La nuova legge mineraria è morta – Evviva Rosia Montana !

2013/12/10 14:00:00

La nuova legge mineraria è morta – Evviva Rosia Montana! Il Parlamento ha respinto gli emendamenti alla legge sulle miniere della Romania intesi a rilanciare Rosia Montana Bucarest/ Romania. Dopo lunghe discussioni all’interno del Parlamento e manifestazioni diffuse in tutto il Paese, i deputati della Romania hanno oggi respinto una serie di emendamenti volti a rilanciare lo  sviluppo estremamente impopolare della miniera di Rosia Montana. Questa decisione rappresenta una vittoria senza precedenti per la società civile della Romania e un pesante, se non mortale, colpo  a Gabriel Resources, il proprietario del progetto minerario. La nuova legge mineraria, con i suoi emendamenti, è stata respinta a causa della partecipazione complessiva insufficiente da parte dei deputati con 160 voti favorevoli, 22 astensioni e 105 voti contrari.

“Speriamo che questo tentativo di facilitare imprese minerarie illegali sia l’ultimo patetico tentativo di costringere il governo a mettere cianuro in testa ai rumeni. Ringraziamo tutti coloro che credono nella libertà e chi oggi è stato dalla parte della giustizia” ha dichiarato Eugen David, presidente di Alburnus Maior”.

Le proteste a Bucarest, Cluj e in altre città della Romania e all’estero si sono concluse in modo pacifico. Tutti i cittadini che hanno partecipato sono tornati alle loro case.

The new mining law is dead – Long live Rosia Montana!

http://rosiamontana.org/en/stiri/the-new-mining-law-is-dead-long-live-rosia-montana 

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2013-12-10 14:00:00

The new mining law is dead – Long live Rosia Montana! Parliament rejects amendments to Romania’s mining law designed to kick-start Rosia Montana Bucharest/Romania. After lengthy debates inside parliament and widespread demonstrations throughout the country, Romania’s deputies today rejected a series of amendments designed to kick-start the hugely unpopular Rosia Montana mine development. This decision presents an unprecedented victory to Romania’s civil society and a heavy if not mortal blow to Gabriel Resources, the mine project owner. The new mining law with its amendments was rejected due to insufficient overall attendance from the part of the deputies with 160 votes for, 22 abstentions and 105 votes against.

“We hope that this attempt to facilitate illegal mining companies is the last pathetic attempt to force the government to put cyanide in the neck of Romanians. We thank all those who believe in freedom and who stood on the side of justice today” declared Eugen David, president of Alburnus Maior.”.

The protests in Bucarest, Cluj and other cities from Romania and abroad ended peacefully. All the citizens that participated are safe.

Il Giappone verso l’autoritarismo: approvata la legge sul Segreto di Stato

di Cristina Amoroso

Il 6 dicembre 2013 è stata approvata definitivamente la legge controversa sul Segreto di Stato dalla Camera Alta del Parlamento del Giappone, che prevede un inasprimento delle pene per i responsabili di fughe di notizie e per i giornalisti che cercano di ottenere e pubblicare le informazioni fuoriuscite.

Dieci anni a chi rivela segreti di stato, cinque a chi sollecita, anche senza ottenere risultato positivo, che vengano rivelati in qualsiasi forma. Tempi duri per la libertà di informazione in Giappone. Il Paese che fino ad oggi era considerato un “paradiso per le spie” a causa delle sue leggi sul Segreto di Stato deboli, uno dei Paesi meno formalmente repressivi nei confronti del diritto di cronaca e di accesso alle fonti di informazione. D’ora in avanti, invece, diventerà uno dei Paesi più a rischio per i giornalisti, soprattutto per i giornalisti investigativi e per tutti coloro che vorranno esercitare il diritto/dovere di informare.
La legge, già approvata dalla Camera bassa del Parlamento giapponese il 26 novembre, dopo una inusuale maratona notturna, ora è stata approvata nonostante le proteste pubbliche nazionali e internazionali e le critiche secondo cui si imbavagliano i media e si contribuisce a coprire malefatte ufficiali.
Il primo ministro Shinzo Abe, desideroso di rinforzare la sicurezza del Giappone in mezzo a crescenti preoccupazioni circa la forza militare della Cina, ha detto che la legge è necessaria per il buon funzionamento di un nuovo Consiglio Nazionale di Sicurezza e per persuadere Paesi stranieri come stretto alleato degli Stati Uniti nel condividere l’intelligenza. Media, editori, avvocati e persino animatori hanno denunciato il disegno di legge, che amplia drasticamente la definizione di segreti di Stato e per alcuni ha echi del duro regime autoritario del Giappone prima e durante la seconda guerra mondiale.

