Archivi giornalieri: 25 dicembre 2013
Roma, in via Cristoforo Colombo sfila il popolo dei vessati da Equitalia
Ungheria: banche estere ‘cacciate’ dal Paese
by Antonio Merolla 23.dic 2013
Budapest – Quattro delle otto grandi banche straniere che operano in Ungheria, e che detengono il 70% del mercato, abbandoneranno le loro attività nel paese magiaro nei prossimi sei-diciotto mesi. E’ quanto ha affermato il governatore della banca centrale ungherese, Gyorgy Matolcsy, in un’intervista al canale televisivo Hirtv .
“Si erano già diffusi dei rumors secondo cui quattro delle otto grandi banche … potrebbero ritirarsi in 3-4 anni, ma per come sembra adesso, si ritireranno in 6-18 mesi”, ha detto il governatore senza fare i nomi di banche.
Sia Unicredit che Banca Intesa sono presenti in Ungheria. Intanto nei giorni scorsi, la Corte Costituzionale ungherese – Kuria – con una sentenza sui prestiti in moneta estera – situazione esplosiva in Ungheria – ha di fatto favorito le grandi banche estere deferendo, tra le proteste del governo, la giurisdizione sul tema alla Corte Europea.
Oggi il partito di governo Fidesz ha protestato e richiesto che la Kuria si pronunci e non attenda la Corte Europea. A dimostrazione di come, al contrario della propaganda eurofila, non vi sia alcuna ‘dittatura’ in Ungheria e che, le élites burocratiche, finanziarie e giudiziarie siano tutte parte di uno stesso sistema di potere che difende se stesso. Soprattutto dalla democrazia.
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La Spagna sull’orlo di una crisi sanitaria?
senza contare i contagiati.
L’Economist spiega perché, tra i tanti tagli imposti dalla Troika alla Spagna, uno dei più pericolosi è quello alla sanità pubblica. Il crollo degli investimenti e i tagli alla prevenzione potrebbero rivelarsi disastrosi.
All’inizio di quest’anno, in Spagna un immigrato non si è sentito bene ed è andato all’ospedale con i sintomi tipici della tubercolosi. I relativi test gli sono stati rifiutati ed è stato rispedito a casa. Non molto più tardi ha iniziato a sentirsi così male che si è precipitato al pronto soccorso, dove è stato nuovamente respinto. Poco dopo, è morto.
Come molti altri immigranti illegali, viveva in una piccola casa con altre 10 persone. Dal momento che la tubercolosi è contagiosa, tutti e 10 sono ora a rischio. Difficilmente riceveranno aiuto dalla Spagna: a causa delle misure di austerità e di un cambiamento legislativo nel 2012, il governo non eroga più agli 873.000 migranti non registrati le cure che non siano di emergenza. Questo potrebbe causare nel prossimo futuro un’enorme crisi sanitaria, come dicono i ricercatori della Scuola Londinese di Igiene e Medicina Tropicale (LSHTM).
Uno studio pubblicato il 14 Dicembre su Lancet, una rivista medica, ha lanciato l’allarme sullo stato della sanità spagnola. Fino ad oggi, l’attenzione dei media europei si è concentrata sull’impatto dell’austerità sulla sanità greca, con segnalazioni di incrementi drammatici di casi di HIV, malattie mentali, tubercolosi e del ritorno della malaria. La Grecia ha fatto tagli alla sanità pubblica 2 anni prima della Spagna, quindi l’impatto è risultato evidente prima. Ma la situazione in Spagna è altrettanto preoccupante, avverte Helena Legido-Quigley del LSHTM, la quale teme che, se il governo non cambierà presto strategia, si assisterà anche in Spagna a fenomeni simili a quanto già successo in Grecia.
