#fuorilelobby Tivelli non è solo. Vanno avanti così da decenni (video)

Scritto da M5S Camera News pubblicato il 21.12.13 14:40
 
C’è una morale che è possibile desumere da tutta questa storia dei lobbisti a Montecitorio.
E cioè che i “lobbisti” che sbianchettano le leggi in Commissione, e i partiti collusi o sottomessi, non sono solo una leggenda complottista come hanno tentato di farci credere per anni.
E’ bastato che un pugno di cittadini entrasse in Parlamento, senza aver fatto alcuna “scuola di partito” (leggi: lavaggio del cervello) perché questo verminaio fosse scoperchiato. I parlamentari M5S hanno reagito come avrebbe fatto qualsiasi italiano: con sbigottimento, stupore, indignazione, nel vedere che chi fa le leggi è soggetto a un mercato quotidiano che avviene nei corridoi di un Parlamento che dovrebbe essere libero.
Nessuno si è preoccupato di loro, della presenza del MoVimento 5 Stelle. Nessuno si è vergognato di mostrare come funziona davvero il meccanismo. Un’abitudine consolidata da decenni, più la certezza che chi entra in Parlamento sappia molto bene su cosa tacere in cambio della poltrona e dello stipendio, hanno reso i lobbisti sicuri e sfacciati.
Ci chiediamo: e le opposizioni? Quei partiti, come SEL, o la Lega, che dalle piazze tuonano fiamme contro il governo, contro Roma Ladrona, contro il PD o Berlusconi, perché hanno sempre taciuto? Eppure hanno sempre visto, hanno sempre saputo.
Ve lo diciamo noi perché. Perchè anche loro fanne parte dell’ingranaggio, del teatrino, della pupiata secondo la quale ci si dividono i compiti e i voti. E il compito delle opposizioni è proprio fingere una denuncia di facciata, per drenare il consenso degli scontenti. Quando entrano qui, silenzio e obbedienza come tutti. Si chiama sistema.
Per finire, la stampa. L’abbiamo chiamata, l’abbiamo invocata, abbiamo tentato in ogni modo di coinvolgerla. I giornalisti avevano perfettamente riconosciuto la voce del “lobbista misterioso”. Ma anch’essi, fedeli alla consegna del silenzio, hanno finto che nulla stesse accadendo e hanno taciuto. Taciuto fino all’ultimo. Fino a costringere i cittadini in Parlamento a fare il nome al posto loro, a sostituirsi anche alla stampa, oltre che ai politici che si fanno scrivere le leggi dai potenti.
C’è ancora chi dice che non lavoriamo abbastanza. Invece ci stiamo sostituendo, soli e contro tutti, ad un intero sistema politico e dell’informazione. Abbiamo intenzione di andare fino in fondo: di sostituirli tutti, di andare al governo, di cambiare l’Italia come vogliono davvero i cittadini.
Mai sottovalutare la forza di un sogno.

Roma, in via Cristoforo Colombo sfila il popolo dei vessati da Equitalia

tutti evasori tutti evasori. Non vogliono pagare quei due spicci di tasse così che lo stato possa garantire pensioni, salute, redditi di cittadinanza??Ore 8,00. Roma, sede di Equitalia di via Cristoforo Colombo. Mancano ancora trenta minuti all’apertura degli sportelli ma fuori c’è già una lunga fila. “Sono qui per cercare di ottenere la massima rateizzazione”, dice il titolare di un’azienda che negli anni ha accumulato un debito di 1 milione di euro. “il debito originario era circa la metà – spiega – con gli interessi e le more siamo arrivati a questa cifra”. E’ un via vai continuo di persone con cartelline di documenti sotto il braccio. Non c’è molta voglia di parlare: “Lasciatemi stare – taglia corto un’anziana signora – devo pagare 4 mila euro e non so neanche perché”. Nessuno vuole farsi riprendere in volto dalle telecamere deilfattoquotidiano.it. “Avevo un ristorante nel centro di Roma, il Comune ha chiuso la strada per tre anni e mezzo a causa di una buca. Ho perso tutti i clienti e non sono più riuscito a rientrare con i pagamenti”, spiega un signore mentre fuma una sigaretta all’ingresso, in attesa che arrivi il suo turno. Dal 1993, ha accumulato cartelle per 118 mila euro. “Equitalia non è così terribile come dicono tutti – chiosa un altro – nel mio caso è andato tutto liscio”. “Ho 300mila euro di debiti – racconta un altro signore che non ha più un lavoro dopo un investimento sbagliato – non so come fare a pagare, non so neanche come dirlo a casa”. Anni di multe per violazione del codice della strada: 10 mila euro. E’ una delle altre storie: “Ci sto mettendo le tende qui”. Un ultimo tiro alla sigaretta, è il suo turno e prima di entrare ci saluta così: “E’ proprio un bel Natale, non c’è che dire”  di Annalisa Ausilio e Loredana Di Cesare

 
23 dicembre 2013
 
 
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Ungheria: banche estere ‘cacciate’ dal Paese

by Antonio Merolla    23.dic 2013
Budapest – Quattro delle otto grandi banche straniere che operano in Ungheria, e che detengono il 70% del mercato, abbandoneranno le loro attività nel paese magiaro nei prossimi sei-diciotto mesi. E’ quanto ha affermato il governatore della banca centrale ungherese, Gyorgy Matolcsy, in un’intervista al canale televisivo Hirtv .
“Si erano già diffusi dei rumors secondo cui quattro delle otto grandi banche … potrebbero ritirarsi in 3-4 anni, ma per come sembra adesso, si ritireranno in 6-18 mesi”, ha detto il governatore senza fare i nomi di banche.
 
