tratto dai meeting minutes di Campbell Minsk & Associates, think tank indipendente finanziato da filantropi statunitensi. Testo recuperato e interpretato da [… omississ …]. Onorati Colleghi, ci ritroviamo anche quest’anno per definire le principali linee di azione e di pressione nei confronti delle più influenti lobby dei paesi industriali e delle nuove economie emergenti. Prima di passare la parola al primo dei nostri guest speaker il quale ci relazionerà sui main events di natura politica ed economica di maggior rilievo che si verificheranno durante quest’anno analizzando i possibili scenari ed impatti che questi ultimi potrebbero avere sulle attività economiche e finanziarie dei nostri Clienti, Noi del Board vogliamo focalizzare la nostra attenzione sull’importanza delle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo che si terranno alla fine del mese di Maggio. A riguardo sono costantemente visti in crescendo sia in termini di consenso che di visibilità numerosi partiti euroscettici. Questo fenomeno sembra essere trasversale in tutti gli stati europei, si va dalla Francia alla Finlandia, persino la Germania ha una forza politica a Noi avversa che si è attestata, per nostra fortuna, appena sotto la soglia del 5% alle passate elezioni.
 
Vogliamo spronarvi ad utilizzare tutta la vostra influenza ed ingerenza nei confronti dei vari canali mediatici in Europa per sminuire e ridimensionare sul nascere questa preoccupante forma di protesta e contrasto politico. Di contiguo a Noi anche alcune autorità sovranazionali ci hanno evidenziato i rischi sempre più oggettivi che si delineano all’orizzonte, nonostante i proclami istituzionali di tenore opposto. Vi ricordiamo, Onorati Colleghi, che i nostri Clienti e Sponsor non si possono permettere un esito elettorale controproducente, rischiando a quel punto di mandare in fumo il lavoro di quasi due decenni di pressing politico. Ritorneremo su questo comunque durante lo speech di Sir [… omississ …] che ci aiuterà a definire le varie criticità sistemiche del momento con un maggior grado di approfondimento. Tornando a Noi, ricordiamo come si stanno dimostrando molto efficaci le strategie che abbiamo intrapreso ormai da anni per disinnescare la bomba demografica che grava su questo pianeta, tema molto caro ai nostri principali finanziatori. L’opera di destabilizzazione e controllo della società moderna attraverso il ricorso a modelli di vita incentrati sulla conflittualità ed ambiguità sessuale deve per questo essere amplificata ulteriormente.
 
Soprattutto continuiamo a stimolare i mass media e le varie forze sociali affinchè focalizzino la loro attenzione sull’importanza dicotomica del sessualmente diverso, unitamente ad una maggior propulsione alla emancipazione economica della donna. Solo percorrendo questa strada possiamo diminuire i tassi di natalità nella popolazione umana. In tal senso i nostri finanziatori stanno assistendo con soddisfazione ad un calo della natalità proprio nei paesi asiatici, segno questo che il plagio della globalizzazione nelle giovani generazioni si sta rendendo più efficace del previsto. Di questo passo in Asia si invecchierà molto più in fretta che in Europa o negli States. Per questa ragione dovete incoraggiare anche i governi dei paesi di frontiera ad abbracciare la stessa dinamica favorendo i fenomeni di delocalizzazione industriale e di nuova penetrazione colonialista in modo tale da poter ottenere entro un decennio lo stesso tipo di risultato. Sempre per lo stesso motivo dobbiamo incentivare il più possibile i flussi di immigrazione verso le principali vie di ingresso nei confronti dei paesi industrializzati i quali possono essere più facilmente indeboliti dal contatto osmotico con culture non autoctone.
 
Sul fronte sociale si dovranno utilizzare tutte le risorse disponibili soprattutto grazie alle vostre entrature mediatiche affinchè si acceleri la diffusione delle modalità e degli strumenti di fruizione delle nuove tecnologie digitali che consentono a livello virtuale la condivisione delle proprie esperienze tra gli individui stessi congiuntamente al tracking delle interazioni e transazioni economiche di ogni persona. Dobbiamo cercare di rendere operativi sul mercato a livello retail i principali players entro due anni, in modo da avere il picco di massima diffusione entro il 2020. Questo ci consentirebbe di indebolire ancor di più quella nomenclatura collegata agli ideali cristiani,permettendoci di contrastare le istituzioni religiose che recentemente hanno tentato un recupero della loro credibilità e visibilità modificando internamente la propria leadership. Ricordiamoci, Onorati Colleghi, l’obiettivo finale che si prefiggono i nostri Sponsors: la creazione di una grande società globale con individui destabilizzati, privi di valori morali e di riferimenti culturali, ancorati esclusivamente a futili bisogni materiali grazie al plagio dei mass media che impongono di volta in volta mode, costumi e stili di vita pianificati e concepiti a tavolino per il controllo sistematico delle masse.

Palermo: minorenne affidato a due uomini gay

ma c’è una legge che autorizza le adozioni alle coppie gay? Alle famiglie indigenti i bimbi si tolgono, come accaduto alla signora romena a Rapallo.

Scritto da ImolaOggiCRONACA, NEWSmartedì, 14, gennaio, 2014
gayPALERMO, 14 GEN

 Il tribunale dei minori di Palermo ha deciso di affidare un minore, di cui non si conosce ancora l’età, ad una coppia gay. La notizia è resa nota dal Comune di Palermo. La coppia è formata da due uomini.
Nel novembre scorso il tribunale di Bologna aveva preso un’analoga decisione, affidando una bimba di tre anni a due uomini, suscitando reazioni e polemiche.
http://www.imolaoggi.it/2014/01/14/palermo-minorenne-affidato-a-due-uomini-gay/

SOTCHI 2014: COMMENT LA RUSSIE VEUT GARANTIR LA SÉCURITÉ DES JEUX OLYMPIQUES

Agence TEM/ Trans-Europa Médias

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TEM - posts - Sotchi (2014 01 14)

DÉCRYPTAGE – Le système de sécurité très strict élaboré par les Russes a coûté 1,4 milliard d’euros, mais risque d’aiguiser les appétits des terroristes, qui ont un objectif de visibilité médiatique…

C’est la question que se pose toute la planète avant chaque grande compétition internationale, et a fortiori quand il s’agit des Jeux olympiques: la sécurité des athlètes sera-t-elle garantie par le pays hôte?

Les 29 et 30 décembre, la ville de Volgograd a été frappée par deux attentats suicides meurtriers. « A un mois des Jeux olympiques d’hiver de Sotchi, le Kremlin reçoit un sévère avertissement en provenance des réseaux clandestins salafistes du Caucase du Nord, qui œuvreraient à l’édification d’un “califat de Russie”, commente Le Courrier International (Paris).

TEM - posts - Sotchi (2014 01 14) 2

Sur la menace terroriste sur les JO de Sotchi, lire notre analyse :

TRANS-EUROPA MEDIAS / GEOPOLITIQUE / CAUCASE RUSSE : LE TERRORISME ISLAMISTE CIBLE LES JO DE SOTCHI

http://trans-europa-medias-press.com/trans-europa-medias-geopolitique-caucase-russe-le-terrorisme-islamiste-cible-les-jo-de-sotchi/

On se souvient aussi des différentes polémiques – manque de personnel, manque de formation, failles dans les contrôles de sécurité à l’aéroport d’Heathrow, … – qui ont émaillé la préparation des JO de Londres en 2012.

