All’assalto senza avere un perché, l’ultima frontiera della rabbia

È l’onda lunga della protesta. Quella dei forconi. Un’onda così lunga che, diramandosi ovunque indistintamente, corre il rischio di sfociare in una rabbia livida pressoché indistinta.

L’Italia è un paese assai pigro nell’indignarsi. Per questo, spesso, ogni protesta democratica è quasi da benedire, perché testimonia un’esigenza di giustizia, oltre che una vitalità (nonostante tutto) indomita. Quanto accaduto ieri stimola però anche altre riflessioni. La protesta, organizzata dal movimento di agricoltori e pastori protagonisti nel 2012 delle manifestazioni in Sicilia assieme a varie sigle di camionisti, ha trovato proseliti anche altrove. Dal Veneto alla Campania, da Milano a Palermo, dalle Marche alla Sardegna.

Ce l’hanno con l’austerità, ieri griffata Monti e oggi Letta. È una rabbia che ha trovato sponda in semplici cittadini, che chiedono le dimissioni dell’esecutivo e un referendum per l’abolizione dell’euro. Il blog di Beppe Grillo ha dato risalto a una scena inusuale: la polizia che, di fronte ai manifestanti a Torino, si toglie il casco. Forse per solidarizzare, forse per riportare alla calma. “Siete come noi”, ha gridato la folla alle forze dell’ordine, in un rovesciamento dei ruoli che testimonia ulteriormente come l’ideologia non c’entri nulla: come, ormai, sia questione di nervi. Di frustrazione. Di dolore, di ingiustizia.E di violenza, perché più una protesta è ideologicamente labile e più il corteo (dai princìpi spesso condivisibili) si espone al virus dell’infiltrazione: pochi esterni che si confondono all’interno del gruppo e distruggono tutto. Proteste e intenti. Il caso più evidente si è verificato proprio a Torino. Un assalto al Palazzo della Regione, obiettivo il presidente della Regione Cota, indagato per peculato insieme a 42 consiglieri. I manifestanti più ambiziosi gridavano “Rivoluzione , rivoluzione!”. Quelli più espliciti urlavano ben altro, e le parole più delicate erano “ladro” e “facci vedere gli scontrini”.

ACCANTO AI PROTESTATARI della prima ora, ultrà della Juventus (i gruppi Drughi, Bravi ragazzi e Tradizione), del Toro, del Milan. Incappucciati e con caschi. Bastoni, mazze da baseball, bottiglie. La piazza ridotta a campo di battaglia, le transenne divelte. Lancio di sassi e rissa, perfino tra gli stessi ultrà. É anche questa la variabile impazzita. Che la protesta si dimentichi il perché della protesta. Che la rabbia diventi fine a se stessa. Che l’unico obiettivo sia il caos, la guerriglia, lo spaccare tutto. E che la violenza, alimentata da una frustrazione generalizzata e da una congiuntura economica spietata, chiami altra violenza. Fino a diventare non più occasionale, ma addirittura rituale. Quasi un’abitudine, quasi una costante.

Proteste di questo tipo, trasversali e inizialmente spontanee, individuano genericamente nello Stato la fonte di tutti i mali. Uno Stato peraltro assente, oltre che svilito e illegittimo, ridicolizzato anzitutto da chi detiene il potere e dunque incentiva involontariamente qualsiasi pulsione antagonista. Se lo Stato è di per sé antipolitico, la protesta di piazza (e di pancia) non può non avere analoga attitudine. Se il cittadino non si sente ascoltato, prima urla contro il cielo e poi abbassa il tiro. Oltre che il livello di pazienza. Generalizza e colpisce.

LA DEBOLEZZA delle istituzioni fa sì che la violenza trovi breccia e venga in qualche modo tollerata. Diventano “normali” il blocco delle strade, lo scontro fisico: l’arrabbiatura che neanche più si ricorda il motivo originario della rabbia. Ieri molti italiani hanno protestato, perché c’è tanto da protestare. Tutto, però, ha via via assunto i connotati dello scontro per lo scontro. E quel che oggi sembra un’esplosione sporadica di frustrazione, e che in paesi ancora più deboli è ormai norma, potrebbe divenire domani uno stato permanente di emergenza. Da una parte chi si incazza, dall’altra chi non ha risposte e neanche le cerca. Un non-dialogo tra sordi. Più che un paese, una polveriera.