Il Segretario Capo di Gabinetto Yoshihide Suga ha dichiarato che il governo dovrebbe fare degli sforzi per spiegare la legge e conquistare la fiducia del Paese prima che la misura abbia effetto. “Pensiamo che questa legge è estremamente importante per le nostre connessioni con i nostri alleati e le altre nazioni straniere”, ha detto. “Credo che la gente arriverà a capire”.
Il passaggio della legge coincide con un dibattito mondiale sul segreto di Stato dopo che l’ex imprenditore della National Security Agency, Edward Snowden, ha divulgato documenti segreti. Migliaia di manifestanti, infagottati contro il freddo, si sono riuniti di fronte al palazzo del parlamento, cantando “Vergogna su di voi, Shinzo Abe”.

“Questo è stato davvero fatto in tutta fretta, troppo in fretta e bisogna chiedersi perché tanta fretta”, ha detto un impiegato dell’emittente pubblica Nhk. “Penso che questa legge ci dispiacerà davvero più tardi”.
Alti funzionari di tutti i ministeri potranno designare segreti di Stato speciali in quattro categorie – la difesa, la diplomazia, la lotta al terrorismo e contro lo spionaggio – che possono essere tenuti segreti fino a 60 anni e in alcuni casi di più. Folle di manifestanti si sono riuniti tutti i giorni davanti al Parlamento per protestare contro la legge. L’approvazione della legge potrebbe intaccare la popolarità di Abe, che è già scivolato appena al di sotto del 50 per cento in un sondaggio di questa settimana dai primi picchi di circa il 60 per cento.
La misura proposta è comunque parte di uno sforzo più ampio dal primo ministro Shinzo Abe, quello di allontanarsi dal passato pacifista del Giappone e stabilire una postura militare più forte che è congeniale, o in linea con le preferenze degli Stati Uniti, secondo Richard Samuels, direttore del Centro del Mit per gli Studi Internazionali. Tra le altre iniziative, Abe intende creare la versione giapponese del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, l’organismo di coordinamento della politica estera americana, e sta spingendo per reinterpretare la costituzione del Giappone di espandere il limitato ruolo di auto-difesa del suo esercito – dandogli il potere di aiutare la Stati Uniti e altri alleati, se sono attaccati.

La legge giapponese sulle sanzioni per la diffusione di segreti di Stato è paragonabile a quelle imposte dalla legge degli Stati Uniti e più severe di quelle imposte da altri alleati degli Stati Uniti come la Gran Bretagna, Germania e Francia.
Al di là dei parallelismi, i critici sostengono che qualsiasi questione di importanza nazionale potrebbe essere considerata un segreto di Stato – compresi quelli con gravi implicazioni per la salute pubblica e la sicurezza, come la gestione del governo di disastri come Fukushima. Un’ indagine indipendente del disastro di Fukushima, per esempio, ha scoperto che la catastrofe era in parte il risultato della mancanza di governo di supervisione e di collusione con l’operatore dell’impianto, la Tokyo Electric Power Co.
Anche la Chiesa si è mostrata contraria alla legge ancor prima che fosse approvata dalla Camera Alta, indicandone la pericolosità perché “attacca il concetto stesso di pace, che la nostra Costituzione garantisce e che è il fondamento della nostra società”. Lo scriveva la Commissione episcopale Giustizia e Pace della Chiesa giapponese in una lettera aperta indirizzata al primo ministro nipponico Shinzo Abe, alla fine di noivembre. Il testo è firmato dal presidente della Commissione, il vescovo ausiliare di Osaka mons. Michele Goro Matsuura, e da gruppi cattolici e singoli fedeli. Nella lettera, la Commissione scriveva: “Ci opponiamo alla bozza di legge in discussione dal punto di vista di coloro che rispettano i principi-base della Costituzione giapponese e di chi vuole una società libera e pacifica, dove la dignità umana è protetta”.

