LO STATO CHE TORTURA E UCCIDE – da: “PRESA DIRETTA”

Da IL FATTO – LO STATO CHE TORTURA E UCCIDE “P R E SA D I R ETTA” – di Chiara PAOLIN

8 gennaio 2014 alle ore 14.00

LO STATO CHE TORTURA E UCCIDE LA RABBIA DI CHI GUARDA   “P R E SA D I R E T TA” MANDA SU RAI TRE LE STORIE DI ABUSI E VIOLENZE SU SEMPLICI CITTADINI EMOZIONE E SDEGNO TRA GLI UTENTI, IL SINDACATO CONSAP: “FANGO SU DI NOI”

di Chiara Paolin

La verità più indicibile diventa semplice se si raccontano i fatti, uno dopo l’altro. Lunedì sera Presa-diretta ha messo in fila gli episodi accertati dalla cronaca negli ultimi anni: tutte le volte che un poliziotto, un carabiniere, un agente penitenziario hanno negato il diritto alla dignità di un cittadino; tutte le volte che, invece di applicare la legge, gli uomini di Stato hanno schiaffeggiato, bastonato, preso a calci e pugni una persona affidata alla loro responsabilità.    Chi legge il Fatto Quotidiano conosce molte di quelle storie, perché ha seguìto nel tempo la fatica delle famiglie, la rabbia di chi ha disperatamente lottato per veder riconosciuta la violenza inferta ai propri cari. Riccardo Iacona e Giulia Bo-setti, autori della puntata, hanno mostrato le foto dei morti insanguinati, i video delle aggressioni registrati fortunosamente da qualche testimone, gli sguardi persi di chi ha vissuto un abuso. E gli italiani hanno capito. Hanno lanciato allarmi via Facebook e Twitter: guardate che cosa sta andando in onda, accendete su Rai3, è un dovere civile. Bisogna per forza guardare la mamma di Federico Aldrovandi, la sorella di Stefano Cucchi, gli amici di Giuseppe Uva, la faccia di chi ha temuto di non poter mai arrivare alla verità sul proprio dolore.    SONO STATI LORO lo strumento più efficace per far prendere a tutti coscienza piena di un fenomeno su cui nessuno può tacere. Soprattutto quando i dettagli spiegano la banalità del trattamento riservato a esseri umani strapazzati come bambole. “A Federico gli sono saltati addosso, sulla schiena, gli hanno fermato il cuore, si sono rotti due manganelli su quattro” ha detto la mamma di Aldrovandi. “In Italia non esiste la pena di morte, non la possono fare loro. Io madre te l’ho dato sano, me l’hai dato morto” piange ancora Rita Cucchi.      Ma il valore più riconoscibile per i “Morti di Stato” è la sequenza meccanica delle storie meno famose, di chi è arrivato con la sua pena scandalosa fino ai giornali locali, ai dubbi di un cronista blandito dalle rassicurazioni ufficiali: nessun abuso, il problema è stato il soggetto violento, ubriaco, fanatico, malato di mente.    A VOLTE BASTA essere fratelli e mettersi a litigare un po’ più forte del normale per essere portati in Questura e rimediare una scarica di legnate (Tommaso e Niccolò De Michiel). Basta rispondere storto a un poliziotto durante un controllo per finire ammanettato e stramazzare al suolo senza che un solo testimone   voglia spiegare come e perché (Michele Ferrulli). Oppure, vai allo stadio, finisci in un pestaggio alla stazione e resti disabile per tutta la vita (Paolo Scaroni).    “Dedichiamo Presadiretta a uomini   delle Forze dell’ordine che ogni giorno cercano di essere all’altezza della divisa e della Costituzione” ha twittato Iacona a fine serata. “Una trasmissione vergognosa che infanga la professionalità: invitiamo tutti   i colleghi a non pagare il canone” ha risposto il sindacato Consap. Nessuna reazione ufficiale è arrivata dal governo, dalle forze politiche, da carabinieri e polizia. Il silenzio, ancora.     FEDERICO ALDROVANDI    Viene ucciso a Ferrara la notte del 25 settembre 2005 a soli 18 anni. A colpirlo con calci e manganellate sono quattro poliziotti, condannati in via definitiva a tre anni e sei mesi di reclusione. Scontata la pena, sono tornati in servizio.    RICCARDO RASMAN    Viene ucciso a Trieste il 27 ottobre 2006. Ha 34 anni e gravi disturbi psichici. Tre poliziotti fanno irruzione in casa sua dopo la segnalazione di un vicino e lo incaprettano col filo di ferro. La Cassazione ha confermato la condanna a sei mesi.    GIUSEPPE UVA    Muore il 14 giugno 2008 a Varese dopo una notte in caserma dei Carabinieri. Inutile un primo processo. Il pm dell’inchiesta, Agostino Abate, è oggetto di un’azione disciplinare da parte del ministero ed è accusato dal Csm di ignoranza e negligenza. STEFANO CUCCHI    Muore nel reparto detentivo dell’ospedale romano Pertini una settimana dopo il suo arresto per droga. È il 22 ottobre 2009. Il processo di primo grado ha visto l’assoluzione di tre agenti penitenziari e la condanna dei soli medici imputati. GABRIELE SANDRI    Ucciso mentre con altri ultras laziali sta lasciando in auto l’autogrill di Badia al Pino l’11 novembre 2007. A sparare un colpo di pistola, dall’altra parte dell’A1, è il poliziotto Luigi Spaccarotella, condannato in Cassazione a 9 anni e 4 mesi di reclusione. STEFANO BRUNETTI    Muore il giorno dopo essere stato arrestato per un tentato furto il 9 settembre 2008. Quattro poliziotti del commissariato di Anzio sono stati accusati di omicidio preterintenzionale, ma il Tribunale li ha assolti con formula piena. MICHELE FERRULLI    Muore il 30 giugno 2011 a Milano durante un controllo di polizia. Viene ammanettato e crolla a terra. A giudizio ci sono 4 agenti ma, dopo i primi giorni, nessuno dei tanti testimoni sembra più disposto a testimoniare contro di loro.

LO STATO CHE TORTURA E UCCIDE – da: “PRESA DIRETTA”ultima modifica: 2014-01-09T08:48:27+01:00da davi-luciano
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