Immigrazione: a chi giova?

BLOG | 16 OTTOBRE, 2013 – 15:47 | DA MONIA BENINI

 L’immigrazione è uno dei temi che tante persone considerano un tabù o peggio ancora lo affrontano come se fossero in uno stadio dove le opposte tifoserie si insultano.

 Ritengo ci siano diverse questioni da conoscere e comprendere prima di lanciarsi in qualunque giudizio o proposta fattiva, senza minimamente comprendere di esserne vittime (con modalità e strumenti diversi) proprio come gli stessi immigrati.

 Quando si vedono centinaia di bare allineate in un hangar o le immagini dei naufragi nel canale di Sicilia, è naturale un moto di pietà verso chi, sognando una vita diversa, ha trovato la morte. Ed è altrettanto naturale e doveroso prestare soccorso ai naufraghi. E’ un obbligo del diritto marittimo sancito e in vigore sia in contesto di guerra (Convenzioni di Ginevra e allegati Protocolli), che di pace. Rispetto dunque alla campagna di disinformazione su chi presta soccorso – che secondo qualche disinformato – sarebbe perseguito penalmente per ‘favoreggiamento alla clandestinità’, non vi è nulla di più insussistente. Anzi, il non soccorso dei naufraghi diverrebbe immediatamente reato di omissione di soccorso.

 Ma procediamo per gradi, per inquadrare il tema, dal momento che inevitabilmente, quando si parla di immigrazione, si accende la retorica dei diritti umani, per cui si finisce con il fare di tutte le erbe un fascio: “sono disperati che fuggono dalla morte, dalle guerre nei loro paesi, e che devono invece vedersi riconosciuti tutti i diritti umani.”

 A costo di sembrare dura, vorrei però fare riflettere su due punti nevralgici: innanzitutto sul fatto che spesso quelle guerre da cui si fugge sono finanziate e alimentate, quando non direttamente condotte con l’ausilio anche Italiano (si pensi alla Libia o al finanziamento dei terroristi, chiamati con il termine artificiale di ribelli, in Siria). In secondo luogo, c’è un paradosso: quelle stesse guerre alle quali partecipiamo (direttamente o con sostegno politico ed economico), sono spesso giustificate – nonostante si tratti di palesi violazioni dell’articolo 11 della nostra Costituzione – proprio con la cosiddetta difesa dei diritti umani.

 All’insegna di questa etichetta, ossia dei diritti umani, si conducono di fatto massicce violazioni al diritto internazionale, giungendo al gravissimo illecito di vere e proprie guerre preventive e allo scatenamento di guerre civili (come anche in Egitto), dalle quali un numero crescente di profughi si allontana terrorizzato. Come scriveva Hedley Bull (The anarchical society, Macmillan, 1977, p.152): “Portata alle sue conseguenze logiche estreme la dottrina dei diritti e dei doveri umani ha un carattere sovversivo nei confronti dell’intero principio che l’umanità debba essere organizzata come una società di Stati sovrani. Infatti, se i diritti di ogni uomo possono essere rivendicati sulla scena politica mondiale al di sopra e contro le pretese di uno Stato, ed i suoi doveri messi in luce senza tener conto della sua posizione come suddito o cittadino di tale Stato, allora la posizione di tale Stato come un corpo dotato di sovranità sopra i suoi cittadini, e autorizzato a pretendere la loro obbedienza, è stata messa i dubbio, e la struttura della società internazionale è stata posta in pericolo.” Nel libro “L’imperialismo dei diritti umani” del 2001, Antonio Gambino (fondatore de L’Espresso) spiega lucidamente che: “un’azione che si dichiara ispirata alla volontà di eliminare una violazione dei diritti umani subita da alcuni individui non può in nessun caso realizzarsi producendo, contemporaneamente, una violazione degli stessi diritti in altri soggetti.” E non vi è dubbio che ciò avvenga con l’immigrazione irregolare, dal momento che trattandosi di ingressi clandestini, i disperati non possono entrare nel mercato ufficiale del lavoro e finiscono per essere sfruttati dalla criminalità organizzata, o per diventare oggetto di una vera e propria tratta degli umani (o in alcuni casi degli organi umani); nei casi più ‘fortunati’, questi diventano manodopera a basso costo, priva di tutele, che finisce per abbassare i salari medi e influisce su quegli stessi diritti conquistati dai lavoratori regolari in anni di dure lotte.

