Processo ai No Tav. Altre battaglie procedurali. Altri testi poliziotti.

http://www.tgvallesusa.it/?p=3866

SCRITTO DA: FABRIZIO SALMONI – DIC• 07•13
Proseguono i riconoscimenti tra mille schermaglie. Dura reazione delle difese contro le regole imposte dalla Procura. Parlano gli agenti che hanno arrestato Soru e Nadalini ma sulle circostanze delle violenze ai fermati le memorie si appannano improvvisamente.

DSCN2541 Aula bunker, 6.12.2013.  Sono 242 i testi d’accusa e quindi siamo solo all’inizio perchè ad oggi ne sono stati ascoltati una quindicina. Ma stamattina si è andati abbastanza per le spicce dopo aver superato in apertura una prima protesta degli avvocati per le domande ritenute da Pm e Corte fuori contesto (o “capitolato”, in gergo). Il fatto è che il “contesto” per i pm è strettissimo perchè solo cosi si confà alla loro strategia: le domande possono essere fatte solo sul ruolo del teste e in relazione solo all’imputato da esso identificato. Tutto quanto sta “intorno all’azione” per i pm non deve interessare. Per cui si sollevano obiezioni anche solo se il difensore chiede al teste “chi altri c’era vicino a lei a svolgere il servizio?“. L’udienza si trascina quindi sull’escussione dei testi-poliziotti Giuseppe Sulcis (Reparto Mobile), Chilese (Digos di Biella) che riconosce un imputato dalle foto pubblicate su La Stampa.it, su GossipItaliano (!), da filmati postati su youtube ma non è mai stato in Valle e quindi non sa localizzare le fotografie; incalzato dall’avv. La Macchia, esita su una foto agli atti non ingrandita (“Ho la sensazione che sia lui”). Impariamo poi a conoscere Sergio Battaro, del III° Reparto Mobile di Milano, l’addetto all’idrante chiamato ad intervenire presso l’area archeologica: sfilano foto del mezzo danneggiato ma stranamente nessun avvocato fa domande sulla devastazione inferta da quello ed altri mezzi blindati alle strutture neolitiche (forse perchè ristretti dal “capitolato”); sfila l’altro operatore dell’idrante,Tommaso Marsina, quello che dalle vasche accorre a sostituire il primo mezzo danneggiato; poi ancora Alberto Sola, Digos di Modena, e Andrea Cinetto, del Gruppo di Polizia Scientifica di Torino, cioè uno dei 18 operatori impiegati il 3 Luglio per fare foto e riprese dei manifestanti; lui stava alle finestre dell’edificio aggregato alla centrale elettrica con altri due, Cerneca e De Luca. A domanda della difesa risponde che è normale per loro fare riprese preventive su persone che non stanno al momento compiendo reati, riprese che possono venire utilizzate in seguito per eventuali raffronti.

DSCN2542La tensione esplode all’annuncio dei pm di voler rinunciare a sentire un teste: l’avv. Novaro insorge nuovamente, ha interesse a sentire il teste, dice che si vuole ostacolare il normale svolgimento del processo: “Qui si possono fare domande solo sulle domande del pm, si impedisce la ricostruzione della dinamica dei fatti. E’ inaccettabile!” . Gli altri difensori si associano ma non c’è niente da fare, la Corte rigetta. Cosi si continua con il teste Walter Favero, Digos di Torino, che rivela di aver coinvolto la polfer di Bussoleno e “persone del posto”, cioè spie, informatori, probabilmente gente del cantiere, (“…perchè non tutti sono no tav..”.) per identificare un imputato svelando una pratica discutibile, quella di seguire i ragazzi del movimento e filmarli in situazioni normali per poi avere materiali da utilizzare eventualmente in occasioni future. Il teste dà un corposo racconto della battaglia sul fronte del sentiero da Ramat dove il suo reparto, comandato dal commissario capo Scarpello, fronteggia i manifestanti che arrivano in massa giù dalla montagna. Il teste partecipa alla cattura di Soru, lo colpisce due volte “…con tutta la forza che avevo in colpo per tentare di far capire ‘Tu devi restare qua, non te ne devi andare’ e per vincere la resistenza in quel contesto…”lo lascia per un po’ in balia dei colleghi che lo trascinano nell’area museale (sappiamo in che modo, v. video Operazione Hunter), poi a suo dire, partecipa “…alla trattazione dei fermati, in primis alla trattazione di Soru…” tanto che i fermati “lamentavano lesioni“.

Il successivo teste, Sperati, partecipa anch’esso all’azione in cui vengono arrestati tre imputati. Interrogato da Novaro sulle circostanze del fermo di Soru, i suoi ricordi si appannano, diventa vago, accenna a “una situazione anomala”, “…credo…credo…non ho un’idea nitida…”, tutto diventa confuso, non riconosce l’agente che percuote con un asta, rivela i nomi dei due che trascinavano il fermato (Di Leone e Bagnasco).

Tocca a Felice Colaianni, Digos di Torino, che insieme a Favero arresta Nadalini, lo percuote, lo trascina via per un piede: “…lamentava un dolore, diceva che si era fatto male ad un braccio e io per farlo desistere, avendo un bastone, lo colpivo sul braccio… lui diceva ‘Mi sono fatto male a un braccio’ non mi diceva se era il braccio che avevo colpito io o meno, non mi ha detto ‘Mi hai fatto male’, poi durante l’arresto lui è caduto anche a terra, e in quella zona era pieno di pietre…”. Anche Colaianni, quando il fermato viene percosso, comincia  a non ricordare e non riconosce altri fermati che vengono trascinati. Oggi esco disgustato.

La prossima udienza è il 23 Dicembre.

La scommessa di Fs: battere gli aerei col treno

http://www.lastampa.it/2013/12/06/economia/la-scommessa-di-fs-battere-gli-aerei-col-treno-dimJkM47R2onw6714LjQfP/pagina.html

06/12/2013 – 

L’OBIETTIVO DICHIARATO È «VIAGGIARE IN ITALIA SOLO IN FERROVIA»

L’ad Moretti: tre miliardi per il trasporto locale. Ma ne servono altri tre

Un treno ad alta velocità Frecciarossa

  ANTONIO PITONI
ROMA

L’obiettivo è ambizioso: «Viaggiare in Italia solo in treno». Un traguardo che l’ad di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, punta ad avvicinare grazie ai nuovi orari e collegamenti veloci di Trenitalia (al via dal 15 dicembre).

 La scommessa poggia sul potenziamento del network delle Frecce («completamente pagato dal mercato»), con due nuove Frecciargento tra Roma e Trieste (in alta velocità fino a Verona) e tra Trieste e Milano (partenza alle 6.16 e arrivo alle 10 e ritorno alle 19.35, arrivo alle 23.19), due Frecciargento in più tra Roma e Verona (alle 6.30 dalla capitale e alle 14.50 dal capoluogo veneto), 10 nuove fermate (da 8 a 18) dei Frecciarossa a Reggio Emilia. Per un totale di 231 Frecce al giorno (87 Frecciarossa, 58 Frecciargento e 86 Frecciabianca) per servire tutte le città con più di 100 mila abitanti.

