2013, il Natale povero dei banchieri mondiali (Simone)

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Calano a livello globale sia bonus che remunerazioni nelle banche. Per l’Europa i maggiori cali
 
Le banche guadagnano sempre di più, i banchieri sempre di meno. Il Natale 2013 sarà un anno particolare per chi lavora nelle grandi banche d’investimento mondiali. Sarà infatti il secondo Natale di fila in cui si contrarranno i bonus elargiti. Le stime di PricewaterhouseCoopers parlano di un meno 12% a livello globale, ma è possibile che sia anche maggiore. Il nuovo paradigma è qui: meno incentivi, meno regalie, meno jet privati, meno premi.
 
Quello che era quasi un assioma, una certezza, ora non lo è più. Il mondo è cambiato, e non solo per il 99% della popolazione. È mutato anche per quel 1% che rappresenta, secondo l’ideologia di Occupy Wall Street, i manager delle principale banche globali. Da Goldman Sachs a UBS, passando per J.P. Morgan, il Credit Suisse e Barclays, la remunerazione sta calando. Qualcuno potrebbe dire che è il frutto del deleveraging globale, ma non è solo questo fattore a incidere. Le ragioni sono diverse. Gli istituti di credito globali stanno razionalizzando i propri organici e stanno ridimensionando tutte le spese al fine di poter evitare che ci siano ancora gli sprechi degli anni passati. Questo significa meno jet privati a disposizione dei dirigenti, meno note spese, meno auto private, meno lustrini. Allo stesso tempo, le banche d’investimento stanno cercando di migliorare la performance dei propri dipendenti. E dopo aver visto che i sistemi di remunerazione basati sugli incentivi hanno provocato più danni che benefici, specie considerando la bolla dei subprime, è iniziata l’inversione di rotta. Netta, decisa.
 
I dati raccolti in base ai bilanci dei primi tre trimestri dell’anno sono significativi. I primi nove gruppi bancari al mondo per dimensione hanno visto un monte paghe di 51,4 miliardi di dollari. Si tratta della quota totale di denaro che è stato elargito fra stipendi, bonus e altre parti di remunerazione. Ma si tratta anche del 5% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. È questo quello che si evince anche scorrendo i database della Security and Exchange Commission (Sec), l’authority finanziaria statunitense, che raccoglie tutte le comunicazioni che le banche hanno con le autorità americane. Il calo dei fondi messi a disposizione per le remunerazioni è atteso anche per l’ultimo trimestre dell’anno, quello in cui ci troviamo ora. Traduzione: meno bonus per i banchieri.
 
Chi è che sta tagliando le paghe? A guidare la classifica è Royal Bank of Scotland, con una riduzione del 27% nei primi nove mesi dell’anno rispetto allo stesso intervallo di tempo di un anno prima. Nel caso di RBS è stata quasi una scelta obbligata, dopo il bailout di cui è stata oggetto nella fase più acuta della crisi subprime. Un ridimensionamento che va avanti da anni quindi. A ruota, almeno in Europa, troviamo il Credit Suisse, che ha ridotto i compensi ai dipendenti del 17% nei primi tre trimestri dell’anno rispetto all’anno prima. La banca elvetica è nel mezzo di un deleveraging delle proprie attività e in tal contesto va inserito il calo delle remunerazioni. Al terzo posto troviamo invece la tedesca Deutsche Bank, che ha visto una riduzione delle remunerazioni dell’11% nel periodo analizzato. In questo caso, il merito è dei due amministratori delegati Anshu Jain e Jürgen Fitschen, che dopo la dirigenza di Josef Ackermann hanno optato per un giro di vite su stipendi e bonus. Decisione, quest’ultima, quasi imposta dalle condizioni di mercato e dalle diverse cause in corso, come quella riguardante il mercato forex o come quella su Libor ed Euribor. Al quarto posto c’è l’altro big player svizzero, ovvero UBS, le cui remunerazioni sono calate di sette punti percentuali. Poi ci sono le banche francesi, come Société Générale e BNP Paribas, che hanno ridotto il monte paghe del 6% e del 5% rispettivamente. Colpa del nuovo regime mondiale? Quasi sicuramente è così.
Non va meglio negli Stati Uniti. Wall Street cresce, gli indici S&P 500 e Dow Jones sono ai massimi e la grande liquidità del Quantitative Easing della Federal Reserve è finita quasi tutta nell’equity. Per questo, ma anche per un ritorno delle banche d’investimento alla loro normale attività di brokeraggio e negoziazione, i profitti delle regine di Wall Street si sono impennati. Per Morgan Stanley la crescita dei profitti è stata del 21% su base annuale nei primi nove mesi dell’anno. Più contenuti quelli di Goldman Sachs e J.P. Morgan, rispettivamente 19% e 17 per cento. Allo stesso modo, è salito il fatturato: più 53% per Morgan Stanley, più 6% per J.P. Morgan e più 2% per Goldman Sachs. Allo stesso tempo, tuttavia, i compensi sono calati. Di quanto? Non come in Europa, ma comunque sono si tratta, anche per le banche americane, della seconda contrazione consecutiva: meno 5% per Goldman Sachs, meno 4% per J.P. Morgan e meno 3% per Morgan Stanley. Paghe più leggere, profitti in aumento. Questo è il quadro che se da un lato troviamo delle banche che stanno tornando alla loro normalità dopo il collasso di Lehman Brothers, dall’altro, però, ci sono stati dei notevoli mutamenti nella composizione delle retribuzioni. Già a partire dal 2009 la componente fissa ha iniziato a prendere sempre più spazio rispetto a quella variabile, che comprende anche i bonus. «Dopo il crac di Lehman Brothers, il mondo finanziario ha capito che un sistema di remunerazione basato in molti caso su un 60% di parte variabile e su incentivi non era più sostenibile», ha fatto notare PricewaterhouseCoopers in un report di inizio anno. Il nuovo paradigma della finanza passa attraverso meno bonus? Da due anni a questa parte, la tendenza è questa.