 Andando più nello specifico, anche per quanto concerne il discusso reato di clandestinità bisogna sgombrare il campo dal polverone delle tifoserie partitiche. Un reato è un atto umano, commissivo o omissivo, al quale l’ordinamento giuridico ricollega una sanzione penale: entrare in un paese senza avere i requisti previsti dalla legge (documenti di identità idonei, visto di ingresso se previsto, eventuale assicurazione sanitaria) significa adottare un comportamento penalmente rilevante, poiché omissivo di quanto previsto dalla legge. Dal 2009 anche in Italia è in vigore il reato contravvenzionale di immigrazione e soggiorno illegale. Contravvenzionale, in base al codice penale (art.17), significa che può prevedere la pena dell’arresto o dell’ammenda. D’altra parte, anche un cittadino italiano che si rifiuti di fornire le indicazioni sulla propria identità personale a un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni (Giudice, forze dell’ordine) commette un reato penale (art.651 c.p.). Quindi onestamente fatico a capire chi si ostina a chiedere la cancellazione del reato di clandestinità, visto che oltretutto la pena è l’arresto e non la detenzione e che di conseguenza si svela la falsità di tutto il ritornello sul sovraffollamento delle carceri – finalizzato a ben altri scopi. Se la presenza degli immigrati è rilevante all’interno delle nostre carceri, non è dovuto al loro ingresso clandestino, bensì al fatto che hanno commesso – una volta entrati – altre tipologie di reati delittuosi (che prevedono appunto la detenzione). Rispetto ai contenuti del provvedimento istitutivo del reato di clandestinità, la stessa Corte Costituzionale italiana ha stabilito con sentenza n.250/2010 che rientra nella sfera di discrezionalità del legislatore e che non ha aspetti di incostituzionalità.

 Nonostante ciò, una serie di intellettuali fra cui Andrea Camilleri, Dario Fo, Franca Rame, Moni Ovadia, hanno firmato un ‘appello contro il ritorno delle leggi razziali in Europa’, sostenendo che il soggetto della discriminazione non erano più gli ebrei, bensì gli immigrati irregolari. Peccato: gli sarebbe bastato non inciampare nella trappola della guerra psicologica sulle masse, alimentata dalla partitocrazia, e leggere quanto previsto in altri paesi europei, come la Gran Bretagna, la Francia e la Germania, piuttosto che negli Usa o in Israele, per accorgersi della cecità della loro azione. Anche diversi giuristi, fra cui Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky, hanno redatto un appello contro l’introduzione dei reati di ingresso e soggiorno illegale dei migranti, evidenziando quella che secondo loro è la criminalizzazione delle condizioni personali dei disperati che giungono nel nostro paese, con il risultato di avere dei giuristi che contribuiscono ad annebbiare il panorama.

 Un panorama politico, normativo e giuridico che non può basarsi sulla strumentalizzazione dell’immigrazione clandestina a scopi anti-berlusconiani o elettorali, perché questo significherebbe aver dimenticato del tutto che gli attuali CIE, i Centri di Identificazione ed Espulsione, si chiamavano prima CPT, cioè Centri di Permanenza Temporanea, ed erano stati istituiti molti anni prima dall’articolo 12 della legge Turco-Napolitano (L.40/98) per trattenere gli stranieri “sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera” nel caso in cui il provvedimento non sia immediatamente eseguibile. Perchè dunque ciò che prima era accettato, con la Bossi Fini diventa recentemente un ritorno delle leggi razziali o una violazione dei diritti personali? E se anche oggi si cancellasse la Bossi-Fini, un ritorno alla Turco-Napolitano, risolverebbe forse il problema? Ogni legge è perfettibile e se vi sono condizioni di vita disumane nei CIE è evidente che si deve intervenire, ma è altrettanto palese che è in corso una manipolazione partitico-politica dell’argomento, così come balza agli occhi il fatto che il duo Boldrini-Kyenge sta facendo ammuina sulla questione dei rifugiati.

 In Italia la Convenzione sullo status dei rifugiati entra in vigore il 13 febbraio 1955; più recentemente il decreto legislativo 251 del 2007 ha recepito la direttiva europea che introduce il concetto di protezione internazionale comprendente lo status di rifugiato, oltre alla protezione sussidiaria riconosciuta a chi, pur non avendo i requisiti per lo status di rifugiato, non può rientrare nel proprio paese a causa di un conflitto armato in corso, o perchè subirebbe trattamenti o torture inumane e degradanti. Basta leggere quanto appare sul sito del Ministero dell’Interno per sapere che possono richiedere asilo ed acquisire lo status di rifugiati le persone che “trovandosi fuori dal Paese in cui hanno residenza abituale, non possono o non vogliono tornarvi per il timore di essere perseguitate per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche. Possono richiedere asilo nel nostro Paese presentando una domanda di riconoscimento dello “status di rifugiato”.” Fra l’altro, vi si trova anche che la richiesta può essere fatta al momento dell’ingresso in Italia all’Ufficio di Polizia di Frontiera o all’Ufficio immigrazione della Questura competente per territorio. Sarebbe utile per le ministre italiane la rilettura di questa guida facilmente reperibile: http://www.progettoicare.com/temp/doc_guide/RICHIESTA%20DI%20ASILO.pdf dopodichè tutte le mistificazioni e la disinformazione che porta a sostenere la necessità di cancellare il reato di immigrazione clandestina, si risolverebbe con un fuoco fatuo e la morte di ogni menzogna.

 Stando ai vari articoli in rete, infatti, il costo per un viaggio della morte sarebbe, a seconda delle fonti, fra i 1500 e i 5000 euro per persona: dal momento che fra volo low cost, pagamento del Visto (se dovuto), assicurazione sanitaria e dimostrazione dei mezzi di sussistenza (indicati questi ultimi dal Ministero degli Esteri in un totale di 2716,68 euro per la permanenza di 90 giorni di una famiglia composta da ben 4 persone, e quindi con tutto il tempo per la regolarizzazione della posizione) ci sarebbe da versare – per un ingresso in piena regola e in totale sicurezza – un totale ben inferiore alle cifre richieste dagli scafisti dei viaggi della disperazione. E quindi scattano immediatamente delle domande legittime: chi trae profitto dalle carrette dei mari? Chi alimenta questa moderna tratta degli schiavi, spesso composti da donne e bambini? A chi serve? E soprattutto a cosa serve?

