Torino PRIVATIZZA GTT-

eccoli la parte migliore d’Italia, han votato per la PRIVATIZZAZIONE DI GTT come il compagno Doria a Genova

Vittorio Vb Bertola
Il consiglio comunale ha approvato la vendita di GTT con 21 favorevoli (PD, SEL, Moderati, Scanderebech) e 12 contrari (M5S, NCD, FI, Lega e FdI). Per tutta la seduta bastava che uno della maggioranza se ne andasse e la delibera sarebbe saltata, ma tutti quelli della maggioranza che parlavano di volerla fermare si sono prontamente allineati.

PUNTATA PRECEDENTE

Venerdì 6 Dicembre 2013, 09:51
 
 
Se vi arrivasse a casa senza preavviso una multa da cinquecento euro, probabilmente sareste arrabbiati e preoccupati. Ma se vi arrivasse una multa da ottocento euro, e poi dopo le vostre obiezioni e le vostre lamentele venisse ridotta a cinquecento, probabilmente non sareste così arrabbiati, anzi alla fine sareste persino un po’ sollevati: ve la cavate con “solo” cinquecento euro.
 
Questa è la tattica che l’amministrazione torinese ha usato per riuscire a privatizzare, dopo i rifiuti e l’aeroporto, anche il trasporto pubblico: nei prossimi giorni, la Sala Rossa approverà la vendita del 49% di GTT a un socio privato, che avrà anche il diritto di nominare l’amministratore delegato, acquistando di fatto il controllo della società. Eppure, per mesi Fassino ha agitato la prospettiva di vendere l’80%, e questo permetterà ai consiglieri della maggioranza che tanto parlano di beni comuni di cantare vittoria: “grazie a noi abbiamo venduto ‘solo’ il 49%”!
 
Certamente, per chi come noi crede che il trasporto locale dovrebbe essere interamente pubblico e possibilmente anche gratuito (del resto la fiscalità generale già paga due terzi dei costi, alla fine mancano cento euro a testa o giù di lì), per alcuni versi è meglio che vendano solo il 49%: sarà più facile ricomprarlo in futuro. Tuttavia, per altri versi è fin peggio, perché di fatto il privato acquisterà il controllo della società pagando soltanto 49 invece di 80, lasciando in mano al Comune una partecipazione di fatto invendibile a terzi; e le possibilità di controllo lasciate alla politica dal 51% saranno probabilmente usate non per difendere il servizio, ma per difendere i dirigenti politicizzati e i meccanismi clientelari.
 
GTT, difatti, è uno dei maggiori serbatoi di voti del PD, gestito a forza di collusioni coi sindacati confederali (ricordiamo la nostra interpellanza sulle migliaia di giornate di permesso in più rispetto alla legge unilateralmente regalate da GTT ai sindacalisti di CGIL-CISL-UIL, mentre poi i lavoratori in sciopero vengono ripresi disciplinarmente) e di prese per i fondelli. Basta che ci siano un paio di esponenti della maggioranza che sollevano con durissime parole i problemi dei lavoratori GTT e denunciano le pastette interne; poi, finito lo show, gli esponenti della maggioranza votano lo stesso le delibere, le vendite avanzano e le pastette continuano, mentre ai lavoratori si dice “sì però c’è uno del centrosinistra che è dalla vostra parte, dunque continuate a votarli”.
 
Va sottolineato inoltre che, almeno secondo quanto affermato dall’assessore Tedesco ieri in commissione, non si tratta di una vendita obbligata per fare cassa, dato che il Comune ha già appianato il buco di quest’anno e in parte quello dell’anno prossimo con l’ennesima ondata di speculazioni immobiliari, da quella sull’area Westinghouse a quella sull’area ThyssenKrupp (ve ne parleremo presto in dettaglio).
 
Ci sono effettivamente città che sono costrette a vendere dai perversi effetti del patto di stabilità, per cui i lavoratori del trasporto pubblico gestito in casa contano come dipendenti comunali e fanno sforare le soglie di “dimagrimento” della pubblica amministrazione: succede così persino a Parma, dove Pizzarotti per aggirare questo vincolo assurdo sta cercando una azienda esterna (meglio se pubblica) che compri il 49% del trasporto pubblico, mettendo la clausola di poterselo ricomprare tra qualche anno. Ma Torino no, vende perché ci crede: vende definitivamente e per “scelta industriale”, perché a Torino privato è bello (meglio però se controllato dai partiti e/o finanziato con soldi pubblici, come Iren o la Cassa Depositi e Prestiti).
 
