Bomba a mano trovata in un sacchetto lasciato all’ingresso di Equitalia

Una bomba a mano fabbricata nell’ex Jugoslavia, ma ancora in buono stato e completa di spoletta, è stata trovata in un sacchetto appeso all’ingresso degli uffici di Equitalia, a Chivasso (Torino). L’ordigno è stato rimosso dagli artificieri del comando provinciale di Torino dei Carabinieri.

Tempo fa, i dipedenti dell’agenzia delle entrate sono arrivati davanti alla sede in piazza Risorgimento trovando una vera e propria montagna di sterco davanti all’ingresso, a Gallarate (Va). Affissi, intorno all’entrata, cartelli di protesta che citavano le difficoltà di pensionati, mamme e lavoratori onesti a sostenere una pressione fiscale in crescita e un sistema di riscossione dei tributi che non sconta nulla

http://www.lindipendenza.com/bomba-a-mano-trovata-in-un-sacchetto-lasciato-allingresso-di-equitalia/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=bomba-a-mano-trovata-in-un-sacchetto-lasciato-allingresso-di-equitalia

Il Senato USA approva la risoluzione in sostegno del popolo ucraino

come hanno fatto loro con gli Occupy wall street?

Il Senato ha esortato le autorità a trattenersi dall’uso della forza nei confronti dei manifestanti e liberare tutti gli arrestati durante le proteste, ha comunicato sulla sua pagina di Twitter l’ambasciatore statunitense in Ucraina Geoffrey R. Pyatt.

“La notte scorsa il Senato USA ha approvato la risoluzione sul sostegno del popolo ucraino”, ha scritto l’ambasciatore. In particolare, nel documento è scritto che gli USA sostengono il popolo dell’Ucraina e il suo diritto sovrano di difendere il futuro indipendente e democratico per il proprio Paese.

I senatori hanno esortato i leader negli Stati Uniti e nell’Unione Europea a continuare il lavoro congiunto per l’attivo sostegno della risoluzione pacifica e democratica della crisi attuale in Ucraina.

http://italian.ruvr.ru/2014_01_08/Il-Senato-USA-approva-la-risoluzione-in-sostegno-del-popolo-ucraino/

Crisi: sono più quelli che se ne vanno degli stranieri che arrivano

e come faremo a pagare le pensioni? Gli italiani sono tanto choosy e non accettano posti di lavoro che in Italia abbondano a dismisura

Circa 50mila italiani tra il 2011/12 hanno lasciato il Paese «in cerca di fortuna all’estero», 13mila in più rispetto ai 37mila stranieri che hanno chiesto asilo in Italia. Il dato è stato reso noto dai direttori di Migrantes Triveneto, la realtà delle diocesi che si occupano di stranieri, che hanno fatto il punto dei fenomeni migratori, oggi al Cavallino, prima di presentare la situazione del nordest. In Italia ci sono oltre 5 milioni di immigrati con oltre 37mila che nel 2011-12 hanno chiesto asilo, ma nello stesso periodo oltre 50mila italiani per la crisi economica risultano cancellati come residenti perchè sono andati all’estero (il dato più elevato dal 2000). «La crisi economica attuale sta scatenando una inutile guerra tra cittadini italiani e stranieri – hanno detto i religiosi di Migrantes -, invece dalla crisi usciremo solo se sapremo impegnarci insieme. La crisi economica, infatti, ha messo in luce gli aspetti della mancata integrazione tra le diverse culture presenti nelle nostre comunità. Anche alla luce della mancata integrazione possiamo spiegare il fenomeno dell’affollamento di cittadini immigrati nelle nostre carceri e dell’aumento dell’emigrazione». Per quanto riguarda gli italiani, i religiosi hanno sottolineato come l’emigrazione dipenda dal fatto che «nei genitori di oggi c’è la palpabile sensazione che i loro figli dovranno vivere in una condizione sociale peggiore rispetto alla loro. Alla generazione dei giovani abbiamo ucciso speranza e futuro: è una generazione chiamata dai sociologi ‘perdutà. Prepariamo persone con alta formazione e non diamo loro la possibilità con il lavoro di contribuire a far crescere il nostro Paese».

http://www.lindipendenza.com/crisi-sono-piu-gli-taliani-che-se-ne-vanno-degli-stranieri-che-arrivano/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=crisi-sono-piu-gli-taliani-che-se-ne-vanno-degli-stranieri-che-arrivano