Quando la crisi ha colpito, il governo spagnolo ha tagliato la spesa a un sistema sanitario già debole di per sé (la spesa sanitaria in Spagna è al 7% del PIL contro una media del 7,6% nella UE, mentre è all’8,4% in Germania e al 9,5% in Danimarca). La spesa sanitaria è stata ridotta del 13,7% nel 2012 e del 16,2% nel 2013 (inclusi i servizi sociali). Alcune regioni hanno imposto tagli addizionali di un altro 10%. Di conseguenza, una parte rilevante della popolazione spagnola è ora esclusa dalle cure mediche di base, il che potrebbe portare a problemi di sanità pubblica per l’intera popolazione.
Elena Urdaneta, di Doctors of the World, un’organizzazione senza fini di lucro, dice che questa politica non è solo ingiusta, ma anche molto pericolosa per la sanità pubblica. “Puoi escludere le persone, ma non puoi escludere le malattie”. Rifiutarsi di vaccinare i figli degli immigrati, per esempio, non è solo meschino, ma anche inefficiente. E’ molto meno costoso vaccinare piuttosto che dover affrontare il diffondersi di un’epidemia. Ciononostante, è quello che sta succedendo in molte regioni spagnole.
Perfino per chi ha ancora il diritto all’assistenza sanitaria, alcuni trattamenti, compresi quelli necessari per l’epatite C e alcuni tipi di cancro, ora richiedono che sia il paziente a pagare parte della cura. Questo ha spinto diverse persone a non assumere i farmaci di cui avrebbero bisogno, ma che non possono più permettersi.
Poiché l’impatto di queste politiche sulla salute tende a manifestarsi dopo alcuni anni, la vera e propria crisi della sanità pubblica diventerà evidente solo quando sarà troppo tardi, avverte la Legido-Quigley. Gli operatori sanitari temono che, se non viene fatto nulla per invertire queste politiche, la Spagna scivolerà giù per una ripida china.
Il prezzo pagato dagli Stati Uniti per controllare il diffondersi di un focolaio di tubercolosi a New York negli anni ’90, l’enorme somma di 1,2 miliardi di dollari, ha dimostrato il valore della prevenzione, che sarebbe costata un decimo di quanto fu speso e avrebbe evitato parecchi danni alle persone. I recenti tagli alla sanità spagnola compromettono l’impegno nella prevenzione. Essi rischiano di smantellare un sistema che, fino a poco tempo fa, è stato uno dei migliori in Europa in termini di efficienza.
http://vocidallestero.blogspot.it/2013/12/la-spagna-sullorlo-di-una-crisi.html
DALLA PERDITA DELLA SOVRANITA’ ALIMENTARE ALLA SCHIAVITU’
Quattrocento anni fa, gli esseri umani, prima dell’avvento del capitalismo, si nutrivano con più di 500 specie diverse di piante. Cento anni fa, con l’egemonia della rivoluzione industriale, si sono ridotte a 100 le specie diverse di cibo, che dopo l’aratura passavano ai processi industriali. Da trent’anni, dopo l’egemonia del capitale finanziario, la base di tutta l’alimentazione dell’umanità è rappresentata per l’80% da soia, mais, riso, fagioli, orzo e manioca. Il mondo è diventato un grande supermercato, unico. Le persone, indipendentemente da dove vivono, si nutrono della stessa dieta di base, fornita dalle stesse imprese, come se fossimo i maiali di una grande porcilaia che aspettano, passivi e dominati, la distribuzione della stessa razione giornaliera.
C’è stata una enorme concentrazione della proprietà della terra, dei beni della natura e del cibo. Qual è la soluzione?
In primo luogo abbiamo bisogno di rinegoziare in tutto il pianeta il principio che il cibo non può essere una merce. Il cibo è l’energia della natura (sole più terra, più acqua, più vento) che muove gli esseri umani, prodotti in armonia e collaborazione con gli altri esseri viventi che formano l’immensa biodiversità. Tutti dipendiamo da tutti, in questa sinergia collettiva di sopravvivenza e di riproduzione. Il cibo è un diritto di sopravvivenza. E quindi, ogni individuo della terra dovrebbe avere accesso a questa energia per riprodursi, in maniera egualitaria e senza alcun vincolo.