Altri 24 treni diretti serviranno la Sicilia e la Calabria verso Roma con la formula notte (cuccette da 49 euro, posti a sedere da 19) più alta velocità, per un totale di 35 mila posti in offerta al mese. «Un settore, quello del servizio notte, che, dopo tante polemiche, è stato interamente ricostruito», ricorda Moretti. E se nel 2013 i passeggeri sono stati circa 42 milioni (+5,2% rispetto al 2012), per il 2014, grazie ai nuovi orari, si stima un incremento di un ulteriore 3%.

Capitolo a parte sul trasporto locale. «I soldi che oggi ci sono per il trasporto locale ferroviario in Italia messi dalle istituzioni non sono sufficienti», spiega Moretti. «Ma vogliamo dare il segnale di tutta la nostra attenzione al problema – assicura –. Abbiamo già messo sul tappeto 3 miliardi di investimenti». Così ripartiti: 1,14 miliardi per 100 nuovi treni Vivalto, 570 milioni per 88 elettrotreni, 160 per 40 treni diesel, 280 per mille nuove carrozze e 850 in tecnologia. «Ne servono altri tre», aggiunge Moretti. Annunciando per il 12 febbraio una giornata di studio dedicata. Con Alitalia, come con altre compagnie, Fs sta definendo un accordo per l’integrazione treno-aereo.

Ma l’accordo «non prelude a nulla», assicura Moretti. Meno che mai all’ingresso nel capitale sociale della compagnia aerea di Bandiera («Assolutamente no»). Escluso un interessamento anche per Atac (la società di trasporto pubblico della Capitale). Quanto all’alta velocità Roma-Fiumicino, Moretti è chiaro: «Stiamo valutando, ma si farà solo se conviene». Intanto è partita l’emissione di bond a 8 anni per 750 milioni. Ieri Ferrovie ha già collocato 600 milioni a fronte di una domanda di 1,6 miliardi. Sulla quotazione di Trenitalia in Borsa, Moretti è cauto: «Bisogna far maturare bene la cosa abbiamo tante altre cose da mettere sul mercato nel 2014». Più sicuro sui conti 2013 di Fs: «Saranno «un po’ meglio del 2012».

Dopo la Grecia l’Italia al top per rischio poverta’

visto che letta aveva ragione? Nel 2014 saremo leader…
E’ aumentata la spesa per i disoccupati scrive l’ansa, MANCO FOSSE EROGATO IL REDDITO DI CITTADINANZA….quindi una miseria per pochi ed a tempo viene elargita

6 dicembre 2013 – ROMA – Dopo la Grecia, l’Italia è il Paese della zona euro dove il rischio di povertà ed esclusione sociale è più alto: secondo gli ultimi dati Eurostat relativi al 2012, in Italia il 29,9% della popolazione rischia di diventare povero, in Grecia il 34,6%.

 
Crolla il potere d’acquisto
Quadro a tinte fosche nel bilancio sociale Inps.  Il potere d’acquisto delle famiglie – si legge – è crollato del 9,4% tra il 2008 e il 2012. Lo si legge nel bilancio sociale Inps presentato oggi secondo il quale solo tra il 2011 e il 2012 il calo è stato del 4,9%. Nel complesso nei quattro anni considerati il reddito disponibile delle famiglie ha perso in media l’1,8% (-2% tra il 2011 e il 2012).
 
Emorragia di dipendenti pubblici nel 2012. Nell’anno, secondo quanto emerge dal bilancio sociale Inps, i lavoratori pubblici sono diminuiti, a causa del blocco del turnover e dei numerosi pensionamenti di 130.000 unità (-4%) passando da 3,23 milioni a 3,1 milioni. Nel 2012 le entrate contributive ex Inpdap sono calate di 4,78 miliardi (-8,2%). I contribuenti del fondo pubblici statali sono diminuiti di 107.012 unità (da 1.780.000 a 1.672.988 con un -6%) mentre quelli del fondo pubblici enti locali sono calati di 25.070 unità (da 1.305.542 a 1.280.472 e un -1,9%). Cresce invece di 1.870 unità il fondo pubblici sanitari e il fondo pubblici ufficiali giudiziari (+721 unità). Le entrate contributive dell’ex Inpdap, si legge nel bilancio sociale Inps, si sono ridotte di 4.781 milioni di euro, dato legato al blocco del turn-over nel pubblico impiego e al rallentamento della dinamica retributiva del settore. Nel 2012 quasi tutte le categorie di lavoratori mostrano una riduzione della consistenza. I lavoratori dipendenti del settore privato si riducono di 48.888 unità (-0,4%); i lavoratori pubblici di 129.515 unità (-4%); i lavoratori autonomi di 13.817 unità (-0,3%) e i parasubordinati di 22.167 unità (-2%). Il blocco del turnover ha accentuato nel pubblico la tendenza che c’e’ anche nel privato di diminuzione dei dipendenti con meno di 30 anni (-20,1% nel pubblico, -8,7% nel privato) e di progressivamente invecchiamento dei lavoratori. Le variazioni per classe d’età, infatti, sono negativi fino ai 50 anni con una riduzione media del 9,3%. Si rilevano invece incrementi dell’1,4% per i dipendenti tra i 50 e i 60 anni e del 5,9% per quelli oltre i 60 anni.
 
La spesa per gli ammortizzatori sociali nel 2012 è aumentata del 19% rispetto al 2011 superando quota 22,7 miliardi. L’Istituto sottolinea che la spesa principale è quella per la disoccupazione con 13,811 miliardi, oltre due miliardi in più rispetto ai 11,684 miliardi spesi nel 2011. Hanno usufruito di ammortizzatori sociali nel 2012 oltre 4 milioni di persone. Oltre 1,6 milioni di persone hanno usufruito di cig e mobilità a fronte dei 1.250.000 lavoratori nel 2011 (+28,5%) con una permanenza media pro capite in cassa di di due mesi e 2 giorni lavorativi. Nel complesso hanno avuto il sussidio di disoccupazione (ordinaria, agricola e quelle a requisiti ridotti) 2,5 milioni di persone a fronte dei 2,26 milioni dell’anno precedente.L’Inps sottolinea che i 22,7 miliardi (+3,6 miliardi sul 2011) si sono suddivisi in 12,6 miliardi di prestazioni e 10,1 di contributi figurativi. La parte principale ha riguardato la disoccupazione (13,8 miliardi con un +18,2%), mentre per la cassa integrazione sono stati spesi 6,138 miliardi (oltre un miliardo di spesa in più con un +21,8%) e 2,824 miliardi per la mobilità (+17,3%). Il peso maggiore degli ammortizzatori è a carico dello Stato con 14,237 miliardi a fronte dei 8,536 miliardi di contributi da imprese e lavoratori. Il finanziamento della cassa integrazione è stato coperto dallo Stato per il 37,8%, quello della disoccupazione per il 70,1% e quello per la mobilità per il 79%.
 