L’ “ANNO D’ORO” DEL CRIMINALE DI GUERRA TONY BLAIR: HA MESSO IN BANCA £.13 MILIONI

DI ASA BENNETT
Tony Blair ha incassato più di £ 13 milioni, il suo maggior successo economico da quando ha dato le dimissioni da Primo Ministro.
La ricchezza di Blair, che comprende una casa a Londra, una tenuta di campagna e numerose altre proprietà, è stimata in 70 milioni di sterline. L’ex PM ha costruito la sua fortuna negli anni come consulente ufficiale per la banca d’investimenti JP Morgan e per il colosso assicurativo globale con sede in SvizzeraZurich International.
Blair è consulente anche di alcuni governi, come ad esempio il regime del Kazakistan e richiede £ 250.000 per conferenze e partecipazioni private.
I sorprendenti risultati finanziari dell’anno scorso, che è terminato ad Aprile 2013, sono stati rilevati dai conti di due imprese di Blair, la Windrush Ventures e la Firerush Venturesscorsa, depositati la settimana scorsa presso la Companies House.
La Windrush Ventures, con 35 dipendenti, ha registrato un fatturato £ 14,9 milioni ed un utile, al netto delle imposte, di circa 2 milioni di sterline, segnando un aumento di £ 650.000 rispetto all’anno precedente. Ha pagato imposte sui profitti delle società per £ 653.000 come attestano i conti.  Windrush ha pagato anche £ 12.100.000 di spese per affitti di uffici, viaggi e alberghi per Blair e per il suo entourage.
Sembra che lo staff di Blair guadagni una media di £ 86.000, mentre il direttore più pagato incassa dalla società £ 273.000.
Un funzionario della City ha detto al Sunday Telegraph : “Questi numeri mostrano un grande miglioramento rispetto all’anno precedente. L’anno commerciale di Blair è stato molto buono, un anno eccezionale – il suo anno migliore”.
Sul sito-web Tony Blair si legge: “I dati che si leggono dagli ultimi bilanci …mostrano solo lo stato finanziario delle due società, attraverso le quali vengono scaricati tutti icosti di funzionamento di tutte le attività globali del “Tony Blair Group” e non rappresentano gli utili, i guadagni o il profitto delle imprese. Questi dati non sono riconducibili al risultato finale delle imprese nel loro insieme.”
Asa Bennett
7.01.2014
Traduzione per ComeDonChisciotte.org a cura di Bosque.Primario

ECCO LA RICETTA ECONOMICA DI MATTEO RENZI (ABOLIZIONE DEL CONTANTE E ALTRE AMENITA’)

non sapevo che la causa della crisi mondiale fosse il contante, ed io che pensavo fosse il sistema bancario e le sue truffe subprime, CDS e sui generis

DI FUNNYKING

rischiocalcolato.it
 
C’è un signore chiamato Davide Serra, questo signore è un giovane finanziere di successo che vive e lavora a Londra e ha fondato un fondo chiamato Algebris, se il nome vi suona familiare è perchè il buon Davide Serra è anche consigliere economico di Renzi e ne ha finanziato la campagna per le primarie.
 
Casualmente (oh ma tu guarda!) la Cassa di Risparmio di Firenze, ovvero la solita banca a guida politica che, siamo sicuri è totalmente indipendente (come no!) dall’influenza di Renzi, ha recentemente investito 10 milioni di euro nel fondo Algebris. (link)
 
Sia chiaro qui, su questo sito, non vogliamo in nessuna maniera insinuare che Matteo Renzi si sia fatto finanziare la campagna elettorale con un giro di soldi provenienti dalle decisioni di una banca a controllo pubblico. Non ci permetteremmo mai (e guai a voi se lo pensate). Figuriamoci se il “nuovo” Matteo Renzi possa mai operare come faceva il “vecchio” PIDDI’ col Monte dei Paschi.
 
Comunque Davide Serra è accreditato per essere un punta di diamante del think tank del Matteo nazionale e spesso fa capolino sui nostri talk show.
 
Recentemente il Sole 24 Ore lo ha intervistato appunto sulla RICETTA economica per salvare l’Italia (articolo tratto da Scenari Economici):
 
Davvero impressionante sentire Davide Serra, il finanziere amico di Renzi. Si notano 2 cose: quel che dice, e’ ripetuto da Renzi alla lettera. Qui trovate l’articolo del Sole 24 Ore a riguardo: riportiamo gli stralci piu’ significativi.
 