Noi sosteniamo il concetto di sovranità alimentare, che è il bisogno e il diritto che in ogni territorio, ci sia un villaggio, una tribù, un insediamento, una città, uno stato e anche un paese, ogni popolo abbia il diritto e il dovere di produrre il proprio cibo.
[João Pedro Stédile]
L’inquinamento prodotto dal capital/liberismo ha fatto tabula rasa di ogni forma di vita. Così non c’è più niente da pescare, da cacciare, un orto da coltivare, e più in breve, la possibilità procurarsi quel cibo, al fine di soddisfare i bisogni primari della gente. Ci è stato impedito di seminare, costringendoci ad acquistare al Mercato del Grande Malfattore, sementi geneticamente modificate, ortaggi e animali da cortile, clonati e pompati, e quella lunga lista di sostanze chimiche cancerogene che devastano i corpi dei nostri figli, dispensando dolore e paura fra la cittadinanza. L’obiettivo di tutto questo è di controllare la catena alimentare globale per renderci schiavi, e dipendenti dalla loro insanguinata mercanzia – non che sterco del diavolo.
Questo non ha niente a che vedere con l’idea di alimentare il mondo. Il vero scopo è di aumentare gli introiti delle grandi *corporation dell’industria chimica, e cancellare ogni nostra risorsa, capacità, e residua volontà – Renderci inoffensivi, insomma, per poi schiacciarci come un pugno di mosche, ronzanti e fastidiose. Noi, le inconsapevoli cavie di laboratorio, di un progetto di sperimentazione di stampo nazista, di dimensioni planetarie, che terminerà con “la soluzione finale”. Uno sterminio, questo, scientificamente programmato, che rientra in un progetto di sfruttamento integrale di ogni risorsa energetica e degli individui, asserviti e resi schiavi in ragione della loro (presunta) inferiorità, incapacità e inutilità. Esseri non uomini, né animali, che non appartengono ad alcuna razza, specie, e forma di vita, ma meri ingranaggi di un Sistema necrofilo, e clienti classificabili esclusivamente sulla base del loro potere d’acquisto.
Io, da questo preciso momento, impugno contro lo Stato, il mio diritto di nascita – naturale, inderogabile e inalienabile – in virtù del quale a ogni uomo spetta un pezzo di terra da coltivare, l’accesso all’acqua, e un riparo. Inoltre chiedo e pretendo il risarcimento di tutti danni procurati all’ambiente (non che la sua immediata bonifica), e causa i quali, si è determinato un livello di contaminazione tale, da avere resa impossibile qualsiasi condizione di autonomia e di autosufficienza, che dall’alba dei tempi era alla base di ogni società che si definisca “civile” e libera.
Così, ci è stata sottratta ogni sovranità, e calpestato il più naturale fra tutti i diritti dell’uomo: il diritto alla felicità.
Ma io non ci sto!!! Noi non ci stiamo!!! Da questo preciso momento, si è resa necessaria, e prioritaria a tutto il resto, una dichiarazione di guerra contro tutti quegli stati che non intendono rispettare i diritti naturali, intangibili e irrinunciabili dell’individuo, dal giorno del suo concepimento su questa terra.
E quando presto la disoccupazione raggiungerà livelli inimmaginabili, e la qualità della vita a caduta libera costringerà centinaia di milioni di individui del mondo occidentale all’accattonaggio e a ogni sorta di aberrazione, allora, e solo allora, comprenderemo il valore incommensurabile della Madre Terra e del suo infinito potere – La Terra, il solo padrone al quale avremmo dovuto sottometterci, sottostare e ubbidire, rispettandone le sue regole ancestrali, senza diventarne schiavi e servi, ma attraverso Lei, ritrovare l’autentico e primigenio significato di libertà. E quando tutto sarà palese e noi, volenti o nolenti, ignoranti e intelligenti, dovremo per forza e necessità prendere atto di quali erano le reali finalità del Sistema Bestia e del suo piano diabolico di omologazione, a quel punto, saremo già tutti schiavi.