Les inquiétudes sont à nouveau exacerbées cette année dans la perspective des JO de Sotchi, qui auront lieu du 7 au 23 février prochain, d’autant plus que, comme la Chine en 2008 ou la Grèce en 2004, la Russie a connu il y a peu des attaques meurtrières. Cependant, le Comité international olympique (CIO) a redit sa «confiance dans les autorités russes pour ce qui est de l’organisation de Jeux sûrs à Sotchi».

 1,4 MILLIARD D’EUROS DE BUDGET SÉCURITÉ

Un mois pile avant la cérémonie d’ouverture, l’accès à la ville balnéaire de la Mer Noire a été interdit en automobile aux non-résidents, énième mesure d’un système de sécurité très strict qui a coûté quelque 1,4 milliard d’euros. « C’est fait “à la russe“: restrictions très importantes de déplacement, mesures d’identification hyper strictes …», souligne Mathieu Guidère, professeur d’islamologie à l’université de Toulouse.

Le président du comité organisateur des Jeux de Sotchi, Dmitry Chernyshenko, a effectivement promis d’en faire les Olympiades «les plus sécuritaires de l’histoire». Quelque 37.000 policiers seront mobilisés, des systèmes de défense antiaérienne Pantsir-S déployés, des drones utilisés, tout comme 5.000 caméras et des détecteurs.

TEM / avec EODE – 20minutes.fr – Courrier International / 14 janvier 2014 /

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GEOPOLITIQUE DE LA DESTRUCTION DELA JAMAHIRIYA LIBYENNE

Luc MICHEL (*) pour le CEREDD /

Centre Européen de Recherche et d’Etude sur la Démocratie Directe/

Avec PCN-SPO – ELAC Website / 2013 01 13 /

http://ceredd.free.fr/accueil.htm

http://www.lucmichel.net/

LM - CEREDD geopolitique de la destruction de la libye (2014 01 14) FR 1

Libye 2003-2011, de la guerre froide à l’agression impérialiste :

les illusions perdues de la coexistence pacifique, l’antagonisme du projet occidental et de la vision euro-africaine de Kadhafi, et la destruction de la Jamahiriya libyenne.

C’est un processus similaire à celui qui a détruit la Yougoslavie de 1985 à 2001 qui a déstabilisé, puis détruit la Libye de Kadhafi.

La Jamahiriya a été trahie de l’intérieur par son aile islamo-libérale bien avant que l’OTAN ne porte le coup de grâce …

 LIBYE 2003-2011, DE LA GUERRE FROIDE A L’AGRESSION IMPERIALISTE :

LES ILLUSIONS PERDUES DE LA COEXISTENCE PACIFIQUE

En 2003, dans LIBYA NEWS & FACTS (le bulletin du CEREDD) et ALZZAHF ALAKHDER (« La Marche Verte », le quotidien du MCR libyen à Tripoli) -, je publiais sous le titre « LA LIBYE ENTRE MENACES DE GUERRE ET CHANTAGES IMPERIALISTES » (1) une longue analyse sur les choix géopolitiques de la Jamahiriya libyenne et le contexte géopolitique dans lesquels ils étaient développés dans les Années 1998-2003.

Si il y manquait, évidemment, la conclusion et la destruction de la Jamahiriya en 2011(2), j’y expliquait dès 2003 les raisons pour lesquelles la « coexistence pacifique » entre Kadhafi et l’Occident ne pouvait qu’être un jeu de dupes pour le Guide libyen (3) (4).  Tripoli était en effet sur le chemin de l’impérialisme américain en Afrique et en Méditerranée, mais aussi en Europe. J’y dressais aussi un tableau, inédit ailleurs, de la vision géopolitique euro-africaine de Kadhafi. Là aussi le projet de Moammar Kadhafi ne pouvait que rencontrer l’hostilité des USA et de leur bras armé l’OTAN. Sans oublier les appétits de la France.

Dès lors, la confrontation entre la Libye de Kadhafi et les Occidentaux était inévitable.

LM - CEREDD geopolitique de la destruction de la libye (2014 01 14) FR 3

 LES THESES GEOPOLITIQUES DE KADHAFI

Ces thèses géopolitiques de la Libye des Années 2000-2011, je les connaissait bien, puisque je les avait introduites en Libye au milieu des Années 90. Le « Congrès des Géopoliticiens polonais » en 2010 a par ailleurs porté longuement son attention à ce sujet, occulté en Europe occidentale, mais bien analysé à l’Est (5).

« Si on connaît parfois Kadhafi en sage de l’Afrique, guidant dans la ligne de Nkrumah le Continent vers sa destinée pan-africaine, on ignore trop souvent cette autre des facettes de la personnalité du guide de la Révolution libyenne : Kadhafi l’Européen, l’un des plus ferme soutien de l’unification européenne et de son unité monétaire avec l’Euro. », écrivais-je en 2003. Car Kadhafi savait que l’impérialisme n’a pas d’ennemi potentiel plus dangereux que l’Europe. Et n’a donc eu de cesse de favoriser le retour à cette unité millénaire et de faire de sa Libye un pont entre l’Afrique et l’Europe. L’unité africaine, dont la Libye de Kadhafi était l’ambassadrice en Méditerranée, avait pour vocation de converger avec l’unification européenne en marche.

La vision géopolitique de Kadhafi a culminé dans les Années 2007-2010.

En octobre 2010, j’ analysait la place géopolitique prise par la Jamahiriya : « Le Sommet Europe-Afrique qui se tient à Syrte/Tripoli ce 29 novembre 2010 marque la place centrale de la Libye à la fois politique en tant qu’élément moteur de l’Union Africaine – dont Moammar Kadhafi a été l’initiateur principal – et géopolitique en tant que pont entre l’Union Européenne et l’Union Africaine. Le rôle central joué par le dialogue des cultures est également la réponse proposée par la Libye aux thèses bellogènes du « choc des civilisations » (…) La vision de la Libye comme un pont entre la Grande-Europe et l’Union africaine, que nous avons été les premiers a développer dès le début des années 90, est aujourd’hui largement acceptée et adoptée par les grands acteurs des Unions africaine et européenne. On  notera sur ce sujet le logo officiel, adoptée par la Commission européenne de Bruxelles, pour le projet culturel de coopération entre l’UE et l’Union Africaine « Visionary Africa », où figurent les dimensions eurasiatiques de la carte de la Grande-Europe incluant la Russie » (6).

 LA GUERRE CONTRELA LIBYE EST AVANT TOUT UNE GUERRE CONTRE L’EUROPE

L’agression contre la Jamahiriya, planifiée dès novembre 2010, par les USA, l’OTAN et la France redevenue atlantiste de Sarkozy, va mettre un coup d’arrêt brutal à ces projets de paix et de coopération. Cette « main tendue, qui ouvrait la voie à un Espace méditerranéen plus fraternel et plus solidaire », il a été criminel de la refuser.