Andrea Scanzi
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
10.12.2013

Lo spettro del populismo

ma come si fa a contestare e a non amare l’Europa che è tanto buona con i popoli? Non fa mancare loro niente, a parte il respiro….e se sei contro le banche e la finanza allora sei populista.  il 99% delle persone allora son pouliste. 1% è l’elite e i suoi entusiastici sgherri

Un nuovo spettro si aggira tra i Paesi occidentali: esso si chiama populismo. In questo modo vengono classificati quei partiti che, ad esempio, in Europa mettono in discussione la globalizzazione, i mercati finanziari, la moneta unica europea, l’attuale processo di integrazione del Vecchio Continente, la politica di immigrazione e le politiche di austerità. Sebbene questi partiti stiano spuntando ovunque e stiano avendo un sempre maggiore seguito elettorale, stando ai partiti tradizionali e ai loro organi di informazione non dovrebbero avere diritto di cittadinanza politica. Così in Francia si ripropone senza successo (vista la recente sconfitta a Brignoles) un “Fronte repubblicano”, formato da socialisti e dall’UMP di Nicholas Sarkozy, per fronteggiare l’ascesa del Fronte Nazionale di Marine Le Pen. In Olanda si forma un Governo per escludere il partito di Geert Wilders. In Italia si fa un Governo delle larghe intese, che non tiene conto delle proposte lanciate da Beppe Grillo. Anche in Svizzera ci si indigna dei successi del Movimento dei cittadini ginevrino e della Lega dei ticinesi. E così via. Non si puo’ nemmeno escludere che tra non molto anche il Papa Francesco venga accusato di populismo per la sua attenzione ai poveri e per le sue critiche a questa società fondata unicamente sul denaro e quindi idolatrica.

Insomma, non è più il comunismo o la sinistra a far paura ai gruppi di potere, che comandano il mondo, ma questi partiti e questi movimenti che pongono sul tappeto (talvolta in modo discutibile) questioni essenziali per il futuro delle nostre economie e delle nostre società. Essi vengono chiamati populisti, nel tentativo di bollarli come movimenti contrari al rispetto dello Stato di diritto, delle libertà democratiche e di tutto quanto oggi fa parte del “politicamente corretto”. Eppure, il populismo è una categoria molto discutibile e soprattutto che spesso non si addice a questi movimenti. Il populismo è l’accarezzare i desideri popolari senza tenere conto delle conseguenze politiche, sociali ed economiche di certi provvedimenti. Ad esempio, è stato definito populista il movimento peronista in Argentina, che con una politica di concessioni salariali e sociali protrattesi per anni ha provocato il declino di un’economia argentina, che figurava fino alla fine della Seconda Guerra mondiale tra le piu’ forti del mondo.

Questi movimenti non propongono politiche di questo genere, ma mettono giustamente in discussione tabù che i poteri forti desiderano vengano considerati come verità “dogmatiche” assolutamente indiscutibili. Eppure le grandi scelte politiche degli ultimi decenni (globalizzazione, deregolamentazione dei mercati finanziari, euro, ecc.) hanno prodotto la piu’ grave crisi di questo dopoguerra, dalla quale non siamo ancora usciti, un forte aumento della disoccupazione, un incremento delle disparità sociali, un diffuso senso di insicurezza, ecc. Dovrebbe quindi apparire naturale che si apra una discussione su queste grandi opzioni e che a questo dibattito partecipino anche coloro che si sono affrancati dal pensiero unico dominante. Storicamente questo ruolo era ricoperto dalla sinistra, ma oggi la sinistra è diventata innocua. Anzi, è la ruota di scorta dei poteri forti. Infatti che differenza c’è tra un Hollande e un Sarkozy? Nessuna, se non diversità di stile e di accenti. I grandi deficit pubblici dei Paesi europei sono stati prodotti negli anni in cui i partiti tradizionali di destra e di sinistra erano al Governo e applicavano le dottrine economiche e politiche del pensiero liberista. Sempre questi partiti hanno permesso lo stravolgimento del progetto europeo, che oggi è diventato lo strumento attraverso cui i poteri forti impongono le loro politiche al popolo europeo, infischiandosene anche delle libertà democratiche. E’ quindi comprensibile che i partiti tradizionali perdano ovunque consensi e che una crescente percentuale di elettori cerchino alternative reali votando per i cosiddetti partiti populisti. Si potrebbe concludere affermando “Evviva il populismo”, che almeno tenta di aprire una discussione su quelle “verità” che i partiti tradizionali considerano indiscutibili e che invece dovrebbero essere oggetto di una discussione aperta scevra da pregiudizi. La saggezza popolare è comunque destinata a prevalere contro i voleri dei poteri forti e delle formazioni politiche al loro guinzaglio.