Quasi la metà dei pensionati Inps (il 45,2%) ha un reddito da pensione inferiore ai 1.000 euro al mese. Lo si legge nel bilancio sociale Inps 2012. Su quasi 7,2 milioni di pensionati che non arrivano a 1.000 euro ce ne sono 2,26 milioni (il 14,3% del complesso) che non arriva a 500 euro. Possono invece contare su più di 3.000 euro al mese poco più di 650.000 pensionati. Il reddito da pensione dei pensionati pubblici nel 2012 era in media di 1.948 euro al mese, superiore di oltre 700 euro rispetto ai 1.223 euro medi portati a casa da coloro che hanno lavorato come dipendenti nel settore privato. Lo si legge nel Bilancio sociale Inps con riferimento ai beneficiari di una sola pensione. La differenza dipende anche dal numero di anni lavorati e si amplia tra le donne con 826 euro medi di pensione per le donne del fondo lavoratori dipendenti e i 1.613 di quelle del settore pubblico. Per artigiani e commercianti il reddito da pensione si ferma in media sotto i 1.000 euro.
 

21 Dicembre 2013 – Manifestazione contro la Geoingegneria e scie chimiche a Modena

6 dic 2013 – Appello a tutti gli attivisti sulle scie chimiche, a tutte le persone sensibili e a tutti gli uomini di buona volontà:
La situazione dei nostri cieli, oltre che delle nostre vite e dell’ambiente in cui viviamo sta peggiorando drasticamente giorno dopo giorno. L’aggressione contro la nostra umanità è totale, non vi è settore dell’esistenza umana che non sia volutamente aggredito dagli interessi spregevoli di esseri senza scrupoli, a partire dalle multinazionali,
per finire ai governi delle nazioni. È veramente ora di finirla, dobbiamo riprenderci i nostri cieli, dobbiamo riprenderci le nostre vite, la nostra bella Italia. Riprendiamoci il Pianeta. Un’occasione importante, per uscire dalla gabbia di internet, e trovarci faccia a faccia, a guardarci negli occhi, sarà la MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LE SCIE CHIMICHE a Modena il 21 dicembre
 
aaaaaa
2013.
Partecipate numerosi, che sia il primo moto di una catena che colleghi le piazze italiane.
Diciamo basta alle manovre occulte sulle nostre teste, BASTA SCIE CHIMICHE.
Appello a tutti gli attivisti sulle scie chimiche, a tutte le persone sensibili e a tutti gli uomini di buona volontà:
La situazione dei nostri cieli, oltre che delle nostre vite e dell’ambiente in cui viviamo sta peggiorando drasticamente giorno dopo giorno. L’aggressione contro la nostra umanità è totale, non vi è settore dell’esistenza umana che non sia volutamente aggredito dagli interessi spregevoli di esseri senza scrupoli, a partire dalle multinazionali, per finire ai governi delle nazioni. È veramente ora di finirla, dobbiamo riprenderci i nostri cieli, dobbiamo riprenderci le nostre vite, la nostra bella Italia. Riprendiamoci il Pianeta. Un’occasione importante, per uscire dalla gabbia di internet, e trovarci faccia a faccia, a guardarci negli occhi, sarà la MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LE SCIE CHIMICHE a Modena il 21 dicembre 2013.
ssss
Partecipate numerosi, che sia il primo moto di una catena che colleghi le piazze italiane.
Diciamo basta alle manovre occulte sulle nostre teste, BASTA SCIE CHIMICHE. – See more at: http://www.yogavitaesalute.it/la-finestra-sul-mondo/eventi/manifestazione-contro-le-scie-chimiche-il-21-dicembre-2013-modena#sthash.utLFxl6j.dpuf

Appello a tutti gli attivisti sulle scie chimiche, a tutte le persone sensibili e a tutti gli uomini di buona volontà:

La situazione dei nostri cieli, oltre che delle nostre vite e dell’ambiente in cui viviamo sta peggiorando drasticamente giorno dopo giorno. L’aggressione contro la nostra umanità è totale, non vi è settore dell’esistenza umana che non sia volutamente aggredito dagli interessi spregevoli di esseri senza scrupoli, a partire dalle multinazionali, per finire ai governi delle nazioni. È veramente ora di finirla, dobbiamo riprenderci i nostri cieli, dobbiamo riprenderci le nostre vite, la nostra bella Italia. Riprendiamoci il Pianeta. Un’occasione importante, per uscire dalla gabbia di internet, e trovarci faccia a faccia, a guardarci negli occhi, sarà la MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LE SCIE CHIMICHE a Modena il 21 dicembre 2013.
Partecipate numerosi, che sia il primo moto di una catena che colleghi le piazze italiane.
Stop Scie ChimicheComunicato stampa congiunto dell’Associazione Riprendiamoci il Pianeta – Movimento di Resistenza Umana e della Draco Edizioni sulla Manifestazione Nazionale Contro le Scie Chimiche del 21 dicembre 2013 a Modena
Il fatto che l’Italia, nella Classifica Mondiale della Libertà di Stampa, stilata da Reporter Senza Frontiere, figuri al 57° posto, dopo paesi come il Niger, il Burkina Faso, Haiti e la Moldavia, la dice lunga sullo stato dell’informazione nel nostro paese. La lottizzazione e l’accaparramento operati da alcuni gruppi di potere politico-economico nei confronti delle fonti d’informazione, sia via etere che nel campo della carta stampata, hanno occupato ogni spazio mediatico significativo presente sul nostro territorio nazionale. Forse si salva ancora qualche giornale parrocchiale e qualche blog su internet. Non vi è notizia, nemmeno di cronaca, che non sia filtrata accuratamente e presentata in modo ‘consono’ agli interessi del gruppo di potere di cui quel mezzo mediatico è espressione. Quindi, più che di libertà di stampa, possiamo parlare di vera e propria manipolazione e falsificazione di ogni aspetto della comunicazione nel nostro paese.
 