 AUMENTO ALIQUOTA RENDITE FINANZIARIE DAL 20% AL 30%
 
Tra le più importanti misure proposte da Serra per salvare l’Italia c’è l’aumento delle tasse sulle rendite finanziarie, e non di poco, addirittura di dieci punti percentuali, dal 20 al 30 per cento. Una cosa di sinistra. Serra propone di trovare un punto di Pil, circa 10 miliardi di euro, dai profitti sulle attività finanziarie, cioè proprio sul suo business.
 
RIDUZIONE TASSAZIONE SU IMPRESE E LAVORATORI
 
Il maggiore gettito per le casse dello Stato andrebbe a compensare, secondo Serra, una riduzione del 10 per cento delle tasse sulle imprese, per renderle competitive rispetto alle equivalenti europee, e delle imposte sui lavoratori.
 
APPLICARE IL FISCAL COMPACT E TROVARE 50 MILIARDI
 
Dobbiamo trovare 50 miliardi di euro l’anno per dieci anni, come dice il Fiscal compact che abbiamo firmato. Del resto quando un’azienda è sovraindebitata, non devi far altro che aggiustare la struttura del debito. Sono dolori, ma l’alternativa è saltare in aria. Il saldo degli aumenti e delle riduzioni non fa zero, per cui resterebbero da recuperare altri 10 o 15 miliardi di euro con precise misure anti evasione (che vedremo subito) e con la riduzione degli sprechi pubblici attraverso il metodo della Consip sui costi standard dell’amministrazione pubblica.
 
FARE PRESTO….
 
Sono dolori, ma l’alternativa è saltare in aria. Abbiamo il terzo debito del mondo, l’ottavo Pil che va verso il decimo, la terza disoccupazione giovanile e siamo 49esimi in competitività. Ogni anno perdiamo giri: o si prendono le decisioni o si salta.
 
SPOSTARE L’INDEBITAMENTO DAL PUBBLICO AL PRIVATO
 
Il primo problema è il debito sbilanciato: troppo debito pubblico, poco privato e poco delle aziende. Questo blocca la crescita.
 
TAGLIARE LA SPESA PUBBLICA
 
Il settore pubblico è la metà del nostro Pil, e non è il miglior operatore, anche a causa della corruzione congenita del nostro sistema. Prendiamo i numeri: abbiamo 2.000 miliardi di debito e un prodotto interno lordo di 1.600 miliardi, 850 dei quali sono spesa pubblica: pensioni, sanità, spesa corrente e interessi sul debito. Lo spread va abbattuto perché non incide soltanto sui 80 miliardi di interessi che paghiamo sul debito, ma anche sul costo del denaro che le banche prestano ai privati e alle aziende. C’è una sola soluzione: tagliare la spesa pubblica e riqualificarla togliendo sprechi e allocando correttamente le risorse, anche per migliorare i servizi.
 
LOTTA ALL’EVASIONE ELIMINANDO LE DEDUZIONI ED ABOLENDO IL CONTANTE
 
C’è da recuperare denaro dall’evasione, una delle cause del debito, e c’è da semplificare il sistema tributario che è una cosa da pazzi. Quando in Inghilterra faccio la dichiarazione, il mese dopo mi dicono quanto gli devo, e non ci sono deducibilità. Semplice. Le deducibilità sono fatte per comprare voti. Ci vuole una semplificazione totale. Siamo primi nell’economia sommersa: l’ultimo dato è del 21,5 per cento. Fino a qualche anno fa in Corea del Sud era al 20 per cento, ma il Fondo monetario ha imposto l’uso delle carte e in poco tempo l’evasione si è ridotta al 5 per cento. Da noi abolirei il contante e per i controlli farei incrociare le dichiarazioni dei redditi e il flusso di cassa a un operatore non italiano, a Google o al software usato dallo Stato francese. Altra cosa: ilavoratori autonomi sono il 32 per cento, ma valgono soltanto l’8 per cento delle entrate fiscali: 13 miliardi sui 165 del gettito da lavoro. I non dipendenti dovrebbero pagare una cinquantina di miliardi in più, una cifra intorno al 3 per cento del Pil. Senza questa evasione ventennale avremmo un rapporto debito-Pil del 60 per cento invece che del 130. E a noi basta arrivare al 100.
 