Sia Unicredit che Banca Intesa sono presenti in Ungheria. Intanto nei giorni scorsi, la Corte Costituzionale ungherese – Kuria – con una sentenza sui prestiti in moneta estera – situazione esplosiva in Ungheria – ha di fatto favorito le grandi banche estere deferendo, tra le proteste del governo, la giurisdizione sul tema alla Corte Europea.
Oggi il partito di governo Fidesz ha protestato e richiesto che la Kuria si pronunci e non attenda la Corte Europea. A dimostrazione di come, al contrario della propaganda eurofila, non vi sia alcuna ‘dittatura’ in Ungheria e che, le élites burocratiche, finanziarie e giudiziarie siano tutte parte di uno stesso sistema di potere che difende se stesso. Soprattutto dalla democrazia.
– See more at: http://www.losai.eu/ungheria-banche-estere-cacciate-dal-paese/?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews#sthash.yQfKiwm2.dpuf

La Spagna sull’orlo di una crisi sanitaria?

senza contare i contagiati.

L’Economist spiega perché, tra i tanti tagli imposti dalla Troika alla Spagna, uno dei più pericolosi è quello alla sanità pubblica. Il crollo degli investimenti e i tagli alla prevenzione potrebbero rivelarsi disastrosi.
All’inizio di quest’anno, in Spagna un immigrato non si è sentito bene ed è andato all’ospedale con i sintomi tipici della tubercolosi. I relativi test gli sono stati rifiutati ed è stato rispedito a casa. Non molto più tardi ha iniziato a sentirsi così male che si è precipitato al pronto soccorso, dove è stato nuovamente respinto. Poco dopo, è morto.
Come molti altri immigranti illegali, viveva in una piccola casa con altre 10 persone. Dal momento che la tubercolosi è contagiosa, tutti e 10 sono ora a rischio. Difficilmente riceveranno aiuto dalla Spagna: a causa delle misure di austerità e di un cambiamento legislativo nel 2012, il governo non eroga più agli 873.000 migranti non registrati le cure che non siano di emergenza. Questo potrebbe causare nel prossimo futuro un’enorme crisi sanitaria, come dicono i ricercatori della Scuola Londinese di Igiene e Medicina Tropicale (LSHTM).

Uno studio pubblicato il 14 Dicembre su Lancet, una rivista medica,  ha lanciato l’allarme sullo stato della sanità spagnola. Fino ad oggi, l’attenzione dei media europei si è concentrata sull’impatto dell’austerità sulla sanità greca, con segnalazioni di incrementi drammatici di casi di HIV, malattie mentali, tubercolosi e del ritorno della malaria. La Grecia ha fatto tagli alla sanità pubblica 2 anni prima della Spagna, quindi l’impatto è risultato evidente prima. Ma la situazione in Spagna è altrettanto preoccupante, avverte Helena Legido-Quigley del LSHTM, la quale teme che, se il governo non cambierà presto strategia, si assisterà anche in Spagna a fenomeni simili a quanto già successo in Grecia.

Quando la crisi ha colpito, il governo spagnolo ha tagliato la spesa a un sistema sanitario già debole di per sé (la spesa sanitaria in Spagna è al 7% del PIL contro una media del 7,6% nella UE, mentre è all’8,4% in Germania e al 9,5% in Danimarca). La spesa sanitaria è stata ridotta del 13,7% nel 2012 e del 16,2% nel 2013 (inclusi i servizi sociali). Alcune regioni hanno imposto tagli addizionali di un altro 10%. Di conseguenza, una parte rilevante della popolazione spagnola è ora esclusa dalle cure mediche di base, il che potrebbe portare a problemi di sanità pubblica per l’intera popolazione.

Elena Urdaneta, di Doctors of the World, un’organizzazione senza fini di lucro, dice che questa politica non è solo ingiusta, ma anche molto pericolosa per la sanità pubblica. “Puoi escludere le persone, ma non puoi escludere le malattie”. Rifiutarsi di vaccinare i figli degli immigrati, per esempio, non è solo meschino, ma anche inefficiente. E’ molto meno costoso vaccinare piuttosto che dover affrontare il diffondersi di un’epidemia. Ciononostante, è quello che sta succedendo in molte regioni spagnole.
Perfino per chi ha ancora il diritto all’assistenza sanitaria, alcuni trattamenti, compresi quelli necessari per l’epatite C e alcuni tipi di cancro, ora richiedono che sia il paziente a pagare parte della cura. Questo ha spinto diverse persone a non assumere i farmaci di cui avrebbero bisogno, ma che non possono più permettersi.
Poiché l’impatto di queste politiche sulla salute tende a manifestarsi dopo alcuni anni, la vera e propria crisi della sanità pubblica diventerà evidente solo quando sarà troppo tardi, avverte la Legido-Quigley. Gli operatori sanitari temono che, se non viene fatto nulla per invertire queste politiche, la Spagna scivolerà giù per una ripida china.