Chiudiamo con l’ambigua domanda di Denny Roy, un esperto americano di sicurezza con l’Occidente del Center East: “Preferiresti avere il Giappone con un dittatore in grado di andare in guerra con te – anche se non all’altezza dei tuoi valori democratici – o preferisci avere un Giappone pacifista che ha dei limiti in termini di capacità militare?”
Staremo a vedere se la legge passata grazie ai numeri del Partito Liberal Democratico di Shinzo Abe insieme alla New Komeito della Soka Gakkai porterà burrasche di guerra o se ricorderanno l’annuncio di pace che i Giapponesi fecero al mondo: “Noi, il popolo giapponese, ci impegniamo affinché mai più avvengano gli orrori della guerra attraverso l’azione del nostro governo”.

http://www.ilfarosulmondo.it/wp/il-giappone-verso-lautoritarismo-approvata-la-legge-sul-segreto-di-stato/

BANKITALIA E IL BALLO DEL MATTONE

12 DIC 2013 17:35
RIMASTI INVENDUTI I 74 IMMOBILI, VALUTATI 300 MILIONI, CHE DRAGHI VOLEVA CEDERE PERCHÉ “INUTILI”
Dopo tre anni ora si prova con la trattativa privata – E pensare che palazzo Koch per riuscire a vendere ha pure pagato una superconsulenza milionaria agli advisor Colliers ed Exitone (2 mln e 2i mila €) – Nella lista pezzi pregiati come edifici storici, ex filiali e teatri. Ma nessuno, per ora, se li fila… Stefano Sansonetti per la Notizia (www.lanotiziagiornale.it)

Inutile girarci intorno. A tre anni di distanza dal suo varo, l’operazione si sta rivelando un clamoroso fallimento. I 74 immobili che Bankitalia, sotto l’impulso dell’allora governatore Mario Draghi, voleva dismettere perché ritenuti inutili, ancora oggi risultano invenduti. Palazzi storici di pregio, sedi di ex filiali, appartamenti, addirittura teatri.
Un bendidio che la banca centrale non è riuscita a far passare di mano, nonostante abbia profumatamente pagato due superconsulenti immobiliari: il gruppo americano Colliers e l’italiana Exitone, che fa capo al gruppo Sti controllato dall’immobiliarista torinese Ezio Bigotti.

I due advisor, remunerati da via Nazionale con 2 milioni e 21 mila euro, avevano vinto una gara a inizio 2011. Finora, però, complice una situazione non proprio felice del mercato immobiliare, hanno combinato ben poco. Anche se in questi giorni stanno facendo un altro disperato tentativo, con la pubblicazione di una lista di asset sul mercato pressoché identica al passato. E pensare che all’inizio il valore del pacchetto era stato stimato in 300 milioni di euro.
Dei quali, finora, non si è vista nemmeno l’ombra. Il piano di dismissioni era stato pensato proprio nell’era Draghi per razionalizzare e rendere più sobria la banca centrale, in un momento in cui le polemiche anticasta non risparmiavano nessuno. Il problema è che in questi tre anni, nonostante ripetuti tentativi, nessun potenziale investitore sembra essersi filato il ricco patrimonio immobiliare dell’istituto di via Nazionale. Basta fare lo storico delle operazioni per rendersene conto.