Eppure le “scelte industriali” sono chiare a tutti: mercoledì scorso è terminato definitivamente il servizio tramviario sulla storica linea di via Cibrario (attiva da oltre cent’anni) e via Nicola Fabrizi. Forse a gennaio comparirà un “13 barrato” tram per rinforzare il tratto centrale, una richiesta che peraltro avevamo fatto anche noi in una interpellanza, ma intanto il 13 è stato sostituito con autobus, ufficialmente per l’accessibilità… ma – a parte che voglio vedere quale carrozzina si può infilare sul mezzo metro di marciapiede in mezzo alla strada dove ferma il 13 – sarebbe bastato investire per tempo sui tram; un tram dura cinquant’anni, mentre gli splendidi bus nuovi di oggi tra cinque anni saranno già scomodi e scassati, e necessiteranno di grandi spese in manutenzione che saranno appaltate con logiche immaginabili.
 
Nella delibera di vendita non c’è traccia di scelte industriali sulla mobilità; ci sono dei punti su un piano industriale da valutare in termini essenzialmente economici. Nel frattempo si prospettano altri tagli dei fondi nazionali e regionali; si parla di un ulteriore 24% di taglio, il che vorrebbe dire chiudere molte linee e viaggiare con i mezzi strapieni su tutte le altre. Eppure – come dicevo in aula l’altro giorno (nel video) – ci sarebbero soluzioni per risparmiare dentro GTT, tagliando gli sprechi; i sindacati le hanno presentate da mesi, ma non si fanno.
 
Per questo noi siamo contrari, e lo siamo da sempre e con chiarezza, e già due anni fa denunciavamo in aula la svendita del bene comune e le logiche perverse che le stanno dietro. Eppure, Fassino preferisce vendere, magari a un partner amico come Trenitalia, e per il resto vivere alla giornata, abbandonando un servizio vitale per la stessa sopravvivenza della nostra città; tanto, il sindaco certo non viaggia in pullman.
 

NO all’Autostrada su Colli e Laguna di Orbetello – contestato rossi

se si contestano i loschi affari del partito democratico ai danni dei cittadini naturalmente siam fascisti. Sono la parte sana dell’Italia, quella giusta, sostengono i piddini
 
dalla pagina facebook NO all’Autostrada su Colli e Laguna di Orbetello
 
 
L’ANTIDEMOCRATICO AMICO DI BARGONE CHE FAVORISCE GLI INTERESSI DELLA PROVATA SOCIETA’ SAT A COSTO DI DISTRUGGERE TERRITORI E VITA DELLA POPOLAZIONE CON OPERE ALTAMENTE IMPATTANTI, DANNOSISSIME PER LA SALUTE PUBBLICA, INSOSTENIBILI PER TERRITORI A ELEVATO RISCHIO IDROGEOLOGICO. IGNORA E DISPREZZA LA VOLONTA’ DELLA POPOLAZIONE, DEI COMITATI , DELLE ASSOCIAZIONI DEI CITTADINI E DI CATEGORIA, DEGLI ENTI LOCALI.
 
Rossi contestato perde le staffe: “Dite puttanate”
Il presidente della Toscana Enrico Rossi va a inaugurare la riapertura della ferrovia Cecina-Saline (tra Livorno e Pisa) ma viene contestato da un gruppo di Comitati (Beni Comuni Val di Cecina, Comitato per la difesa della Val di Cecina, No Sat e uno contro la chiusura dei piccoli ospedali). Gli rimproverano le scelte di razionalizzazione sulla sanità ed espongono uno striscione: “Rossi fuori dalla Toscana”. E questo che provoca la reazione del governatore: straccia un volantino e urla, “Dite puttanate”. Spiegherà: “Quello striscione ha toni fascisti”
VIDEO GERARDO ADINOLFI

Autostrada Tirrenica: a Tarquinia intervento della forza pubblica per sgomberare il chiosco dei Podda. Rilevanti i danni alle imprese della Farnesiana.

le proteste non politicallu correct sono stranamente silenziate

Autostrada Tirrenica: ruspe in azione, aziende in difficoltà

Siamo all’uscita dell’A12 verso Tarquinia, qualche centinaio di metri oltre il raccordo che conduce al Porto di Civitavecchia, sulla via Aurelia, dove stanno avanzando a pieno ritmo i lavori dell’Autostrada Tirrenica: una grande opera contestata da molti per i maggiori costi che graveranno su automobilisti e trasportatori i quali non potranno più disporre, dopo oltre duemila anni, di quella che era la strada statale n.1, gratuita naturalmente.