Et la guerre contre la Jamahiriya, comme celles contre l’Afghanistan et l’Irak, est avant tout une « guerre contre la Grande-Europe », pour reprendre les termes du Général Von Lohausen, le géopoliticien allemand ami de Jean Thiriart (7), à propos de l’Afghanistan. Une guerre menée par les alliés « européens » de Washington, les politiciens de l’OTAN et de son appendice politique, l’UE. Une UE qui a échangé un projet pacifique pour un environnement géopolitique chaotique et déstabilisateur – une Somalie libyenne aux portes de l’UE – , qui ne profite qu’à Washington, Tel-Aviv, leurs alliés « arabes » et quelques multinationales.

 DEUX VISIONS OPPOSEES DE LA MEDITERRANEE

Mais dès le départ qu’attendre d’autre de l’UE ? Car les positions de l’UE – « Processus de Barcelone » ou « partenariat Europe-Méditerranée » – et celles géopolitiques de Kadhafi sont deux visions totalement opposées de la Méditerranée.

En Octobre 2007, à la Tribune de l’ASIPALV (8), à Tripoli dans l’auditorium du Congrès Général Populaire (le parlement libyen, incendié fin février 2011 par les djihadistes au service du CNT), devant les 2.000 délégués venus des cinq continents, je dressais dans mon allocution au nom des délégations européennes (9), le constat de divorce idéologique entre Kadhafi et les politiciens de l’UE : « Nous saluons aussi en Kadhafi un grand Européen, qui a toujours soutenu l’unification et l’émancipation du continent européen, dans lequel il voit un des éléments essentiels d’un monde multipolaire, libéré de la domination impérialiste. Et dont la vision avant-gardiste associe déjà les unités africaine et européenne.  Dans cette vision, Kadhafi conçoit la Libye comme un pont entre l’Afrique et l’Europe. Nous devons souligner combien cette vision est différente de celle des politiciens atlantistes de l’Union Européenne qui, eux, ne bâtissent pas des ponts, mais dressent les murs d’une forteresse. »

Je rappelais cruellement combien le discours officiel, auto-proclamé, de Bruxelles et Strasbourg sur la « société européenne ouverte » ne correspond pas à la réalité de la Forteresse-Europe conçue par les Accords de Schengen : « A Bruxelles ou à Strasbourg, ces politiciens arrogants autant qu’incapables donnent des leçons au monde entier. « Droits de l’homme, libre circulation, libertés » nous disent-ils. Mais dans la réalité ce sont les murs d’une forteresse qu’ils dressent ! Mur de Schengen à l’Est qui coupe l’Europe en deux. Barbelés de Schengen encore à la frontière entre le Maroc et l’Espagne. Et à l’intérieur même de l’Union Européenne, citoyenneté à deux vitesses. Complète pour les pays de la vieille CEE. Droits limités pour les Bulgares, les Roumains ou encore les Polonais…

Traitement indigne des peuples européens catégorisés en peuples supérieurs en droits et en peuples à qui on nie les mêmes droits. Entre 1933 et 1945, sous le Reich nazi on ne faisait pas autre chose. Mais on le disait plus crûment… « Peuple des Seigneurs » et « sous-hommes slaves » ! »

Enfin, j’opposais la vision méditerranéenne de Kadhafi et celle de l’UE : « L’Union européenne entend aussi faire de la Méditerranée une frontière, une de plus ! Le « Processus de Barcelone » ou le « partenariat Europe-Méditerranée », auxquels la Libye a refusé de participer, n’ont pas d’autre sens. Face à cette vision, il y a celle de Moammar Kadhafi. Qui voit la Méditerranée comme un lieu de culture, de partage, d’échange. Là aussi Kadhafi a la mémoire du Passé. Celui où la Méditerranée était une unité. La Libye, qui se souvient aussi de son passé romain, qui sait que Leptis Magna a donné à l’Empire romain les empereurs de la dynastie des Sévère. Les politiciens européens l’ont aussi oublié ! Oui, nous militants européens, nous préférons suivre et écouter Kadhafi, qui veut bâtir des ponts pour unir, aux politiciens de L’Union européenne, qui construisent des murs pour séparer ! »

LIBYA-CONFLICT-US-DIPLOMACY-CLINTON

 LE COUP D’ETAT DE FEVRIER 2011 EST LE RESULTAT D’UN PROCESSUS ENTAME EN LIBYE DES 2003 

C’est un processus similaire à celui qui a détruit la Yougoslavie de 1985 à 2001 qui a déstabilisé, puis détruit la Jamahiriya libyenne de Kadhafi.

Détruite sur un scénario, un « processus de transition » – le nom du CNT de Benghazi s’en inspire directement –  qui rappelle étroitement la Yougoslavie et ce n’est pas un hasard. La transition c’est évidemment vers le parlementarisme occidental, le libéralisme, l’économie globalisée et l’alignement sur les USA et l’OTAN !

Comme en Yougoslavie, la Libye aussi, depuis 2003, avait une aile libérale, opposée à celle des socialistes patriotes. Celle rassemblée derrière Saïf Al Islam, le fils aîné de Kadhafi, qui a amené libéraux et islamistes (comme le président du CNT Abdel Jalil) au pouvoir. Il faut lire les pages révélatrices de Bernard-Henry Levy sur Saïf dans son livre d’auto-propagande personnelle sur la Libye « LA GUERRE SANS L’AIMER », où il pose la question qui choque : « comment celui qui était des nôtres (l’expression est de lui) a-t-il pu rejoindre son père ? »…

Le régime libyen a été déstabilisé et attaqué de l’intérieur.

Avant que les bombes, les armées et les mercenaires de l’OTAN et des USA ne viennent finir le travail. J’ai vécu de l’intérieur cette prise de la Libye, que combattait l’aile socialiste du MCR. J’ai vu comment les illusions de Tripoli sur la coexistence pacifique et l’économie globalisée ont permis aux libéraux libyens de se constituer en Cheval de Troie et de préparer l’assaut extérieur.

Sur le processus de transition, au Belarus (où le président Lukashenko l’a arrêté), en Yougoslavie (où le président Milosevic l’a stoppé pendant une décennie) et en Libye notamment, j’ai donné en 2011 une longue analyse intitulée “Le Modèle du Belarus comme alternative à la Globalisation”, à Minsk, à l’occasion de la Conférence internationale “THE PROSPECTS OF THE EASTERN PARTNERSHIP”. Elle a été filmée pour PCN-TV et est disponible sur son site (4).

 UN « DIALOGUE » QUI S’EST CONCLU PAR UNE AGRESSION

La réponse de l’OTAN et de l’UE, celle de Washington, au défi géopolitique et idéologique  posé par Kadhafi, qui se définissait aussi comme un « opposant à l’Ordre mondial », sera la guerre impérialiste, tout d’abord le coup d’état des 15-16 février 2011, puis sa transformation en guerre d’agression camouflée en guerre civile.

La soi-disant « révolte contre le régime de Mouammar Kadhafi » est en fait un coup d’état insurrectionnel organisé par les USA et l’OTAN avec des complicités dans l’aile islamo-libérale apparue en Jamahiriya dès 2003. Il avait commencé en Cyrénaïque par la mise en place d’un Conseil national de transition à Benghazi.