Un buco nell’acqua
Negli anni si sono succedute due aste senza successo. Fino a quando, qualche giorno fa, i due superconsulenti hanno deciso di consigliare a Bankitalia, ora guidata da Ignazio Visco, di ricorrere alla trattativa privata. Procedura che, va da sé, proietta i 300 milioni nella dimensione di una speranza d’incasso a dir poco utopistica. E così adesso palazzo Koch ripropone una lista di fatto identica di complessi immobiliari, cresciuti giusto da 66 a 74, per fare un altro tentativo. All’interno ci sono pezzi pregiati.
C’è un immobile romano di via dei Due Macelli, in pieno centro storico della capitale, sede del “Salone Margherita”. Parliamo di un edificio ottocentesco di 2.500 metri quadrati, che risulta dato in locazione alla società Cinema Teatrale Marino & Co. A Pisa, nella centralissima via San Martino, c’è un palazzo del 1780 per complessivi 7.700 metri quadrati, parte dei quali affittati all’Enel. A Torino, come spiegano i documenti, spicca un “palazzo residenziale di grande valore storico-artistico” che risale al 1600 ed è composto da 59 unità immobiliari.
In quel di Milano, zona Corso Sempione, spunta fuori un maxicomplesso da 14.500 metri quadrati, per due piani interrati e sei fuori terra. Insomma, pacchetti interessanti. Che però, come hanno confermato ieri a La Notizia Colliers ed Exitone, “di fatto sono ancora invenduti. Adesso si procederà senza asta, con offerte libere”. Poi sarà la banca centrale, proseguono gli advisor, “a decidere se il valore economico delle offerte può essere coerente con i prezzi di congruità dei singoli immobili fissati dalla Banca d’Italia”. Ma la conclusione, ammettono candidamente i consulenti, è che la speranza di incasso di 300 milioni è una pia illusione.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/bankitalia-e-il-ballo-del-mattone-rimasti-invenduti-i-74-immobili-valutati-300-milioni-68283.htm

La Regione che dice basta a Equitalia: “I cittadini sono in difficoltà”

La giunta della Regione Lombardia dice sì all’addio a Equitalia: dall’anno prossimo i crediti saranno riscossi dallo stesse ente regionale. Pronta anche l’abolizione dei ticket sanitari
Redazione13 dicembre 2013
MILANO – Niente più Equitalia. Niente più ticket sui farmaci per i redditi sotto i diciottomila euro. E’ una Regione Lombardia più “umana” quella che ha in mente il presidente Roberto Maroni che ha deciso di dire addio all’agenzia di riscossione e di dare una mano ai più “bisognosi” in materia di assistenza sanitaria.
Così, dopo il voto di ieri della giunta, dall’anno prossimo il Pirellone farà da sè, quanto meno per la riscossione dell’evasione del bollo auto e delle altro imposte regionali.
“Sarannno ridotti i costi per i cittadini e ci sarà un modo di procedere più umano che tiene conto delle condizioni anche di difficoltà in cui versano i cittadini contribuenti” ha spiegato Maroni. E ancora : “Vogliamo un rapporto corretto con chi paga le tasse”.
“L’obiettivo – ha aggiunto l’assessore Massimo Garavaglia – è di ottenere al più presto un modello di fisco regionale, meno oppressivo nei confronti della popolazione”.
Meno chiaro, invece, come verranno “abbattuti” i ticket sui farmaci. Sembra che la manovra, che costerà una quarantina di milioni di euro, andrà a privilegiare le fasce di reddito più basse. Infatti, i lombardi con un reddito inferiore ai diciottomila euro potrebbero non dovere più pagarei ticket sui farmaci.
http://www.today.it/cronaca/regione-lombardia-stop-equitalia.html

Benvenuti in Albania, al call center si lavora per 600euro

bravi i sindacati. Ma la globalizzazione non doveva servire per portare i diritti degli italiani ovunque nel mondo dove i lavoratori non erano così fortunati?
Ora Cgil Cisl e Uil OFFRONO i lavoratori italiani COME AD UN’ASTA AD UN PREZZO INFERIORE. Capito cos’è il dumping sociale???????????

«Se il call center si sposta in Albania, portiamo l’Albania qui da noi. Cioè, riduciamo drasticamente i salari». Lo rivela l’ultimo contratto di settore siglato da Cgil, Cisl e Uil con le due strutture padronali, Assotelecomunicazioni e Assocontact, in cui si prevede una sorta di “salario di ingresso” al 60% della paga minima, riferisce il “Fatto Quotidiano”. Coi loro 100.000 occupati – senza contare quelli interni alle aziende – i call center «sono la vetrina per clienti in cerca di informazioni oppure da assoldare con proposte “allettanti”». Il contratto si riferisce a questi ultimi, i lavoratori a progetto (co.co.pro.) in “outbound”, cioè coloro che effettuano chiamate verso l’esterno (telemarketing, televendite, ricerche di mercato). Si tratta di 30.000 addetti, per i quali la riforma Fornero ha richiesto il ricorso alla contrattazione per determinarne la retribuzione. E così, aziende e sindacati di categoria hanno siglato un contratto che prevede il riconoscimento del minimo tabellare (circa 1.000 euro netti al mese) ma ridotto al 60% fino a gennaio 2015. Da quella data, poi, si risale di anno in anno fino a tornare al 100% (del minimo) nel 2018.