Imu 2013 prima casa: chi rischia di pagare due volte, 16 dicembre e 16

gennaio (Simone)
 
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ROMA – Imu 2013: c’è una consistente fetta di italiani che, invece di non pagare la tassa sulla casa quest’anno, rischia di doverla pagare due volte: il 16 dicembre e il 16 gennaio. A dicembre per pagare il conguaglio sull’imposta dovuta per il primo semestre 2013, e a gennaio per pagare il 40% della differenza fra l’aliquota minima e quella applicata dal Comune di appartenenza.
 
Anziani in casa di riposo e italiani residenti all’estero:
“Anzitutto, l’articolo 13 del Dl 201/2011 consente ai Comuni di assimilare all’abitazione principale il fabbricato non affittato e posseduto da anziani o disabili con residenza nel luogo di ricovero o da cittadini italiani residenti all’estero. Se per il 2013 (Dl 133/2013) è prevista l’equiparazione, i contribuenti dovranno pagare, entro il 16 gennaio, il 40% dell’eventuale differenza tra l’imposta calcolata con aliquote e detrazioni vigenti nel 2013 e quella con aliquote e detrazioni “di base” (aliquota 4 per mille, detrazione di 200 euro oltre quella di 50 euro per ogni figlio “under 26″). E qui comincia il rebus: potrebbe essere accaduto che il Comune, nel 2013, abbia cancellato l’assimilazione operante nel 2012. Così i contribuenti si troveranno a dover versare (senza sanzioni) la prima rata (che avevano omesso legittimamente in caso di modifica regolamentare successiva al 17 giugno) oltre, naturalmente, al saldoTutto entro il 16 dicembre. Potrebbe anche essere accaduto il contrario, ossia che il Comune abbia deciso di introdurre l’assimilazione nel 2013. In tal caso il contribuente avrà diritto alla restituzione di quanto pagato in acconto”.
 
Immobili ceduti in comodato d’uso (figli/genitori):
Ma non finisce qui. I Comuni, fino allo scorso 30 novembre, hanno potuto equiparare all’abitazione principale il fabbricato (uno solo e non di lusso) e relative pertinenze concessi in comodato a parenti (figli/genitori) che le utilizzano come abitazione principale. Il regolamento comunale potrebbe aver previsto tale fattispecie definendone criteri e modalità di applicazione, compreso il limite dell’Isee al quale subordinare il beneficio. Ma attenzione: dato che l’articolo 2-bis del Dl 102/2013 prevede che l’agevolazione in questione opera limitatamente alla seconda rata 2013, il contribuente interessato, una volta verificate le condizioni del Comune, si potrebbe trovare a dover effettuare un doppio conguaglio in date diverse. Se infatti l’acconto è stato versato sulla base dell’aliquota 2012, poi aumentata dal Comune per il 2013, entro il 16 dicembre occorrerà effettuare il pagamento della differenza dovuta per i primi sei mesi del 2013. In più, se l’aliquota o la detrazione per l’abitazione principale previste per il corrente anno sono più alte di quelle di base, il contribuente dovrà anche calcolare la “mini-Imu” e versarla entro il 16 gennaio.
 
Militari e appartenenti alle forze dell’ordine:
 
Poi c’è la questione dei militari: posto che il Dl 102/2013 dispone che a decorrere dal 1° luglio 2013 è considerato abitazione principale un solo immobile non di lusso posseduto da militari e appartenenti alle forze dell’ordine – purché non locato e a prescindere dalla dimora abituale e dalla residenza del contribuente stesso –, c’è anche in questo caso il problema del doppio conguaglio. Il primo, con scadenza 16 dicembre, attiene all’imposta dovuta per i primi sei mesi dell’anno qualora legittimamente versata sulla base di un’aliquota inferiore a quella applicabile nel 2013. Il secondo, invece, da versare entro il 16 gennaio, riguarda la “mini-Imu”.
 
Immobili non venduti, “beni merce:
 
“Da ultimo, per i fabbricati costruiti e destinati dalle imprese di costruzione alla vendita e non locati (i “beni merce”) dovrà essere fatta particolare attenzione all’entità dell’acconto versato in giugno. Il Dl 102/2013 ha infatti previsto l’esclusione dal pagamento della seconda rata con la precisazione che l’imposta resta dovuta fino al 30 giugno. Ne consegue che le imprese interessate dovranno verificare se l’aliquota del 2012, in base alla quale potrebbero aver calcolato la prima di giugno (circolare 2/2013 del ministero dell’Economia), è rimasta invariata anche per il 2013. Oppure se il Comune l’ha modificata, alzandola o diminuendola. Nel primo caso, dovrà essere effettuato il conguaglio, versando la differenza tra l’imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota 2013 e quanto già pagato a giugno. Pur in assenza di un’esplicita indicazione sul punto, è da ritenere che il versamento vada eseguito entro il 16 dicembre. Nella seconda ipotesi, invece, il contribuente che ha versato una somma maggiore per i primi sei mesi del 2013 avrà diritto di ottenere il rimborso dal Comune. Per tali immobili non sarà comunque dovuta la “mini-Imu” del 16 gennaio: si tratta di una fattispecie non espressamente prevista dal Dl 133/2013″
 