Il prezzo pagato dagli Stati Uniti per controllare il diffondersi di un focolaio di tubercolosi a New York negli anni ’90,  l’enorme somma di 1,2 miliardi di dollari, ha dimostrato il valore della prevenzione, che sarebbe costata un decimo di quanto fu speso e avrebbe evitato parecchi danni alle persone. I recenti tagli alla sanità spagnola compromettono l’impegno nella prevenzione. Essi rischiano di smantellare un sistema che, fino a poco tempo fa, è stato uno dei migliori in Europa in termini di efficienza.
http://vocidallestero.blogspot.it/2013/12/la-spagna-sullorlo-di-una-crisi.html

DALLA PERDITA DELLA SOVRANITA’ ALIMENTARE ALLA SCHIAVITU’

di Gianni Tirelli

Quattrocento anni fa, gli esseri umani, prima dell’avvento del capitalismo, si nutrivano con più di 500 specie diverse di piante. Cento anni fa, con l’egemonia della rivoluzione industriale, si sono ridotte a 100 le specie diverse di cibo, che dopo l’aratura passavano ai processi industriali. Da trent’anni, dopo l’egemonia del capitale finanziario, la base di tutta l’alimentazione dell’umanità è rappresentata per l’80% da soia, mais, riso, fagioli, orzo e manioca. Il mondo è diventato un grande supermercato, unico. Le persone, indipendentemente da dove vivono, si nutrono della stessa dieta di base, fornita dalle stesse imprese, come se fossimo i maiali di una grande porcilaia che aspettano, passivi e dominati, la distribuzione della stessa razione giornaliera.

C’è stata una enorme concentrazione della proprietà della terra, dei beni della natura e del cibo. Qual è la soluzione?
In primo luogo abbiamo bisogno di rinegoziare in tutto il pianeta il principio che il cibo non può essere una merce. Il cibo è l’energia della natura (sole più terra, più acqua, più vento) che muove gli esseri umani, prodotti in armonia e collaborazione con gli altri esseri viventi che formano l’immensa biodiversità. Tutti dipendiamo da tutti, in questa sinergia collettiva di sopravvivenza e di riproduzione. Il cibo è un diritto di sopravvivenza. E quindi, ogni individuo della terra dovrebbe avere accesso a questa energia per riprodursi, in maniera egualitaria e senza alcun vincolo.
Noi sosteniamo il concetto di sovranità alimentare, che è il bisogno e il diritto che in ogni territorio, ci sia un villaggio, una tribù, un insediamento, una città, uno stato e anche un paese, ogni popolo abbia il diritto e il dovere di produrre il proprio cibo.
[João Pedro Stédile]
L’inquinamento prodotto dal capital/liberismo ha fatto tabula rasa di ogni forma di vita. Così non c’è più niente da pescare, da cacciare, un orto da coltivare, e più in breve, la possibilità procurarsi quel cibo, al fine di soddisfare i bisogni primari della gente. Ci è stato impedito di seminare, costringendoci ad acquistare al Mercato del Grande Malfattore, sementi geneticamente modificate, ortaggi e animali da cortile, clonati e pompati, e quella lunga lista di sostanze chimiche cancerogene che devastano i corpi dei nostri figli, dispensando dolore e paura fra la cittadinanza. L’obiettivo di tutto questo è di controllare la catena alimentare globale per renderci schiavi, e dipendenti dalla loro insanguinata mercanzia – non che sterco del diavolo.
Questo non ha niente a che vedere con l’idea di alimentare il mondo. Il vero scopo è di aumentare gli introiti delle grandi *corporation dell’industria chimica, e cancellare ogni nostra risorsa, capacità, e residua volontà – Renderci inoffensivi, insomma, per poi schiacciarci come un pugno di mosche, ronzanti e fastidiose. Noi, le inconsapevoli cavie di laboratorio, di un progetto di sperimentazione di stampo nazista, di dimensioni planetarie, che terminerà con “la soluzione finale”. Uno sterminio, questo, scientificamente programmato, che rientra in un progetto di sfruttamento integrale di ogni risorsa energetica e degli individui, asserviti e resi schiavi in ragione della loro (presunta) inferiorità, incapacità e inutilità. Esseri non uomini, né animali, che non appartengono ad alcuna razza, specie, e forma di vita, ma meri ingranaggi di un Sistema necrofilo, e clienti classificabili esclusivamente sulla base del loro potere d’acquisto.
Io, da questo preciso momento, impugno contro lo Stato, il mio diritto di nascita – naturale, inderogabile e inalienabile – in virtù del quale a ogni uomo spetta un pezzo di terra da coltivare, l’accesso all’acqua, e un riparo. Inoltre chiedo e pretendo il risarcimento di tutti danni procurati all’ambiente (non che la sua immediata bonifica), e causa i quali, si è determinato un livello di contaminazione tale, da avere resa impossibile qualsiasi condizione di autonomia e di autosufficienza, che dall’alba dei tempi era alla base di ogni società che si definisca “civile” e libera.
Così, ci è stata sottratta ogni sovranità, e calpestato il più naturale fra tutti i diritti dell’uomo: il diritto alla felicità.
Ma io non ci sto!!! Noi non ci stiamo!!! Da questo preciso momento, si è resa necessaria, e prioritaria a tutto il resto, una dichiarazione di guerra contro tutti quegli stati che non intendono rispettare i diritti naturali, intangibili e irrinunciabili dell’individuo, dal giorno del suo concepimento su questa terra.
E quando presto la disoccupazione raggiungerà livelli inimmaginabili, e la qualità della vita a caduta libera costringerà centinaia di milioni di individui del mondo occidentale all’accattonaggio e a ogni sorta di aberrazione, allora, e solo allora, comprenderemo il valore incommensurabile della Madre Terra e del suo infinito potere – La Terra, il solo padrone al quale avremmo dovuto sottometterci, sottostare e ubbidire, rispettandone le sue regole ancestrali, senza diventarne schiavi e servi, ma attraverso Lei, ritrovare l’autentico e primigenio significato di libertà. E quando tutto sarà palese e noi, volenti o nolenti, ignoranti e intelligenti, dovremo per forza e necessità prendere atto di quali erano le reali finalità del Sistema Bestia e del suo piano diabolico di omologazione, a quel punto, saremo già tutti schiavi.