«Una forma originale di “salario di ingresso” prolungato nel tempo», la definisce Salvatore Cannavò sul “Fatto”. Inoltre, per le nuove assunzioni al termine del contratto, l’azienda utilizzerà lavoratori presenti in una speciale graduatoria: per potervi accedere, gli aspiranti dipendenti dovranno sottoscrivere “un atto di conciliazione individuale”, di valore giuridico, che li impegna in anticipo a rinunciare «a diritti pregressi, che non vengono nemmeno specificati». Anche da parte sindacale, l’accordo è stato difeso come «una importante novità nel panorama delle relazioni industriali». Le parti hanno addirittura siglato un comunicato congiunto. Cesare Avenia di AssTel sostiene che «non era mai avvenuto prima che si stipulasse un accordo avente come oggetto dei lavoratori non dipendenti». La retribuzione’ Ultra-minima, certo. Però «amplia le certezze per i lavoratori». Tra queste: la contrattazione separata, che secondo fonti sindacali «impedisce loro di accedere al contratto generale».

Nati impetuosamente agli inizi degli anni Duemila, ricorda Cannavò, i call center si sono evoluti confusamente con contratti “selvaggi”, messi in evidenza da film come “Parole sante” di Ascanio Celestini e “Tutta la vita davanti”, di Paolo Virzì, tratto dal libro di Michela Murgia “Il mondo deve sapere”. «Il call center sembra la catena di montaggio degli anni Duemila», sottolinea il “Fatto”. Nel 2006, l’allora ministro del lavoro Cesare Damiano, «uno dei pochi che si occupa ancora di lavoro», con una circolare riuscì a stabilizzare circa 24.000 lavoratori, ma il dispositivo fu poi “smontato” dal successivo governo Berlusconi. «Nel frattempo si è ampliato il fenomeno di delocalizzazione alla ricerca del costo del lavoro più basso», parzialmente mitigato da una misura introdotta nel 2012 dal governo Monti, che sospende gli incentivi per le aziende che delocalizzino fuori dai confini dell’Ue.
Per i call center, «settore simbolo del precariato», lo spettro della delocalizzazione incombe da sempre sui lavoratori di marchi come Sky, Fastweb, Vodafone. «Tra i paesi preferiti la vicina Albania, con circa 60 aziende tra Durazzo, Valona e Tirana. Ma anche la Romania o la Tunisia». Attenzione: se negli anni Duemila i lavoratori manifestavano soprattutto per regolarizzare il proprio lavoro, ora la protesta è contro le delocalizzazioni, come dimostrano le recenti agitazioni dei dipendenti Fastweb, Almaviva, E-Care. «In tempi di crisi ogni lavoro è essenziale, anche quello meno professionale dei call center, per quanto si tratti ormai di una occupazione rilevante», conclude Cannavò. «In Puglia, ad esempio, Teleperformance è la seconda azienda dopo l’Ilva con 3.000 dipendenti, mentre Almaviva (ex Atesia) ne occupa 24.000 in Italia». Per i nuovi addetti al telemarketing, la paga scende dunque a 600 euro, full time. I sindacati? Firmano, entusiasti: benvenuti in Albania. «Di questo passo», commenta Giuliana Cupi di “Alternativa”, «tra poco, per lavorare dovremo pagare: e scommetto che qualche sindacato riuscirà pure a vantarsi di aver salvaguardato i posti di lavoro».