È l’unico caso in Europa di strada pubblica diventata privata in cui gli unici a guadagnare saranno i costruttori oltre la SAT, la società che gestisce l’opera, la quale ricaverà una rendita garantita dall’ANAS.

Guidata da Antonio Bargone che per un caso tutto italiano ne è anche Commissario incaricato della vigilanza, la Società Autostrada Tirrenica gode di un sostegno quasi totale dei partiti (PD e PDL o Forza Italia in testa) e dei vari potentati economici e finanziari pronti a sfruttare un’occasione servita su un piatto d’argento.

Dove c’è qualcuno che guadagna è probabile che vi siano molti a pagare i danni. E infatti in un’area molto pregiata dal punto di vista ambientale, nota come la Farnesiana, oltre duecento tra agricoltori, aziende agrituristiche note anche all’estero e imprese dedite all’allevamento, si sono ritrovati in pochissimi giorni a dover fare oltre otto chilometri in più, gran parte su una strada di appena quattro metri di larghezza.

Parecchi operatori turistici si chiedono quanti clienti perderanno mentre gli imprenditori agricoli non hanno ancora fatto un calcolo dei maggiori costi di carburante, insomma una vera e propria mazzata imprevista e imprevedibile nelle conseguenze.

Eppure il sindaco di Tarquinia, Mauro Mazzola, non sembra molto preoccupato. Promette anzi che in un futuro indefinito ci saranno strade complanari e ponti sul fiume Mignone. C’è però qualcosa che nonostante l’impegno per l’autostrada, il sindaco non ha saputo spiegare: perché non è stata realizzato, prima dell’autostrada, il sistema di viabilità complanare?

Ma un’altra situazione sembra destinata a creare difficoltà a Mazzola, si tratta di un caso che sta imperversando da un paio di giorni su tutti i mezzi locali: quello dei fratelli Podda, il cui chiosco è collocato accanto all’Aurelia, al confine tra Civitavecchia e Tarquinia. Da vent’anni il punto vendita di formaggi e salumi, prodotti dalla famiglia emigrata una trentina d’anni fa dalla Sardegna, e di altre specialità provenienti dall’Isola, è diventato un punto di riferimento per clienti e turisti, soprattutto romani, in transito.

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Il negozio della Famiglia Podda

Così Patrizio Podda, uno dei titolari, non si aspettava che il suo box potesse essere abbattuto dalle ruspe della SAT, senza compensazioni economiche e con un danno gravissimo in grado di compromettere il futuro dell’impresa e dei dipendenti.

L’accusa contro la famiglia sarda è di non avere titoli per trovarsi lì ma da vent’anni nessuno ha obiettato niente, né la ASL né il comune di Tarquinia e neanche l’Agenzia delle entrate. Il ricorso dei Podda dinanzi al magistrato ordinario del tribunale civile di Civitavecchia non è stato accettato in quanto ritenuto di competenza del TAR del Lazio, uno dei tanti porti romani dove è molto facile arenarsi in attesa di un verdetto che stabilisca qualcosa.

Ma intanto lunedì mattina, come preannunciato, si è presentata la ruspa. Bernardo e Patrizio Podda che avevano trascorso la notte insieme a tanti amici e piccoli operatori della zona, accanto al box, si sono incatenati alla struttura e si sono liberati solo quando la ruspa si è allontanata. Tornerà con i rinforzi?

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L’imprenditore Bernardo Podda
Tarquinia

In giornata qualche consigliere comunale di minoranza di Tarquinia si è fatto vedere al chiosco ma risultati concreti non ne sono ancora arrivati..