La manifestazione contro le scie chimiche, vero e proprio crimine contro l’umanità, promossa dalla nostra associazione, Riprendiamoci il Pianeta – Movimento di Resistenza Umana, e dalla casa editrice Draco Edizioni, deve avere preoccupato i guardiani del potere, visto che, da quando ha iniziato a circolare la notizia sul web della manifestazione da noi promossa, è stato un fioccare di articoli sulla stampa nazionale, tutti ovviamente, e premurosamente, orientati a screditare come ‘bufala’ la realtà delle scie chimiche. La cosa si presenta inusuale e ridicola, visto che, mediamente, fino ad oggi, ha dominato il silenzio stampa sulle irrorazioni clandestine nei nostri cieli. Ridicola, perché confrontando gli articoli delle diverse testate, non è difficile riconoscere la stessa sdrucita velina, quasi un copia-incolla delle stesse menzogne.
Così come si sono moltiplicate le richieste di intervista agli organizzatori della manifestazione, con quello che riteniamo essere un goffo e mal coordinato tentativo di acquisire materiale da ritorcere contro la nostra iniziativa e tutta la nostra attività. Varie esperienze dirette, avute da nostri esponenti, con i ‘media’ nazionali, non fanno altro che confermare il nostro pensiero. Quindi vogliamo chiarire bene che noi a questo gioco non ci stiamo. Continuate pure a cercare di screditarci, con i vostri mezzi, noi continueremo con i nostri, anche girando a piedi per le città, a parlare ai cuori delle persone, che non sono stupide come voi pensiate che siano, visto come le trattate. Questo vi spaventa: gente vera, non asservita, non rincoglionita a chattare dietro a un monitor, a manifestare invece pacificamente il proprio dissenso nelle piazze, primo vero luogo della democrazia.
Un appello per voi giornalisti, ma non siete stanchi di chinare la testa? Veramente quando avete iniziato la vostra carriera, pensavate di dedicare la vostra vita a descrivere, se non a creare, le varie ‘emergenze’ del momento, o a fare la conta delle donnette di Berlusconi? Non siete stanchi di scrivere sotto dettatura? Ci sono giornalisti che stanno cercando di associarsi per dare vita a delle forme di informazione libera e indipendente. Uscire dagli schemi di questo sistema, che sta portando il pianeta alla rovina, è difficile, ma possibile, basta avere un poco di dignità per cominciare almeno a provarci. Che cosa consegnerete ai vostri figli, oltre a un mondo in mano a degli avvoltoi? Il ricordo di tutte le volte che avete dovuto chinare la testa? Ribellatevi anche voi, iniziate finalmente a fare il vostro mestiere, che è prima di tutto quello di informare.
Siete comunque tutti invitati il 21 dicembre, a Modena, a manifestare con noi, pacificamente e civilmente, se invece doveste venire per ricoprire ancora una volta di menzogne il ruolo che rivestite, state bene a casa che è meglio, tanto ci sarà pure da scodinzolare per qualcos’altro.
 
 
 

ITALIA…IL GRANDE COMPLOTTO !

FONTE: ICEBERGFINANZA.FINANZA.COM
 
E’ affascinante osservare tra i vari protagonisti dell’informazione nazionale coloro che quotidianamente sono preposti sia in rete che soprattutto sui media e sulla televisione a dirigere l’opinione pubblica in una certa direzione, quella che fa comodo al loro conflitto di interesse e non solo alla propria ideologia.
 
Il grande gomblottoooooo …dell’immaginazione!
Seguitemi perchè vi porterò la dove nessuno ha osato arrivare!
 
Recentemente Papa Francesco ha sottolineato come …
 
“Oggi è il denaro che comanda. La crisi mondiale che tocca la finanza e l’ economiasembra mettere in luce le loro deformità e soprattutto la grave carenza della loro prospettiva antropologica, che riduce l’uomo a una sola delle sue esigenze: il consumo. E peggio ancora, oggi l’essere umano è considerato egli stesso come un bene di consumo che si può usare e poi gettare. Abbiamo incominciato questa cultura dello scarto. Questa deriva si riscontra a livello individuale e sociale; e viene favorita! In un tale contesto, la solidarietà, che è il tesoro dei poveri, è spesso considerata controproducente, contraria alla razionalità finanziaria ed economica. Mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce. Questo squilibrio deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune. Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone unilateralmente e senza rimedio possibile le sue leggi e le sue regole. L’indebitamento e il credito allontanano i Paesi dalla loro economia reale ed i cittadini dal loro potere d’acquisto reale. A ciò si aggiungono, oltretutto, una corruzione tentacolare e un’evasione fiscale egoista che hanno assunto dimensioni mondiali. La volontà di potenza e di possesso è diventata senza limiti”. Evangeliigaudium
 
Ovviamente gli psicopatici di Wall Street, i profeti della trickle down non hanno perso tempo a rispondere…
 
JP Morgan risponde alla critica del Papa al capitalismo
 
“Le persone preoccupate per la povertà globale dovrebbero essere più riconoscenti e protestare meno”. Con queste parole, senza mai citarlo, l’economista americano James Glassman della banca americana JP Morgan si riferisce al Papa e alla sua recente critica al capitalismo, pubblicata mercoledì scorso nell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”. Il Pontefice aveva, senza mezze misure, denunciato la speculazione dei mercati finanziari che ha creato “un economia che uccide” e ha puntato il dito contro “alcuni” che “semplicemente si compiacciono, incolpando i poveri dei propri mali”.
In una nota pubblicata da Business Insider James Glassman risponde indirettamente affermando che “la lamentela più comune riguardo al fallimento del nostro sistema nel considerare le esigenze dei più poveri dimentica alcuni fatti fondamentali”. Secondo l’economista infatti la povertà “non è un fenomeno moderno” e non deve essere imputata alla finanza. “Le economie sviluppate” spiega con ottimismo “si stanno ancora riprendendo da una profonda recessione e presto raggiungeranno il loro pieno potenziale”. L’obiettivo è – a suo dire – reso possibile grazie allo stimolo delle banche centrali. Dunque – si legge sempre nella nota – “le persone danneggiate dalla recessione saranno presto ricompensate con il perdurare della ripresa economica”.
 
Glassman imputa il problema attuale alla ciclicità economica e aggiunge: “gli standard globali della vita media sono oggi obiettivamente alti. I più alti registrati dagli economisti”.
L’ economia guidata dal mercato secondo l’economista “sta facendo molto di più per curare la povertà globale che qualsiasi sforzo fatto in passato”. Dunque le persone che vivono in Europa, e in paesi come Canada, Giappone, Taiwan, Israele, Nuova Zelanda, Australia, Corea del Sud e parte del Medio Oriente, devono considerarsi “fortunate”. Purtroppo sono solo un miliardo su sette nel mondo. Oggi però secondo Glassman anche “tutti gli altri paesi hanno una possibilità” perché i loro governi – conclude – “hanno intrapreso una strategia di sviluppo aggressiva e sono in grado di muoversi velocemente per aprire i loro confini al commercio internazionale”. (America24)
 
Loro sono li tutti i giorni a ricordarvi che siete felici grazie a questo sistema economico, quello che sta accadendo sono solo spiacevoli e inevitabili effetti collaterali.
Sono disseminati ovunque nella rete con i loro blog, partecipano a trasmissioni televisive, scrivono su giornali on line, sono ovunque.
Si loro stanno facendo il loro dovere, ma attenzione non si tratta di un COMPLOTTO anzi…
L’Ecuador era ormai totalmente in trappola come la Grecia oggi e domani …chissà!
 