RIDURRE I DIRIGENTI NEL PUBBLICO IMPIEGO
 
Torniamo ai dati: abbiamo meno dipendenti pubblici dei nostri partner, ma li paghiamo di più, non nella parte bassa, ma in quella alta. Gli altri spendono il 13 per cento in meno rispetto a noi. L’impatto è devastante: uccidiamo la competitività, diventiamo deboli nei settori innovativi, ammazziamo le imprese e aumenta la corruzione.
 
TAGLI ALLE SPESE PUBBLICHE PER 30 MILIARDI COI COSTI STANDARD
 
Va dunque tagliata la spesa del 20 per cento, per un risparmio pari al 2 per cento del Pil. Come si fa? Tagliando i costi della politica, intanto: via il Senato, via le Province. E tutto il resto a costo standard, come prova a fare la Consip: cioè si prende l’esempio più virtuoso della Pubblica amministrazione ed entro tre anni tutti si devono adeguare. Nessuna scusa.
 
PENSIONI: CONTRIBUTIVO PER TUTTI
 
C’è una profonda ingiustizia tra chi è andato in pensione col sistema retributivo e chi ci andrà col contributivo. Nella gran parte dei casi i primi prendono più soldi di quanti ne hanno versati. Va fatta una revisione caso per caso o categoria per categoria, applicando a tutti lo standard contributivo. Se c’è chi prende 20 o 30 per cento in più di quanto ha contribuito magari glielo si lascia, così come a chi sta sotto certe fasce, ma se c’è chi prende una pensione superiore di 3 o 4 volte rispetto a quello che ha versato, be’, mi dispiace, si applica il contributivo. Che questa cosa non sia discussa è incredibile. Sono certo che ci sarà anche chi ha versato di più con il retributivo, ma questo dimostra l’illogicità del sistema. Nel 1983 si andava in pensione, in media, a 55 anni. Nel 2050 si andrà in pensione 15 anni dopo e si prenderà il 20 per cento in meno. Questo è un furto intergenerazionale, non diritti acquisiti.
 
PRIVATIZZAZIONI PER 120 MILIARDI
 
Vanno anche ceduti immobili per 70-80 miliardi e partecipazioni per 40 miliardi.
 
SINTESI FINALE
 
3 o 4 punti di Pil dall’evasione, altri 2 punti dal costo eccessivo della spesa pubblica, poi 4 punti e mezzo dalle pensioni. Abbiamo 10 punti di Pil ingiustificato aggredibile, il Fiscal compact ce ne impone due, due all’anno, in modo strutturale. Non è una missione impossibile. È realizzabile, matematicamente».
 
Ecco qui signori.
 
A voi il commento….
 
Keep Calm and Move to Me
 
FunnyKing
 
 
 
9.01.2014

Il Job Act e il congresso della Cgil: Camusso, Landini e Cremaschi con tre diverse posizioni

9/01/2014 17:21 | POLITICA – ITALIA | Autore: fabio sebastiani

Reazioni di segno diverso sul Job Act di Renzi da parte di Camusso, Landini e Cremaschi. Quel che è certo è che il tema entrerà prepotentemente nei lavori del congresso della Cgil, nella prima decade di maggio. Le reazioni del segretario della Cgil e di quello della Fiom alludono, infatti, ad un certo “fiato corto” da parte del sindacato rispetto alle proposte del vertice del Pd. Anche se Susanna Camusso assicura che i contatti tra i singoli membri delle segreterie (Pd e Cgil) sono frequenti (sic!), il Job Act sembra per il momento aver spiazzato il sindacato.
“Non possiamo che salutare con favore il dibattito politico che finalmente parla di lavoro e il fatto che il piu’ grande partito del centrosinistra sta impegnandosi a fare proposte”, dichiara il leader della Cgil,Camusso, intervenendo all’assemblea regionale toscana dei quadri e dei dirigenti del sindacato. “Il dibattito che si e’ aperto sul lavoro – ha aggiunto – e’ lo straordinario risultato della nostra resistenza, della nostra richiesta di ripartire dal lavoro”. A chi chiedeva al segretario della Cgil Susanna Camusso se il sindacato fara’ proposte per il Job act, lei ha ricordato che la Cgil ha il suo piano del lavoro e i suoi documenti congressuali: noi “ripartiamo da qui affermando e ribadendo che oggi il lavoro che c’e’ e’ troppo poco. Non siamo in grado di dare risposte se non si decide di creare lavoro” se non si mettono nuove risorse. Per questo, secondo Camusso, “non basta dire che sara’ la libera iniziativa del mercato delle imprese, magari con qualche incentivo, a favorire la ripresa. Sono cose utili, tutte, ma servono risorse per creare nuovi posti di lavoro”. L’osservazione di Camusso mette a nudo il nodo vero di tutto l’impianto di Renzi, la mancanza di risorse per far ripartire l’economia e quindi l’occupazione.