L’Est de la Cyrénaique (Benghazi, Derah) était depuis les Années 80 une zone rebelle où les islamistes organisaient une subversion alimentée spécialement par les services secrets britanniques MI6 et MI5 depuis Londres, capitale du « Londonistan » islamiste. En 1996 avait éclaté une grande insurrection armée, pilotée depuis Londres, difficilement écrasée. Puis en 1998, un coup d’état de plus, celui-là avec la participation de Ben Laden, et un attentat contre Kadhafi dans le Sud saharien (La Libye avait alors émis le premier mandat international contre le leader d’Al-Qaida, bloqué au niveau d’Interpol par les USA et les Britanniques).

Les USA et l’OTAN se sont aussi emparés de la Libye avec l’aide et par les gangs armés djihadistes. Et ce sont des islamistes employés par la CIA, possédant un passeport US, depuis le début des années 80 qui dirigent depuis l’hiver 2011 la Libye sous occupation de l’OTAN. Le « général » Hafter, agent de la CIA, commande la « nouvelle armée libyenne », al-Megaryef, le chef des forces libérales, lui aussi vieil employé de l’Agence, présidait le premier parlement post CNT. Le premier ministre Zeidan est aussi un employé de la CIA, libéral en économie mais islamiste en politique. Tous trois sont les dirigeants d’un groupuscule fondé aux USA en 1980 : le Front National pour le Salut de la Libye ».

 LA JAMAHIRIYA A ETE PRISE DE L’INTERIEUR

Après la prise de Tripoli et le martyr  de Syrte – le ‘Guernica’ libyen – par l’OTAN et ses supplétifs djihadistes du CNT, la Cyrénaïque avait proclamé son autonomie qui n’a pas été reconnue par les autorités du CNT. Opération relancée en juin 2013. Derrière cette autonomie « fédéraliste », on retrouve les monarchistes libyens, chassés par Kadhafi et sa révolution du 1er septembre 1969, directement tenus en main par les britanniques du MI6.

Et avec les monarchistes, les fameuses « confréries Senoussi » (proche des confréries religieuses islamistes turques qui forment la base de l’AKP d’Ergogan), le roi Idriss chassé en 1969 était un Senoussi. Et le leader de la nouvelle « Cyrénaïque autonome » de 2013 est encore un Senoussi, cousin du roi. Quand au leader du CNT, Mustapha Abdeljalil (aujourd’hui en fuite en Tunisie car inculpé pour le meurtre en juillet 2011 du général Younès, chef des katibas du CNT et rival gênant du « général » Hafter), c’était un islamiste radical, imprudemment placé au gouvernement comme ministre de la Justice de la Jamahiriya par Saif al-Islam, et … l’un des chefs occultes de ces Confréries Senoussi, interdites sous Kadhafi. La Jamahiriya a été trahie de l’intérieur par son aile islamo-libérale bien avant que l’OTAN ne porte le coup de grâce …

La montée en puissance des islamistes et leur alliance avec les libéraux pro-occidentaux a donc débuté bien avant le CNT de 2011. Le leader du CNT Abdeljalil était en fait le chef de file des islamistes dits « modérés » qui s’étaient alliés aux libéraux libyens dans la Libye de la « coexistence pacifique avec l’Occident » d’après 2003, dans leur combat contre l’aile socialiste du régime jamahiriyen. Leur chef de file, et c’est là tout le drame de la Jamahiriya après 2003, était Saif Al-Islam, le propre fils aîné de Kadhafi, qui avait installé les islamistes au cœur des institutions libyennes. Et singulièrement Abdeljalil à la tête de la Haute cour libyenne, où cet extrémiste de la Charia, avait organisé l’affaire des « infirmières bulgares » qui a coûté si cher à la Jamahiriya en terme d’image internationale.

 ELLE A AUSSI ETE TRAHIE PAR SON ALLIE RUSSE

Il faut parallèlement à tout cela souligner le coup mortel qu’a été le lâchage de Kadhafi par Moscou et l’acceptation du vote du Conseil de Sécurité par la Russie et la Chine (qui a suivi) qui ont ouvert directement la voie à l’agression de l’OTAN, au moment même où les forces loyalistes avaient rétabli la situation et étaient entrées dans Benghazi.

Un pigiste pas très futé de RIA Novosti avait écrit à ce moment que « la Russie n’avait pas d’intérêts géopolitiques fondamentaux en Libye ». Enorme stupidité ! Moscou y avait un régime ami, des intérêts économiques et surtout son seul allié géopolitique en méditerranée occidentale. Qui se souvient encore que la Russie aurait du, suite à la visite de Kadhafi en Russie en 2009, y disposer d’une base navale ? Ironie, précisément à Benghazi … A son arrivée à Moscou, fin mars 2011, l’ambassadeur russe, évacué, déclarait lui que le lâchage de Tripoli était « un crime contre les intérêts vitaux nationaux de la Russie » …

Le refus du dialogue entre les Unions européenne et africaine que proposait Kadhafi ne profite qu’aux ennemis de l’Europe véritable. Qui étaient aussi et sont encore les ennemis de la Libye. « Dans cette optique, la politique irresponsable du gouvernement français, menée au nom des intérêts de lobbies étrangers, n’est pas une faute, mais un crime », concluais-je déjà en 2003. Que dire de plus !?

Luc MICHEL

http://ceredd.free.fr/accueil.htm

http://www.lucmichel.net/

http://www.lucmichel.net/2014/01/14/ceredd-analyse-luc-michel-geopolitique-de-la-destruction-de-la-jamahiriya-libyenne/

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(*) La radio russe LA VOIX DELA RUSSIE présentait en décembre 2013 le ‘parcours libyen’ de Luc MICHEL :

« Luc MICHEL, grand spécialiste de la géopolitique et notamment de la Libye (on lui doit notamment une GEOPOLITIQUE DE LA JAMAHIRYA LIBYENNE).

Organisateur et homme d’action, il est aussi le créateur dans toute l’Europe dès la mi-février 2011 des Comités ELAC / Euro-Libyan Action Committees et en juin 2011 de leur pendant africain, les Comités ALAC / Afro-Libyan Action Committees (avec le tchadien Djim Ley-Ngardigal), organisation de soutien à la Jamahiriya qui continue toujours le combat. En avril 2011, il a organisé avec le Ministère libyen des affaires étrangères, la Libyan National Youth Organisation et ELAC la seule conférence internationale – euro-afro-arabe – de soutien à la Jamahirya « Hands off Libya », à Tripoli sous les bombes de l’OTAN.

Il a aussi exercé des fonctions dirigeantes pour la Jamahiriya. A partir de 2004, il dirige le Réseau pan-européen du Mouvement mondial des Comités Révolutionnaires libyens (le MCR, colonne vertébrale de la Jamahiriya), le MEDD-MCR (Mouvement Européen pour la Démocratie Directe, la seule organisation du MCR restée active après 2011, et dont le secrétaire-général est Fabrice Beaur). En avril 2011, il est nommé par Tripoli président de la « Commission internationale du forum des Associations contre la guerre en Libye » et est chargé de la coordination du combat pour la Jamahiriya en Europe et en Afrique. Il est aussi l’éditeur du ELAC & ALAC Website.