Ieri l’impiegato statale finnico Olli Rehn che ha deciso di candidarsi alle elezioni europee, uno dei killer della EU e ovviamente della Troika  ha ricordato per l’ennesima volta chi comanda le Vostre vite, chi decide la Vostra sorte CHI HA PAURA DEL CAVALLO DI TROIKA!
 
Debito, l’accusa di Rehn all’Italia: “Non state rispettando l’obiettivo”  “Ora privatizzazioni e spending review”it
 
Ripeto se potessero privatizzerebbero anche Vostra madre, questi delinquenti che ammettono di aver utilizzato politiche criminali, fallito le loro politiche economiche, ma non si spostano di un millimetro dal loro scopo, ovvero quello di deflazionare salari e privatizzare mezza Europa.
 
Un suggerimento arriva forte e chiaro da quell’Ecuador devastato da anni di politiche economiche criminali, che come racconta Perkins hanno un solo scopo…
 
Ecuador: “Europa indebitata ripete i nostri errori” “Difendere gli interessi della finanza e dei grandi capitali ha fatto sprofondare la regione in una lunga e pesante crisi del debito. Oggi osserviamo con preoccupazione l’Europa prendere lo stesso cammino”, scrive il presidente ecuadoriano sulle pagine di Le Monde Diplomatique.
 
…Correa, che non poteva utilizzare una politica monetaria per aggredire il debito e magari ridurlo, essendo questo espresso in dollari…
 
…Letta, che non poteva utilizzare una politica monetaria per aggredire il debito e magari ridurlo, essendo questo espresso in euro…
 
Ma facciamo finta che vada tutto bene e andiamo avanti.
Ve lo immaginate l’organo ufficiale dei “più Europa” che parla di un complotto, che scrive Il nuovo complotto contro l’Italia
 
 l’attacco a freddo lanciato da Standard & Poor’s contro le Generali non può passare sotto silenzio. Romano Prodi, sempre più lontano dai veleni della politica ma sempre più vicino ai grandi temi dell’economia, me lo dice con indignazione: «Ma possibile che qui nessuno si renda contro della gravità di quello che è successo?». Appunto. È un caso da manuale, che fa il paio con il precedente del gennaio 2012, quando la stessa agenzia declassò a sorpresa l’Italia a BBB+, lo stesso livello del Kazakistan. Ora tocca al più grande gruppo assicurativo tricolore, tra i primi tre d’Europa, che può scivolare a BBB perché ha in pancia un «bolo» considerato indigeribile: 60 miliardi di euro in Bot e Btp. Nell’offensiva di S&P è folle la «destinazione»: Generali fa 1,6 miliardi di utili in 9 mesi, ha il 75% delle attività all’estero, ha già ridotto a 55 miliardi i suoi investimenti in Bot e Btp. Ma è ancora più folle la spiegazione: Generali è in creditwatch negativo perché è troppo esposta in titoli italiani, e l’Italia è a sua volta esposta al rischio default.
Ma allora perché lo fanno? I cattivi pensieri suggeriscono che sia partita, o possa ripartire, un’offensiva contro la moneta unica, che usa l’Italia come anello debole, o agnello sacrificale. Ha ragione Massimo Mucchetti, che parla di «una manovra gravissima contro la Repubblica». Una manovra che parte, ancora una volta, da una delle «tre sorelle» (oltre a S&P, Moody’s e Fitch) che in un regime di «oligopolio perfetto» tengono da almeno cinque anni in ostaggio i mercati, taglieggiando gli Stati e lucrando un fatturato annuo di 4,5 miliardi. (…) Ma resta una domanda. Di fronte a questo strisciante «complotto contro l’Italia», perché Letta e Saccomanni non battono un colpo?
 
Si si è svegliato pure Giannini e la Repubblica … qualcuno ricorda forse …  ITALIA …MOODY’S: LA FRODE DEL RATING!  si andava in onda mentre loro dormivano. Continuate a comprare giornali e non sostenere l’informazione indipendente!
 
Perchè non battono un colpo? Non dico nulla, perchè un giorno anche in questo Paese i blogger potrebbero finire in prigione, in qualche segreta dei castelli romani.
Dite la verità non è affascinante! Ho trascorso gli ultimi due anni a raccontarvi che quello che stava accadendo al nostro Paese era un segno del destino, il Destino Manifesto, il loro destino, quello che loro desiderano per i loro interessi, gli interessi della plutocrazia mondiale, le ricchezze del nostro Paese, non importa se aziende statali o private, l’importante è privatizzare, alienare, liquidare…
 
Probabilmente molti di Voi non conoscono Andrew W.Mellon e quello che accadde durante la Grande Depressione del 1929. Mellon segretario al tesoro americano dal 1921 al 1932, banchiere e importante industriale era una delle persone più ricche d’America, terzo contribuente dopo John D. Rockefeller e Henry Ford passò alla storia per avere pronunciato e consigliato all’allora presidente Herbert Hoover  le seguenti parole…
 
“Liquidare il lavoro, liquidare le azioni, liquidare gli agricoltori, liquidare l’immobiliare…elinimare il marcio dall’economia…”
 
Provate a chiudere gli occhi e immaginare quello che sta accadendo in Italia…
 
“Liquidare il lavoro… missione compiuta…liquidare le azioni missione stracompiuta… liquidare gli agricoltori…missione in corso, liquidare l’immobiliare…missione già a buon punto, eliminare il marcio dall’economia…obiettivo fallito… eliminare il marcio dalla politica…obiettivo strafallito”
 
Ovviamente nessun complotto e non scherzo la stragrande maggioranza di loro svolge i compiti per i quali sono stati istruiti nelle facoltà di economia, ingegneria o giurisprudenza, o la propria avidità, tutto regolare nessun complotto!
 
Hanno truccato bilanci e contratti, manipolato azioni, tassi e valute e credete ancora q quello che vi raccontano, quotidianamente bevete le loro idiozie, vi manipolano il cervello attraverso media e televisioni e siete ancora li davanti alla scatola magica ad ascoltarli e quotidianamente chiedermi ai sentito cosa ha detto Tizio Caio o Sempronio.
 
Probabilmente anche questo resterà uno dei tanti post seguiti da quattro amici al bar come spesso è accaduto, quattro chiacchere tra amici. Diffondere consapevolezza è molto di più di stare qui a lamentarsi o parlarsi addosso, prima serve consapevolezza e poi al momento opportuno arriveranno le proposte. Qualunque proposta per quanto buona ed interessante possa essere, dovrà fare i conti con il fiscal compact, con il pareggio in bilancio, con la Troika, con il IMF, con la BCE, con la finanza, con la plutocrazia, con le agenzie di rating, con un gregge di uomini e donne inconsapevoli che passerà il resto della loro vita a chiedersi cosa è accaduto e cosa sta accadendo.
 