Di parere nettamente opposto è il leader della corrente di opposizione in Cgil, raccolta nel documento “Il sindacato è un’altra cosa”, Giorgio Cremaschi, che invita tutti a lasciare da parte le cautele. Il job Act di Renzi “va contrastato”. “Dalle anticipazioni che ci sono sulle proposte di Renzi si puo’ e si deve dare un giudizio negativo per almeno tre ragioni. Per questo non siamo d’accordo con la cautela di Susanna Camusso o con le aperture di Maurizio Landini”, spiega riassumendo i motivi, almeno 3, per i quali opporsi al nuovo piano lavoro del Pd.

Il primo “perche’ tutta l’ideologia del progetto e’ quella liberista di sempre secondo cui per creare lavoro bisogna togliere vincoli alle imprese ed esaltare la globalizzazione. Il secondo ”e’ che si allude ambiguamente alla estensione della indennita’ di disoccupazione, senza chiarire se questa si aggiunge a quello che gia’ c’e’ oggi, e allora bisogna finanziarla, o lo sostituisce e allora sono i lavoratori che la pagano finendo in mezzo ad una strada”.
Il terzo motivo, conclude, ”e’ il contratto di inserimento con piena liberta’ di licenziamento per i nuovi assunti che estendera’ ancora la precarieta’ del lavoro e che aprira’ la via a licenziamenti di massa”. “Sara’ sempre piu’ conveniente licenziare lavoratori con articolo 18 per sostituirli con nuovi assunto senza diritti”, conclude.

Landini, intanto, che non esclude altri incontri con Renzi “cosi’ come abbiamo fatto con i precedenti segretari del Pd e di tutti i partiti”, condivide l’idea di fondo “che oggi bisogna rimettere al centro il lavoro e che ci sono tante cose da cambiare in questo Paese” ma preferisce tenersi sul generico. “Se le proposte vanno in questa direzione, – ha osservato ancora Landini che ha sottolineato di voler approfondire la proposta – io penso che sia utile che si ridiscuta di questo”. “Mi permetto di aggiungere – ha proseguito – il tema dei contratti di solidarieta’ e di riduzione dell’orario di lavoro. Penso che, in questa fase, bisogna riaprire una discussione, incentivare l’uso dei contratti di solidarieta’ e se si vuole difendere l’occupazione, si deve ridistribuire anche il lavoro che c’e'”. Detta così sembrerebbe un dissenso. Staremo a vedere. Rimane il nodo della rappresentanza, che Renzi vuol ridurre alla presenza dei lavoratori nei Cda delle aziende. Di questo Landini non ha parlato, per il momento.
http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2014/1/9/38947-il-job-act-e-il-congresso-della-cgil-camusso-landini-e/

CLAMOROSO!, la Serracchiani beccata dai 5 stelle mentre tenta di aumentarsi l’indennità

http://www.laretenonperdona.it/2013/12/13/clamoroso-la-serracchiani-beccata-dai-5-stelle-mentre-tenta-di-aumentarsi-lindennita/?fb_action_ids=10202785008856644&fb_action_types=og.likes&fb_ref=below-post&fb_source=other_multiline&action_object_map=%5B1435276343354506%5D&action_type_map=%5B%22og.likes%22%5D&action_ref_map=%5B%22below-post%22%5D

serracchiani

Elisabetta Batic sul Gazzettino: “Non è andato a buon fine il tentativo della maggioranza di centrosinistra in Consiglio regionale di aumentare l’indennità di trasferta e rimborso spese per le missioni della presidente della Regione Debora Serracchiani e della sua Giunta. Si trattava di un incremento di 30 mila euro inserito all’interno della Finanziaria 2014, al vaglio in questi giorni dell’Assemblea legislativa, ma stoppato di fatto da un emendamento del Movimento 5 Stelle.