 Trincerarsi dietro il paravento dello shock emotivo (con la leva del senso di colpa o della paura del diverso), facendo passare provvedimenti legislativi autolesionisti per i cittadini italiani e irrispettosi delle stesse condizioni di vita future dei clandestini è ipocrita. Fare il gioco dei partiti di destra e di sinistra significa essere servi e complici di questo stesso sistema. Possibile che non ci si renda conto che oggi il problema dell’immigrazione serve per destabilizzare l’Italia (e l’Europa) e per impoverire ulteriormente i paesi che stiamo già depredando con guerre o con il saccheggio di tante multinazionali?

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Sistemi pensionistici inadeguati e insostenibili. Ecco tutte le verità (e bugie)

insomma le vogliono togliere. Nessuna novità, e lo faranno senza opposizione di nessuno. I giovani stanno già vivendo da poveri e spesso sulle spalle dei genitori, così anche da anziani, se non si suicidano, proseguiranno a condurre una vita da poveri. W la democrazia

Scritto da IlSole24ore.com     | Pubblicato Giovedì, 24 Ottobre 2013
tutta la verità sui sistemi pensionistici

È ora di dire la verità sui sistemi di welfare. Le generazioni più giovani, se non lo facciamo, non ce lo perdonerebbero e giustamente! Altro che conflitto generazionale…
 Prima verità: i sistemi di welfare tradizionali, data la demografia e il mercato del lavoro, non sono più sostenibili. Almeno come li conosciamo adesso. Si è assistito a un’inevitabile redistribuzione del rischio verso gli individui. Ci piaccia o no, non c’è altra soluzione, anche se si può dissentire sugli effetti distributivi e sociali. Al rischio economico si sono aggiunti nuovi rischi: quello di longevità e quello politico. E siamo costretti a ripensare il ruolo dello stato, ad esempio, come provider di strumenti finanziari a lungo termine.

Seconda verità: le riforme pensionistiche recenti hanno molti meriti. Ma sono state introdotte con un errore sistematico: i sistemi a ripartizione devono adeguarsi alle condizioni del mercato del lavoro, alle caratteristiche reddituali e occupazionali delle persone su cui verrà effettuato il prelievo contributivo – una carriera regolare di 40 anni, semplicemente, non esiste più!

Terza verità: la verità innanzitutto! È ora di dire come stanno le cose. Va promossa una campagna informativa ampia su primo e secondo pilastro, spedita la busta arancione – molte volte annunciata ma mai realizzata. L’Inps si dichiara pronta! Bene, la si faccia partire. Tuttavia, per varie ragioni ormai note – inerzia, ignoranza, sottostima, impossibilità a risparmiare ecc. – i lavoratori, anche informati, potrebbero non aderire ai fondi pensione e agli strumenti di welfare integrato. Quindi, come risolviamo il dilemma delle adesioni? Con la semi-obbligatorietà? Spingendo per un’adesione contrattuale con contributo datoriale? E per chi è fuori dal mercato del lavoro o ha basso livello di reddito che facciamo? È ora di discutere seriamente le possibili opzioni.

Quarta verità: il decollo dei fondi pensione è stato un successo ma hanno aderito i lavoratori più forti e protetti: in prevalenza, uomini, intorno ai 50 anni, del Nord, di aziende con molti occupati, dipendenti privati, vicini al sindacato e con altri investimenti finanziari. È una sorpresa o un effetto voluto? Che contiamo di fare?

Quinta verità: gli aggiustamenti vanno realizzati subito, il prima possibile, perché l’età del median voter passerà da 44 a circa 55 anni nel 2060 (Eu 15). Perciò, l’opportunità di ulteriori aggiustamenti si restringe dato il potere elettorale crescente dei pensionati. Va esplicitamente previsto un meccanismo di solidarietà e perciò ridisegnato il sistema pensionistico su 3 pilastri: con un primo pilastro di base, con precise condizioni di accesso (anzianità/contribuzione); il secondo a ripartizione contributivo obbligatorio e il terzo (fondi pensione, sanitari), con natura volontaria.