Il resto sono chiacchere come le promesse delle primarie o di chiunque cercherà di governare questo Paese senza comprendere quello che è accaduto, senza ripartire dal bene comune.
 
Non so perchè ma dopo questo post mi è tornata la voglia di tornare a girare l’Italia in lungo e in largo, soprattutto nelle scuole e nelle piazze, per raccontare anche l’altra faccia della medaglia, quella che nessuno o quasi vi racconta…chissà!
 
Mi raccomando tenetevelo per Voi…in fondo non è un complotto! Buona giornata Andrea.

QUELLO CHE NON VORREBBERO FARCI VEDERE A GUANTANAMO

DI ANASTASIA CHURKINA
Russia Today
 
L’inviata di RT (Russia Today, canale satellitare russo diffuso a livello mondiale, ndt) Anastasia Churkina si è diretta verso la sede della base militare della più scandalosa prigione americana e ha scoperto un potente meccanismo di copertura.
 
Il volo da Fort Lauderdale, in Florida, a Guantanamo è stato l’unico della mia vita che, decollando da un aeroporto pubblico, non fosse stato prima segnalato sul tabellone delle partenze. Solo una manciata di persone in attesa all’imbarco. Qualche soldato cupo e dall’aspetto stanco- giovani sui vent’anni – e i membri dello staff molto meno eccitati di noi, in quanto, ovviamente, saranno stati in questo posto completamente nascosto già dozzine di volte.
 
Non so se sia stato il nostro entusiasmo a generare la sensazione di mistero nelle nostre menti, ma quando un’addetta del Duty Free mi chiese dove ero diretta, alla mia risposta“Guantanamo”, replicò, con un sorriso vivace sulle labbra: “Oh, le Bahamas – giusto?” Io annuii. E così ebbe inizio l’occultamento.
 
Quando molti di noi sentono parlare della prigione di Guantanamo o la immaginano senza averla vista di persona, pensano ad un luogo oscuro e inquietante, circondato da filo spinato, con cancelli che si chiudono ma non si aprono, carcerati con tute arancioni e mani ammanettate dietro la schiena, torture, scioperi della fame e costrizioni alimentari. Immagini di prigionieri della guerra al terrorismo dell’America, che si sono formate nel corso di oltre un decennio. In realtà, gli ufficiali americani che gestiscono il sistema, lavorano duramente per assicurarsi che nessuna controversia possa essere testimoniata dai giornalisti in visita, o addirittura che nessuno dei dipendenti della base parli con loro. Lo staff del carcere fa tutto ciò che può per far sì che le testimonianze dei giornalisti siano tali da non aver realmente niente a che fare con quel luogo notoriamente scandaloso, come più volte denunciato da U.S. Human Rights fin dal 2002.
 
Nessuna delle interviste organizzate per noi sul posto dal team di Guantanamo che si occupa dei rapporti con i media, è stata accidentale. Gli ufficiali esperti hanno imparato a minimizzare eccessivamente qualsiasi accusa mossa contro la prigione e gli elementi dello staff recentemente assunti rispondono comunemente, alle domande riguardanti torture e costrizioni alimentari, con la frase “Sono arrivato solo il mese scorso”.
 
I programmi per i giornalisti vengono scritti fino all’ultimo dettaglio, prima che essi mettano piede qui dentro. Un lungo documento, che delinea cosa è concesso e cosa è vietato, deve essere firmato prima che venga approvata la visita. Così vediamo cucine dove il cibo è preparato sia per i detenuti che per i soldati, la biblioteca locale, le fantastiche attrezzature sportive introdotte per i militari che lavorano qui, un grande teatro open-air e così via. Però, ciò che interessa a noi – e presumo a molte delle persone che vengono in questo posto – è la vita reale dei detenuti e le loro storie – cosa da cui siamo tenuti a distanza.
 
Le visite nei due settori attivi in cui ci hanno condotti, sono state così brevi che, quando sono giunte al termine, ci siamo detti: “Aspetta, tutto qui?!”. Gli ufficiali, chiedendoci di rimanere anonimi ed impedendoci di filmare i loro volti, ci hanno mostrato velocemente celle vuote preparate precedentemente proprio per le visite dei media, tutte piene di pigiami puliti, libri nuovi, oggetti e prodotti utili per la igiene personale, letterature pre-selezionate e piccole boccette di shampoo “Maximum Security”. (Chiesi se fosse uno scherzo o se quello shampoo fosse veramente diverso da quello utilizzato dallo staff. Loro dissero che non lo sapevano, ma concordarono con me sul fatto che fosse un nome assurdo).
 
Osservando le presunte vite dei prigionieri mostrate dallo staff del campo di detenzione, è impossibile riuscire a capire se il tutto abbia qualcosa a che fare con il reale modo in cui loro passano il tempo rinchiusi qui dentro. Nonostante le ripetute richieste, non ci è stato concesso più di un minuto per dare un’occhiata veloce, attraverso una finestra con vetri oscurati, ad un detenuto. Siamo rimasti scioccati all’idea che sarebbe stato tutto quello che avremmo potuto vedere.
 
Nonostante le nostre richieste di poter documentare qualcosa in più, addirittura senza filmare, ci hanno comunicato che ci era già stato mostrato a sufficienza e che il nostro programma era fin troppo pieno rispetto ad altri. Un ufficiale di alto grado ci disse che non volevano che trattassimo i detenuti come “qualcosa di curioso”. Così avremmo dovuto fare un altro tour in una radio locale, per esempio, cosa che non aveva niente a che fare con il carcere.
 
Lo sfondo della scandalosa prigione è inaspettato. La Guantanamo Bay è una fantastica località tropicale. Fa parte dei Caraibi, dopotutto, quindi, mi chiedo, perché dovrebbe sembrare diversa rispetto alle Bahamas o alle Bermuda? Non è così. E certamente non è zeppa di interminabili campi di prigionia e combattenti nemici dell’America scortati da guardie.
 
La base militare fu affittata dal Governo degli Stati Uniti molto prima che George Bush e i suoi compari ideassero il concetto moderno della guerra al terrorismo americana. La base è in affitto dal 1903 (circa un secolo). Curiosamente, secondo un contratto con i cubani, gli Stati Uniti pagano un affitto mensile di circa 4.500$ in modo da poter usufruire di queste 45 miglia-quadrate di territorio. In realtà, i cubani hanno rifiutato il denaro per decenni, ma senza riuscire ad ottenere la dipartita degli americani. Secondo l’accordo iniziale, il contratto di affitto non può cessare finché entrambe le parti non concorderanno sulla decisione. Ciò è sempre stato, ovviamente, molto conveniente per gli U.S.A.
 
La struttura della base militare di Guantanamo è molto simile a quella di un qualsiasi campus universitario americano. Soldati e visitatori come noi alloggiano in semplici dormitori – per lo più in coppia. Coloro che vengono impiegati qui per 6-9 mesi arrivano da soli e devono condividere la stanza con un coinquilino dello stesso sesso. Quelli che invece devono stabilirsi qui per 2-3 anni, principalmente ufficiali militari uomini di alto grado, portano le loro famiglie.
 