A ogni essere umano, ripeto, spetta un pezzo di terra, l’accesso all’acqua, una dimora, e la possibilità inderogabile di potere soddisfare i suoi bisogni primari con la sola forza delle sue braccia, e attraverso quella passione vivifica e salvifica, che nasce da quel rapporto simbiotico di mutuo scambio che da sempre si era stabilito fra uomo e natura. Ma oggi questo diritto è stato calpestato e reso ridicolo.
Da qui, nasce la necessità di assegnare i beni della natura (terra, acqua, energia) ripartiti fra tutti gli individui della terra.
Fino al momento in cui non saranno ripristinati tali diritti e le condizioni necessarie atte all’epocale e radicale cambiamento di riconversione, i governi delle nazioni tutte si dovranno nel frattempo accollare l’onere e l’obbligo di provvedere alla sussistenza dei cittadini (reddito di cittadinanza), in virtù di una somma congrua mensile per ciascuno di loro. In seconda battuta, va messo in campo un piano di esproprio, a danno dei grandi proprietari terrieri, grandi detentori di patrimoni, latifondisti, multinazionali dell’agroalimentare, e dell’industria chimica, per dare inizio ad un’equa distribuzione del suolo, sull’onda di una nuova e luminosa rinascita.
Le società si potranno definire democratiche e civili, solo a patto di garantire ai cittadini il diritto alla sopravvivenza e all’autonomia, avendo accesso al cibo-energia necessario.
*Monsanto, Syngenta, DuPont, Dow, Bayer e Basf –
http://www.oltrelacoltre.com/?p=17667
PERCHE’ GLI AGRICOLTORI AFRICANI NON VOGLIONO GLI OGM
Posted By Lino Bottaro On 24 dicembre 2013
Posted on 24 dicembre 2013 [2] da Alba Kan [3][4]Le voci delle multinazionali e dei loro alleati chiedono la promozione di sementi geneticamente modificate (e le necessarie modifiche alle leggi africane per permettere la loro diffusione) come una soluzione alla bassa produzione di cibo e alla fame in Africa. Nel mese di ottobre il World Food Prize è stato assegnato a tre scienziati, due dei quali appartenenti ai giganti dell’agroalimentare Monsanto e Syngenta, per il loro progresso nello sviluppo di organismi geneticamente modificati. Recentemente, i redattori del Washington Post hanno fatto appello a “dare una possibilità alle colture geneticamente modificate” in Africa e hanno chiesto un dibattito aperto. L’Alleanza per la Sovranità Alimentare in Africa, una rete di piccoli agricoltori, pastori, cacciatori-raccoglitori, popolazioni indigene, cittadini e ambientalisti africani, è lieta di includere le voci dei contadini africani nella discussione.Promuovere gli OGM come soluzione è una mancanza di rispetto per la cultura africana e offende la nostra intelligenza, e questo presume una conoscenza superficiale dell’agricoltura nel nostro continente. Esso si basa sull’immagine, comune a molti occidentali, che vedono un’Africa povera, indigente, affamata, afflitta da malattie, senza speranza e impotente, bisognosa di essere salvata da un angelo bianco occidentale. E’ la stessa immagine brandita dai colonialisti per razionalizzare i loro misfatti nell’appropriarsi dell’Africa, la stessa immagine esibita oggi dai neo-colonialisti per razionalizzare la loro corsa all’appropriazione delle terre e delle risorse naturali del continente.Coloro che promuovono la falsa soluzione degli OGM, consigliano agli agricoltori africani di sviluppare un ciclo di dipendenza a lungo termine, forse irreversibile, dagli interessi di una piccola manciata di decisori all’interno di aziende che determineranno quali semi, con quali caratteristiche genetiche e necessità e con quale imput chimico, saranno prodotti e messi a disposizione per le persone in Africa. E’ il cammino verso una profonda vulnerabilità e centralizzazione del processo decisionale che è contrario alle migliori pratiche agricole e alla solida formulazione di politiche pubbliche. L’evidenza e le nostre esperienze con gli agricoltori indicano chiaramente un percorso più raziole e appropriato: investire in una transizione verso sistemi agricoli più