Romano Prodi: “Per salvare l’Italia bisogna sostenere le banche”

che i compagni fossero un tutt’uno con le banche e la finanza lo si vede molto chiaramente adesso. Comitati autorganizzati in tutta italia che comprendono gruppi eterogenei di cittadini che esasperati non si vogliono far più svenare per L’EUROPA??? Ecco che sono fascisti. In attesa che i compagni forniscano una data per la rivolta che sarà pilotata come conviene al regime…..buona morte a tutti

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 4 dicembre 2013

 L’uscita dell’Italia dalla crisi è legata a doppio filo con la sorte delle banche. Quindi se si vuole immaginare il rilancio del Paese e tornare a essere competitivi è necessario sostenere il sistema delle banche. Viceversa, se si facesse come in passato, la crescita sarebbe compromessa. A sostenerlo è niente meno che Romano Prodi che si è così implicitamente allineato alle decisioni delgoverno Letta sul tema.
 
L’ex presidente del Consiglio già numero uno dell’Iri nella stagione delle privatizzazioni, ha parlato da Milano a margine della presentazione del libro La sfida internazionale della Comit, ricordando come un tempo “Mediobanca ha difeso il sistema mettendo le cose in freezer, ma le cose in freezer non si possono cucinare subito: il cibo si conserva bene ma non si moltiplica”. Insomma, “perdifendere il sistema“, secondo Prodi Piazzetta Cuccia “ha reso il Paese immobile proprio quando si preparavano le carte per il cambiamento futuro”.
 
Prodi, che vanta un passato da consulente della banca d’affari americana Goldman Sachs, ha comunque confessato di non sentirsi ancora di “dare un giudizio definitivo”, si tratta di una scelta che “aveva anche giustificazioni forti” legate anche alle caratteristiche del sistema politico, ma è certo che “la sparizione delle grandi industrie italiane deve molto a questo congelamento. Ne sono convinto”. Uno degli esempi? Il caso della “privatizzazione dell’Alfa che non doveva assolutamente andare all’estero”. Il congelamento è stato utile? “A me pare di no”. Ecco perchè oggi Prodi vede con favore l’allentamento dei patti di sindacato. “E’ positivo, anche se con vent’anni di ritardo. Inventiamo il motore a scoppio quando c’è già l’auto elettrica”, ha detto.
 
Quanto gli aiuti che il Paese dovrebbe dare alle banche, si tratta “dell’energia e i mezzi sufficienti” per sostenere le imprese e favorire la ripresa. In Italia, sempre secondo Prodi, “la banca è più importante che altrove e il processo di ripresa passa attraverso le banche. Occorre che ledecisioni fiscali, sulle quote di Bankitalia, sulla bad bank tengano conto che noi siamo fatti così”. L’ex presidente del Consiglio ha in particolare sottolineato che “il nostro sistema economico purtroppo o per fortuna è per l’85% finanziato dalle banche”. In merito alla scarsa consapevolezza della necessità di sostenere le banche per favorire il tessuto economico nella ripresa, Prodi si è detto “preoccupato perché non c’è una sensibilità di questo tipo”.
 
In mattinata, nell’ambito della presentazione del suo rapporto sul 2014, la banca Usa Merrill Lynchaveva sottolineato come per il prossimo anno sull’Italia pesino “le incertezze politiche e quelle sullasolidità del sistema bancario“. Dal canto suo il ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni, aveva invece rilanciato il tema dell’espansione. “Le banche italiane possono ambire a competere efficacemente sui mercati internazionali, a patto di raggiungere una dimensione adeguata a sostenere ingenti investimenti di ricerca, progettazione e realizzazione della presenza all’estero, indispensabili anche per poter allacciare adeguati accordi con controparti specializzate”, ha detto nel suo messaggio alla Giornata del credito dell’Anspc (Associazione nazionale per lo studio dei problemi del credito). ”Liberare i bilanci bancari dalle partite in sofferenza apre la strada a nuovi prestiti”, ha detto ancora Saccomanni sottolineando come “quello dei crediti incagliati è un problema attuale che viene gestito in maniera efficace dalla Banca d’Italia. Ma ho percepito anche la disponibilità e l’interesse degli operatori americani che hanno una grande esperienza, professionalità e conoscenza che ci può essere di aiuto”.
 
Sullo sfondo la questione della rivalutazione del capitale di Bankitalia che si fa sempre più esplosiva. La “struttura dell’operazione” non va, ha detto da ultimo il senatore Pd Massimo Mucchetti, presidente della Commissione Industria di Palazzo Madama. “Negli anni ’90, con la fine del controllo pubblico sulle banche, ci fu una privatizzazione della Banca d’Italia, detenuta dagli Istituti. Adesso si procede ad una privatizzazione internazionale con ricca dote per i soliti noti”, ha sottolineato al  quotidiano la Repubblica. “Saccomanni e Visco vengano a spiegare in Parlamento i lati incomprensibili del decreto”, ha aggiunto ricordando che “è stata presa per buona una perizia di parte: 7,5 miliardi è una ricca dote per i soliti noti, c’erano altre valutazioni”.
 