E stanotte è stata un’altra notte accanto al fuoco, a mangiare formaggio e salsiccia sarda con i tanti che hanno rinunciato alla giornata di lavoro per essere lì, a parlare di un’autostrada che pare un evidente abuso, un’altra tassa per tutti i cittadini, compresi quelli che ancora nessuno ha informato che pagheranno almeno 15 centesimi al chilometro e che ad esempio, per andare da Civitavecchia a Montalto di Castro e oltre, non avranno alternative.

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Intorno al fuoco

Alle cinque di stamani (17 dicembre) Marzia Marzoli, una cittadina di Tarquinia che ha trascorso la notte con i Podda, ha diffuso su Facebook la foto dell’intervento delle forze dell’ordine per sgomberare e quindi procedere all’abbattimento del chiosco.

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17 dicembre, ore 5. L’intervento delle forze dell’ordine
Foto concessa da Marzia Marzoli

Tutto come da programma SAT.

Non si hanno ancora notizie di avvio di indagini da parte della magistratura sulla SAT, per quanto siano stati presentati esposti in gran numero da cittadini e associazioni mentre altri ne verranno depositati nei prossimi giorni.

http://www.agoravox.it/Autostrada-Tirrenica-le-ruspe.html

Sempre più giù i consumi petroliferi e dei carburanti, nel mese di Novembre: -6,6% e -4,5%

da Mondo Elettrico di Massimo J. De Carlo

pompabenz Sempre più giù i consumi petroliferi e dei carburanti, nel mese di Novembre:  6,6% e  4,5%

I consumi petroliferi italiani nel mese di novembre 2013 hanno mostrato un marcato decremento. Nel complesso sono infatti ammontati a circa 4,9 milioni di tonnellate, con una diminuzione del 6,6% (‐346.000 tonnellate) rispetto allo stesso mese del 2012.

I prodotti autotrazione, con un giorno di consegna in meno, hanno rilevato le seguenti dinamiche: labenzina nel complesso ha mostrato un calo del 6%rispetto a novembre 2012 (‐39.000 tonnellate), mentre il gasolio autotrazione del 4,1% (‐76.000 tonnellate).
La domanda totale di carburanti (benzina + gasolio) nel mese di novembre è così risultata pari a 2,4 milioni di tonnellate, di cui 0,6 milioni di tonnellate di benzina e 1,8 di gasolio autotrazione, con un calo del 4,6% (‐115.000 tonnellate) rispetto allo stesso mese del 2012.
A parità di giorni di consegna, il calo per la benzina sarebbe stato dell’1,4%, mentre il gasolio avrebbe registrato un lieve incremento pari allo 0,7%.

Nel mese considerato le immatricolazioni di autovetture nuove sono diminuite del 4,8%, con quelle diesel che hanno rappresentato il 56% del totale (era il 52,1% a novembre 2012).

Nei primi undici mesi del 2013, i consumi sono stati invece pari a circa 55,7 milioni di tonnellate, con un calo del 5,5% (‐3.248.000 tonnellate) rispetto allo stesso periodo del 2012.
La benzina nel periodo considerato ha mostrato una flessione del 5,1% (‐393.000 tonnellate), il gasolio del 3,1% (‐664.000 tonnellate).
Nel periodo considerato la somma dei soli carburanti (benzina + gasolio), evidenzia uncalo del 3,7% (‐1.057.000 tonnellate).

Nei primi undici mesi dell’anno, le nuove immatricolazioni di autovetture sono risultate in diminuzione del 7,7%, con quelle diesel a coprire il 54% del totale (era il 53,4 nei primi undici mesi del 2012).

Nel periodo gennaio‐novembre 2013 il gettito fiscale stimato (accise + IVA) dei carburanti (compreso gpl auto), tenuto conto del calo registrato dai consumi, è risultato in diminuzione di circa un miliardo di euro (di cui 440 milioni di sole accise) rispetto allo stesso periodo del 2012 (‐3,0%).

Roma, 12 dicembre 2013 – Unione Petrolifera

Con i dati forniti dal Ministero delle dello Sviluppo Economico abbiamo realizzato e pubblichiamo i nostri consueti grafici. Vediamo come i consumi di petrolio scendano progressivamente sempre più giù di mese in mese di anno in anno dal Gennaio 2007.