Emendamento che proponeva di stornare i 30mila euro in questione per farli confluire nel Fondo per lo sviluppo destinato alle piccole e medie imprese che i grillini già da mesi alimentano rinunciando a parte dei loro stipendi. Vuoi per mancanza di attenzione o per una lettura troppo frettolosa dell’emendamento è stata votata dai 5 grillini proponenti mentre l’astensione del centrosinistra ha permesso al M5S di fare goal col blitz di Elena Bianchi, Cristian Sergo, Ilaria Dal Zovo, Eleonora Frattolin e Andrea Ussai.

«Sai com’è – commenta la consigliera Frattolin – ora che la presidente è così impegnata a Roma …». Impossibile, infatti, non rilevare che il tentativo di aumentare l’indennità di trasferta della presidente arriva all’indomani del suo nuovo incarico all’interno della segreteria nazionale del Pd al fianco di Matteo Renzi.”

Credits: http://ilgazzettino.it/articolo.php?id=404034

L’EURO ARMA DELLA NATO CONTRO LA RUSSIA

ma come non era la Germania che ha costretto tutti quanti ad entrare nell’euro perché ci guadagnava solo questa nazione? Magari Rasmussen sarà il suo tirapiedi?
Di comidad del 09/01/2014
 
L’ingresso della Lettonia nell’area-euro è stato oggetto sulla stampa ufficiale di scontati commenti “cerchiobottistici”, basati su un espediente retorico sempre efficace, cioè il contrapporre ad osservazioni concrete delle questioni vaghe. Ad esempio: possibile che l’euro sia il responsabile di tutti i mali? Oppure: i disastri dell’area-euro sono sotto gli occhi di tutti, ma se un altro Paese ha deciso di entrarvi proprio adesso, allora non è che l’euro vanti delle virtù nascoste che solo un lungimirante osservatore esterno sa cogliere?
In questo modo si può fingere di discutere all’infinito, ottenendo così l’effetto desiderato, che consiste nell’avallare l’attuale stato di cose. Peraltro si può tranquillamente riconoscere che oggi l’euro in sé non è neanche il maggiore e peggiore dei mali che si porta dietro l’Unione Europea. Quando si chiede di allentare la morsa dell’austerità o di rendere più flessibili i parametri di bilancio, si è ancora fermi ad un dibattito precedente al 2012, l’anno dal quale la situazione della UE ha cominciato a sfuggire a qualsiasi tipo di plausibile narrazione.
Dal 2012 infatti è stato attivato quel nuovo organismo inenarrabile che va sotto il nome di Meccanismo Europeo di Stabilità, la cui maggiore risorsa a disposizione contro l’opinione pubblica è proprio la sua stessa assurdità. Chiunque cerchi di spiegare ad un ignaro in cosa consista il MES, rischia come minimo di passare per pazzo. Che senso ha un’istituzione europea che rastrella settecento miliardi (sic!) dagli Stati europei (centoventicinque miliardi solo dall’Italia), per poi poterglieli riprestare a strozzo in caso di bisogno? Che spiegazione confessabile può mai avere la totale immunità ed impunità legale dei vertici del MES proclamata dal Trattato istitutivo? Come si può giustificare il fatto che questi vertici del MES possano non accontentarsi dei settecento miliardi ed esigere ad arbitrio dagli Stati europei altre somme in tempi stretti e non negoziabili?
Dal 2012 l’UE ha dunque problemi persino più gravi dello stesso euro in quanto tale, e cioè l’instaurarsi all’ombra dell’euro di un racket finanziario senza precedenti nella Storia. Eppure la Lettonia ha saputo guardare oltre questi trascurabili dettagli criminali, scorgendo nell’euro delle celate virtù che sfuggono agli osservatori più prevenuti e superficiali. E quali sarebbero mai queste virtù?
Le virtù dell’euro si chiamano NATO. Il 6 novembre dell’anno appena trascorso, il segretario generale della NATO, il danese Rasmussen, è volato in Lettonia non solo per parlare di questioni strettamente militari, ma anche per complimentarsi platealmente con il governo lettone per la sua prossima entrata nell’area-euro. Oltre che dal sito della NATO, la notizia della perfomance di Rasmussen in Lettonia è stata lanciata con l’opportuna enfasi dal giornale online “Baltic Course”, un bollettino semi-ufficiale di politica e affari dei Paesi baltici.
I complimenti di Rasmussen al governo lettone però sapevano molto di imposizione camuffata, come a dire: ormai non potete tirarvi più indietro. Del resto Rasmussen non è affatto nuovo a questi pesanti interventi in questioni economiche e finanziarie, e può permettersi di farlo in base all’articolo 2 del Patto Atlantico, che impone l’integrazione economica dei Paesi membri della NATO. La virtù dell’euro non è allora nemmeno tanto nascosta, dato che la NATO non ha più nessun pudore a presentarsi e rivelarsi ufficialmente come il maggiore puntello del fatiscente edificio dell’euro.
Che la virtù recondita dell’euro sia proprio quella militare è confermato dalle stesse fonti lettoni. Il ministro delle finanze del governo lettone ha difeso l’ingresso nell’area dell’euro non con argomenti finanziari, bensì facendoci sapere che la decisione è stata presa soprattutto in funzione anti-russa, in modo da prevenire i ripensamenti che sono avvenuti in Ucraina, dove il brutale paternalismo russo è stato preferito alla brutalità tout-court della UE e della NATO.
Che il principale collante del cosiddetto capitalismo sia costituito dal militarismo, dovrebbe essere considerato una scoperta dell’acqua calda, visti i tanti precedenti storici; ma la tronfia mitologia del capitalismo riesce spesso ad occultare anche l’evidenza.