No Tav, quattro militanti arrestati dalla Digos. L’accusa è di terrorismo

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/09/no-tav-arrestati-quattro-militanti-a-torino-laccusa-e-di-terrorismo/806328/

Sono ritenuti responsabili di alcuni attacchi al cantiere di Chiomonte, in val di Susa, preso d’assalto il 13 maggio scorso. Perquisiti due centri sociali durante l’operazione

No Tav, quattro militanti arrestati dalla Digos. L’accusa è di terrorismo

Attentato con finalità di terrorismo. E’ l’accusa mossa dai pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo nei confronti di quattro persone vicine all’ala autonoma del movimento No Tav, arrestate all’alba dalla Digos di Torino e di Milano. Gli anarchici fermati sono ritenuti responsabili di alcuni attacchi al cantiere di Chiomonte, in val di Susa, preso d’assalto il 13 maggio scorso lanciando oggetti e petardi.

In manette sono finiti Claudio Alberto, 23enne di Ivrea, Mattia Zanotti, 29enne di Milano, Chiara Zenobi, 41enne di Teramo residente a Torino da oltre un anno e Niccolo Blasi già in carcere, marchigiano ma residente a Torino da anni. Le ipotesi di reato dei pm torinesi sono attentato con finalità terroristiche, atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, detenzione di armi da guerra e danneggiamento. Sono stati perquisiti due centri sociali durante l’operazione: uno in via Vagnino, zona di Porta Palazzo e l’Asilo occupato, entrambi di area anarachica a Torino. Ci sono altri indagati oltre ai quattro arrestati, sempre per lo stesso episodio.

I fatti risalgono alla notte tra il 13 e il 14 maggio scorso. Secondo quanto è stato ricostruito e dalla polizia un gruppo di circa trenta persone legate all’area anarco-insurrezionalista ha attaccato il cantiere del tunnel geognostico. Le persone, col volto coperto e vestite di nero, sono arrivate dal bosco della Val Clarea e hanno attaccato contemporaneamente quattro cancelli con bengala e razzi lanciati da un mortaio rudimentale, bombe carta e bottiglie incendiarie.

Sciopero Forconi, a Torino molotov contro il Palazzo della Regione

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/09/sciopero-forconi-a-torino-molotov-contro-il-palazzo-della-regione/806274/#.UqWkdVbVxeE.twitter

In piazza Castello tafferugli tra un gruppo di manifestanti e forze dell’ordine. Mentre in tutta la Penisola non si registrano blocchi del traffico ma rallentamenti che hanno interessato anche il porto di Genova. Disagi agli svincoli autostradali in Piemonte e Veneto

Sciopero Forconi, a Torino molotov contro il Palazzo della Regione

Manifestazione in tutto il Paese per l’iniziativa “Fermiamo l’Italia“, contro l’austerità e il governo Letta. La protesta è organizzata dal movimento dei Forconi, da alcune sigle minori dei camionisti e da altre categorie, ma vede la partecipazione anche di semplici cittadini che chiedono le dimissioni dell’esecutivo. Già dalla tarda serata di domenica sono sorti un centinaio di presidi dalla Sicilia al Veneto. Volantinaggi e manifestazioni in tante città, dove sono assenti sigle o bandiere di partito, ma sventolano i tricolori e viene intonato l’inno di Mameli. A Torino sono state lanciate molotov contro il Palazzo della Regione. Ma al momento sono pochi i blocchi stradali lungo la Penisola.

Scontri in piazza Castello a Torino. E’ il capoluogo piemontese il focolaio della protesta. Sono scoppiati scontri in piazza Castello, dove i manifestanti, tra cui moltissimi ultras della Juve, hanno lanciato molotov, bottiglie e pietre contro l’ingresso del Palazzo della Regione. I carabinieri hanno risposto con i lacrimogeni e sono scoppiati tafferugli e una sassaiola che ha colpito alcuni mezzi delle forze dell’ordine e la postazione mobile di Sky. I manifestanti si sono posizionati anche in via Garibaldi e hanno continuato a lanciare bottiglie incendiare. Sono arrivate altre forze dell’ordine in supporto, ma la guerriglia sta continuando. Questa mattina, cinquecento persone hanno organizzato un presidio nella centrale piazza Castello, ma in tutto il centro della città il traffico è stato chiuso. Due cortei partiti dalla piazza si sono mossi verso le stazioni ferroviarie di Porta Nuova e di Porta Susa, dove sono stati occupati per circa un’ora i binari e il traffico ferroviario è stato interrotto in entrambe le stazioni. Disagi anche alla viabilità delle auto in entrambe le zone. All’incrocio tra via Alfieri e via Arsenale, in centro, i manifestanti hanno tentato di forzare il cordone di poliziaper raggiungere la vicina sede di Equitalia, Le forze dell’ordine hanno lanciato alcuni lacrimogeni ma hanno evitato di caricare il gruppo che alla fine è stato fatto passare. Mentre nella notte due persone sono state denunciate dopo aver bucato con un cacciavite la gomma di un’auto della polizia durante il presidio all’Interporto di Orbassano, nel torinese.