Alfonso Tuor
Fonte: www.giornaledelribelle.com
9.12.2013

Forconi scontri a Torino, il portavoce del movimento 9 dicembre: “Erano infiltrati Ultras con noi non c’entrano nulla”

http://www.huffingtonpost.it/2013/12/09/scontri-torino-dicembre-infiltrati_n_4413635.html?1386615308&utm_hp_ref=italy

Fabio Lepore, l’huffingtonpost  |  Pubblicato: 09/12/2013 19:55 CET  |

“Ci aspettavamo intrusioni da parte di infiltrati, che con il nostro comitato non c’entrano niente. Ci avevano avvertito anche dalla Questura. E così è stato”. Andrea Zunino, portavoce del Coordinamento 9 dicembre, parte dall’episodio degli scontri di piazza Castello, per fare il bilancio della giornata di protesta a Torino. Dove questa mattina, di fronte al Palazzo della Regione Piemonte, un centinaio di giovani, lanciando pietre e bombe carta contro la sede dell’istituzione guidata da Roberto Cota, ha provocato la reazione delle forze dell’ordine .

Zunino, interpellato dall’Huffpost, ricostruisce così l’episodio: “Un gruppo di ragazzi si è raccolto prima in piazza Castello e poi sotto Palazzo di Città, riuscendo a trascinarsi dietro un po’ di gente. L’ispettore della Digos mi ha chiamato e mi ha detto di portare via i nostri, così li abbiamo fatti spostare verso una via vicina. Sotto il Comune sono rimasti solo i facinorosi. Quando hanno visto che non riuscivano più ad avere appeal sulla folla sono tornati in piazza Castello. Erano 100 o 120 e si sono messi sotto il Palazzo della Regione. Sfortuna vuole che ci fosse un cantiere stradale aperto. Hanno iniziato a prendere mattoni, pietre. Li hanno lanciati, hanno spaccato vetri e ferito poliziotti. Ovviamente la Polizia ha dovuto rispondere con la forza. Ho visto addirittura un Carabiniere ferito che si è preso uno schiaffone mentre veniva soccorso e portato via. Era un gruppo di giovani che aveva solo voglia di sfasciare tutto. Non era certo il nostro movimento”.

“Gruppi della tifoseria calcistica più oltranzista” li descrivono le forze dell’ordine, che a fine giornata contano 14 agenti feriti e tre auto danneggiate. “Ci dissociamo da ogni tipo di azione violenta”, prosegue Zunino, “noi stiamo cercando di far capire alla gente che si può protestare in modo civile. Anche bloccare, oltre che essere una violazione del codice penale, è sbagliato, perchè vuol dire interrompere servizi di pubblica utilità. Sappiamo che alcuni gruppi sono andati a fermare i treni alle stazioni di Porta Nuova e Porta Susa. Ci dissociamo anche da questi. Anzi, la collaborazione con e da parte delle forze dell’ordine è stata massima. Non solo gli agenti si sono tolti i caschi in segno di vicinanza e solidarietà: in piazza Derna questa mattina c’era un gruppo di ragazzi che voleva bloccare la strada e impedire il passaggio. Noi abbiamo provato a dissuaderli e a un certo punto l’ispettore stesso della Digos ci ha detto che, se non avessero smesso, sarebbero intervenuti in nostro aiuto”. Sulle immagini degli agenti che si tolgono i caschi, riprese da molte telecamere, la Questura di Torino nel pomeriggio ha precisato che si è trattato di un’operazione normale, dovuta alla situazione tranquilla del momento e non alla “condivisione delle istanze dei manifestanti”.