sostenibili e agro-ecologici che si basano sulla saggezza e la capacità di decine di milioni di contadini africani di prendere decisioni, controllare e adattare le loro risorse genetiche come la via verso una maggiore benessere e resilienza per l’Africa.Che cosa è successo dopo 20 anni di colture OGM negli Stati Uniti? Gli agricoltori che hanno utilizzato sementi OGM resistenti agli erbicidi sono ora alle prese con il costo della lotta contro le erbe infestanti resistenti agli erbicidi. Si stima che il 49% delle aziende statunitensi soffrono per erbe infestanti resistenti al Roundup, cioè il 50% in più rispetto allo scorso anno. Di conseguenza, dal 1996 c’è stato un aumento sproporzionato dell’uso di erbicidi: più di 225 milioni di chili negli Stati Uniti. Nel frattempo, gli agricoltori che hanno utilizzato sementi resistenti ai parassiti, si trovano ad affrontare lo stesso problema con i parassiti divenuti resistenti ai prodotti tossici di cui essi sono portatori. In Cina e in India i risparmi iniziali conseguenti alla riduzione dell’uso di insetticidi con il cotone Bt, sono stati erosi dalla lotta a parassiti resistenti secondari.Secondo il Centro Africano per la Sicurezza Biologica, in Sudafrica il mais transgenico selezionato su un unico carattere (produzione di insetticida naturale) ha sviluppato una resistenza così totale agli insetti, che è stato ritirato dal mercato. Negli ultimi anni le perdite di produttività erano tali che Monsanto doveva compensare gli agricoltori per i trattamenti di insetticidi per evitare perdite economiche. Questa fallimentare tecnologia sarà ora introdotta in altri paesi africani sotto gli auspici del progetto Mais Hidroefficiente per l’Africa promosso congiuntamente da Monsanto e Fondazione Gates.L’India ha appena stabilito una moratoria di 10 anni che impedisce la piantagione della sua prima coltura OGM per scopi alimentari. Il Messico ha vietato la coltivazione del mais OGM, il Perù ha stabilito una moratoria di 10 anni per impedire l’importazione e la coltivazione di sementi geneticamente modificate, e la Bolivia si è impegnata ad abbandonare la coltivazione di tutti gli OGM entro il 2015. L’anno scorso la Cina ha annunciato la sua delimitazione alla diffusa adozione di OGM almeno per i prossimi cinque anni per incoraggiare lo sviluppo di colture non-OGM ad alta produttività e più sostenibili. Praticamente ovunque i consumatori sono ostili agli OGM.[5]Gli autori dell’edizione 2013 del rapporto sul commercio e l’ambiente nella Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, dal titolo ”Agire prima che sia troppo tardi: far si che l’agricoltura sia realmente sostenibile nell’interesse della sicurezza alimentare in un periodo di cambiamenti climatici”, raccomandano “una rapida e significativa svolta dalla produzione industriale convenzionale, di monocoltura e fortemente dipendente da fattori esterni, verso un mosaico di sistemi rigenerativi e di produzione sostenibile che migliorino significativamente la produttività dei piccoli agricoltori e promuovano lo sviluppo rurale” se vogliamo prepararci ad affrontare le sfide che ci attendono.Le colture transgeniche non hanno nulla a che fare con il porre fine alla fame nel mondo, anche se i sostenitori di OGM hanno fatto di questo argomento la loro battaglia. Quello di cui hanno bisogno gli agricoltori africani è sostegno per lo sviluppo e la diffusione di pratiche agricole sostenibili e collaudate per nutrire il nostro popolo e conquistare la sovranità alimentare. Nel dibattito, è la loro voce che deve prevalere sulla propaganda delle multinazionali, il cui unico scopo è quello di vendere più di OGM e prodotti chimichi.Fonte: http://truth-out.org/ [6]Traduzione per TLAXCALA [7] di Alba Canelli [8]
Bankitalia e Intesa adeguano lo statuto su una legge che non c’è. Ma non possono aspettare
GLI ITALIANI MUOIONO DI FAME, DEPUTATA VENDOLIANA SI LAMENTA PER IL TROPPO LAVORO. PER 15MILA EURO AL MESE, CARA PARASSITA, DOVREBBE ANCHE FARE LE PULIZIE IN AULA!