 Anche a Milano un centinaio di persone si sono recate davanti alla sede di Equitalia, per poi spostarsi sotto il palazzo della Regione. L’ente è stato preso di mira anche a Bologna, dove è stato organizzato un presidio di una cinquantina di persone. “Non c’è violenza – spiega Elisabetta Bianchi, una delle organizzatrici – Vogliamo che i dirigenti di Equitalia vengano fuori, siamo cittadini stanchi”. La tappa finale sarà Palazzo d’Accursio, sede del Comune, dove i manifestanti proveranno ad interrompere il consiglio comunale.

Nessun blocco del traffico. Per ora sono stati registrati solo rallentamenti sulle autostrade. I più significativi sono quelli agli svincoli autostradali di Carisio (Novara), sulla Torino-Milano. Dove I manifestanti occupano simbolicamente la strada ogni cinque minuti per distribuire i volantini. L’altro disagio è sulla A4, all’altezza del casello di Soave in Provincia di Verona, il traffico è di fatto bloccato da una colonna di tir che avanza a rilento impedendo il passaggio di auto.

 Anche al porto di Genova il traffico ha subito rallentamenti e nel centro della città ci sono disagi per la manifestazione. Volantinaggi sono in corso da parte di Trasportounito – che ha deciso il fermo dell’autotrasporto fino al 13 dicembre – ai varchi portuali di Voltri, San Benigno e Sampierdarena, oltre al Casello autostradale di Genova Bolzaneto, per sensibilizzare i lavoratori sulla situazione critica del comparto. “Noi non abbiamo nulla a che fare con la protesta dei forconi – sottolinano gli autotrasportatori – il nostro fermo era deciso da tempo e non vogliamo strumentalizzazioni”. Nel centro città è invece in corso una manifestazione con un migliaio di persone – lavoratori, studenti, disoccupati – che ha bloccato il traffico in piazza De Ferrari e alcuni bus Amt, acceso fumogeni, scandendo slogan contro partiti e sindacati. “Riprendiamoci la dignità” e “Ci hanno portato alla fame” si legge sugli striscioni. Molti i tricolori sventolati. Un comizio è in corso davanti al Teatro Carlo Felice.

Dalla diretta radio sul canale ufficiale di Youtube, il movimento annuncia: “Abbiamo fermato anche il porto di Livorno, e si stanno muovendo anche a La Spezia e Viareggio”. E sottolinea che la mobilitazione è apolitica, anche se alcuni manifestanti lamentano “la scarsa partecipazione dei camionisti”.

A Roma e al Sud situazione più tranquilla. Anche nella Capitale un centinaio manifestanti si sono radunati a Piazzale dei Partigiani, dove sono stati allestiti gazebo e un camper con presidio fisso. Tra gli striscioni, uno dalla scritta “9 dicembre, l’Italia si ferma”. A Palermo, culla del movimento dei Forconi, sono stati organizzati due presidi (in via Ernesto Basile e in piazza Indipendenza), dove sono stati distribuiti volantini e  provocato rallentamenti al traffico. Anche a Catania l’agitazione è stata confermata, ma non ci sarà nessun blocco. I Forconi sono presenti con due presidi: al casello di San Gregorio, luogo simbolo della protesta, e sull’autostrada A18, la Messina-Catania. Una delegazione di una decina di manifestanti ha trascorso la notte sul posto annunciando un volantinaggio. La zona è presidiata da ieri sera dalle forze dell’ordine. A Catania la Questura, su richiesta del movimento, ha autorizzato manifestazioni e incontri a piazza Università.

 La protesta arriva anche in Sardegna dove è stata bloccata la strada che collega Cagliari con la sede dell’Agenzia delle Entrate nel quartiere periferico di via Pintus. Alla manifestazione sono presenti anche la parlamentare del Movimento Cinque stelle Manuela Serra, gli aderenti al “Presidio di piazzale Trento” e altre associazioni. Agli automobilisti e agli utenti vengono distribuiti volantini con la scritta “Basta Usura”. Proteste simili con autotrasportatori si stanno svolgendo sulla strada statale 130, poco distante da Elmas, e davanti al Porto Canale di Cagliari. Qualche momento di tensione fra manifestanti e automobilisti che cercano di raggiungere la sede dell’Agenzia. A Bari, il prefetto Mario Tafaro ha disposto“il divieto di assembramento degli automezzi lungo tutta la rete stradale ed autostradale della provincia dal 9 al 13 dicembre”. Mentre a Brindisi i manifestanti si sono radunati sotto il munucipio.

La protesta. Il movimento che a gennaio 2012 paralizzò la Sicilia ha trovato nuovi alleati, dai Liberi imprenditori federalisti europei (Life) all’Associazione italiana trasportatori (Aitra), dal Movimento autonomo autotrasportatori (Maa) ai Cobas del latte, dai Comitati runiti agricoli (Cra) ad Azione rurale Veneto. E l‘agitazione organizzata da  agricoltori, camionisti, piccoli imprenditori, operai, disoccupati e semplici cittadini, sembra non arrestarsi. ”Se mercoledì verrà data la fiducia al governo la nostra protesta rimarrà in piedi fino a che non se ne vanno. Sarà sciopero a oltranza – dichiara Danilo Calvani, coordinatore del movimento dei forconi -, nelle forme pacifiche e democratiche che si conoscono. C’è grande euforia, penso che avremo tutto il popolo in piazza. Saremo milioni perché milioni sono le persone che non ce la fanno più. Non è un’iniziativa di settore, ma di popolo”. Per Calvani deve cadere tutto, “perché se qualcosa rimane in piedi poi ricresce e ci ruba di nuovo il pane di bocca. Il loro – dice in un’intervista al Corriere della Sera – è stato un lungo e imperdonabile tradimento, come se tua moglie ti mettesse le corna con cento uomini. Che la puoi perdonare?”.