A ogni essere umano, ripeto, spetta un pezzo di terra, l’accesso all’acqua, una dimora, e la possibilità inderogabile di potere soddisfare i suoi bisogni primari con la sola forza delle sue braccia, e attraverso quella passione vivifica e salvifica, che nasce da quel rapporto simbiotico di mutuo scambio che da sempre si era stabilito fra uomo e natura. Ma oggi questo diritto è stato calpestato e reso ridicolo.
Da qui, nasce la necessità di assegnare i beni della natura (terra, acqua, energia) ripartiti fra tutti gli individui della terra.
Fino al momento in cui non saranno ripristinati tali diritti e le condizioni necessarie atte all’epocale e radicale cambiamento di riconversione, i governi delle nazioni tutte si dovranno nel frattempo accollare l’onere e l’obbligo di provvedere alla sussistenza dei cittadini (reddito di cittadinanza), in virtù di una somma congrua mensile per ciascuno di loro. In seconda battuta, va messo in campo un piano di esproprio, a danno dei grandi proprietari terrieri, grandi detentori di patrimoni, latifondisti, multinazionali dell’agroalimentare, e dell’industria chimica, per dare inizio ad un’equa distribuzione del suolo, sull’onda di una nuova e luminosa rinascita.
Le società si potranno definire democratiche e civili, solo a patto di garantire ai cittadini il diritto alla sopravvivenza e all’autonomia, avendo accesso al cibo-energia necessario.

*Monsanto, Syngenta, DuPont, Dow, Bayer e Basf –
http://www.oltrelacoltre.com/?p=17667

PERCHE’ GLI AGRICOLTORI AFRICANI NON VOGLIONO GLI OGM

stavo pensando, ma i “forconi” africani, saran considerati anch’essi fascisti?

Posted By Lino Bottaro On 24 dicembre 2013

 
 
Posted on 24 dicembre 2013 [2] da Alba Kan [3]
 
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Le voci delle multinazionali e dei loro alleati chiedono la promozione di sementi geneticamente modificate (e le necessarie modifiche alle leggi africane per permettere la loro diffusione) come una soluzione alla bassa produzione di cibo e alla fame in Africa. Nel mese di ottobre il World Food Prize è stato assegnato a tre scienziati, due dei quali appartenenti ai giganti dell’agroalimentare Monsanto e Syngenta, per il loro progresso nello sviluppo di organismi geneticamente modificati. Recentemente, i redattori del Washington Post hanno fatto appello a “dare una possibilità alle colture geneticamente modificate” in Africa e hanno chiesto un dibattito aperto. L’Alleanza per la Sovranità Alimentare in Africa, una rete di piccoli agricoltori, pastori, cacciatori-raccoglitori, popolazioni indigene, cittadini e ambientalisti africani, è lieta di includere le voci dei contadini africani nella discussione.
 
Promuovere gli OGM come soluzione è una mancanza di rispetto per la cultura africana e offende la nostra intelligenza, e questo presume una conoscenza superficiale dell’agricoltura nel nostro continente. Esso si basa sull’immagine, comune a molti occidentali, che vedono un’Africa povera, indigente, affamata, afflitta da malattie, senza speranza e impotente, bisognosa di essere salvata da un angelo bianco occidentale. E’ la stessa immagine brandita dai colonialisti per razionalizzare i loro misfatti nell’appropriarsi dell’Africa, la stessa immagine esibita oggi dai neo-colonialisti per razionalizzare la loro corsa all’appropriazione delle terre e delle risorse naturali del continente.
 