e questi esigono di essere gli unici depositari della difesa dei più deboli????? Siamo certi che la deputata insieme a SEL farà di tutto per ripristinare le pensioni ante Fornero ed aumentarle a livello dignitoso
LA GAFFE
Il mito dell’uomo perfetto sta spingendo la Scienza a ogni sorta di atrocità
Sale la tensione a Gaza: 16 raid israeliani
Tra le vittime una bambina palestinese
La rappresaglia dopo l’uccisione di un soldato israeliano
È l’escalation di violenza più grave dell’ultimo anno
Mezzi militari israeliani in avvicinamento alla Striscia (Reuters)
È morta anche una bambina in uno dei 16 raid israeliani lanciati oggi su Gaza. Ha 3 anni e si chiama Hala Abou Sabikha; è rimasta uccisa mentre giocava fuori casa, nel campo profughi di Maghazi. Feriti anche la madre, il fratello e altri familiari, secondo le agenzie straniere. Con 16 attacchi, si tratta della peggiore escalation di violenza nella zona dal novembre 2012, quando Israele e Hamas combatterono pesantemente per otto giorni, firmando poi un “cessate il fuoco”. Il numero dei feriti della giornata non è ancora stato confermato.
IL SOLDATO UCCISO – Gli attacchi ai campi di addestramento palestinesi sono la risposta di Israele all’uccisione di un civile dell’esercito per mano di un cecchino di Hamas. Si chiamava Salah Abu Lati, aveva 22 anni ed era originario di Rahat, nel sud del paese: stava lavorando alla recinzione della Striscia quando è stato colpito da un proiettile al petto. La sua uccisione è l’ultimo atto di una serie di incidenti che si sono verificati nella zona nei giorni precedenti. Un poliziotto israeliano è stato pugnalato lunedì fuori da una banca, qualche ora dopo un razzo israeliano è stato sparato nel sud di Israele.
LE PAROLE DEL PREMIER ISRAELIANO – Subito dopo la morte dell’israeliano, il premier Benjamin Netanyahu, che si trovava in visita alla città di Sderot , ha dichiarato: «Questo è un incidente molto grave e non resterà senza risposta», e ancora «la nostra politica è sempre stata quella di sventare gli attacchi e rispondere ad essi con forza. Faremo così anche in questo caso». Il ministro della difesa israeliano, Moshe Yaalon, ha aggiunto: «Se non c’è pace in Israele, non ci sarà pace a Gaza».
L’INTERVENTO DI BAN KI-MOON – Il segretario generale dell’Onu ha invitato alla calma. «È essenziale mantenere l’accordo di pace del novembre 2012».
24 dicembre 2013
http://www.corriere.it/esteri/13_dicembre_24/sale-tensione-gaza-oggi-16-raid-morti-due-palestinesi-ed4f8110-6cd0-11e3-90a0-d4e6580ce920.shtml
caspita Ban KI-Moon, una presa di posizione forte eh?