Il leader del movimento assicura che non ci sarà alcun blocco stradale. “Se qualcuno lo farà, lo andremo a prendere per consegnarlo alla polizia. Noi collaboriamo con le forze dell’ordine e siamo d’accordo sugli interventi. Non ci saranno vetrine rotte o aggressioni”, dichiara. “Siamo gente per bene, forse non molto acculturati ma onesti e amiamo il nostro Paese. Abbiamo chiesto tutti i permessi e altri ne chiederemo se dovremmo andare oltre i 5-6 giorni previsti. La polizia è con noi, anzi, anche il loro sindacato ci appoggia”.

Forconi spuntati, rinunciano ai “blocchi”

http://www.contropiano.org/politica/item/20831-forconi-spuntati-rinunciano-ai-blocchi

Forconi spuntati, rinunciano ai "blocchi"

Com’era apparso subito chiaro, nel momento in cui diverse associazioni di autotrasportatori si erano dissociate dall’iniziativa, la “rivoluzione degli italiani” si è trasformata in un mugugno. Senza camionisti pronti a metter di traverso i tir, ogni tentativo di “bloccare il paese” presuppone un’organizzazione coesa, di grandi dimensioni, capace di convogliare migliaia di persone in ogni punto-chiave. Organizzazione che non c’è e non può essere improvvisata a suon di comunicati in rete.

Si affloscia, di conseguenza anche la baldanza dei gruppi fascisti che fanno da “coordinatori” della protesta, al primo vero tentativo di innestare la propria presenza in un  malessere sociale.

Niente blocchi, ma solo sciopero e – forse – qualche presidio. In Sicilia – dove era per un attimo riapparso il fenomeno dei “forconi” del 2012, con qualche segnale di “convergenza mafiosa” – non attueranno presidi stabili, ma terranno incontri pubblici e volantinaggi nelle piazze e per le strade. Il “programma” delle iniziative è stato illustrato uno dei leader del movimento, Mariano Ferro, spiegando che la prima manifestazione si terrà stasera a Siracusa.

‘A Roma invece ci sarà un presidio a piazzale dei Partigiani (chiara anche qui l’intenzione provocatoria implicita nella scelta della piazza). Anche in questo caso il leader locale della protesta, il “contadino littorio” Danilo Calvani, si è sbracciato per assicurare che “agiremo nella legalità”.

A Torino resteranno naturalmente aperte scuole e amministrazioni pubbliche, contrariamente a quanto ventilato in numerose “comunicazioni” lanciate via web, in quella che appare a questo punto più una “operazione spam” per diffondere false informazioni che non una “grande” mobilitazione reale.

E’ del resto intervenuta anche la cosiddetta “Autorità garante per gli scioperi”, che ha minacciato imprecisate “sanzioni” in caso di violazioni della legge nel fermo dell’autotrasporto, confermato da alcune sigle del settore. “Qualora si dovessero verificare violazioni della legge, l’Autorità non esiterà ad applicare le sanzioni, così come già avvenuto, da ultimo, lo scorso 29 marzo 2012, in riferimento ai blocchi dell’autotrasporto dal 16 al 20 gennaio 2012”. Il fermo, “confermato da alcune sigle del settore, nonostante la sottoscrizione del protocollo di intesa dello scorso 28 novembre tra le associazioni maggiormente rappresentative ed il Governo, dovrà partire dalla mezzanotte del 9 dicembre e non, come riportato da alcune notizie di stampa, dalle ore 22 di oggi (ieri, ndr)”. Inoltre, l’Autorità, “nella seduta del 18 novembre scorso, ha ricordato alle organizzazioni l’esercizio del ‘potere-dovere’ di influenza sui propri iscritti, al fine di persuaderli all’assunzione di condotte responsabili, così che l’attuazione del fermo dei servizi di autotrasporto merce – prosegue la nota – avvenga nel pieno rispetto delle norme della disciplina di settore, senza l’effettuazione di blocchi stradali o di iniziative sanzionabili ai sensi del codice della strada”.

Insomma, un intervento “repressivo” consueto anche nei casi di sciopero nei trasporti pubblici (da quello dei mezzi locali a quelli nelle ferrovie, come ban sanno i lavoratori dipendenti, ma che appare sufficiente a sconsigliare la “rivoluzione”. E tanto potrebbe bastare…

Nostalgia del colpo di stato: i neofascisti si organizzano per il 9 dicembre in memoria del golpe Borghese

http://staffetta.noblogs.org/post/2013/12/07/nostalgia-del-colpo-di-stato-i-fascisti-si-organizzano-per-il-9-dicembre-in-memoria-del-golpe-borgese/

La destra fascista cerca sempre di uscire dalla marginalità politica con la solita vecchia tecnica del camuffamento rivoluzionario e rossobruno. Hanno capito che, dopo i colpi di stato, la strategia delle stragi e lo squadrismo al soldo dei padroni, la loro presenza esplicita non desta affatto consensi e quindi ogni tanto dismettono i panni identitari e provano a presentarsi sotto mentite spoglie.