Coloro che promuovono la falsa soluzione degli OGM, consigliano agli agricoltori africani di sviluppare un ciclo di dipendenza a lungo termine, forse irreversibile, dagli interessi di una piccola manciata di decisori all’interno di aziende che determineranno quali semi, con quali caratteristiche genetiche e necessità e con quale imput chimico, saranno prodotti e messi a disposizione per le persone in Africa. E’ il cammino verso una profonda vulnerabilità e centralizzazione del processo decisionale che è contrario alle migliori pratiche agricole e alla solida formulazione di politiche pubbliche. L’evidenza e le nostre esperienze con gli agricoltori indicano chiaramente un percorso più raziole e appropriato: investire in una transizione verso sistemi agricoli più sostenibili e agro-ecologici che si basano sulla saggezza e la capacità di decine di milioni di contadini africani di prendere decisioni, controllare e adattare le loro risorse genetiche  come la via verso una maggiore benessere e resilienza per l’Africa.
 
Che cosa è successo dopo 20 anni di colture OGM negli Stati Uniti? Gli agricoltori che hanno utilizzato sementi OGM resistenti agli erbicidi sono ora alle prese con il costo della lotta contro le erbe infestanti resistenti agli erbicidi. Si stima che il 49% delle aziende statunitensi soffrono per erbe infestanti resistenti al Roundup, cioè il 50% in più rispetto allo scorso anno. Di conseguenza, dal 1996 c’è stato un aumento sproporzionato dell’uso di erbicidi: più di 225 milioni di chili negli Stati Uniti. Nel frattempo, gli agricoltori che hanno utilizzato sementi resistenti ai parassiti,  si trovano ad affrontare lo stesso problema con i parassiti divenuti resistenti ai prodotti tossici di cui essi sono portatori. In Cina e in India i risparmi iniziali conseguenti alla riduzione dell’uso di insetticidi con il cotone Bt, sono stati erosi dalla lotta a parassiti resistenti secondari.Secondo il Centro Africano per la Sicurezza Biologica, in Sudafrica il mais transgenico selezionato su un unico carattere (produzione di insetticida naturale) ha sviluppato una resistenza così totale agli insetti, che è stato ritirato dal mercato. Negli ultimi anni le perdite di produttività erano tali che Monsanto doveva compensare gli agricoltori per i trattamenti di insetticidi per evitare perdite economiche. Questa fallimentare tecnologia sarà ora introdotta in altri paesi africani sotto gli auspici del progetto Mais Hidroefficiente per l’Africa promosso congiuntamente da Monsanto e Fondazione Gates.
 
L’India ha appena stabilito una moratoria di 10 anni che impedisce la piantagione della sua prima coltura OGM per scopi alimentari. Il Messico ha vietato la coltivazione del mais OGM, il Perù ha stabilito una moratoria di 10 anni per impedire l’importazione e la coltivazione di sementi geneticamente modificate, e la Bolivia si è impegnata ad abbandonare la coltivazione di tutti gli OGM entro il 2015. L’anno scorso la Cina ha annunciato la sua delimitazione alla diffusa adozione di OGM almeno per i prossimi cinque anni per incoraggiare lo sviluppo di colture non-OGM ad alta produttività e più sostenibili. Praticamente ovunque i consumatori sono ostili agli OGM.
 
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Gli autori dell’edizione 2013 del rapporto sul commercio e l’ambiente nella Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, dal titolo ”Agire prima che sia troppo tardi: far si che l’agricoltura sia realmente sostenibile nell’interesse della sicurezza alimentare in un periodo di cambiamenti climatici”, raccomandano “una rapida e significativa svolta dalla produzione industriale convenzionale, di monocoltura e fortemente dipendente da fattori esterni, verso un mosaico di sistemi rigenerativi e di produzione sostenibile che migliorino significativamente la produttività dei piccoli agricoltori e promuovano lo sviluppo rurale” se vogliamo prepararci ad affrontare le sfide che ci attendono.Le colture transgeniche non hanno nulla a che fare con il porre fine alla fame nel mondo, anche se i sostenitori di OGM hanno fatto di questo argomento la loro battaglia. Quello di cui hanno bisogno gli agricoltori africani è sostegno per lo sviluppo e la diffusione di pratiche agricole sostenibili e collaudate per nutrire il nostro popolo e conquistare la sovranità alimentare. Nel dibattito, è la loro voce che deve prevalere sulla propaganda delle multinazionali, il cui unico scopo è quello di vendere più di OGM e prodotti chimichi.
 
 
Traduzione per TLAXCALA [7] di Alba Canelli [8]
 

Bankitalia e Intesa adeguano lo statuto su una legge che non c’è. Ma non possono aspettare

Scritto da IlFattoQuotidiano.it |
 
Pubblicato Martedì, 24 Dicembre 2013
Approvata in tempi record e a porte chiuse l’operazione che porterà lauti guadagni nei conti dei primi due istituti italiani. Visco: “Ce l’ha chiesto Saccomanni”.
 