Il petrolio

Il grafico con i consumi per anno solare…

petrolio2013novembre1 Sempre più giù i consumi petroliferi e dei carburanti, nel mese di Novembre:  6,6% e  4,5%

e con i mesi in sequenza dal Gennaio 2007.

petrolio2013novembre2 Sempre più giù i consumi petroliferi e dei carburanti, nel mese di Novembre:  6,6% e  4,5%

Qui di seguito vediamo i carburanti per autotrazione. Stesso discorso. I consumi scendono progressivamente.

carburanti2013novembre1 Sempre più giù i consumi petroliferi e dei carburanti, nel mese di Novembre:  6,6% e  4,5%

La benzina + gasolio raggruppati insieme per il grafico in anni solari dal 2007

Benzina + gasolio

 

carburanti2013novembre2 Sempre più giù i consumi petroliferi e dei carburanti, nel mese di Novembre:  6,6% e  4,5%

 

In sequenza mensile a partire dal gennaio 2007.

 

carburanti2013novembre3 Sempre più giù i consumi petroliferi e dei carburanti, nel mese di Novembre:  6,6% e  4,5%

I consumi del petrolio e dei carburanti sono degli indicatori sensibili dello stato dello stato di salute della nostra economia, qualora non ritenessimo che il minor consumo si debba attribuire ad una intelligente razionalizzazione e ad un’efficace transizione energetica. A voi trarre le conseguenze. Intanto mettiamo i titoli dei post dell’ultimo mese insieme ai link per accedere alla lettura. Solo leggendo i titoli mi viene da dubitare che il minor consumo (generale) sia dovuto ad un fatto guidato dall’umana intelligenza.

– Sempre più giù i consumi petroliferi e carburanti nel mese di Novembre: -6,6% e -4,5
– Consumi di energia elettrica in Italia: -2% a novembre
–  Occupati e disoccupati, dati provvisori, provvisorio disastro
– Il consumo di gas a Novembre: + 2,1 %. Siamo in fase di crescita della produzione industriale?
– Il mercato dell’auto resta negativo da 42 mesi: novembre a -4,5%, -7,7% annuo

Sono questi i segnali della ‘ripresina’?

Bomba carta contro Cgil Settimo Torinese

solidarietà ai tirapiedi?? mah

In frantumi vetri edificio che ospita anche sedi Pd e Psi
16 dicembre, 12:44
Bomba carta contro Cgil Settimo Torinese (ANSA) – SETTIMO T.SE (TORINO), 16 DIC – Una bomba carta è esplosa nella tarda serata di ieri nei pressi della Camera del Lavoro di Settimo Torinese. L’ordigno, di una certa potenza, ha mandato in frantumi i vetri dell’edificio di via San Francesco d’Assisi, dove si trova l’uscita secondaria della Cgil, oltre alle sedi del Pd e del Psi. Numerosi i cittadini che si sono recati alla Camera del Lavoro per esprimere solidarietà. Le indagini sono affidate alla Digos e ai carabinieri.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2013/12/16/Bomba-carta-contro-Cgil-Settimo-Torinese_9786028.html?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews

Il 30% dei residenti in Italia è a rischio povertà

per forza, noi siamo choosy, per fortuna che vengono dall’estero per lavorare al posto nostro di REDAZIONE
Il 29,9% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale, secondo il rapporto Istat su ‘Reddito e condizioni di vita’ pubblicato oggi e aggiornato al 2012.L’indicatore, adottato nell’ambito della strategia Europa 2020, deriva dalla combinazione del rischio di povertà (calcolato sui redditi 2011), della severa deprivazione materiale e della bassa intensità di lavoro.Rispetto al 2011, l’indicatore cresce di 1,7 punti percentuali, per l’aumento della quota di persone in famiglie severamente deprivate (dall’11,2% al 14,5%); la quota di persone che vivono in famiglie a rischio di povertà è sostanzialmente stazionaria (19,4%) dopo l’incremento osservato tra il 2010 e il 2011; si mantiene stabile, dal 2010, anche quella relativa alla bassa intensità lavorativa (10,3%).

Il rischio di povertà o esclusione sociale è di 5,1 punti percentuali più elevato rispetto a quello medio europeo (pari al 24,8%) come conseguenza della più elevata diffusione della severa deprivazione (14,5% contro una media del 9,9%) e del rischio di povertà (19,4% contro 16,9%).