Fonte: www.libreidee.org
12.12.2013

FINANZIAMENTO DEI PARTITI: UNA RIFORMA PER CONTROLLARE GLI ELETTORI

difatti in Toscana, Umbria, Emilia nessuno contesta le presidenze da secoli in mano al Pd

Grazie a questa riforma, i partiti, semplicemente leggendo la tua dichiarazione, vedranno a chi dai il tuo 2 per mille! E’ come consentire loro di spiare nella cabina elettorale e vedere come voti.

Quindi, se abiti, per esempio, in Toscana o in Emilia-Romagna e vuoi un posto di lavoro o semplicemente evitare guai con la pubblica amministrazione, adesso sei costretto a dare il 2 per mille a un preciso partito politico. E guai a te se lo dai a un partito sgradito! Un ottimo modo per stabilizzare il potere dei partiti sulla società, davvero, e non soltanto le loro rendite.

Altro che “adesso il potere è tutto degli elettori”, come ha dichiarato Letta, altro che “protagonismo dei cittadini” annunciato da Alfano: adesso la casta ha più controllo che mai sugli elettori. Ecco perché questa riforma è furba, orwellianamente furba. Non perché una riforma simile era già disegno di legge in attesa di voto, e col decreto di legge Letta si sono allungati di tempi e si è reso possibile lasciar decadere il decreto legge non ratificandolo nei 60 giorni. Non perché, nel migliore dei casi, diverrà operativa fra tre anni.
Ora l’illuminato ideatore di questa geniale riforma sia premiato come gli spetta: con l’elevazione all’onore del Quirinale!

Marco Della Luna

Ancora violenza inaudita sulle donne – perché alla stampa non interessa?

82enne legata e imbavagliata con lo scotch in casa sua da tre immigrati
Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSdic 14, 2013
Bologna, 14 dic – Una donna di 82 anni è stata legata e imbavagliata in casa da tre rapinatori che le hanno portato via circa mille euro e qualche gioiello. Dell’episodio, avvenuto a Galliera, paese della provincia di Bologna, sono stati avvisati ieri mattina i carabinieri che hanno avviato indagini e ricerche. La casa della pensionata, in piazza della Rinascita, è stata rovistata da ogni parte e l’appartamento è stato trovato in grande disordine.
I tre rapinatori, descritti come stranieri, sono entrati da una porta sul retro, forzata con un palanchino, verso le 10 di ieri. All’interno c’era solo l’anziana, che vive con un figlio, in quel momento fuori per lavoro. La donna ha problemi di deambulazione, ma ciò nonostante è stata immobilizzata con del nastro adesivo e prima di andarsene i tre – che hanno agito a volto scoperto e non erano armati – le hanno chiuso la bocca con un pezzo di scotch. La pensionata è riuscita in seguito a liberarsi da sola e una vicina, che abita al piano superiore, ha sentito le grida di aiuto e ha dato l’allarme. La rapina è avvenuta in una zona abitata di Galliera.

bolognatoday.it

Nessuna ripresa per l’Europa. La recessione è senza fine

cosa aveva detto Letta? Che proprio adesso che c’è la ripresa non si può protestare?

Secondo l’ Ocse (Oecd), nelle stime contenute nella versione preliminare del rapporto di fine anno, la zona euro non riesce a ritornare ai livelli del 2008, ultimo anno prima della crisi.
I dati definitivi hanno, infatti, registrato livelli ben distanti dalla tanto auspicata ripresa, data come certa da svariati ambienti istituzionali.  L’ intera zona euro ha subito nel 2012 un calo del prodotto interno lordo del -0,6%, e non è andata meglio nel 2013,

