Suicidi da Stato e la difesa a oltranza della Costituzione

Marco Fontana, Redazione Online
7.11.2013, 12:28

Madre e figlia finiscono sul marciapiede a prostituirsi, piegate nella loro dignità dalla mancanza di lavoro e di prospettive, insomma dalla crisi economica. Non è la sintesi di un feuilleton ottocentesco, ma è cronaca di oggi, e non accade in una bidonville indiana o in una favela brasiliana, ma a Rimini, in Emilia-Romagna, un luogo che ogni anno è cartolina dell’Italia all’estero.
Un ex muratore di 62 anni – un “esodato” che ha assistito senza poter reagire alla rapidissima cancellazione della sua pensione da parte del governo Monti – e sua moglie hanno lasciato un biglietto sull’auto dei vicini e si sono uccisi nello scantinato di casa. Raggiunto dalla notizia, il fratello della donna si è suicidato gettandosi in mare. Anche in questo caso non è la trama di un film neorealista, ma si tratta di un “suicidio da Stato”, l’ennesimo di questi tempi, in cui è assordante il silenzio di chi dovrebbe parlare e dove le cure scelte sono peggiori dei mali che dovrebbero sanare.

Dall’inizio della crisi sono praticamente raddoppiati (+99%) gli italiani che si trovano in una condizione di povertà assoluta, mentre oggi sono 4,81 milioni quelli che non hanno una disponibilità economica sufficiente ad acquistare i beni essenziali per vivere. Un terzo delle famiglie non riesce a far fronte a spese impreviste di 750 euro. Tra il 2010 e il 2011, il numero di italiani che non hanno potuto accedere alle cure mediche, perché troppo costose, è salito al 42%. È inoltre raddoppiato il numero di persone che non mangiano. Lo attesta la spesa alimentare delle famiglie, che è tornata indietro di venti anni. Ma non potrebbe essere diversamente, con i disarmanti e drammatici dati sulla disoccupazione e sulla moria industriale, che colpiscono come una fucilata nel petto chiunque guardi un telegiornale: un è bollettino di guerra che stordisce, in particolare se si pensa che dietro quei numeri vi sono facce vere e storie comuni.

Sono cifre impressionanti, che riportano il nostro Paese indietro di decenni. Ma soprattutto sono la certificazione che intere generazione sono andate perdute. Quelle dei nostri figli, che vivono nell’angoscia di entrare in quel tragico e grottesco 40,4% di senza lavoro e senza speranze; e quelle di molti padri over 40 che nel perdere il lavoro si vedono privati anche della dignità di poter sostenere la propria famiglia, magari quegli stessi figli che il lavoro lo cercano senza trovarlo. È un cortocircuito sociale senza precedenti, di cui tutta la classe politica e dirigente è responsabile.

E questo alla faccia della Carta Costituzionale, che a più riprese cita il termine lavoro definendolo un “diritto”. Oggi c’è chi manifesta per non modificare la Costituzione; e c’è anche chi ha inaugurato dei movimenti anti-riforma. Eppure sono molti gli interrogativi che nascono spontanei quando si analizza la massima legge italiana. Pensiamo all’articolo 4: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”; inoltre leggiamo che “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”, e che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

Tra i molti quesiti che vengono in mente, uno più di tutti merita una risposta: è giusto mantenere in vita dei simulacri utopici, che sono da tempo, se non da sempre, lettera morta? Persone come Rodotà, Travaglio, Grillo e una limitata accolita di intellettuali e radical chic, sono preoccupati più a salvare delle parole che non ad adoperarsi perché queste diventino azioni politiche concrete. È triste constatare come questa organizzata minoranza si aggrappi alle parole come un ubriaco ad un lampione. I principi costituzionali sono fatti per vivere e non per sopravvivere alla comunità. Non sono fatti per essere memoria delle generazioni ma per assicurare un futuro ad esse.

In una situazione del genere è sconcertante guardare ai partiti e alle loro divisioni interne. Il Partito Democratico e il Popolo della Libertà sono dilaniati da lotte intestine, mentre fuori dal Palazzo monta la rabbia dei cittadini macerati dall’impotenza. Intanto, l’Europa guarda al disfacimento di uno dei suoi Paesi fondatori col sereno distacco del giudice di gara che annota il punteggio sul tabellone. Anzi, essa sta contribuendo molto spesso al disgregamento della nostra Italia: basti pensare ai 64 miliardi di euro che abbiamo dovuto elargire per aiutare gli altri Stati dell’Ue, quando avremmo dovuto noi essere i primi a ricevere gli aiuti. Ma d’altra parte, tutto ha un prezzo, anche la carità federalista comunitari, che – è risaputo – ha tassi d’interesse altissimi per il bene di pochi.
http://italian.ruvr.ru/2013_11_07/Suicidi-da-Stato-e-la-difesa-a-oltranza-della-Costituzione/

Suicidi da Stato e la difesa a oltranza della Costituzioneultima modifica: 2013-11-26T11:26:35+01:00da davi-luciano
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