L’aumento della severa deprivazione, rispetto al 2011, è determinato dalla più elevata quota di individui in famiglie che non possono permettersi durante l’anno una settimana di ferie lontano da casa (dal 46,7% al 50,8%), che non hanno potuto riscaldare adeguatamente la propria abitazione (dal 18,0% al 21,2%), che non riescono a sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 38,6% al 42,5%) o che, se volessero, non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 12,4% al 16,8%).

Quasi la metà (il 48%) dei residenti nel Mezzogiorno è a rischio di povertà ed esclusione ed è in tale ripartizione che l’aumento della severa deprivazione risulta più marcato: +5,5 punti (dal 19,7% al 25,2%), contro +2 punti del Nord (dal 6,3% all’8,3%) e +2,6 punti del Centro (dal 7,4% al 10,1%).

Il rischio di povertà o esclusione sociale è più alto per le famiglie numerose (39,5%) o monoreddito (48,3%); aumenti significativi, tra il 2011 e il 2012, si registrano tra gli anziani soli (dal 34,8% al 38,0%), i monogenitori (dal 39,4% al 41,7%), le famiglie con tre o più figli (dal 39,8% al 48,3%), se in famiglia vi sono almeno tre minori.
http://www.lindipendenza.com/il-30-dei-residenti-in-italia-e-a-rischio-poverta/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-30-dei-residenti-in-italia-e-a-rischio-poverta&utm_medium=referral&utm_source=pulsenews

Partenariato orientale, i conti dell’Europa non tornano

Ilja Kharlamov, Redazione Radio
 
L’Europa sta portando avanti il progetto del Partenariato orientale che abbracciando i paesi dell’area post-sovietica, ufficialmente punta ad intensificare l’integrazione e i rapporti di buon vicinato. Dietro pero’ vi sarebbero dei motivi che benche’ celati, sarebbero piuttosto chiari: cioe’ allargare la propria sfera d’influenza nella regione ottenendo nei paesi dell’est europeo una fonte di manodopera a basso costo, con un minimo di diritti e privilegi, e costituire in tal modo una zona cuscinetto intorno ad una Russia in continua crescita ed evoluzione.
Il Partenariato orientale lanciato nel 2008 su iniziativa di Polonia e Svezia inizialmente puntava ad Ucraina, Moldavia, Georgia, Bielorussia, Armenia, Azerbaigian. Si pretendeva cosi’ di consolidare la democrazia e la stabilita’, di rafforzare la cooperazione economica e la sicurezza energetica, oltre a rilanciare i contatti umanitari, facilitando il regime dei visti.
Pero’ de facto l’Europa propone un dialogo che dovrebbe essere paritario, ma in realta’ e’ basato su regole scelte dall’Europa, che come fratello maggiore si arroga il diritto di insegnare ai fratelli minori come si sta al mondo.
Alcuni esperti vengono subito al dunque e indicano che gli strateghi europei nello spazio post-sovietico sarebbero interessati innanzi tutto a nuovi mercati di sbocco, ad una forza lavoro che costa pochissimo, alle materie prime e ad una classe dirigente pilotabile ed antirussa.
 
L’obiettivo collaterale sarebbe garantirsi il controllo sul transito del gas russo in Europa attraverso l’Ucraina, la Bielorussia e la Moldavia o, ancor meglio, trovare un’alternativa, forse in Azerbaigian.
 
Queste velleita’ di aggirare ad ogni costo la Russia vengono cosi’ commentate ai nostri microfoni dall’analista Aleksandr Gusev:
 
Indubbiamente, l’obiettivo del progetto e’ strappare le ex repubbliche sovieitche dall’orbita russa. E’ lecita la domanda, perche’ in questo progetto non e’ rappresentata la Russia? Gli eurocommissari affermano di aver fatto questa proposta a Mosca, ma e’ stata rifiutata. Il che e’ ridicolo, in quanto nessuno ha proposto niente alla Russia. Gli ideologi del Partenariato orientale puntano a creare attriti fra la Russia e questi paesi a cui Mosca offre di aderire al processo d’integrazione euroasiatica.
 
I politici europei infatti non riescono a mandare giu’ l’Unione Doganale (Russia, Bielorussia, Kazakistan) che nel 2015 dovrebbe trasformarsi in un’Unione economica euroasiatica.
 