La sesta: la finanza per lo sviluppo. I fondi pensione hanno investito i propri asset in obbligazioni pubbliche e azionarie in prevalenza estere, con scarso beneficio per l’economia italiana. Va allora individuata una soluzione di mercato, volontaria, senza vincoli di portafoglio, per far affluire le risorse alle Pmi; che metta insieme domanda e offerta (fondo Pmi, mini-bond, fondo di debito, private equities ecc.). Questa soluzione andrebbe proposta dai fondi pensione il prima possibile, per smontare il rischio politico e le “tentazioni polacche” dei governi.
Infine, l’idea naïve su Tfr in busta paga e previdenza complementare all’Inps. Sono due idee sbagliate. Il Tfr in busta paga priverebbe di risorse le imprese e i fondi pensione ed è tutto da dimostrare che in questa situazione sarebbe speso e non risparmiato. Devolvere il patrimonio dei fondi pensione all’Inps è invece semplicemente una follia – non per l’Inps in sé, che fa bene il proprio lavoro, ma per altri motivi. Non sarebbe una vera entrata – andrebbe restituita con una remunerazione – a meno di non coltivare l’idea di un sequestro! Il vero punto cruciale è la sua gestione: si pensa a un fondo a capitalizzazione o uno a ripartizione – come il fondo di tesoreria previsto dal 2007? L’utilizzo in un fondo a ripartizione farebbe venire meno il possibile effetto sui mercati finanziari e l’economia, mentre la riproposizione dell’idea di un fondo pubblico a capitalizzazione sarebbe inopportuna per vari motivi – chi sceglierebbe gli investimenti? Con quali criteri? Perché lo stato dovrebbe gestire in maniera più efficiente le risorse rispetto ai fondi pensione? Il punto delicato è la governance economica, il rischio che gli investimenti siano decisi con finalità di politica economica, anche legittime, e non con quelle di prudenza, sana gestione e massimizzazione dei rendimenti. I sistemi pensionistici misti sono superiori, sotto diversi profili, a quelli solo a ripartizione o a capitalizzazione: per la diversificazione dei rischi che garantiscono, sicuramente per i vantaggi che offrono al processo di selezione degli investimenti e alla minimizzazione del rischio politico.

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200 cani costretti a morire di fame a Lecce

 Sono circa 200 i cani trovati in condizioni disastrose all’interno di un canile lager della zona di Neviano, in provincia di Lecce: è quello che hanno scoperto i veterinari dell’Asl locale, in tandem con i Carabinieri. Una scena straziante, ai limiti dell’orrore: gabbie putride, sporche, cani denutriti, affamati, privi di cibo e acqua, alcuni morti in decomposizione accanto ad anime ancora in vita per puro miracolo.

 Cani e            depressione

Cani e            depressione

 

Cani e            depressione

 Cani in fin di vita, magrissimi, pieni di ferite, escoriazioni, tagli, lacerazioni alla gola, una condizione di non vita che ha toccato nel profondo. La Procura di Lecce ha vietato ai comuni limitrofi (Neviano, Aradeo e Monteroni) l’ulteriore utilizzo della struttura, impedendo perciò nuovi ricoveri. I Carabinieri sono giunti al canile-lagerdopo una lunga indagine e molti riscontri, oltre a svariate segnalazioni di illeciti. Proprietario dello spazio un uomo di Collepasso, F.G. di 53 anni, iscritto nel registro degli indagati con le accuse di maltrattamento di animali, truffa aggravata e sversamento di rifiuti speciali su terreno.

 L’uomo gestiva il canile con tutte le autorizzazioni in regola ed era convenzionato con i tre comuni, che consegnavano i randagi della zona. La struttura, con una capacità massima di 65 esemplari, ospitava in realtà 200 cani. Molti i decessi non denunciati, per il cui mantenimento il titolare continuava a percepire l’indennizzo da parte dei Comuni. Ma dopo una serie di segnalazioni i Carabinieri si sono organizzati per monitorare la zona, osservando tutti i movimenti dell’uomo e dei suoi collaboratori.

 I continui latrati di sofferenza dei cani, l’assenza di cibo introdotto nella struttura, un odore terribile nei dintorni del canile e la visione dell’uomo che versava liquami provenienti dai pozzi Imhoff nei terreni agricoli circostanti, ha convinto i Carabinieri ad agire tempestivamente. I cani sono stati trovati ammassati in gabbie fatiscenti, senza acqua e con la pavimentazione piena di escrementi e carcasse morte. Solo qualche pezzo di pane raffermo ma nessun riparo e cura adeguata per queste 200 anime sofferenti. Le Autorità giudiziarie hanno obbligato l’uomo a prendersi cura degli animali in attesa che vengano velocemente trasferiti altrove.

 

LEHMAN BROTHERS, GOLDMAN SACHS, JP MORGAN: BANCHE CHE HANNO FRODATO ALL’ITALIA 4,4 MILIARDI DI EURO

DRAGHI MARIO, PRESIDENTE BCE

 di Gianni Lannes

 L’evasione fiscale, una piaga da cento miliardi di euro l’anno, dovrebbe essere combattuta senza sconti da parte dello Stato: sette punti di prodotto interno lordo (Pil) di mancate entrate per l’erario, oltre 100 miliardi di euro, cioè il 15-20 per cento di tutte le entrate fiscali raccolte. Se venissero pagati regolarmente potrebbero sventare le crisi speculative pilotate dall’estero per spappolare l’Italia.

 Lo Stato, ovvero il governo non adotta lo stesso comportamento sanzionatorio nei confronti di tutti gli evasori.  Per esempio i concessionari del gioco d’azzardo devono 100 miliardi di euro, ma il governo Letta non entra in azione per recuperare l’ingente somma di denaro. E invece aumenta a dismisura le tasse più elevate del mondo. Perché? Semplice: le stesse concessionarie debitrici finanziano la fondazione Vedrò a cui fanno capo proprio Letta & Alfano.