Ma quale è la natura del movimento sceso oggi nelle strade di Torino? In questi giorni, in città, in molti se lo sono chiesti. Anche tra gli esponenti dei centri sociali torinesi, che oggi sarebbero scesi in piazza come “osservatori”, per capire meglio il fenomeno. Il portavoce del comitato la spiega invece così: “La composizione del Coordinamento 9 dicembre è eterogenea: lavoratori autonomi, disoccupati, artigiani, uno spaccato rappresentativo della società civile e arrabbiata. Assolutamente apartitico e privo di ogni simbolo: l’unico ammesso è la bandiera italiana. A Torino tutto è iniziato da 11 persone, senza partiti alle spalle e senza finanziamenti. Il coordinamento nasce dall’unione di due gruppi distinti, chiamati 9 dicembre e Resistenza italiana. In 20 giorni abbiamo raccolto quasi 29 mila adesioni sulle pagine dei social netwrork e all’ultima riunione di giovedì c’erano 830 partecipanti. Abbiamo invitato Mariano Ferro dei forconi e Danilo Calvani dei Comitati riuniti agricoli a parlare per capire il loro punto di vista, ma non siamo i forconi o altri movimenti; abbiamo una nostra precisa identità”.

E adesso? “Continueremo a presidiare a oltranza. Non è più tempo di dialogo. Se mai ci convocassero e chiedessero di aprire un tavolo, non ci andremmo, perchè riteniamo che questo è un governo illegittimo e con i nostri governanti non ci mettiamo a discutere. Se ne devono andare. Su questo punto siamo molto fermi”.

Il furore del conformista

http://www.tgvallesusa.it/?p=3903

Scritto da: Massimo Bonato – dic• 09•13

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In piazza chi in piazza non è mai stato. Rabbia diffusa quanto il disorientamento, e questo sì arriva da lontano.

Era forse trascorso un anno da che le prime testate free press erano uscite, impiliate nelle stazioni ferroviarie o distribuite gratuitamente nei bar o nei luoghi di ritrovo. «Leggo», «Metro», «City» e altre che sarebbero finite sulla bocca di alcuni giornalisti in conferenza. Si sentì dire allora, assennatamente, che la free press nulla toglieva all’autorevolezza delle testate canoniche, né che si rischiava tra le loro righe di banalizzare contenuti più oculatamente approfonditi altrove. Si sentì dire che semplicemente raggiungevano una fascia di persone che normalmente non leggeva e non avrebbe letto, se non ora che si trovava in mano una sorta di feuilleton per metà coperto di pubblicità, programmi televisivi, sport e chiacchiericci da rotocalco. Insomma, tanto valeva non darsi pena per giornali che facevano leggere chi di leggere non ne voleva sapere punto.
Oggi, la chiamata alla rivolta ha visto in piazza chi in piazza non c’è mai, chi di conflitto sociale non sa parlare se non in termini di pressione fiscale, atomizzata nella galassia di esempi che il portamonete di ciascuno può testimoniare. Blocchi, assembramenti e tanta gente; qualche momento di tensione tra privati, tra chi vuol far chiudere a viva voce un negozio o fermare un pullman, un camion. In piazza il dissolvimento sociale disorientato: negozianti e taxisti, commercianti e pensionati, disoccupati e precari, studenti e tifoserie calcistiche, teste rasate e kefiah.
Ma ciò che regna è perlopiù la confusione. La parola pronunciata più dagli osservatori. Non la confusione del caos e del disordine, ma la confusione generata dalla mancanza di orientamento. L’impressione è che chi scende in piazza oggi creda d’un sol colpo nella Presa del Palazzo d’Inverno, che con un colpo di mano le cose possano cambiare, ma non sa come. Porta in piazza l’esasperazione e il senso di impotenza. Qualcuno da un megafono grida “È bello vedere che la gente scende in piazza non soltanto per la Juve!” e viene applaudito, o viene applaudito il nome della squadra di calcio. A detta di molti gli scontri in piazza Castello ricordano i tafferugli all’esterno degli stadi, sarà un caso. Qualcuno canta l’Inno di Mameli, che è forse, assieme ai pochi tricolori, l’unico catalizzatore attorno al quale la gente si è ritrovata, e allora ben venga che si ritrovi e che conquisti le piazze. Piazze riempite dal fumo di lacrimogeni, sparati dopo che molte pietre erano già volate, con una reazione da parte delle Ff.Oo. che il movimento No Tav invidierebbe. Piazze che dopo essere state caricate, inneggiano a Polizia e Carabinieri che “si levano il casco”, che acclamano all’eco che della stessa notizia rimbalza da altre città. Immemori che chi promuove la giornata vorrebbe sostituire il governo attuale con un governo provvisorio (?) di tipo militare. Prima ancora che la recente Alba dorata, della Grecia tornano in mente gli oscuri anni del regime dei Colonnelli a sentire chi da dietro le fila le fila tira e fa applaudire l’una cosa o l’altra.
Piazze senza slogan però.