THE NEW AL-QAEDA IN SYRIA

# SYRIA COMMITTEES WEBSITE / ISIS AND AL-NUSRA: A REFORMATION OF AL-QAEDA IN SYRIA …

Press Review / 2014 01 09 /

LM & KH for SYRIA COMMITTEES Website

with Your Middle East – PCN-SPO/

http://www.syria-committees.org/

https://www.facebook.com/syria.committees

http://www.scoop.it/t/pcn-spo  SYRIA - RP al-qaeda in Syria (2014 01 09) ENGL

Sometimes NATO’s medias are showing the naked truth.

Today SYRIA COMMITTEES Website reports “Radically rethinking the radical Syrian rebels”, an article of ‘Your Middle East’ on AL-NUSRA and other jihadists.

“Al-Nusra is not only a re-packaging of al-Qaeda; it is actually a reformation, a rationalization and a rethinking of al-Qaeda ” analysis YME …

Excerpts :

“Banner Icon War in Syria Misconceptions of the Syrian conflict scene has led to imprudent analysis and understanding of the most radical rebel groups, writes Syrian national Ibrahim Fayyad. Having closely followed the evolution of the Syrian rebels since their emergence as a major player in the Syrian Revolution, I find that most of the coverage of the conflict is disturbing. There are repeated mistakes in reading the conflict scene and the rebel map, which result in misguided analysis and evaluation of the rapidly unfolding events.”

 4 MAIN GROUPS

“A while back we saw thousands of rebel groups come to life and it would have been difficult to examine the entire web of groups and affiliations. Today the task is somewhat easier as those small groups gather under unifying umbrellas. Four groups stand out and bring under their command roughly all the rebel fighters in Syria: the Revolutionary Front of Syria, the Islamic Front, al-Nusra Front and the Islamic State of Iraq and Sham (ISIS).”

 ISLAMIC STATE OF IRAQ AND SHAM (ISIS)

“The most controversial is ISIS. It attracted the attention of the international media and intelligence services alike, though it is the smallest of the radical rebel groups. The interest in the ISIS is mainly because it is thought to be the most extreme and as often the case, wrongly reported to be an al-Qaeda affiliate. Unlike al-Nusra, ISIS didn’t declare itself as part of al-Qaeda. On the contrary, it defied Ayman al-Zawahiri and refused to disband itself showing that it’s not answerable to al-Qaeda.”

 AL-NUSRA FRONT

“Al-Nusra Front, the only faction that is designated by the US as a terrorist organization, is the second champion of radicalism, from the international community perspective. al-Nusra constitutes a good case study for the difficulty in tracing the evolution of the fighting factions in Syria. It was established at the beginning of 2012. A year after its formation al-Nusra was split in two, giving birth to ISIS. The split sent al-Nusra into a transformation process (…)

Al-Nusra is not only a re-packaging of al-Qaeda; it is actually a reformation, a rationalization and a rethinking of al-Qaeda. Its leader al-Joulani in his first media appearance on Al-Jazeera stressed that al-Nusra is the outcome of the lessons learned in Afghanistan, Iraq and elsewhere. The application of those lessons and their consequences is what distinguishes al-Nusra from ISIS.”