La scadenza del «9 dicembre», al di là del suo probabile fallimento, è un caso esemplare di mascheramento dei neofascisti dietro le mobilitazioni di un ceto medio impoverito e rovinato dalla crisi. I gruppi di estrema destra vorrebbero monopolizzare le manifestazioni di protesta per instaurare un governo autoritario delle «forze dell’ordine».

Ed è certo inquietante il richiamo sui siti neofascisti al «giorno dell’Immacolata», cioè al tentato golpe del fascista Junio Valerio Borghese tra l’8 e il 9 dicembre del 1970.

Vedi:

Forza Nuova si camuffa e cerca confusioni «rosso-brune»

9 dicembre: un mistero la riuscita della protesta, una certezza le infiltrazioni fasciste

L’antifascismo come antidoto

L’estrema destra vuole bloccare le strade del Nord: l’allarme dell’Anpi

L’ultimo travestimento di Forza Nuova

Fascisti del «9 dicembre»: un primo screening non lascia dubbi

Un’analisi della composizione di classe della «Rivoluzione italiana» si può leggere suInfoaut.

Resta comunque il fatto che, come osserva un attivista del Teatro Pinelli Occupato di Messina, attraverso la manifestazione del 9 dicembre, promossa da un coordinamento nazionale di soggetti della corporazione padronale abbandonata dal capitalismo finanziario (agricoltura e trasporti soprattutto), si sta preparando, volontariamente o meno, uno spazio politico che può benissimo favorire una narrazione di destra e «dal basso» della crisi economica attuale.

Intanto, dopo un incontro con il ministro Maurizio Lupi e la promessa di uno stanziamento di 330 milioni di euro a favore della categoria per il 2014, è stata resa pubblica la revoca dello sciopero del 9 dicembre da parte di quasi tutte le associazioni degli autotrasportatori: Unatras (Unione nazionale delle associazioni dell’autotrasporto merci), Anita (Associazione nazionale imprese trasporti automobilistici) e Fai Conftrasporto.

Una «Rivoluzione italiana» senza un chiaro programma rivoluzionario e strumentalizzata da neofascisti e neonazisti senza arte né parte, risulta in fondo un evento all’altezza della spenta mediocrità dei tempi in cui viviamo.

Folletti No Tav a Torino

http://piemonte.indymedia.org/articolo/19383/folletti-no-tav-a-torino

Ci piace pensare che ad ogni latitudine incontrino gente con la testa dura, gente come Giacu e suo cugino Giacu Trus, gente che non molla. Resiste. Bugianen.

In una notte che ne ricordava tante altre, fredda e stellata, nel tempo sospeso che precede le prime ore del mattino, Giacu Trus e i folletti di città hanno festeggiato, consapevoli, che ogni giorno è possibile gettare una manciata di sabbia negli ingranaggi dell’occupazione militare.

La resistenza continua…

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La leggenda dell’autismo causato dai vaccini

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/18/leggenda-dellautismo-causato-dai-vaccini/355655/?fb_action_ids=10202553787955766&fb_action_types=og.recommends&fb_source=other_multiline&action_object_map=%5B464661066911334%5D&action_type_map=%5B%22og.recommends%22%5D&action_ref_map=%5B%5D

di  | 18 settembre 2012

I progressi in medicina avvengono dopo studi ripetuti, conferme, esperimenti riprodotti da vari ricercatori che devono convergere e convincere: è il metodo scientifico, da un’ipotesi si passa a un dato oggettivamente plausibile. C’è chi invece, per interessi personali, malafede, incompetenza o avidità non ha alcun vantaggio a seguire le regole e si muove nel sottobosco della pseudoscienza costruendo volontariamente conclusioni inattendibili con un unico scopo: guadagnare denaro. “Tre uomini fanno una tigre” è un detto cinese che simboleggia come una premessa infondata, ripetuta di continuo, è trasformata in realtà ed il caso “vaccini-autismo” ne è proprio un esempio lampante essendo tra le leggende mediche più diffuse: le vaccinazioni causerebbero l’autismo.

Questa bufala nasce da una truffa sfrontata che ha causato delle vittime ed è talmente spacciata per vera che qualcuno finisce per crederci, anche i giornalisti, che così diffondono notizie allarmanti e infondate tradendo il loro dovere di ricerca di fonti autorevoli. L’autismo è un disturbo dello sviluppo psichico che insorge solitamente nell’infanzia e che comporta non solo notevoli difficoltà sociali ma sacrifica intere famiglie, soprattutto per la mancanza di strutture di assistenza preparate e diffuse nel territorio, non esiste una causa certa o singola definita ma molti studi indirizzano verso una componente genetica, lo sviluppo delle tecniche diagnostiche e l’aumentata attenzione sul problema hanno incrementato il numero di diagnosi, tanto che negli ultimi anni i casi di autismo sembrano aumentati vertiginosamente ma in realtà la sua incidenza è identica nelle varie fasce d’età (circa l’1%), dimostrando come non siano aumentati i casi ma il numero di diagnosi (non aumenta l’incidenza negli anni ma il numero di casi diagnosticati). Chi non conosce l’origine della vicenda potrà trovarla incredibile e sorprendente.