Non a caso Bruxelles ha reagito in modo cosi’ nervoso alla recente decisione armena di aderirvi. Poi e’ scoppiata una bufera per la pausa di riflessione che Kiev si e’ presa riguardo l’accordo d’associazione ed i politici europei non si risparmiano nelle piazze di Kiev per convincerla a scegliere a favore dell’Ue.
L’Europa si intromette negli affari interni di uno stato sovrano al quale non e’ in grado di offrire niente, neanche l’abolizione dei visti. Soltanto belle parole.
 
Un commento del politologo Vladimir Bruter:
 
L’ampliamento per l’Europa e’ un imperativo. Il centro economico (e anche nella dimensione politica) si sta spostando verso il sud-est asiatico. Senza apportare una politica congiunta, i paesi europei rischiano di trovarsi alla periferia della politica mondiale.
 
La carenza delle risorse energetiche alimenta il cinismo europeo nei confronti dell’Asia Centrale e dei paesi caucasici, chiudendo un occhio sui problemi con i diritti umani e con la democrazia che sono loro propri.
 
Pero’ anche i partner potenziali possono dire di no, come dimostrano le ultime dichiarazioni del presidente dell’Azerbaigian. A novembre soltanto la Moldavia e la Georgia hanno firmato l’accordo di associazione. Tutto cio’ basta per cantare vittoria?
 

Siria, duemila cristiani ostaggio degli jihadisti

all’Onu non deve importare molto, i cristiani sono sub-umani per gli organismi politicamente moralmente superiori. Ah se li avesse sequestrati Assad il discorso era diverso, i soliti due pesi e due misure tipico di coloro che fanno credere di sostenere l’eguaglianza….ma non parliamo di cristianofobia

di Giorgio Bernardelli
17-12-2013

Parlava dell’«ecumenismo del sangue» Papa Francesco nell’intervista ad Andrea Tornielli pubblicata domenica sul quotidiano La Stampa. Quell’unità sperimentata dai cristiani davanti a quei persecutori che non chiedono loro «se sono anglicani, luterani, cattolici o ortodossi». Ed è una fotografia che in Siria si ripete ogni giorno in un posto nuovo.
In queste ultime ore la geografia della sofferenza ci ha portato a conoscere la storia di Kanayé, un altro dei villaggi della valle del fiume Oronte che raccontano la lunga storia del cristianesimo in Siria. A lanciare l’allarme è stato il vicario apostolico emerito di Aleppo, mons. Giuseppe Nazzaro, che da pochi mesi ha lasciato fisicamente questa terra ma resta un punto di riferimento importante per i cristiani della Siria. È a lui che è giunto da Kanayé – un villaggio cristiano di duemila anime appena caduto nelle mani dei miliziani qaedisti di Jabat al Nusra – un appello telefonico drammatico.

«Sono penetrati nel villaggio – ha raccontato monsignor Nazzaro – ed hanno imposto al parroco di non suonare più le campane. Le donne non devono più uscire per strada a capo scoperto, devono essere velate. Nel caso non ottemperassero a questi ordini, passerebbero dalle minacce ai fatti, massacrandoli tutti». Che non siano solo parole gli abitanti di Kanayé lo sanno bene: «Già un anno fa – continua il presule francescano – a Ghassanieh, un villaggio vicino, intimarono alla gente di lasciare subito il villaggio, altrimenti li avrebbero tutti uccisi. Così ottennero il risultato che volevano, cioè occupare il villaggio e tutto quanto i cristiani possedevano. A Kanayé – commenta ancora padre Nazzaro – questo è il primo passo, domani li costringeranno a convertirsi all’islam».

Nel susseguirsi di queste notizie rischia sempre di sfuggire che cosa significhi per l’intera cristianità questo disegno di sradicamento dalla Siria della fede in Gesù. Tendiamo a dimenticare che nei posti come Kanayé si è cristiani da sempre; siamo noi a essere figli del loro primo annuncio. «Secondo la tradizione – raccontava qualche anno fa alla rivista Terrasanta proprio il parroco di Kanayé, padre Hanna Jallouf – san Paolo dopo aver avuto la notizia e la gioia di poter convertire gli elleni al cristianesimo, si recò da Gerusalemme verso Antiochia. Allora c’erano tre strade che collegavano Apamea ad Antiochia. Una era la strada militare verso Aleppo, un’altra passava vicino al corso dell’Oronte (per sei mesi impraticabile a causa delle piene); una terza passava proprio dietro questa collina. Senz’altro san Paolo è passato di qua, evangelizzando queste terre. Insomma, siamo certamente i discendenti dei primi cristiani convertiti dall’apostolo missionario».