Piazze senza slogan. Diritto allo studio? Diritto alla casa? Diritto a esprimersi sulla gestione del territorio? Diritto alla salute? Diritto al lavoro? Cie? Diritti dei migranti?
Non più tardi di sabato, al convegno tenutosi a Bussoleno sul Diritto alla Resistenza, Alberto Perino aveva fatto il suo intervento di apertura ai lavori temendo di “far storcere il naso a qualcuno”. In ogni caso la gente avrebbe aderito a questa manifestazione del 9 dicembre, benché non si possa pretendere che tutti abbiano potuto o saputo o voluto accrescere una coscienza sociale e politica. Una cognizione costruita nel movimento No Tav dal nimby alla condivisione di valori come la salvaguardia dei beni comuni, di un possibile alternativo modello di sviluppo. “Credo che la gente debba essere incoraggiata, istruita” ha detto Alberto Perino concludendo.
Certo le destre han cercato di mettere il cappello su queste manifestazioni, sventolando la loro bandiera, e in una qualche misura se ne son fatte carico sin dal principio, come messo in luce da siti di area che hanno sviscerato radici e appartenenze di sigle e organizzazioni coinvolte nell’organizzazione della giornata.
Eppur tuttavia, quando la gente si arrabbia si arrabbia. Semplicemente. Sarebbe meglio che non lo facesse? che non esprimesse il suo sdegno e il suo disagio neanche ora? Che ci provi qualcuno a mettergli il cappello. Chi ha buon senso ce lo metta e osservi attentamente quel che accade. Il peggio è restare semmai indifferenti, o vezzosamente superiori. Sta accadendo.
M.B. 09.12.13

No Tav, arresti e perquisizioni

 Scritto da: Massimo Bonato – dic• 09•13

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Binomio provvido quello tra No Tav e terrorismo. L’aria riecheggia ancora gli appelli dei giuristi che dal convegno di Bussoleno richiamano alla sobrietà la Procura di Torino, che ne chiedono l’equità ricordando ora come più volte ormai quanto parlare di terrorismo sia pericoloso e fuori luogo. La risposta non si fa attendere e di nuovo la ruota della Grande Inquisizione gira e si presenta sul limitare della notte per arresti e perquisizioni. L’imputazione per gli arrestati (al momento pare siano quattro) a Torino è quella appunto di terrorismo. L’imputazione è il 280 bis (attentato per finalità terroristiche o eversive) e si riferisce a una iniziativa in val Clarea nella notte tra il 13 ed il 14 maggio 2013. Perquisizioni sono avvenute a Torino e a Milano alle 5,30 del mattino.