Luc MICHEL est donc à la fois un analyste de la Libye mais aussi un grand témoin de l’agression contre la Jamahirya, qu’il a vécue de l’intérieur, et un acteur de sa défense. »

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NOTES ET RENVOIS :

(1) LIBYA NEWS & FACTS, le bulletin du CEREDD, a publié en 2003 un DOSSIER « LIBYE 2003 » sur 5 éditions spéciales (bilingues Français-Anglais) « LA LIBYE ALA CROISEE DES CHEMINS ».

Parmi les articles publiés :

Moammar Kadhafi : « La fin du Nationalisme arabe »

Luc Michel : « La Libye entre menaces de Guerre et chantages impérialistes »

Me Njem : « La Révolution jamahirienne dans la perspective d’une Afrique unie »

(2) Je n’en ai pas moins été le seul à annoncer, en Libye même (où je me trouvait pour la « 6e Convention européenne du MEDD », le réseau pan-européen du MCR libyen, organisée à Zawiah, près de Tripoli, les 5-6-7 février 2011), dès les premiers jours de février 2011 l’agression impérialiste qui s’annonçait contre Tripoli (et Damas). J’ai été le seul parmi tous les analystes et commentateurs à comprendre ce qui se passe et à prendre la mesure exacte de l’événement. A un moment où tous les analystes se laissaient prendre aux fumées du pseudo « printemps arabe ». A commencer par les soi-disants journalistes « non mainstream » qui criaient haro en février-mars 2011 sur Kadhafi alors que la tempête impérialiste se levait sur le Golfe des Syrtes.

Cfr. PCN-TV, “Le Monde arabe est en feu” : Entretien en Français de Luc MICHEL pour PCN-TV, sur les soit-disant « révolutions arabes » (Tripoli, 7 février 2011).

VIDEO sur Vimeo : http://vimeo.com/26435385

VERBATIM sur le Website THE JAMAHIRIYAN RESISTANCE NETWORK : http://www.elac-committees.org/2011/08/03/6-fevrier-2011-luc-michel-annonce-depuis-tripoli-l%E2%80%99agression-occidentale-contre-la-libye-et-la-syrie/

(3) Dans une autre analyse, je revenais dès 2003 sur les raisons qui conduisent – et ont conduit en 2011-2012 – au choc inévitable entre les USA et les régimes nationalistes révolutionnaires arabes (Socialisme jamahiriyen, Ba’ath irakien et Syrien).

Cfr. Luc MICHEL, L’AGRESSION AMERICANO-SIONISTE EST UNE GUERRE IDEOLOGIQUE CONTRE LE NATIONALISME ARABE : APRES BAGDAD, DAMAS ET TRIPOLI SONT EN LIGNE DE MIRE ! (2003),

sur : http://www.pcn-ncp.com/editos/fr/ed-031007.htm

(4) Sur le jeu de dupe de la coexistence pacifique entre l’Occident et ses ennemis,

Cfr. mes analyses sur les réformes socialistes en URSS, Yougoslavie, Belarus, Libye, Iraq et Syrie ba’athistes.

Cfr. en particulier : International conference “The prospects of the Eastern partnership” – Minsk 5.05.2011 :

Conférence de Luc MICHEL (PART.1 – 2 – 3) reprise sur PCN-TV, sur “Le Modèle du Belarus comme alternative à la Globalisation” (où j’évoque longuement la coexistence pacifique en Libye) ;

http://www.dailymotion.com/video/xjjkaz_the-prospects-of-the-eastern-partnership-conference-de-luc-michel-part-1_news

http://www.dailymotion.com/video/xjjlfo_the-prospects-of-the-eastern-partnership-conference-de-luc-michel-part-2_news

http://www.dailymotion.com/video/xjjmbi_the-prospects-of-the-eastern-partnership-conference-de-luc-michel-part-3-conclusion_news

(5) Le « 3e Congrès des Géopoliticiens polonais » – III Zjazd Geopolityków Polskich –, organisé à Wroclaw (Pologne, 21 et 22 octobre 2010), a été l’occasion d’une brillante intervention de Kornel SAWINSKI intitulée « Znaczenie Libii w geopolitycznych koncepcjach Nacjonal-Europejskiej Partii Komunitarnej (PCN) », « La Libye dans les concepts géopolitiques du PCN ».

Géopolitologue, sociologue, analyste à l’ « Europejskiego Centrum Analiz Geopolitycznych », Sawinski est Doctorant à l’Uniwersytetu Śląskiego – Université de Silésie –, il prépare une thèse sur « Les idées géopolitiques de Jean Thiriart ».

Le géopoliticien et chercheur polonais développe longuement dans « La Libye dans les concepts géopolitiques du PCN » l’action générale transnationale du PCN et la mienne depuis plus de 25 ans, amplifiée et continuée dans celle du MEDD-MCR (le réseau pan-européen du MCR libyen, resté organisé en Europe). Ainsi que ses fondements dans l’action du leader et théoricien paneuropéen Jean THIRIART dans les années 60. Il expose le rôle important et influent joué par l’Organisation transnationale du PCN en tant qu’Ecole de pensée et « think tank » (comme l’entend la politique anglo-saxonne).

Enfin, il en arrive au cœur de son exposé : les liens tissés avec la Jamahiriya libyenne, la proximité des thèses géopolitiques de Moammar KADHAFI, des miennes (je devenais en 2004 Coordinateur-général du MCR en Europe) et du PCN sur la Grande-Europe eurasiatique, la nécessaire émergence d’un monde multipolaire, la Méditerranée conçue comme un lieu de civilisation commune, ou encore le rôle de Pont de la Libye entres les Unions européenne et africaine.

SAWINSKI évoque enfin le thème de la Démocratie Directe (dans ses versions libyenne et européenne), le rôle qu’il joue dans ma pensée et celle du MEDD-MCR en tant qu’alternative fondamentale au Parlementarisme bourgeois.

La version polonaise de cette conférence – avec des résumés français et anglais -a fait l’objet d’un numéro de LIBYA NEWS & FACTS (n° 2054, 17 nov. 2010), le Bulletin du CEREDD ;

Disponible en Pdf sur : http://ceredd.free.fr/accueil.htm

(6) Cfr. Luc MICHEL, « VISIONARY AFRICA », DIALOGUE DES CULTURES ET COOPERATION ENTRE LES UNIONS EUROPEENNE ET AFRICAINE !, in LIBYA NEWS & FACTS, bulletin du CEREDD, N° 2.150, 10 octobre 2010,

En Pdf sur : http://ceredd.free.fr/accueil.htm

(7) Le général et géopolitologue autrichien Lohausen (1907-2002), ancien membre de l’Etat major du Maréchal Rommel, proche des patriotes anti-nazis du 20 juillet 1944, s’inscrit dans la suite des thèses géopolitiques de Jean Thiriart sur « l’Europe de Vladivostok à Dublin ». Il a écrit des pages élogieuses concernant le projet européen de Thiriart des Années 1960-75.