 THE IDEOLOGY OF AL-QAEDA

“ISIS and al-Nusra remain the closest groups to the ideology of al-Qaeda and while ISIS is stricter than the classical al-Qaeda, al-Nusra chooses a different path to social Islamic reformation and is more open to cooperation with other groups. However, both ISIS and al-Nusra have gone far in penetrating the Syrian society and the Middle Eastern society at large.”

“(…) Despite the radical transformation and expansion of al-Qaeda and its sister organization(s) (i.e. ISIS) we still see the same rigid approach towards those organizations from the West and the US particularly. The eradication attempt of al-Qaeda and its host, the Taliban, in Afghanistan has failed badly and instead of bringing al-Qaeda to an end, it helped it to expand across the Muslim world and beyond while its host the Taliban is still holding on with undeniable political and social influence and presence.”

Quotations from ‘Your Middle East’/

Titles and comments : SYRIA COMMITTEES Website

http://www.syria-committees.org/syria-committees-website-isis-and-al-nusra-a-reformation-of-al-qaeda-in-syria/

Pic: Supporters of Al-Nusra march in the Bustan al-Qasr district of Aleppo on February 8, 2013 (AFP)

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http://www.syria-committees.org/

https://www.facebook.com/syria.committees

Fuggire dall’Italia si deve

giovedì, gennaio 9, 2014
migrante italiano
 L’Italia è ormai un paese vecchio e povero. Si è svuotato d’improvviso a seguito dell’incrudelirsi della crisi economica cui una classe dirigente di scarse competenze e talento politico non riesce a dare risposta. Un generale fuggi fuggi dei giovani, che non trovano lavoro perché il lavoro non c’è, viene deprecato dai tromboni del potere: restate, dicono, perché la crisi si risolverà. Già, ma come? Nessuno lo dice. Al di là di un generico cicaleccio su un programma confuso di riforme non si va e il fuggi fuggi assume contorni di un vero allarme nazionale. Nel bel paese ad un laureato in Economia con Master viene offerto al massimo uno splendido impiego in un call center cupo e triste. Ovviamente cupo e triste è anche il salario, modesto e incerto. E le prospettive di una crescita professionale sono pari a zero. Fa benissimo chi fugge perché in Italia non c’è alcuna speranza di farcela. Sottopagata la ricerca universitaria per non parlare dell’impossibilità di entrare negli Ordini professionali al di là dell’esame di Stato. Chi vuole fare impresa non ha strumenti finanziari per dare avvio alle proprie idee e una burocrazia di incompetenti fa il resto. Il paese è alla paralisi, privo di mobilità sociale: una situazione da ancien regime. C’è chi può e chi aspetta e chi aspetta aspetterà in eterno. Intere generazioni pagano il prezzo di una crisi che ha distrutto il lavoro. Verranno divorate dal debito ed espoliate di ogni sogno. Ma di chi è la colpa? Nonostante i becchini dell’informazione cerchino di imbrogliare le carte con tg che sembrano bollettini di guerra civile tanto per agitare le paure sociali e suscitare il desiderio d’ordine, la colpa è dell’intera classe dirigente italiana. Trasformismo, latrocinio, corruttela, menzogna dominano la scena pubblica, mentre nell’ombra le classi lavorano per piazzare i loro figli all’Università o in una redazione per i meno capaci. Un organigramma dei nomi e dei cognomi di chi lavora nei posti chiave del paese dimostra come una élite di discutibili qualità morali tramandi il lavoro di padre in figlio. Esempio lampante la signora Berlinguer. Senza alcuna verifica delle competenze, delle abilità. Chi fugge fa bene perché la riforma della morale pubblica è una battaglia persa. Chi la propugna dal pulpito di un giornale o dalla tribuna della politica è poi già pronto a piazzare il figliolo laddove può. Le nuove generazioni hanno capito che della élite dirigente italiana non si può fidare: per questo scappano. I mali del paese stanno così affondando il paese stesso. Privo di una generazione giovane, il paese morirà. Ne discuteranno Santoro, Travaglio, Floris e forse Sallusti. Parlando al vuoto perché a sentirli tra poco non ci sarà più nessuno.

Stefania Pavone, giornalista free lance e collaboratrice di Cogito Ergo Sum
http://cogitoergo.it/?p=24724