Quella che sembrava essere un’operazione di sgombero contro l’Asilo Occupato di via Alessandria e l’occupazione abitativa di via Lanino a Porta Palazzo – con l’arrivo di parecchi blindati della Polizia, irruzione e perquisizione -, si è rivelata molto presto un’attività guidata dai Pm Padalino e Rinaudo, che porta in carcere Chiara, Mattia di Milano, mentre Nicolò si trova già agli arresti alle Vallette,  un mandato di cattura contro Claudio,  irreperibile.

La Questura di Torino rende noto che “Sono state, inoltre, eseguite perquisizioni a carico di soggetti militanti nell’area anarchica radicale, allo stato non indagati (3 perquisizioni rispettivamente nei comuni di Castellamonte (TO), Rueglio (TO) e Oglianico (TO), 5 perquisizioni a Torino, 2 a Milano ed una a Teramo)”.

M.B. 09.12.13

Forconi, Berlato: la protesta va compresa, non condannata

Pubblicato da ImolaOggiNEWS, POLITICAdic 9, 2013
berlato Bruxelles, 09 dic – “La protesta di queste ore è lo sfogo di migliaia di lavoratori, padri e madri di famiglia disperati che non vedono futuro per le loro aziende ed i loro figli. Condannare senza comprendere è l’errore più grave che la politica possa fare”. Così l’on. Sergio Berlato, Deputato al Parlamento europeo, interviene sulle manifestazioni di protesta che, in diverse parti d’Italia, stanno prendendo vita con presidi e blocchi stradali per protestare contro la mancanza di lavoro, le politiche di austerity europee ed un sistema fiscale sempre più vessatorio.
“Non dimentichiamoci – prosegue Berlato – che non stiamo parlando dei soliti manifestanti di professione, abituati a scendere in piazza per distruggere vetrine di negozi e mettere a ferro e fuoco le nostre città. Stiamo assistendo all’espressione di un profondo disagio e malcontento presente in larghe fasce della popolazione, e non possiamo chiudere gli occhi o limitarci a porre l’accento sui disagi che queste manifestazioni creano”.
“La politica ha la sua parte di responsabilità se nel Paese c’è questo diffuso stato di malessere – continua l’europarlamentare – se non si colgono questi segnali di allarme, si rischia di scavare un solco ancora più profondo tra il palazzo e la gente”.
In conclusione della nota l’europarlamentare aggiunge “esprimiamo piena solidarietà ai manifestanti e confidiamo nella grande professionalità e buon senso delle Forze dell’Ordine, per fare in modo che non si verifichino scontri tra persone che, indipendentemente dal ruolo che ricoprono, sono comunque vittime di un sistema che tutti insieme abbiamo il dovere di cambiare”.
agenparl
http://www.imolaoggi.it/2013/12/09/forconi-berlato-la-protesta-va-compresa-non-condannata/

Sciopero Forconi, il garante: “Applicheremo il principio Tolleranza zero”

fortuna che avevano il beneplacito del regime

Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSdic 9, 2013
9 dic – “Sul versante delle nostre competenze, il principio che sarà applicato quello della tolleranza zero”. Lo ha detto il Garante degli scioperi, Roberto Alesse, in relazione alle proteste in corso legate ad alcune sigle dell’autotrasporto in una intervista a Radio 24.
Secondo Alesse, “tutto quello che sta avvenendo su scala nazionale ci fa capire che il Paese corre il rischio di scivolare lungo un crinale pericoloso che vede il disagio sociale riversarsi, sempre di più, sul piano del mancato funzionamento dei servizi pubblici essenziali. Le risposte sono, oggettivamente, ancora deboli e poco efficaci, nonostante gli sforzi che si stanno compiendo sul versante governativo”.
http://www.imolaoggi.it/2013/12/09/sciopero-forconi-il-garante-tolleranza-zero/