 Non è tutto: c’è di peggio. Ben 4 governi hanno fatto finta di nulla: Prodi, Berlusconi, Monti & Letta. Oltre 4 miliardi di euro sottratti al fisco tricolore dalle grandi banche internazionali, accusate di aver messo in piedi una gigantesca frode fiscale, per 4,3 miliardi di euro, nei confronti dei quali lo Stato italiano è diventato distratto se non addirittura reticente. Di che si tratta? Delle maggiori banche d’affari che hanno frodato il fisco italiano, quindi la totalità dei cittadini, per un controvalore di 4,3 miliardi di euro, come risulta dall’indagine della Procura della Repubblica di Pescara, nell’operazione denominata “easy credit”.

 Lehman Brothers, Goldman Sachs e Jp Morgan, fra le principali banche d’affari mondiali, hanno frodato il fisco italiano per la somma di 4,3 miliardi di euro, una mezza legge finanziaria. Ma quasi nessuno ne parla. Nemmeno la Banca d’Italia (solo nel nome), supremo organo di vigilanza e di controllo del sistema bancario, ormai di proprietà privata. Nessun telegiornale o grande organo di informazione, così solerti nel dare la caccia agli evasori di gelati, ha dato risalto a questa colossale frode ai danni dello Stato. Per alcune di loro hanno lavorato Romano Prodi e Mario Monti, ovvero due primi ministri in evidente conflitto di interessi a danno dell’Italia.

 Ci si chiede cosa avevano fatto le banche, per appropriarsi di una montagna di soldi. Avevano messo in piedi una gigantesca truffa ai danni dello Stato, ovvero del popolo italiano, consumata con i pacchetti azionari di investitori di ogni angolo del globo: europei, americani, asiatici, australiani. Per riuscire a spillare denaro è stato sufficiente chiedere il rimborso del credito d’imposta sui dividendi delle società italiane, facendo credere di averne diritto. Secondo la Procura della Repubblica di Pescara, banche americane ed altri istituti di credito erano riusciti a mettere le mani su una torta miliardaria.

 Passando al setaccio oltre 40.000 richieste di rimborso del credito d’imposta sui dividendi per gli anni 1999-2003, il Procuratore capo di Pescara, Nicola Trifuoggi, ed i suoi sostituti, Giampiero Di Florio (esperto di reati finanziari) e Giuseppe Bellelli hanno portato alla luce le dimensioni colossali del raggiro. La scoperta della truffa sui rimborsi, nome in codice “easy credit”, risale al 2005 quando, dopo un’indagine sulle richieste di rimborso inoltrate da società inglesi, il Gruppo repressione frodi della Guardia di finanza di Roma ha trasmesso un rapporto alla Procura di Pescara, competente per territorio visto che nella città abruzzese ha sede un centro operativo dell’Agenzia delle entrate.

 Secondo la legislazione il diritto al credito d’imposta sui dividendi spetta unicamente alle società ed agli enti residenti in Italia. Le tre banche d’affari per mettere le mani sui rimborsi miliardari italiani si sono fatte prestare temporaneamente, da ogni angolo del mondo, da fondi di investimento e istituti di credito delle più svariate nazionalità, pacchetti azionari in maniera che, al momento dello stacco del dividendo delle società italiane, queste azioni risultassero di proprietà delle loro filiali inglesi Lehman Brothers International Europe, Goldman Sachs International e Jp Morgan Securities Limited, tutte e tre con sede a Londra e perciò titolate a chiedere il rimborso. Una volta incassato il dividendo e maturato il credito, tempo qualche settimana, i titoli azionari venivano restituiti agli effettivi proprietari.

 Un caso tra i tanti. Il 23 marzo 2001, Banca Intesa riceve dalla Deutsche Bank di Londra l’ordine di prelevare 3 milioni di azioni Eni da un proprio conto per girarle a quello della Lehman Brothers International acceso presso la Citibank di Milano. Il 5 maggio, puntualmente, le azioni entrano sul conto milanese della Lehman. Il 18 giugno avviene lo stacco del dividendo Eni e meno di un mese dopo, maturato il diritto al rimborso, le azioni fanno il percorso inverso rientrando sul conto londinese di Deutsche Bank. In quei giorni sono state fatte migliaia di operazioni di questo genere. Lehman Brothers international Europe, per esempio, rispetto a una giacenza media nell’intero arco del 2001 di 5.400.000 azioni Eni, nel mese di giugno vedeva il numero dei titoli petroliferi registrati sul proprio conto milanese superare i 155 milioni. Una grande performance, ma non la sola. Anche Goldman Sachs e Jp Morgan sono state attivissime. La prima, rispetto a una giacenza media annuale di meno di 50.000 titoli Eni, sempre nel giugno 2001 arrivava a possederne 355 milioni. La lista degli accusati potrebbe essere molto lunga con un totale di circa 4.500 soggetti finanziari, quali Merrill Lynch, Nomura International, Citigroup Global Markets Limited e la svizzera Ubs.

 Nella rapina “legalizzata” dallo Stato tricolore (si fa per dire) ci sono le case madri e le filiali europee di Lehman, Goldman e Jp Morgan, che avevano richiesto al fisco 709 milioni di euro di rimborsi, oltre 600 dei quali non dovuti. Accuse pesantissime: dalla truffa ai danni dello Stato (tentata e consumata) alla responsabilità penale e amministrativa per non avere adottato misure idonee tendenti ad evitare che dirigenti e dipendenti commettessero i reati. Un aspetto molto delicato della vicenda, riguarda proprio Goldman Sachs International di Londra.