Una novità, quest’ultima, che era comparsa nel corso del Cdm che ha varato il decreto che consentirà alle stesse due banche – le uniche con partecipazioni superiori alla forchetta fissata per la soglia massima di possesso che sarà tra il 3 e il 5 per cento – di monetizzare rapidamenteil guadagno che inizialmente avrebbe dovuto essere soltanto contabile. A spese delle riserve della Banca d’Italia e a vantaggio, benché di entità molto minore, dell’Erario che incasserà il 12% (non il 16 come inizialmente previsto) delle plusvalenze registrate dagli istituti.
 
“Come ho avuto modo di rappresentare nell’audizione dello scorso 12 dicembre presso la Commissione Finanze e Tesoro del Senato, l’aggiornamento del valore del capitale della Banca corrisponde a una richiesta del Ministero dell’Economia e delle Finanze– ha tenuto a precisare il governatore Ignazio Visco sottolineando quindi che l’operazione avviene su input dell’ex direttore generale della stessa Bankitalia, Fabrizio Saccomanni– . La questione non poteva essere risolta autonomamente dallo Stato, che può esprimersi in materia solo confrontandosi con la Banca d’Italia , per rispetto del principio di indipendenza, espressamente riconosciuto dalla Banca centrale europea nel parere rilasciato nell’ottobre del 2005 con riferimento all’ultima riforma dello Statuto della Banca”.
 
E a proposito della Bce, sull’operazione è atteso a brevissimo il parere non vincolante dall’Eurotower di Mario Draghi. Che non ha potuto ignorare alcune obiezioni mosse dai colleghi tedeschi della Bundesbank. Se queste ultime venissero accolte, la festa sarebbe solo a metà: le quote azionarie sarebbero interamente escluse dal capitale di vigilanza degli istituti proprietari per tutto il 2014, lasciando le banche con un “cuscinetto” meno ampio alla partenza degli stress test che la Bce effettuerà su circa 130 banche dell’Eurozona prima di prendere le redini della vigilanza a novembre 2014. Persa in partenza, invece, la corsa per il check up di Francoforte sui patrimoni delle banche comunitarie (Asset Quality Review) che si baserà sul dato al 31 dicembre 2013 come ha tenuto a ricordare Via Nazionale cercando di gettare acqua sul fuoco della polemica suscitata dall’operazione.
 
Intanto la rivalutazione del capitale rispetto ai 300 milioni di lire degli anni trenta, ha preso il via insieme ai nuovi limiti alle singole quote. E sarà modificato ex post solo se ci saranno novità con la trasformazione in legge del decreto che dovrà fissare anche la soglia massima di proprietà per ciascun azionista, inizialmente fissata al 5% ma che ora potrebbe scendere al 3% con ulteriori benefici economici per le solite Intesa e Unciredit. Restano ancora da definire, poi, le categorie dei partecipanti al capitale e il requisito della sede in Italia.
 
Particolarmente critiche le associazioni dei consumatori, con Elio Lannutti(Adusbef) che parla di una “patrimonializzazione occulta delle banche in vista degli stress test”, chiedendosi se “abbiano qualcosa da nascondere” visti i tempi veloci dell’assemblea (poco più di mezzora) e i lavori assembleari chiusi alla stampa. “E’ una giornata positiva e importante. E’ stato superato un anacronismo, ovvero la Banca centrale più solida d’Europa con un capitale sociale non aggiornato inferiore perfino a quello della disastrata Cipro”, ha invece commentato con entusiasmo il numero uno della lobby dei bancari, l’Abi, Antonio Patuelli. Secondo Gian Maria Gros-Pietro intervenuto come presidente del consiglio di gestione di Intesa, invece, l’operazione risolve alcune criticità, in particolare la “erronea percezione che la Banca possa essere influenzata dai suoi maggiori azionisti” e il fatto che l’istituto centrale con la più alta patrimonializzazione nell’Eurozona (22,6 miliardi) avesse un capitale fra i più bassi.

GLI ITALIANI MUOIONO DI FAME, DEPUTATA VENDOLIANA SI LAMENTA PER IL TROPPO LAVORO. PER 15MILA EURO AL MESE, CARA PARASSITA, DOVREBBE ANCHE FARE LE PULIZIE IN AULA!

e questi esigono di essere gli unici depositari della difesa dei più deboli????? Siamo certi che la deputata insieme a SEL farà di tutto per ripristinare le pensioni ante Fornero ed aumentarle a livello dignitoso

LA GAFFE

 Titti Di Salvo, deputata Sel: “Siamo ai lavori forzati”
 
L’onorevole alla Camera lancia un appello ai colleghi: “Si stabilisca un calendario delle sedute che dia certezze, si rispetti l’umanità di ciascuno di noi e la cura dei nostri cari”
 
Si rispetti «l’umanità delle condizioni di ciascuno». Perché bisogna «dare certezze», mai dimenticarsi della «cura delle persone», specie di quelle che  «ciascuno di noi ha intorno a sé». Al lettore digiuno potrebbero sembrare parole di carità pronunciate da Papa Francesco o, magari, il grido di dolore di un clandestino rinchiuso dentro ad un Centro di identificazione temporanea, costretto ad umilianti disinfezioni. Al limite queste parole sarebbero potute uscire dalla bocca di un recluso in carcere, uomo o donna, alle prese col dramma del sovraffollamento degli istituti penitenziari. Invece no. La richiesta di «certezze» per la vita sua e di quella dei suoi «cari» è arrivata nientemeno che da una deputata della Repubblica italiana ed è risuonata domenica nell’Aula di Montecitorio. Niente stenti o lavoro in catena di montaggio sottopagato, la parlamentare si lamentava per la domenica lavorata, per il protrarsi dei lavori in Aula e l’inevitabile avvicinarsi delle festività natalizie.
 