Le livre principal de géopolitique du général, MUT ZUR MACHT. DENKEN IN KONTINENTEN, traduit pour la petite histoire en Français par une des secrétaires de THIRIART, s’inscrit dans l’Ecole d’HAUSOFER, mais reprend aussi de nombreuses conceptions de THIRIART.  LOHAUSEN parle notamment de « l’Europe de Madrid à Vladivostok ». Dans l’exemplaire offert par Lohausen à Thiriart en 1983 (et qui m’a été légué avec sa bibliothèque en 1999) figure la dédicace suivante : « En respectueux hommage à un grand Européen ».

(8) ASIPALV, acronyme de l’ASsemblée Internationale des  PArtisans du Livre Vert, qui regroupait les partisans de la Démocratie Directe libyenne.

(9) Luc MICHEL, Discours, au nom des Délégations du Continent européen, au Meeting d’ouverture de la Première Assemblée mondiale de l’ « Association Internationale des Partisans du Livre Vert », Tripoli, Libye, 25 octobre 2009 : PENSER EN CONTINENTS !

POUR UNE PHILOSOPHIE DE L’ACTION ! POUR UNE MISE EN ACTION DE LA PHILOSOPHIE : CHANGEONS LE MONDE !,

sur : http://midd.free.fr/asipalv2009-1.html

J’ai emprunté mon titre « Penser en Continents » à la version française du livre allemand de géopolitique « Mut zur Macht. Denken in Kontinenten » du Général Jordis Von Lohausen.

SYRIE : UN PLAN SECRET DE LA CIA?

KH pour Syria Committees – Comités Syrie – avec SANA – IRIB – PCN-SPO / 2014 01 13 /

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http://www.scoop.it/t/pcn-spo

SYRIA - nouveau plan de la CIA (2014 01 13) FR

La CIA a un plan secret – un de plus ! – pour armer les terroristes en Syrie, ont révélé des sources d’information.

Cette nouvelle vient de tomber à un moment où les Etats-Unis disent « soutenir l’armée irakienne pour éliminer les groupes terroristes dans la province d’Al-Anbar » et d’autres régions de ce pays. Les Etats-Unis prétendent, également,  « mener des efforts à l’échelle internationale pour résoudre la crise syrienne » via la tenue de la conférence internationale de Genève II.

Ceci, alors que les Etats-Unis disent être « en train d’examiner l’octroi des aides non létales aux opposants syriens ». Dans le même temps, on parle donc d’un plan secret de a CIA pour armer et entraîner les terroristes en Syrie.  «  La Maison Blanche est en train d’étudier les modalités de la de reprise des aides non étales aux combattants modérés syriens » a déclaré Jay Carney.

Et au moment où la Maison Blanche prétend avoir restreint ses aides et assistances aux terroristes, le quotidien US The New York Times vient de révéler les détours cachés de ces aide, tout en confirmant l’existence d’un plan secret de la CIA pour soutenir, former et entraîner les terroristes opérant en territoire syrien.

Vous avez-dit duplicité et double langage ?

KH / Syria Committees Website

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Usa, fungo ammazza riso per piegare la Cina negli anni ’60

e c’è gente che invoca ancora oggi (pure tra molti cosiddetti antagonisti) agli Usa di esportare democrazia, oggi in Russia Siria ed Iran, dopo la Libia.

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Inizio anni Sessanta. Alla Casa Bianca da poco si è insedediato John Fitzgerald Kennedy. Siamo in piena guerra fredda. Nelle isole giapponesi di Okinawa e aTaiwan l’esercito americano porta avanti alcuni esperimenti con armi batteriologiche in grado di danneggiare le coltivazioni di riso. Emerge dadocumenti militari americani di cui è entrata in possesso l’agenzia di stampa giapponese Kyodo. I test furono realizzati almeno 12 volte tra il 1961 e il 1962, nei siti di Nago e Shuri: sui campi di riso venne rilasciato un fungo, il Magnaporthe Grisea, per vedere il tipo di reazione sulla produzione. Il fungo (attualmente presente in 85 Paesi) è in grado di distruggere una quantità di riso pari a quella in grado di sfamare 60 milioni di persone all’anno. L’obiettivo evidentemente era la Cina e il Sud Est asiatico. Solo nel 1969 gli Stati Uniti decisero di sbarazzarsi di quelle pericolose armi batteriologiche. Una convenzione internazionale dal 1972 proibisce qualsiasi attività di produzione e detenzione di armi chimiche e batteriologiche.
L’arcipelago di Okinawa nel sud del Giappone, rimase sotto il controllo di Washington fino al 1972 e attualmente ospita più della metà dei circa 48mila soldati americani dislocati in Giappone (il 20% del territorio dell’isola principale della provincia è sotto il controllo Usa). Il governo statunitense in passato ha ammesso di aver condotto esperimenti con armi chimiche e batteriologiche a Porto Rico e negli Stati americani di Hawaii e Utah. Fonte
 

Golfo tossico, una storia italiana

un feudo da sempre in mano ai diversamente onesti, quelli presentabili che sono moralmente superiori e che costruiscono l’Italia giusta, come questa….

LUNEDÌ 13 GENNAIO 2014
 di Liliana Adamo

“Ci sono temi sui quali la giustizia è nelle mani di pochi coraggiosi, uno di questi ha pagato con la vita…”. Così Sondra Coggio, giornalista per il Secolo XIX (redazione di La Spezia), ripercorrendo le linee guida del suo libro – inchiesta, “Il Golfo dei Veleni” (Cut – up Edizioni), appena pubblicato. L’incipit introduce una data, il 13 dicembre 1995, giorno in cui il capitano di corvetta Natale De Grazia, che indagava sulle navi dei veleni e sui traffici illeciti dei rifiuti nel porto di La Spezia, si ritrovò a morire per strada, a torso nudo sotto la pioggia, dopo aver consumato un pasto in un autogrill della Salerno – Reggio Calabria. Per diciotto anni, si è parlato di “morte naturale” fino alla desecretazione degli atti che ne attesta, invece, l’omicidio; il libro si chiude, quindi, con l’auspicio di un proseguimento d’ indagini per la magistratura spezzina.

Nondimeno, è da tutte le istituzioni cittadine che si attende una risposta, un input d’orgoglio civile, perché sono tanti i testi (fra tutti, “Trafficanti” di Andrea Palladino), o le inchieste giornalistiche (L’Espresso) sui tavoli delle procure di mezza Italia, storie agghiaccianti incentrate sugli occultamenti o inabissamenti di materiali radioattivi e sempre, la città di La Spezia, appare coimputata, crocevia indiscusso per queste attività illegali. Se in trent’anni, le procure disseminate nel belpaese non sono riuscite a spingersi oltre l’archiviazione per “mancanza di prove oggettive”, al medesimo risultato potrebbe attenersi anche la magistratura spezzina, a meno di un ultimo, sferzante exploit probatorio che, dopo tante reticenze e ingiustizie, possa finalmente riannodare i fili attraverso una discernibile realtà processuale dei fatti.