 Negli anni incriminati il vicepresidente e managing director (amministratore delegato) della Goldman Sachs era Mario Draghi, divenuto governatore della Banca d’Italia a fine dicembre 2005, e infine a capo della Bce. Il conto della Deutsche Bank di Londra dal quale Lehman Brothers prende in prestito il pacchetto di azioni Eni nel giugno del 2001, appartiene al fondo Franklin Mutual Series di Short Hills, New Jersey. Un investitore americano: e dunque non titolato a chiedere il rimborso del credito d’imposta. Come non ne avevano diritto gli altri soggetti finanziari dai quali Lehman, Goldman e Jp Morgan che hanno preso in prestito quasi tutti gli altri pacchetti azionari.

 La Guardia di finanza scrive in un dettagliato rapporto, che si può «ragionevolmente ipotizzare che le maggiori istituzioni finanziarie estere abbiano costituito un vero e proprio cartello finalizzato ad effettuare in Italia operazioni di “lavaggio dei dividendi”», dividend washing in inglese. Un’operazione truffaldina che non si limita alla Gran Bretagna. Se da Londra sono infatti partite richieste sospette di rimborso per 2.200.000.000 euro, anche dalla Francia (l’altro paese con il quale l’Italia ha stipulato un trattato per i crediti d’imposta sui dividendi) sono arrivate istanze per 2 miliardi, molte inoltrate da Bnp Paribas e Credit Lyonnais.

 Il meccanismo del dividend washing era quello di monetizzare il credito d’imposta assegnato a soggetti italiani percettori di dividendi attraverso il temporaneo trasferimento dei titoli azionari alla vigilia dello stacco dei dividendi. Il non residente non fruitore del credito di imposta vende le partecipazioni con realizzo di plusvalenze a un soggetto italiano legittimato a ottenere il credito di imposta, incassa il dividendo, rivende le partecipazioni a un valore più basso, realizza una minusvalenza deducibile da contrapporre al credito d’imposta e al dividendo per abbattere l’imponibile. Ma una circolare dell’Agenzia delle entrate, che tiene conto delle ultime sentenze della Corte di cassazione, emanata a fine giugno 2007, stronca definitivamente il meccanismo truffaldino denominato credit washing, sbaraglia le difese dei fiscalisti, riconducendo nella giusta sede i tentativi dei legali rappresentanti e dei “furbetti delle cedoline”, di non pagare le tasse, come tutti i cittadini.

 Se un povero pensionato, costretto a fare il secondo lavoro “in nero” per sbarcare il lunario viene scoperto, è subito messo alla gogna e denunciato, e magari Equitalia gli toglie la casa; se un piccolo commerciante, non rilascia la ricevuta fiscale (che deve essere sempre rilasciata) per un modesto importo, viene pesantemente multato rischiando anche la chiusura dell’attività commerciale.

 Ma se grandi banche d’affari frodano il fisco, quindi lo Stato ed i cittadini che contribuiscono a far funzionare i servizi pubblici mediante il pagamento delle tasse, per 4,3 miliardi di euro (equivalenti a 8.400 miliardi di lire), non vengono neppure cancellate dall’elenco dalle banche di riferimento del Ministero dell’economia e delle finanze,

Qualche domanda a bruciapelo per chi occupa – pro tempore – Palazzo Chigi.

 Presidente Enrico Letta sono stati recuperati i 4,3 miliardi di euro oggetto dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Pescara?

 Mister Letta risulta compatibile la carica presidente della banca centrale europea di Mario Draghi, chiamato a vigilare proprio sulla correttezza e trasparenza delle banche, con il pregresso status di responsabile legale di una grande banca d’affari, accusata di aver frodato il fisco italiano per una somma ingente?

 In un Paese civile, in uno Stato di diritto, la pubblicazione di una notizia documentata come questa provocherebbe le dimissioni immediate, in blocco, di un governo e l’apertura di un’inchiesta giudiziaria nei confronti di chi ai vertici istituzionali per conto terzi sta affossando definitivamente il Belpaese. E poi non c’è neppure una valida opposizione parlamentare. In una nazine seria che lavora per il bene comune, gentaglia simile che succhia linfa vitale a chi lavora realmente, sarebbe cacciata a pedate nel deretano.

 Gianni Lannes – Su la testa

 Non è vero che le ideologie non esistono più. Ne è rimasta una sola. Potentissima. Il capitalismo. E ha raggiunto l’apice del successo: occultarsi. E’ l’aria che respiriamo, è ciò che pensiamo, come pensiamo. Ed è così potente, e ha così stravinto chenon vuole concorrenti di sorta. Nè la famiglia, nè le nazioni, nè l’uomo, nè i valori, nè il pianeta. Ha un mito. Non avere limiti. E’ il nuovo Dio. E come un Dio si esprime: vuole “sacrifici”. I sacrifici sull’altare del Dio denaro. Eseguiti dai suoi sacerdoti: le banche

– Francesco Neri

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Pubblicato da Massimo Bernardi 

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Manlio Dinucci – Roma “caput mundi” della pace

Mai, come con il governo Letta, l’Italia è stata centro di iniziative internazionali per la «sicurezza» e la «pace». Il 7 ottobre, i vertici Nato si sono riuniti sulla portaerei Cavour, al largo della Sardegna, per seguire l’esercitazione Brilliant Mariner 13 della «Forza di risposta» dell’Alleanza, verificando la sua capacità di «reagire rapidamente a qualsiasi sfida».
Vi hanno partecipato 25 navi da guerra di 12 paesi capeggiati dagli Usa.