4che ha comportato un ulteriore, seppur inferiore, calo dell pil al -0,4%. Anche la Gran Bretagna, che fa parte dell’UE ma non dell’ eurozona, non raggiunge i livelli del 2008. Si sta inoltre formando un polo recessivo nel Nord Europa, con la Finlandia  allo sbando ed in cerca disperata di mercati nella Russia e l’Olanda, in crisi recessiva acuta malgrado il grosso surplus nei conti con l’estero.
Disattese, inoltre, le stime previsionali annuali che l’ Ocse aveva effettuato nel 2012 sul 2013 e nel 2011 sul 2012. Il raffronto con i dati quasi definitivi, infatti, parla chiaro, alla fine del 2012 esse prevedevano per l’ Eurozona 2013 un piccolo calo del -0,1% contro un calo effettivo del – 0,4% con un errore 4 volte maggiore. Nel Novembre del 2011 le proiezioni del rapporto di fine 2011 dell’ Ocse davano per il 2012 l’ eurozona in crescita del +0,2% (calo effettivo -0,6%) e per il 2013 addirittura un’espansione del +1,4% (contro il calo stimato attualmente al -0,4%).
L’organizzazione si attende anche un peggioramento della disoccupazione che salirà fino al 12,5% nel 2014 ( +0,6% rispetto al 11,9% del 2013). Tradotto vorrà dire che altre decine di migliaia di italiani perderanno il posto di lavoro nel giro dei prossimi mesi. Caleranno conseguentemente anche i redditi delle famiglie, e lo stesso Ocse ha suggerito di applicare delle riforme che favoriscano la crescita.

http://www.signoraggio.it/nessuna-ripresa-per-leuropa-la-recessione-e-senza-fine/

Questa è la democrazia dei Letta, Fo Boldrini sindacati etc

Protesta degli italiani contro il Regime

Movimento 9 dicembre : aggiornamenti
” Il malcontento è grave, un senso di malessere si diffonde in tutte le classi della società. Le sorgenti della ricchezza vanno a disseccarsi. Noi facciamo il lavoro di Tantalo o di Penelope. Il signor Rothschild, re del milione, è, finanziariamente parlando, re dell’Italia” –

Senatore Sotto-Pintor, 1863
carrellata video – 

San Lorenzo, tafferugli al corteo dei NoTav nuovo blitz contro un circolo Pd, un ferito

http://roma.repubblica.it/cronaca/2013/12/14/news/corteo_no_tav_san_lorenzo_imbrattata_scontri_di_fronte_al_circolo_pd_un_ferito-73605418/?ref=HREC1-3

San Lorenzo, tafferugli al corteo dei NoTav  nuovo blitz contro un circolo Pd, un ferito

I manifestanti erano partiti da piazzale Tiburtino per chiedere la liberazione dei quattro arrestati il 9 dicembre. Poi l'”assalto” alla sezione di partito, con un cassonetto rovesciato. Un dirigente dem colpito da una bottiglia. L’intervento della polizia disperde il corteo. Il sindaco Marino: “Atti vergognosi che indeboliscono il confronto democratico”

 “Un piccolo corteo di solidarietà” composto da una cinquantina di militanti no Tav è partito oggi da Piazzale Tiburtino, con lo striscione “Claudio, Nico, Chiara e Mattia liberi/e”: i “compagni” perquisiti e arrestati a Torino e Milano il 9 dicembre dopo un’azione di maggio contro il cantiere Tav in Clarea. “La Val Susa paura non ne ha, tutti liberi”, hanno urlato i manifestanti.

No Tav a San Lorenzo
blitz contro la sezione del Pd

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Arrivato a piazza di porta Maggiore, il corteo ha lanciato un petardo e acceso fumogeni. Traffico bloccato sulla piazza dove i dimostranti hanno imbrattato il muro di un cavalcavia con la scritta “No Tav liberi”. Una scritta rossa ricorda i nomi dei quattro in manette.

Ma la tappa più violenta è stata quella di fronte il circolo Pd di San Lorenzo: “Fate schifo. Il Pd e’ responsabile, ve lo meritate Renzi”, gridano i manifestanti al partito, ribaltando un cassonetto della spazzatura e gettandone i sacchetti di immondizia contro la porta vetrata.  Un dirigente viene colpito sulla fronte da una bottiglia e sporcato con la vernice.

Due blindati della polizia e un cordone di agenti in tenuta antisommossa hanno poi sbarrato via dei Volsci, disperdendo i dimostranti.

Tre settimane fa sempre i No tav avevano fatto irruzione nella storica sezione Pd di via dei Giubbonari 

“Ancora  una volta il circolo del Pd di San Lorenzo ha subito un atto vandalico”, afferma il sindaco di Roma Ignazio Marino, “Roma non può tollerare atti di violenza e intimidazioni che indeboliscono il confronto democratico”.