Autrice dell’intervento – puntualmente riportato dal servizio resoconti della Camera dei deputati – è l’onorevole di Sinistra e Libertà Titti Di Salvo. Responsabile d’Aula del gruppo di Nichi Vendola, compagna di partito tra l’altro della presidentessa della Camera Laura Boldrini, la deputata ha chiesto la parola e  lanciato un accorato appello agli altri gruppi perché accorciassero il più possibile la discussione sul decreto Salva Roma e consentissero  e ai “poveri” eletti di riposare la domenica e dunque di tornare a casa dalle loro famiglie in tempo per il Veglione di Natale. Chiesta la parola, acceso il microfono, la deputata ex sindacalista l’ha presa alla lontana:  «Io ci tengo – ed è l’ultima cosa che voglio dire – a che tutti tengano in conto l’umanità delle condizioni di ciascuno». E ancora: «Io penso che sia importante stabilire un calendario che dia certezza alle persone della loro vita da qui in avanti». L’ordine dei lavori parlamentari, sostiene la deputata originaria di Mantova, è una questione di certezze nella vita. Sue, ovviamente. «È un elemento, quello della cura delle persone, altrettanto importante», ha voluto sottolineare. Quando l’onorevole Di Salvo è intervenuta ancora non si era deciso che, per abbattere i tempi, si sarebbe proceduto a votare la fiducia già il giorno dopo, lunedì. «Non si tratta di svalorizzare il lavoro politico, tutt’altro, noi qui siamo, ma di dire anche che c’è una cura di rispetto tra di noi e per le persone che ciascuno di noi ha intorno a sé, le proprie famiglie, i propri cari. E, secondo me, questo elemento di umanità è altrettanto importante», ha concluso la parlamentare alla prima legislatura. Bene la politica, dice, ma anche il rispetto per i famigliari dei politici è importante. Mica male come pensiero per una esponente politica che, sul suo blog, utilizza come sottotitolo «le brave ragazze vanno in paradiso, quelle cattive dappertutto».
 
Ma la presa di posizione della deputata di Sinistra e Libertà non è stata soltanto una rivendicazione verbale. Per la cronaca, per evitare di allungare i tempi, i solitamente-agitatissimi parlamentari vendoliani, hanno deciso di non partecipare alla discussione sul provvedimento, risparmiandosi gli interventi che pure sarebbero spettati loro di diritto. Montecitorio aveva già riservato per le dichiarazioni di voto del partito più a sinistra rappresentato in Parlamento i “soliti” trenta minuti di intervento in Aula. Nessuno, però, ha voluto pronunciarlo. Nell’anomalia i vendoliani non sono stati soli. Anche Fratelli d’Italia e Nuovo Centrodestra non hanno iscritto alcun deputato a parlare, mentre il gruppo Per l’Italia (Udc) ne aveva iscritti tre, ma nessuno di loro si è presentato all’appello. Probabilmente, come cantava Mario Riva, «Domenica è sempre domenica». Il risultato è sotto gli occhi di tutti: nel Salva Roma sono spuntate mance, marchette, errori che andranno rimediati con successivi provvedimenti. Ma, almeno, i parlamentari sono riusciti ad avere «cura» dei loro famigliari e ad arrivare a casa per il Veglione.
 