Gli islamisti non vogliono semplicemente impadronirsi di un villaggio: vogliono cancellare un’intera storia. «Maalula, Sednaya, Sadad, poi Qara e Deir Atieh, Nebek: i jihadisti armati applicano sempre lo stesso modello – ha dichiarato all’agenzia Fides padre George Louis, parroco greco-cattolico del villaggio di Qara -. Prendono di mira un villaggio, lo invadono, uccidono, bruciano, devastano. Per i civili – cristiani e non – la vita è sempre più difficile». Del resto sono giorni che i cristiani della Siria sono in ansia anche per la sorte delle suore ortodosse costrette a lasciare il monastero di Santa Tecla a Maaloula. Sanno bene che non lo avrebbero mai abbandonato spontaneamente. Alcune fonti locali ieri parlavano di una trattativa diplomatica in corso con le milizie che le tengono sotto la loro «custodia» a Yabroud. Ma siamo sempre nel dominio delle voci che si rincorrono, che abbiamo imparato bene a conoscere anche nei casi degli altri sequestri (tuttora in corso).

FONTE: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-siria-duemila-cristiani-ostaggio-degli-jihadisti-7991.htm

Allarme Ue:due insetticidi molto diffusi nocivi per l’uomo

è preoccupata per la salute dei cittadini europei la cara Ue, ha paura che muoiano troppi cittadini anzitempo? PERCHE’ NON LI VIETA? Lo ha fatto con le vitamine, così come naturalmente non è preoccupata per i gravi danni causati dagli Ogm, si preoccupa dei profitti di Monsanto. D’altronde, la Ue si fonda sulla mobilitazione di merci e capitali (umani compresi)…..
17:39 17 DIC 2013
 
(AGI) – Bruxelles, 17 dic. – L’Ue ha avvertito che due insetticidi ampiamente utilizzati, uno dei quali collegato al declino della popolazione delle api, possono rappresentare un rischio per la salute umana. Gli insetticidi neonicotinoidi, in particolare l’acetamiprid e l’imidacloprid, “possono alterare il sistema nervoso umano in via di sviluppo”, ha messo in guardia l’Autorita’ Europea per la Sicurezza Alimentare. L’Ue ha chiesto di tagliare i livelli di esposizione, in attesa che si abbiano maggiori risultati dalla ricerca.
 
Entrambi gli insetticidi sono usati in Italia, l’acetamiprid dal 2004. L’Ue ha avvertito che due insetticidi ampiamente utilizzati, uno dei quali collegato al declino della popolazione delle api, possono rappresentare un rischio per la salute umana. Gli insetticidi neonicotinoidi, in particolare l’acetamiprid e l’imidacloprid, “possono alterare il sistema nervoso umano in via di sviluppo”, ha messo in guardia l’Autorita’ Europea per la Sicurezza Alimentare. L’Ue ha chiesto di tagliare i livelli di esposizione, in attesa che si abbiano maggiori risultati dalla ricerca.
Entrambi gli insetticidi sono usati in Italia, l’acetamiprid dal 2004.
 

“Le porte della UE per l’Ucraina sono chiuse”

son segreti sti problemi? Dobbiamo pagare anche quelli?

“La UE non è in grado di portare l’Ucraina fuori dalla crisi finanziaria: non ha né i mezzi né la voglia di farlo. In realtà le porte verso l’UE sono chiuse per Kiev,”- ha dichiarato il capo della commissione della Duma per gli Affari Esteri Alexey Pushkov. Nel frattempo l’alto rappresentante della UE per la politica Estera Catherine Ashton ha affermato di aver scoperto dopo i colloqui con il presidente Yanukovych quali problemi economici di breve termine abbiano impedito all’Ucraina di firmare l’accordo di associazione con la UE. “Penso che possiamo lavorare insieme per risolvere questi problemi,” – ha dichiarato la Ashton

http://italian.ruvr.ru/2013_12_17/Le-porte-della-UE-per-lUcraina-sono-chiuse/