Rissa tra immigrati a colpi di martello e piede di porco, 6 arresti

Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSdic 9, 2013
polGENOVA, 9 DIC – Botte a colpi di martello, piede di porco e addirittura di skateboard ieri sera a Genova in via Napoli tra bande di albanesi e rumeni. La rissa è stata sedata dalla polizia che ha arrestato sei persone e ne ha denunciate altre tre.
Un giovane è stato ricoverato in ospedale per le ferite in prognosi riservata, un altro medicato per un colpo alla fronte che guarirà in una decina di giorni. ansa
http://www.imolaoggi.it/2013/12/09/rissa-tra-immigrati-a-colpi-di-martello-e-piede-di-porco-6-arresti/

Milano, Ridotta la pena al rom che uccise il vigile: non era scolarizzato

se solo a scuola si impara che l’omicidio non è un bel gesto come società siamo messi male

Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSdic 9, 2013
vigile9 DIC – La sezione minorenni della Corte d’Appello di Milano ha condannato a 9 anni e 8 mesi di reclusione Remi Nikolic, il giovane rom che nel gennaio 2012, quando non aveva ancora compiuto 18 anni, a bordo di un suv travolse e uccise l’agente di polizia locale Niccolò Savarino.
In secondo grado è arrivata dunque per l’imputato una sensibile riduzione della pena rispetto ai 15 anni che gli erano stati inflitti in primo grado dal Tribunale per i Minorenni.
La sezione minorenni della Corte d’Appello di Milano ha condannato a 9 anni e 8 mesi di reclusione Remi Nikolic, il giovane rom che nel gennaio 2012, quando non aveva ancora compiuto 18 anni, a bordo di un suv travolse e uccise l’agente di polizia locale Niccolò Savarino. In secondo grado è arrivata, dunque, per l’imputato, assistito dall’avvocato David Russo, una sensibile riduzione della pena rispetto ai 15 anni che gli erano stati inflitti in primo grado dal Tribunale per i Minorenni, lo scorso marzo.
Estensione delle attenuanti generiche – Da quanto si è saputo, l’appello ha confermato la condanna per il reato di omicidio volontario a carico del giovane, ma a differenza del primo grado ha applicato la massima estensione delle attenuanti generiche e della minore età dell’imputato. Da qui la riduzione della pena. Il 12 gennaio 2012, Savarino, 42 anni, mentre stava effettuando un normale servizio di controllo in un parcheggio in via Varé, nei pressi di piazza Bausan, zona Bovisa, venne travolto dal suv guidato dal giovane nomade e il suo corpo venne trascinato per 200 metri. Tre giorni dopo, gli investigatori della Squadra mobile di Milano, coordinati dal pm di Milano Mauro Clerici, arrestarono il giovane (figurava come Goico Jovanovic, 24 anni) che era riuscito a fuggire fino in Ungheria. Venne estradato e rimase poco più di due mesi nel carcere di San Vittore, fino a che, dopo una ‘battaglia’ del suo legale e a seguito di una perizia e di un certificato di nascita rintracciato, si scoprì che il giovane si chiamava Remi Nikolic ed era nato il 15 maggio del ’94. Era, dunque, minorenne (aveva 17 anni) al momento del fatto.
”Totale assenza di scolarizzazione” – Il ragazzo, quindi, venne trasferito al penitenziario minorile ‘Beccaria’ di Milano e il procedimento passò al Tribunale per i minorenni. In primo grado i giudici hanno riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche come prevalenti rispetto alle aggravanti contestate (il pm aveva chiesto per lui 26 anni di reclusione). Attenuanti che erano state concesse dai giudici anche sulla base del ”contesto di vita famigliare” nel quale il ragazzo ”è cresciuto, caratterizzato dalla commissione di illeciti da parte degli adulti di riferimento” e dalla ”totale assenza di scolarizzazione”. Oggi, in secondo grado, al giovane è stato comminato, in sostanza, il minimo della pena prevista in un dibattimento per un caso del genere di omicidio volontario. Nikolic, 19 anni, resterà detenuto fino a 21 anni nel penitenziario minorile e poi verrà trasferito in carcere per scontare il resto della pena. Avendo già scontato però quasi due anni, tra meno di tre anni potrà anche chiedere di essere messo in regime di semilibertà.
http://www.imolaoggi.it/2013/12/09/milano-ridotta-la-pena-al-rom-che-uccise-il-vigile/

Comunicati in solidarietà agli arrestati

9 dicembre 2013: l’ennesima operazione repressiva contro il movimento no-tav.