Dato che non abbiamo mai avuto tempo per noi stessi tra uno scatto e l’altro e abbiamo sempre consumato i pasti con la nostra scorta militare, specializzata nell’accompagnare ovunque i media – ho avuto poche occasioni per poter chiedere loro in che modo questo tipo di lavoro abbia influenzato le vite private di ognuno. Uno dei sergenti di grado minore, una giovane donna recentemente assunta, mi ha detto che ai soldati è permesso avere appuntamenti tra loro, ma solo con quelli dello stesso grado – non con i superiori.
 
Per quanto riguarda il personale militare che lavora qui, gli unici che stanno a diretto contatto con i media e, tra loro, parecchi specificatamente designati a parlare coi giornalisti, sono tutt’altro che gli stereotipati impiegati di una struttura di detenzione. Affascinanti giovani ragazzi (la maggior parte tra i 20 e i 30 anni), pieni di sogni, ottimismo e obiettivi per il futuro. Quando abbiamo chiesto loro di testimoniare sul terribile impatto che ha Guantanamo sui diritti umani negli USA, molti ci hanno risposto che non la pensano allo stesso modo. Loro sono qui per lavorare. Molti hanno anche confermato di non aver personalmente mai rilasciato testimonianze controverse e che non conoscono nessuno che l’abbia fatto.
Spesso, possiamo presumere che alcune delle risposte alle domande che rivolgiamo al personale militare che lavora qui, non siano esattamente veritiere, ma piuttosto quelle ufficiali che hanno dovuto imparare a dare. Il lavoro è lavoro, immagino.
 
Qualcosa tipo questa potrebbe essere una comune conversazione:
 
– “Va bene se ci spostiamo per l’isola per i fatti nostri?”
– “Certo! Potete fare tutto quello che volete, ragazzi!”
– “Allora, stasera ci piacerebbe cenare da soli in quel ristorante vicino al nostro alloggio”.
– “Buona idea. Ma vi dispiace se Ben si unisce a voi? Non ha ancora cenato.”
– “Mmm… Ceeerto.”
 
Ben – senza la sua uniforme militare – ci accompagna a cena, siede a tavola con noi, non parla molto. Quando gli chiediamo se vuole ordinare qualcosa, risponde che ha già mangiato.
 
Ci è stato detto che ci sarebbe stato costantemente qualcuno all’ingresso del nostro alloggio – 24/7 – giusto in caso avessimo avuto bisogno di qualsiasi cosa. Realizzammo presto che non gli interessava assicurarsi che potessimo avere una ciambella nel mezzo della notte se ne avessimo ardentemente desiderata una (una richiesta che sarebbe indubbiamente stata accomodata, in caso si fosse verificata, perché tutti sono molto amichevoli e disponibili con i giornalisti in visita) – ma piuttosto per essere sicuri che non lasciassimo l’hotel non sorvegliati, girovagando per la base militare da soli. Vale la pena comunque far notare che gli effettivi campi di detenzione dove sono rinchiusi i prigionieri erano troppo lontani perché riuscissimo a raggiungerli a piedi con il nostro equipaggiamento. Ma anche se fossimo riusciti nell’impresa di andare in giro senza accompagnatori, i campi sono così ben protetti che qualsiasi speranza di raccogliere materiale extra sarebbe stata inutile.
 
Io e il mio cameraman Nick concordammo presto sul fatto che uno degli aspetti più estenuanti dei nostri 4 giorni di viaggio (2 intere giornate sul campo e 2 di viaggio), non è stata la sveglia alle 5 del mattino o le 12 ore passate filmando in tempi serrati e con 40°, ma la costante compagnia della nostra scorta.
Ribadisco, bravi ragazzi, ma non ci era mai capitato di lavorare così in nessun altro luogo – osservati ad ogni passo, ad ogni scatto. Alla fine di ogni giornata lavorativa, il team dei media esamina assolutamente tutto il materiale raccolto – video, audio, foto, e addirittura scenette – e cancella qualsiasi cosa che ritiene essere una violazione della sicurezza.
 
Una delle cinque parti del nostro servizio si focalizza nello specifico sulle regolamentazioni riguardo alla condotta dei giornalisti sul campo, ma non intendo dilungarmi oltre su tale questione. Se osservate le storie, vedrete che ci è stato permesso di filmare il volto di un solo un residente. Per tutti gli altri – dai negozianti, a chi fa jogging, fino alle giovani mamme con i bambini nei passeggini – rivelare le loro identità in qualsiasi modo era fuori questione. Ma parlando con chiunque viva alla base, tutti sostengono di amare quel luogo e che non ci sia assolutamente niente da nascondere o di cui preoccuparsi.
 
Gli ufficiali che gestiscono Guantanamo parlano orgogliosamente degli intrattenimenti che hanno reso disponibili per i detenuti: parecchi libri in dozzine di lingue, DVD, videogiochi, riviste che i prigionieri hanno il permesso di richiedere. Tutti questi sono accuratamente censurati prima di essere distribuiti; gli addetti alla biblioteca si assicurano che niente di estremo – dalla violenza alla sessualità – capiti tra le loro mani. È come se tutti gli svaghi celassero il fatto che molti dei detenuti qui passino la maggior parte del loro tempo senza nessuna occupazione – solamente aspettando qualcosa che non accadrà mai.
 
Allo stesso tempo, gli uomini di servizio alla base non hanno accesso a molte delle informazioni. Ancora più importante, è a malapena consentito qualsiasi accesso a internet, e nel caso ci fosse, ai militari è vietato visitare certi siti web come, ad esempio, WikiLeaks. Per loro, qualcosa di riservato resta sempre riservato, anche se le informazioni rilasciate da WikiLeaks sono state rese pubbliche da tempo.
 
Mi domando se gli uomini di servizio si ritrovino a cercare tali informazioni prima o dopo il loro impiego nella base o se preferiscano restare nell’ignoranza.
 
Dal 2002, la struttura di detenzione di Guantanamo ha accolto un totale di 779 prigionieri. La maggior parte di questi presunti combattenti nemici sono stati rilasciati senza nessun precedente capo d’accusa. 164 rimangono dietro le sbarre di Guantanamo, per più della metà è stato da tempo approvato il rilascio o il trasferimento. Solo 6 detenuti sono attualmente sotto processo – dei quali solo 2 sono in corso. Tutti gli altri sono in attesa. Ogni singolo giorno trascorre senza sapere cosa accadrà loro in futuro e quanto tempo ancora dovranno passare qui.
 