L’Italia con 14 unità navali, 16 velivoli e 3.150 militari, impegnati contemporaneamente nell’esercitazione nazionale Mare Aperto 13. Seguita, il 18 ottobre, dall’operazione «militare e umanitaria» Mare Nostrum, con l’impiego della San Marco e altre navi da guerra appena uscite dalle esercitazioni militari. Il 16-18 ottobre si è tenuta alla Farnesina la conferenza plenaria (oltre 200 delegati) del «Missile Technology Control Regime»: associazione di paesi formata nel 1987 per «ridurre la proliferazione dei missili» in grado di trasportare armi di distruzione di massa. Armi che, ha scritto il ministro Bonino, sono state uno dei principali fattori delle crisi internazionali, come quelle dell’Iraq e della Libia. Paesi che non avevano armi di distruzione di massa quando sono stati attaccati dagli Usa e dai loro alleati, mentre i principali promotori del Mtcr – Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, che ora rilanciano da Roma «la guerra ai missili», si sono dotati dei più avanzati sistemi missilistici e delle armi più distruttive a partire da quelle nucleari. Le possiede anche Israele, uno degli «aderenti unilaterali» al Mtcr.

Appena cinque giorni dopo, domani 23 ottobre, Roma ospita l’evento clou: l’incontro tra il segretario di stato Usa Kerry e il premier israeliano Netanyahu. Parleranno dello «stato finale dei negoziati con i palestinesi» e soprattutto di Siria e Iran. Gli Usa dicono di lavorare a una soluzione diplomatica del contenzioso con l’Iran. Non abbandonano però la diplomazia delle bombe. Il 17 ottobre il Pentagono ha annunciato un’altra colossale vendita di armi per 10,8 miliardi di dollari all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti: oltre 3mila missili e 6mila bombe anti-bunker GBU-39 per gli F-15 e F-16. Le bombe anti-bunker, già acquistate da Israele nel 2010, servono a distruggere i centri di comando e altre strutture sotterranee in un first strike, come quello pianificato contro l’Iran.

A Netanyahu, che a Roma incontrerà il Papa assicurandolo sulla «volontà di pace» di Israele, Kerry confermerà la fornitura Usa di missili antiradiazione in grado di neutralizzare i radar delle difese aeree, così da «accecare» il paese obiettivo dell’attacco, e di aerei-cisterna KC-135 di nuova generazione per meglio rifornire i cacciabombardieri israeliani impegnati in una guerra aerea. Con ciò gli Usa formalmente non violano il Trattato sul commercio di armamenti, poiché esso vieta di fornire armi solo agli stati che «minano la pace e la sicurezza e commettono violazioni del diritto umanitario internazionale».

Categoria da cui gli Usa e gli alleati europei escludono sia Israele che le monarchie del Golfo. Lo conferma la mostra, inaugurata dal sindaco Marino al Vittoriano, in onore del Regno dell’Arabia Saudita, che ha «eccellenti relazioni con l’Italia fin dal 1932», ossia da quando l’Italia era sotto regime fascista. Nella presentazione si loda la monarchia assoluta saudita per la sua «politica moderata». L’ha sperimentata un mese fa una ragazza saudita: violentata da sette uomini, è stata condannata lei, per essere salita sull’auto di un compagno di scuola (anche lui sequestrato), alla pena di 200 frustate.

Manlio Dinucci
Fonte: www.ilmanifesto.it
22.10.2013

La banca del Senato ed i privilegi dei senatori

La Bnl è dentro il senato dal 1940 senza nessuna gara di affidamento pubblico. Gestisce tutte le indennità dei Senatori ed è legata al Senato da una convenzione rinnovata periodicamente che conviene ad entrambi. Noi l’abbiamo trovata e guardate… (servizio di Martina Proietti)

24/10/2013

VIDEO :

http://www.la7.it/lagabbia/pvideo-stream?id=i762679&pmk=video

Desillusion / printemps arabe

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LUCMICHEL. NET/ L’ESCROQUERIE DU ‘PRINTEMPS ARABE’ : LA DESILLUSION ENVAHIT LES MEDIAS DE L’OTAN …

 

Luc MICHEL / En Bref /

avec AFP – Le Temps – PCN-SPO / 2013 10 24 /

 

La Libye made in NATO voit en cette fin octobre deux années d’anarchie violente succéder à la prospère Jamahiriya de Kadhafi. Années interminables … « La Libye, plongée dans une transition chaotique émaillée de violences, marque mercredi sans faste ni enthousiasme le deuxième anniversaire de la chute du régime de Mouammar Kadhafi. » Quel aveu …