Il mito dell’uomo perfetto sta spingendo la Scienza a ogni sorta di atrocità

23 DICEMBRE 2013 DI DONATO
 
di Massimo Fini
Il Conformista di due settimane fa (6/12) era stato intitolato «Uomini ridotti a chip è questo il rischio della scienza estrema». Era un’ipotesi. Adesso è un fatto. O quasi. Domenica scorsa Rai2 ha mandato in onda un programma, ‘A come Avventura’, in cui si dava conto in termini entusiastici di studi, assai avanzati, degli scienziati del mitico MIT per inserire nel cervello un chip che ci permetterà di controllare le nostre emozioni, ira, gelosia, stress, ansia, e di ricondurle a livelli ‘accettabili’. E’ l’ossessione della Scienza di creare l’uomo perfetto, del Doctor Frankenstein. Un Superuomo che non soffra, nè fisicamente nè esistenzialmente. Solo che questo Superuomo si rivela, a conti fatti e del tutto contradditoriamente, un normotipo, omogeneo, omolagato: se tutti siamo perfetti non c’è più alcuna diversità fra di noi. Senza contare che di questi chip inseriti nei nostri cervelli potrebbe impadronirsi un Grande Fratello manovrandoci a suo piacimento.
Aldous Huxley ne ‘Il mondo nuovo’ aveva immaginato che il Potere, per acquietare gli individui e renderli disponibili e docili, gli avesse indotti a masticare quotidianamente il ‘soma’, una sorta di betel, una droga soft, cosi’ soft da non essere avvertita come tale. Ci aveva azzeccato in pieno: basta sostituire il termine ‘soma’ con ‘consumo’.
Comunque sia qui non siamo in un romanzo di fantascienza o nel laboratorio di uno ‘scienziato pazzo’ alla Frankenstein ma nel ‘sancta santorum’ della Scienza e della medicina tecnologica. Sono inoltre arrivati a conclusione altri studi per rimuovere dalla nostra memoria esperienze dolorose. E questo è anche più inquietante del Doctor Frankenstein. Perchè l’esperienza del dolore è formativa («Ogni malattia che non uccide il malato è feconda» scrive Nietzsche) ed è pedagogica e indispensabile per evitare guai peggiori. Se il bambino mettendo la mano sul fuoco non sentisse dolore se la brucerebbe.
A me sembra che questa scienza, autoreferenziale, innamorata di sè, stia diventando il nostro maggior pericolo. Perchè nella sua ansia di perfezione tende a togliere all’uomo tutto cio’ che ha di umano. L’uomo, ogni uomo, è un impasto di Bene e di Male, di salute e di malattia, di inquietudine e di serenità, di dolore e di felicità, di ansia e di quiete, e tutti questi elementi sono inscindibili, l’uno non esisterebbe senza l’altro («ognuno di questi opposti mutandosi è l’altro e a sua volta l’altro mutandosi è l’uno», Eraclito).
Poichè c’è nell’aria, anche senza il bisogno di ricorrere a chip ficcati nel cervello, questa tendenza all’omologazione universale, a fare di ogni uomo un normotipo, al ‘politically correct’ esistenziale spinto fino al ridicolo (adesso sono stati istituiti pure ‘corsi di addestramento per padroni di cani e gatti’), all’astrazione perfezionista di origine protestante e nordeuropea, insomma a cavarci il poco sangue che ci è ancora rimasto nelle vene, io provo un certo sollievo, lo confesso, quando sento di un delitto dovuto a qualche incomprimibile impulso. Vuol dire che, nonostante tutto, sotto questa gelida tecnorealtà, la vita, sia pur volta al negativo, scorre ancora.

Sale la tensione a Gaza: 16 raid israeliani

ma ad ogni Natale ci deve essere Piombo Fuso?

Tra le vittime una bambina palestinese
La rappresaglia dopo l’uccisione di un soldato israeliano
È l’escalation di violenza più grave dell’ultimo anno

Mezzi militari israeliani in avvicinamento alla Striscia (Reuters)
È morta anche una bambina in uno dei 16 raid israeliani lanciati oggi su Gaza. Ha 3 anni e si chiama Hala Abou Sabikha; è rimasta uccisa mentre giocava fuori casa, nel campo profughi di Maghazi. Feriti anche la madre, il fratello e altri familiari, secondo le agenzie straniere. Con 16 attacchi, si tratta della peggiore escalation di violenza nella zona dal novembre 2012, quando Israele e Hamas combatterono pesantemente per otto giorni, firmando poi un “cessate il fuoco”. Il numero dei feriti della giornata non è ancora stato confermato.

IL SOLDATO UCCISO – Gli attacchi ai campi di addestramento palestinesi sono la risposta di Israele all’uccisione di un civile dell’esercito per mano di un cecchino di Hamas. Si chiamava Salah Abu Lati, aveva 22 anni ed era originario di Rahat, nel sud del paese: stava lavorando alla recinzione della Striscia quando è stato colpito da un proiettile al petto. La sua uccisione è l’ultimo atto di una serie di incidenti che si sono verificati nella zona nei giorni precedenti. Un poliziotto israeliano è stato pugnalato lunedì fuori da una banca, qualche ora dopo un razzo israeliano è stato sparato nel sud di Israele.

LE PAROLE DEL PREMIER ISRAELIANO – Subito dopo la morte dell’israeliano, il premier Benjamin Netanyahu, che si trovava in visita alla città di Sderot , ha dichiarato: «Questo è un incidente molto grave e non resterà senza risposta», e ancora «la nostra politica è sempre stata quella di sventare gli attacchi e rispondere ad essi con forza. Faremo così anche in questo caso». Il ministro della difesa israeliano, Moshe Yaalon, ha aggiunto: «Se non c’è pace in Israele, non ci sarà pace a Gaza».

L’INTERVENTO DI BAN KI-MOON – Il segretario generale dell’Onu ha invitato alla calma. «È essenziale mantenere l’accordo di pace del novembre 2012».
24 dicembre 2013
http://www.corriere.it/esteri/13_dicembre_24/sale-tensione-gaza-oggi-16-raid-morti-due-palestinesi-ed4f8110-6cd0-11e3-90a0-d4e6580ce920.shtml

caspita Ban KI-Moon, una presa di posizione forte eh?