Un avvocato che lavora coi prigionieri ci ha rivelato che non c’è niente che essi desiderino maggiormente che poter condividere le loro storie con i giornalisti, poter parlare apertamente delle proprie lotte ed informare il mondo su ciò che realmente succede. Questo è, tuttavia, impossibile, perché a nessun detenuto – finché si trova nella struttura – è mai stato permesso di parlare con un giornalista. Possono trasmettere qualsiasi messaggio solo attraverso gli avvocati, o ancora, devono aspettare a raccontare le loro vicende finché non saranno stati scarcerati.
 
Anche se, negli ultimi anni, l’amministrazione di Obama è stata quasi sempre silenziosa riguardo Guantanamo, fatto principalmente dovuto ai miseri passi avanti per chiudere il campo, il lungo sciopero della fame di inizio anno ha riportato l’attenzione mondiale sulla prigione. Ma appena la protesta di massa è cessata, il dialogo pubblico sulla chiusura di questo posto è svanito nuovamente. Nel mentre, ci sono stati detenuti che hanno portato avanti scioperi della fame per anni, però giornalmente forzati a nutrirsi. Gli ufficiali di Gitmo (altro modo per riferirsi alla prigione, ndt) sostengono che sia il loro modo di attirare l’attenzione dei media. Qualsiasi siano le ragioni, gli scioperi della fame qui portano alla dolorosa, quanto non-etica, procedura (in accordo con illustri associazioni mediche) di avere un tubo spinto a forza, attraverso una narice, giù per lo stomaco.
 
Inoltre, questi ufficiali fingono di non aver mai sentito le critiche, confidandoci che il massimo che gli sia stato detto dai “pazienti” è “è fastidioso”. La mia indagine per provare queste possibili costrizioni alimentari è stata rifiutata.
La scusa ufficiale per non aver chiuso il campo di prigionia – come Obama aveva promesso proprio nel suo primo giorno di mandato – e che la Casa Bianca ha citato, è che il Congresso si è opposto. Numerosi esperti legali con cui abbiamo parlato, comunque, sostengono che basterebbe il potere decisionale del Presidente. Se veramente Barack Obama volesse la chiusura di Guantanamo, potrebbe farlo oggi stesso. Ma anche in tale caso, il detto “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” non sarebbe applicato: dopo oltre un decennio passato a deturpare l’immagine dell’America con questo discutibile capitolo della storia moderna, il concetto di Guantanamo rimarrà impresso a lungo, perseguitando Washington per ancora molti anni a venire.
 
Anastasia Churkina, corrispondente internazionale di RT
Affermazioni, punti di vista e opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente legate all’autore e non necessariamente rappresentano quelli di RT.
 
11.11.2013
 
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ILEA BONGI
 
Questo Articolo proviene da ComeDonChisciotte
 
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Ci faranno un mazzo così! Diventeremo come la Libia?

Posted By Sandra Marcial On 6 dicembre 2013
 
Domanda: cosa vengono a fare in Italia i tagliagole che noi sosteniamo in Siria?
Allarme della Bonino: jihadisti tra i clandestini che arrivano in Italia
 
Pubblicato da ImolaOggi [1] nov 18, 2013
 
[2]18 nov. – Il ministro agli Esteri Emma Bonino ha lanciato l’allarme contro la possibile infiltrazione di elementi jihadisti o membri di al Qaeda tra gli immigrati irregolari che giungono in Italia attraverso il Mediterraneo.
“Ci sono elementi, sospetti che tra i vari disperati ci siano anche elementi provenienti da gruppi jihadisti, qaedisti,” ha detto il ministro in una conferenza stampa a Bruxelles, parlando di “una minaccia alla sicurezza” .
 
“Ci sono sospetti che dalla Libia fra i vari disperati ci siano anche provenienze di jihadisti o qaidisti su una via europea, che tra l’altro è uno dei metodi che hanno usato spesso. Terrorismo? Non so dire. E’ una minaccia alla sicurezza”. Così il ministro Emma Bonino al termine del consiglio Ue.  “La questione sicurezza si pone sempre di più e noi abbiamo molte informazioni su questo.
 
La Libia si conferma un Paese sull’orlo del fallimento, in uno stato di grande fragilità, una specie di canale aperto su cui convergono tutta una serie di traffici, di esseri umani, ma non solo”, spiega Bonino. “E’ una specie di canale, di collettore fuori da qualsiasi controllo – afferma il ministro -. La presentazione in termini di sicurezza è stata recepita da tutti i colleghi e la questione sarà approfondita a anche in una riunione tra Cops e Cosi, le strutture sicurezza della parte politica e degli interni, in modo da congiungersi o allinearsi all’attività che la task force del Mediterraneo sta compiendo. E’ iniziato un lavoro che non è stato archiviato”.
 
Tra i ministri degli Esteri “c’e’ la consapevolezza che non si tratta più del burden sharing, di chi si prende quanti rifugiati, ma è molto più grave di questo – conclude -. Tutta la costa sud del Mediterraneo si trova in uno stato di instabilità con conseguenze che non possono essere affrontate dall’Italia da sola e tanto meno dalla sola Malta. Mi pare che questa consapevolezza prenda terreno. Dobbiamo lavorare per arrivare a decisioni operative speriamo a partire da consiglio”. (ANSAmed).
 
Terrorismo: gli europei combattenti in Siria sono grave minaccia per gli stati UE
 
Pubblicato da ImolaOggi [1]  dic 5, 2013
 
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5 dic – “Gli europei che vanno a combattere in Siria rappresentano una delle principali minacce per l’Ue ed i suoi Stati membri”, si legge in un documento riservato, di cui l’ANSA è in possesso, che il coordinatore europeo anti-terrorismo Gilles de Kerchove ha presentato stamani al consiglio Affari interni Ue. ”
 
I numeri sono in crescita e sono stati eseguiti i primi arresti – si legge -. Ci sono stati i primi ritorni e ci sono casi di persone che viaggiano avanti e indietro. Per questo è necessario rafforzare le misure”. Secondo fonti del Consiglio, i dati di intelligence che arrivano dai vari Stati membri indicano che i numeri dei combattenti europei in Siria si aggirano sui 1500, cifre quasi raddoppiate rispetto a quelle stimate solo prima del periodo estivo.
 
Nel rapporto di de Kerchove si raccomanda di intensificare lo scambio di informazioni sia tra i 28, che in collaborazione con Paesi terzi per “individuare ed identificare le persone in partenza e al loro ritorno”. “Strumenti esistenti per lo scambio di informazioni, come il Sistema di informazione Schengen II e quello di Europol, dovrebbero essere utilizzati il più possibile per contrastare la minaccia rappresentata dai combattenti, ma potrebbe esserci anche la necessità di nuovi strumenti”.
 
Inoltre, si legge, “input da parte di Frontex potrebbero essere di particolare utilità per questo proposito”.
 
D’altra parte, si segnala la necessità di “contrastare in modo più efficace l’utilizzo dei social media per propositi di radicalizzazione e reclutamento“, per questo si indicano come “essenziali” anche gli accordi “tra governi centrali ed il settore privato”. ansa