E di fatti nuovi ce ne sono, come spiega la stessa Coggio: per esempio, la testimonianza (1997) del pentito Schiavone, anche questa desecretata, le prove inconfutabili che il capitano De Grazia fu avvelenato mentre si apprestava a raggiungere La Spezia “dove non arriverà mai e dove avrebbe acquisito l’ultimo tassello (quello definitivo) del suo puzzle…”. Perché, è certo, che le navi “a perdere”, la Rigel, la Latvia, la Rosso (ex Jolly Rosso), fatte debitamente “naufragare” o incagliate lungo le rotte del Mediterraneo, parcheggiarono e mollarono gli ormeggi nel e dal porto di La Spezia. E sempre a La Spezia c’è chi teneva i fili tra la supervision portuale e la criminalità organizzata, chi assicurava un lasciapassare ai mercantili, spesso in pessimo stato, raggirando passaggi importanti, verifiche e controllo dei carichi.

Già, La Spezia: moli appartati, installazioni militari, fabbriche d’armi, crocevia di servizi segreti deviati e uomini d’affari. Una città portuale senza spiaggia, ultima chance per alzare il velo di silenzio e omertà cui, in parte, è complice quella politica che paventa le verità con omissis, riserbo, decretazioni: il lato più oscuro del nostro paese.

Dopo quattro anni di nuove indagini, a seguito di un riscontro fortissimamente voluto da Legambiente (tramite un esposto presentato nel 2009), la magistratura spezzina si ripresenta con un’archiviazione e “nessuna notizia di reato”. Gli ambientalisti si oppongono, chiedendo al Gip d’andare avanti ora che ci sono simmetrie e prove concrete: “Elementi tali da far ritenere che a La Spezia, come in Italia, il capitolo navi dei veleni connesso al tema dei rifiuti tossici, sia ancora attuale; tanto in base alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, quanto alla nuova perizia sulle cause del decesso del capitano De Grazia, che stabilisce la morte non naturale dell’investigatore…”.

Il riesame, rinviato al prossimo 22 gennaio, in virtù, appunto, di una nuova documentazione presentata dalla dr.ssa Valentina Antonini, legale di Legambiente, si evince “in un quadro indiziario emerso dall’audizione di fonti testimoniali nell’ambito delle commissioni parlamentari d’inchiesta…”.

A nulla sono valse le dichiarazioni di Francesco Fonti (nel 2009), cui è scaturito l’esposto. Il pentito di ‘ndrangheta (deceduto nel 2012), parlò di una nave carica di rifiuti tossici, intenzionalmente “affondata” nel golfo di La Spezia, a quattrocento miglia dalla costa, con il placet della criminalità organizzata i cui target di scarico/rifiuti erano, secondo Fonti, anche paesi africani come Kenya, Somalia, Zaire, oltre ai fondali dei nostri mari: una deposizione reboante quanto inattendibile, secondo la magistratura.

Tutto questo mentre la procura di Nocera Inferiore, riapriva le indagini sulla strana dipartita del trentanovenne capitano Natale De Grazia, ravvisando elementi utili nel formulare l’ipotesi d’omicidio per avvelenamento, poiché, come scrisse Antonino Greco, capo del nucleo operativo provinciale dei Carabinieri a Reggio Calabria: “Si attivarono forze occulte di non facile identificazione” a seguire i movimenti dell’investigatore in procinto di chiudere le sue indagini. A De Grazia, infatti, mancavano i dati inerenti di 180 imbarcazioni affondate, fu eliminato durante il viaggio in macchina verso La Spezia, nel cui porto era stata ormeggiata, nel frattempo, l’ennesima carretta del mare, la Latvia.

Si presume che la morte del capitano e la presenza della Latvia siano due elementi irrimediabilmente connessi; tant’è che due giorni dopo la nave prese il largo con il suo carico misterioso. C’è voluto un intervallo lunghissimo per smentire la “verità ufficiale” di un “attacco di cuore improvviso”, accertare, invece, che De Grazia morì per “cause tossiche”, avvalorando la tesi dell’intrigo internazionale, a riprova di quanto sostiene anche la relazione conclusiva della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti.

Uno scenario accuratamente ricostruito nei “Trafficanti” di Andrea Palladino, un testo che, se non fosse tragicamente autentico, si potrebbe definire come la trama di una narrazione noir: nella notte del 10 settembre 1983, sul confine di Ventimiglia, un trasporto speciale pervenuto da Seveso, con quarantuno bidoni di diossina, passa di mano in mano, da un senatore italiano a un trafficante marsigliese, ex paracadutista. S’intraprende così una caccia in tutta Europa: dov’è finito il carico mortale, zeppo di scorie dell’Icmesa? E’ da quel giallo internazionale che ha origine il traffico dei rifiuti.

Dalle navi dei veleni e dal porto di La Spezia si arrivò a eliminare un investigatore integerrimo e scomodo come Natale De Grazia, all’esecuzione della giornalista del TG1, Ilaria Alpi e del suo operatore, Miran Hrovatin, in Somalia (dietro il duplice omicidio, transazioni d’armi e rifiuti tossici), fino al veneficio sistematico della Terra dei Fuochi nel Casertano, dove, come afferma Schiavone, “moriranno di cancro, nel giro di vent’anni…”.

Il sottobosco dei “trafficanti” è nel cosiddetto “mondo degli affari”, con persone prive di scrupoli che eludono le leggi vigenti sullo smaltimento, economizzando con la “sparizione”, l’inabissamento o l’interramento. Al loro servizio si offrono “professionisti” e “consulenti” come l’ingegner Giorgio Comerio, esperto di mine marine, che aveva progettato un vettore capace d’affondare nelle acque del Mediterraneo le scorie radioattive. O insospettabili manager al servizio di una società finanziaria svizzera che recapitavano alle aziende chimiche europee vere e proprie “circolari”, annunciando la possibilità di far sparire i rifiuti tossici nei paesi africani.

Tutti s’incontravano, si scambiavano “favori”, intrecciando legami con la malavita, dividendosi i mercati e le contabilità “in nero” delle tangenti. Un sistema molto ben congegnato, una geografia complessa che l’autore traccia anche attraverso fonti e rivelazioni inedite di “collaboratori” che tutt’oggi vivono sotto copertura.

Quando Palladino scrive che “la discarica Pitelli e La Spezia sono il simbolo vivo dell’Italia dei veleni”, ricordiamoci che per vent’anni, dai settanta ai novanta, nell’immondezzaio spezzino, un sito, tra l’altro, definito d’alto valore paesaggistico, sono finiti rifiuti nocivi al massimo grado (scorie nucleari, diossina di Seveso, scarti tossici sbarcati dalle prime navi dei veleni), mentre il processo per “disastro ambientale” terminato nel 2011, ha visto assolti tutti gli imputati per “inconsistenza dei fatti”.

A La Spezia, in quel “golfo dei poeti” tra Liguria e Toscana che Napoleone definì “il più bello del mondo”, dove soggiornò D.H. Lawrence decantandone le meraviglie e Richard Wagner ne fu tal punto ispirato che vi compose il preludio all’Oro del Reno, il crocevia internazionale dei veleni si inaugurò nel 1997. Il primo mercantile fu Lorna I, svanito nel nulla nel Mar Nero assieme al suo equipaggio, come pure dall’inchiesta sul traffico d’armi intrapresa alla procura di Trento dal giudice Carlo Palermo.

