2013, il Natale povero dei banchieri mondiali (Simone)

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Calano a livello globale sia bonus che remunerazioni nelle banche. Per l’Europa i maggiori cali
 
Le banche guadagnano sempre di più, i banchieri sempre di meno. Il Natale 2013 sarà un anno particolare per chi lavora nelle grandi banche d’investimento mondiali. Sarà infatti il secondo Natale di fila in cui si contrarranno i bonus elargiti. Le stime di PricewaterhouseCoopers parlano di un meno 12% a livello globale, ma è possibile che sia anche maggiore. Il nuovo paradigma è qui: meno incentivi, meno regalie, meno jet privati, meno premi.
 
Quello che era quasi un assioma, una certezza, ora non lo è più. Il mondo è cambiato, e non solo per il 99% della popolazione. È mutato anche per quel 1% che rappresenta, secondo l’ideologia di Occupy Wall Street, i manager delle principale banche globali. Da Goldman Sachs a UBS, passando per J.P. Morgan, il Credit Suisse e Barclays, la remunerazione sta calando. Qualcuno potrebbe dire che è il frutto del deleveraging globale, ma non è solo questo fattore a incidere. Le ragioni sono diverse. Gli istituti di credito globali stanno razionalizzando i propri organici e stanno ridimensionando tutte le spese al fine di poter evitare che ci siano ancora gli sprechi degli anni passati. Questo significa meno jet privati a disposizione dei dirigenti, meno note spese, meno auto private, meno lustrini. Allo stesso tempo, le banche d’investimento stanno cercando di migliorare la performance dei propri dipendenti. E dopo aver visto che i sistemi di remunerazione basati sugli incentivi hanno provocato più danni che benefici, specie considerando la bolla dei subprime, è iniziata l’inversione di rotta. Netta, decisa.
 
I dati raccolti in base ai bilanci dei primi tre trimestri dell’anno sono significativi. I primi nove gruppi bancari al mondo per dimensione hanno visto un monte paghe di 51,4 miliardi di dollari. Si tratta della quota totale di denaro che è stato elargito fra stipendi, bonus e altre parti di remunerazione. Ma si tratta anche del 5% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. È questo quello che si evince anche scorrendo i database della Security and Exchange Commission (Sec), l’authority finanziaria statunitense, che raccoglie tutte le comunicazioni che le banche hanno con le autorità americane. Il calo dei fondi messi a disposizione per le remunerazioni è atteso anche per l’ultimo trimestre dell’anno, quello in cui ci troviamo ora. Traduzione: meno bonus per i banchieri.
 
Chi è che sta tagliando le paghe? A guidare la classifica è Royal Bank of Scotland, con una riduzione del 27% nei primi nove mesi dell’anno rispetto allo stesso intervallo di tempo di un anno prima. Nel caso di RBS è stata quasi una scelta obbligata, dopo il bailout di cui è stata oggetto nella fase più acuta della crisi subprime. Un ridimensionamento che va avanti da anni quindi. A ruota, almeno in Europa, troviamo il Credit Suisse, che ha ridotto i compensi ai dipendenti del 17% nei primi tre trimestri dell’anno rispetto all’anno prima. La banca elvetica è nel mezzo di un deleveraging delle proprie attività e in tal contesto va inserito il calo delle remunerazioni. Al terzo posto troviamo invece la tedesca Deutsche Bank, che ha visto una riduzione delle remunerazioni dell’11% nel periodo analizzato. In questo caso, il merito è dei due amministratori delegati Anshu Jain e Jürgen Fitschen, che dopo la dirigenza di Josef Ackermann hanno optato per un giro di vite su stipendi e bonus. Decisione, quest’ultima, quasi imposta dalle condizioni di mercato e dalle diverse cause in corso, come quella riguardante il mercato forex o come quella su Libor ed Euribor. Al quarto posto c’è l’altro big player svizzero, ovvero UBS, le cui remunerazioni sono calate di sette punti percentuali. Poi ci sono le banche francesi, come Société Générale e BNP Paribas, che hanno ridotto il monte paghe del 6% e del 5% rispettivamente. Colpa del nuovo regime mondiale? Quasi sicuramente è così.
Non va meglio negli Stati Uniti. Wall Street cresce, gli indici S&P 500 e Dow Jones sono ai massimi e la grande liquidità del Quantitative Easing della Federal Reserve è finita quasi tutta nell’equity. Per questo, ma anche per un ritorno delle banche d’investimento alla loro normale attività di brokeraggio e negoziazione, i profitti delle regine di Wall Street si sono impennati. Per Morgan Stanley la crescita dei profitti è stata del 21% su base annuale nei primi nove mesi dell’anno. Più contenuti quelli di Goldman Sachs e J.P. Morgan, rispettivamente 19% e 17 per cento. Allo stesso modo, è salito il fatturato: più 53% per Morgan Stanley, più 6% per J.P. Morgan e più 2% per Goldman Sachs. Allo stesso tempo, tuttavia, i compensi sono calati. Di quanto? Non come in Europa, ma comunque sono si tratta, anche per le banche americane, della seconda contrazione consecutiva: meno 5% per Goldman Sachs, meno 4% per J.P. Morgan e meno 3% per Morgan Stanley. Paghe più leggere, profitti in aumento. Questo è il quadro che se da un lato troviamo delle banche che stanno tornando alla loro normalità dopo il collasso di Lehman Brothers, dall’altro, però, ci sono stati dei notevoli mutamenti nella composizione delle retribuzioni. Già a partire dal 2009 la componente fissa ha iniziato a prendere sempre più spazio rispetto a quella variabile, che comprende anche i bonus. «Dopo il crac di Lehman Brothers, il mondo finanziario ha capito che un sistema di remunerazione basato in molti caso su un 60% di parte variabile e su incentivi non era più sostenibile», ha fatto notare PricewaterhouseCoopers in un report di inizio anno. Il nuovo paradigma della finanza passa attraverso meno bonus? Da due anni a questa parte, la tendenza è questa.
2013, il Natale povero dei banchieri mondiali (Simone)ultima modifica: 2013-12-09T23:03:19+01:00da davi-luciano
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