Questa storia inizia nel 1998: Andrew Wakefield, un ex medico inglese, pubblicò su Lancet uno studio secondo il quale in alcuni bambini vi era un’associazione tra problemi intestinali, disturbi dello sviluppo e fattori ambientali. Lo studio destò scetticismo (campione molto ridotto, test discutibili, conclusioni forzate) ma il suo autore cominciò una serie di conferenze annunciando la scoperta di una correlazione tra vaccino trivalente MPR (anti morbillo, parotite, rosolia) e autismo, consigliando, al posto di questo, una vaccinazione singola per ogni malattia, formulazione che non esisteva in commercio. La scarsa prudenza di Wakefield ebbe alcune conseguenze. La prima fu il crollo delle vaccinazioni in Inghilterra: il risultato fu un’epidemia di morbillo che causò oltre mille casi e due decessi, la seconda fu la scoperta che l’ex medico aveva già brevettato (UK patent application number 9711663.6) un sistema di vaccinazioni singole (e guarda caso una cura per i problemi intestinali dei soggetti autistici): esattamente ciò che consigliava nelle sue conferenze. Il conflitto d’interessi era più che un sospetto fino alla scoperta di un finanziamento (oltre 500.000 sterline) a Wakefield da parte di un avvocato che sosteneva cause di risarcimento contro lo stato per bambini autistici con presunti danni da vaccino. Al legale mancava un appiglio scientifico (visto che fino ad allora nessuno studio aveva sospettato questa correlazione) e Wakefield lo fornì, barando. La scoperta ebbe sviluppi imprevisti. Molti dei coautori dello studio chiesero la rimozione del loro nome dalla ricerca, si scoprirono gravi irregolarità sia etiche (bambini pagati poche sterline per prelevarne il sangue, esami molto invasivi effettuati senza necessità) che scientifiche (dati falsificati, manipolati, scorretti) altri studiosi di tutto il mondo provarono a replicare lo studio ma nessuno ci riuscì, un giornalista scoprì che il medico aveva consapevolmente falsificato la maggioranza dei dati (quasi tutti i bambini non avevano anomalie intestinali, in molti di essi i sintomi autistici erano iniziati prima della vaccinazione…) e Wakefield tentò di recuperare con uno studio che smentiva le sue stesse conclusioni, ma era troppo tardi, la sua frode era al capolinea, il declino era appena iniziato quando ammise praticamente tutto. Lo studio fu ritrattato da Lancet, il medico radiato dall’ordine britannico e relegato a comparsa in programmi di ufologia e paranormale. Tutto qui, la leggenda che i vaccini siano correlati all’autismo è fondata su una patetica frode oggi simbolo di malafede scientifica (come dichiarato anche dal BMJ: “La chiara evidenza della falsificazione dei dati ora dovrebbe chiudere la porta a questa dannosa paura dei vaccini”). Ma per alcuni antivaccinisti Wakefield resta incredibilmente un guru.

La scienza però non si ferma e nonostante tutto studia il presunto nesso (è uno degli argomenti più studiati degli ultimi anni) confermandolo come inesistente.

Nonostante questa brutta storia, in tutto il mondo esistono diverse persone che continuano a diffondere ad arte e plagiando numerosi genitori questi allarmi ingiustificati: per loro, nonostante tutto, la leggenda è realtà con conseguente offerta di cure inventate, team di avvocati per richieste di risarcimento ed associazioni di sostegno, kit completo, tutto in vendita sulla pelle dei bambini. La stanchezza e lo scoraggiamento di molte famiglie sono il primo motivo che le fa cadere in queste trappole e senza nessuno scrupolo si continua a spargere terrore e disinformazione, spesso in nome del denaro. Vile ma capace di tutto.

RAID NO TAV CONTRO I “COLLABORAZIONISTI”

http://www.lastampa.it/2013/12/08/cronaca/raid-no-tav-contro-i-collaborazionisti-vhu87SeboWfuDCJr9AoU1N/pagina.html

08/12/2013

Quattro aziende nel mirino, scritte sui muri, striscioni e cancelli bloccati con catene. Venerdì notte assedio notturno al Napoleon dopo la marcia alle reti

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Attivisti e forze dell’ordine l’altra notte in Clarea, i No Tav non sono riusciti a raggiungere le recinzioni

massimo numa

torino

La marcia notturna No Tav di venerdì da Giaglione alle reti si era conclusa senza incidenti, con 170 attivisti fermati a poche decine di metri dal cantiere dell’Alta Velocità. Bloccati dal presidio interforze. Così, al ritorno, il solito raid di disturbo davanti all’hotel Napoleon di Susa che ospita i carabinieri. Stanotte l’offensiva delle frange violente contro le aziende «collaborazioniste» è ripreso con imbrattamenti, striscioni con i soliti slogan, bandiere No Tav davanti agli ingressi. Infine catene e lucchetto per chiudere il cancello della Geo-Data in corso Duca degli Abbruzzi 48E a Torino. un lucchetto sono stati apposti la notte scorsa presso ditte che lavorano nel cantiere della Tav Torino-Lione. Nel mirino anche un’azienda di Leinì (via Fantasia) che rifornisce le macchine del caffè nel cantiere. Slogane striscione: «Niente caffè per chi devasta. No Tav». Terzo raid vandalico, con scritte No Tav, ai danni di una terza ditta torinese che si occupa di scarichi (corso Giulio Cesare). È la prova dell’esistenza di un dossier (non ancora resi pubblico, molto recente) dove vengono individuate tutte le aziende (alcune già oggetto di attentati) che lavorano per la Tav. Nel file sarebbero contenuti dati sensibili, per il momento conosciuti solo dai vertici di un movimento sempre più gerarchizzato.