Seguì la motonave Nikos I, partita alla volta di Lomè in Togo, mai arrivata a destinazione, sparita in circostanze nebulose. Toccò poi alla Panayota, partita da La Spezia il 2 febbraio 1986, affondata l’11 marzo nei pressi dell’isola di Pianosa, dove testimonianze dell’epoca (raccolte da Legambiente), riferirono di un non meglio identificato “fango nauseabondo con vaste zone schiumose in evidente stato di putrefazione…”.

Al largo di Capo Spartivento scomparvero la Rigel e il suo carico ritenuto “sospetto” dalla procura di Reggio Calabria. Nel 1989, la Jolly Rosso, fu inviata in Libano dal governo italiano per il recupero di 2mila tonnellate in rifiuti tossici scaricati in precedenza da una società lombarda. Il mercantile, rinominato Rosso, prese il largo dal porto di La Spezia il 4 dicembre 1990 per incagliarsi a ridosso di Amantea, piccolo comune sulla costa calabra. Ufficialmente, il carico trasportava innocui generi di consumo, ma erano note agli inquirenti le attività illecite intorno al suo andirivieni; anche l’ultima delle tre inchieste (2009), sul caso Amantea, si è chiusa con un nulla di fatto.
http://www.altrenotizie.org/societa/5828-golfo-tossico-una-storia-italiana.html

Caserma Ceccaroni di Rivoli. C’è cronaca e cronaca. Ma quale denuncia?!

http://www.tgvallesusa.it/?p=4841

SCRITTO DA: VALSUSA REPORT – GEN• 13•14

Quando la verità te la raccontano quelli che in strada ci sono.

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Dai giornali nazionali “una trentina di No Tav questo pomeriggio ha bloccato tre mezzi dell’esercito che stavano rientrando dal cambio turno alla caserma Ceccaroni di Rivoli, sede del primo reggimento di manovra degli alpini della Taurinense.” “La Digos li ha identificati quasi tutti. I No Tav saranno denunciati per blocco stradale e violenza privata. Non è la prima volta che i No Tav organizzano manifestazioni di protesta e volantinaggio davanti alla caserma”.

Questa è la cronaca riportata dai giornali. Beh, noi c’eravamo e teniamo a precisare per ovvia imparzialità dei fatti.

Sono le 16.30 quando arrivano i primi No Tav che si schierano nel controviale antistante l’entrata della caserma Ceccaroni di Rivoli. Di lì a poco le macchine dei carabinieri si moltiplicano, parcheggiando sul ciglio della strada che entra in Rivoli – chissà perché non nel controviale dove i No Tav appendono striscioni alla rete che divide il parcheggio. Tutto procede senza particolari motivi di attrito, di lì a una mezz’ora, prima uno, pieno di truppa e poco dopo altri tre cacciamali di trasporto truppe alpine si accodano davanti all’entrata della caserma.

“Se avessero voluto entrare bastava che accelerassero” dirà un manifestante. Sulla statale intanto si crea l’ingorgo. Due solerti tutori dell’ordine prendono a dirigere il traffico in alternanza; giunge un graduato che fa muovere il convoglio facendogli raggiungere la rotonda per poi farlo tornare a parcheggiare nel controviale opposto alla caserma, il tutto in una manciata di minuti.

Nel mentre i No Tav attraversando sulle strisce distribuiscono volantini, che spiegano le ragioni della protesta. Ne distribuiscono 500, accolti volentieri dalla gente. Sopraggiungono altri comitati di Torino e della cintura, il gruppo raggiunge ormai il centinaio di persone. Insieme arrivano dalla questura agenti in borghese della Digos. Sopraggiungono i reparti della celere di Torino. Scendono equipaggiati di tutto punto – stranamente – e si schierano molto a ridosso della caserma. I No Tav decidono allora che è inutile restare. “Possiamo andare. La manifestazione è riuscita” tuona un pacifista del gruppo. Un dirigente impalca la striscia tricolore che indica la presenza dello Stato e quindi il repartino della polizia, in piena strada statale, bloccandola, parte in direzione della caserma. I No Tav si sono già defilati e lontani qualche passo. Inizia una camminata davanti ai No Tav che vengono inseguiti dalla polizia fino alla rotonda. E’ di oggi la seconda parte – “avevamo le macchine lì vicino e quindi siamo andati a fare un giro in Rivoli, ci hanno fermato e chiesto i documenti” – il resto è noto dai giornali nazionali.

  1. Volantinaggio, per la legge non serve autorizzazione.
  2. Blocco: volantinavano sulle strisce pedonali e i manifestanti erano nel controviale.
  3. Violenza privata: i pulmini erano lontani e nessuno ha intimato di sciogliere l’assembramento, anche perché i presenti si sono allontanati di propria spontanea volontà solo dopo una ventina di minuti.
  4. Trenta manifestanti: bisognerà contare bene, includendo quelli a spasso per Rivoli. “Ad un certo punto abbiamo visto chiedere documenti a persone che non erano con noi” ha affermato qualcuno di chi è stato inseguito.

La storia si chiederà? Un’azione di polizia calibrata o una volontà di colpire chi manifesta. E’ da un po’ che in valle si respira il tiro libero al No Tav, ma è questo il compito delle forze dell’ordine? La notizia dalla strada dove avvengono i fatti.

La visibilità si conquista con bottiglie, polli, foglietti, scritte

 http://www.notav.info/post/la-visibilita-si-conquista-con-bottiglie-polli-foglietti-scritte/

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Ci troviamo a commentare ancora una volta l’ennesimo motivo per cui il senatore del Pd Stefano Esposito si trova in prima pagina sui giornali. Non per commentare quell’attività parlamentare di cui nessuno darebbe notizia perchè sterile, nemmeno per le sue uscite di cattivo gusto su molti argomenti e nemmeno per l’ennesima bufala sul tav, ma ancora una volta perchè una qualche minaccia lo ha sfiorato. Succede sempre così, quando la visibilità del “ragazzo di strada” cala, insieme alle motivazioni del tav (adesso ad esempio i risarcimenti alle ditte per cui tanto si è prodigato sono arenati), ecco che succede qualcosa che lo riporta in auge. Sarà un caso?

Siccome velatamente le accuse della stampa sono più puntate sui i notav, permetteteci di pensare male perchè dopo stelle a cinque ( o sei ) punte sul cofano della macchina, bigliettini di minaccia anonimi, polli sullo zerbino di casa e altro che non ricordiamo, il gioco per divenatere famosi inizia a stancare.

Permetteci anche di dubitare ogni volta che una bottiglia con liquido infiammabile viene ritrovata da qualche parte. Abbiamo sempre alla mente la scuola Diaz di Genova e chi è stato condannato di recente tra le forze di polizia.

Permetteteci di non unirci al coro dei “povero Esposito”, permetteteci di stare nel coro  dei “basta Esposito”!

le bottiglie
le bottiglie
il pollo
il pollo