Quattro persone in carcere (Chiara, Nico, Mattia, Claudio), arrestate tra Torino e Milano, con l’imputazione (tra le altre) di associazione sovversiva con finalità di terrorismo, accusati di aver partecipato a una iniziativa notturna in Clarea, tra il 13 e il 14 maggio 2013, una delle tante camminate e manifestazioni popolari organizzate quest’anno contro il cantiere di Chiomonte.

Terrorista è chi devasta e saccheggia il territorio e la vita di chi lo abita!

Il movimento No Tav rivendica il diritto alla resistenza attiva contro la militarizzazione del territorio, l’imposizione violenta di una grande opera inutile e dannosa, la criminalizzazione del movimento e la negazione di diritti.

Chiara,Nico,Mattia,Claudio sono tutti noi e ne esigiamo l’immediata liberazione!!

Movimento No Tav

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Che soffi ancora il vento del riscatto

Solidarietà con Chiara, Mattia, Niccolò e Claudio

Nella notte tra il 13 e il 14 maggio scorso, una trentina di anonimi no tav ha attaccato il cantiere dell’Alta Velocità in Valsusa, danneggiando alcune attrezzature. Un’azione rapida e precisa che aveva dimostrato, una volta di più, che il fortino della Clarea non è inviolabile, facendo aleggiare di nuovo il dolce vento del riscatto. L’azione era stata difesa pubblicamente, in un’assemblea popolare a Bussoleno, dal movimento no tav.

Oggi, 9 dicembre, la polizia politica, su ordine delle Procure di Torino e Milano, ha arrestato quattro compagni (altri tre risultano indagati) per “attentato con finalità di terrorismo”, con l’accusa di aver preso parte all’azione di maggio. Tutto questo a otto anni dall’invasione e dai danneggiamenti di massa del cantiere di Venaus.

Come accaduto tante altre volte (anche in Valsusa, qualche mese fa), lo Stato accusa di “terrorismo” chi resiste ai suoi progetti devastanti, ai suoi cantieri militarizzati, ai suoi gas, al suo filo spinato, alle sue “zone rosse”, ai suoi manganelli.

Non ci interessa sapere se Chiara, Mattia, Niccolò e Claudio abbiano partecipato o meno all’azione contro il cantiere di Chiomonte.

Ciò che sappiamo è che alla notizia di quell’attacco avevamo gioito come tanti altri, in Valle e non solo.

Ciò che sappiamo che i castani secolari abbattuti dalle ruspe in Clarea sono una ferita aperta, che brucia.

Ciò che sappiamo è che terrorista è chi affama, sfrutta, devasta e bombarda, non certo chi si oppone allo scempio ambientale, chi si batte per un mondo senza profitto e senza potere.

Ciò che sappiamo è che Chiara, Mattia, Niccolò e Claudio sono nostri amici e compagni, generosi e combattivi, sempre in prima fila nelle lotte, a Torino, a Milano, in Valsusa e ovunque la loro testa e il loro cuore li chiamino.

Ciò che sappiamo è che li vogliamo liberi subito, in strada e sui sentieri assieme a noi.

Ciò che sappiamo è che questi arresti non fermeranno la lotta contro l’Alta Velocità e il sistema che questa incorpora e difende.

Dentro e attorno al movimento no tav è nata e si è diffusa una solidarietà che ha sempre saputo rispondere alle manovre repressive (ogni volta preparate dalla macchina da guerra mediatica), generalizzando le proprie ragioni e le proprie pratiche. Né innocenti, né colpevoli.

Che nessun cantiere dell’ingiustizia – con i suoi mille gangli – si senta al sicuro. “Noi preferire voi scontenti”.

Truppe di occupazione, politici e giornalisti: i terroristi siete voi!

Libertà per Chiara, Mattia, Niccolò e Claudio!

 anarchiche e anarchici di Rovereto e Trento