 Il faut lire les médias de l’OTAN pour prendre la mesure de la désillusion qui envahit les professionnels de l’information aux ordres à propos du soi-disant « printemps arabe ». Prenons Le Temps, quotidien suisse de référence et partenaire du Monde et du Soir (Bruxelles), éperdu d’amour pour tous les barbus ‘rebelles ». En Tunisie, en Egypte, en Libye, en Syrie …

 Il nous explique aujourd’hui, sans remord ni mea-culpa, la destruction et le désenchantement du monde arabe. A propos de la Tunisie, le quotidien genevois décrit « Les électeurs dégoûtés par les politiciens » : « Manifestation fin septembre pour demander la dissolution du gouvernement de coalition dirigé par le parti islamiste Ennahda. Deux ans après les premières élections législatives libres, les citoyens critiquent une classe politique plus intéressée par les luttes de pouvoir que par leur quotidien, qui s’est nettement dégradé »…

 Sur l’Egypte, au bord de la guerre civile entre factions pro-américaines, même constat d’échec. A voir « les points de vue Armée, Frères musulmans, libéraux… les fronts paraissent plus tendus que jamais, et l’Egypte semble au bord de l’explosion. Faut-il craindre une guerre civile, un scénario à l’algérienne, à la syrienne même? » interroge Le Temps. Un éditorialiste analyse avec inquiétude qu’«En Egypte, un tragique scénario «à l’algérienne» se dessine». L’Algérie du FIS et de la décennie noire de la guerre terroriste.

 Pourtant l’histoire de la dernière décennie ne pouvait laisser aucun doute sur le résultat de la nouvelle vague de « démocratisation » du « Grand Moyen-Orient ». Car « apporter la démocratie » c’était déjà le prétexte de la propagande de Bush II et de ses neocons pour s’emparer de l’Irak ba’athiste.

 Et les médias de l’OTAN connaissent parfaitement le bilan de la « démocratisation » de l’Irak. Le Temps, précisément, commentait récemment : « Irak: une décennie de guerre en chiffres Il y a dix ans, les Etats-Unis envahissaient l’Irak. Quel pays ont-ils laissé derrière eux? Combien de morts dénombre-t-on et quels ont été les impacts de l’occupation américaine et britannique? ». La réponse tient en un chiffre : 650.000 civils morts. Et une réalité géopolitique : la « Prusse du Moyen-Orient » du Ba’ath devenue un état semi-failli, livré aux américains et à ses voisins. En voie d’éclatement. De « somalisation ». Comme l’est la Libye. Et comme on voudrait que la Syrie le devienne.

Les journalistes ? Aveugles, idiots ou complices ?

 LM

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 Luc MICHEL /

PAGE OFFICIELLE Facebook  https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel

Il governicchio italiano aumenta del 35% l’accisa sulla birra

By Edoardo Capuano – Posted on 18 ottobre 2013

 Logo salva la tua birra

L’Italia morirà democristiana e lo farà adesso.

 Cominciano a squarciarsi i veli sull’impianto della manovra economica proposta alle camere dal Governo Letta-Alfano, ci sono tre considerazioni iniziali da fare:

 – La pressione fiscale è destinata ad aumentare

 – Non c’è alcuna traccia di provvedimenti di stimolo alla crescita, neppure riforme a costo zero

 – I tagli di spesa sono risibili

 Siccome Enrico Letta e Angelino Alfano (Saccommanni, almeno, ha la decenza di stare zitto) continuano a raccontare balle a reti unificate, ripetendo come dischi rotti che “questa legge di stabilità per la prima volta abassa il carico fiscale” è megli fare il punto di quello che ci aspetta nel 2014:

  • Nuova Patrimoniale sugli Immobili mascherata da tassa sui servizi divisibili e indivisibili e la non deducibilità degli immobili sfitti, la Trise e la Tasi e indeducibilità degli immobili sfitti insieme danno ai comuni (e allo Stato) la possibilità di usare aliquote che nel complesso garantiranno un gettito superiore a quanto dernato con l’Imu originaria. Mediaticamente verrano pubblicizzate le aliquote base, in pratica visto il combinato disposto di tagli ad enti locali e incapacità degli stessi a spendere meno, le aliquote “discrezionali” si porteranno invariabilmente sui massimi possibili.
  • Patrimoniale su tutti i valori mobiliari soggetti a comunicazione obbligatoria (C/C, Conti Titoli, C/deposito) qui l’aumento è del 33%, il bollo passa da 1,5 per mille a 2 per mille. Il gettito previsto dal governo è 900 milioni, sulla base del gettito 2012, Rischio Calcolato stima un aggravio vicino ai 2 miliardi di euro ed un accelerazione clamorosa di fuga dei capitali.
  • Riduzione della detraibilità delle spese (detraibili) dal 19% al 18% con un probabile aumento del gettito di 300 milioni di euro

Se poi volete vedere cosa succede su piccoli balzelli (e devastanti per i singoli settori), vi invito a partecipare alla campagna Salva la tua Birra (salvalatuabirra.it/), dovete sapere che il governo astemio (e democristiano) ha deciso di aumentare l’accisa per litro di birra da 37 centesimi a 45 centesimi per racimolare altri 30 milioni di euro.

 Quindi per favore, basta cazzate sul cambio di passo verso una minore pressione fiscale.

 La verità, l’unica possibile verità è che non ci potrà mai essere alcuna riduzione del carico fiscale senza una diminuzione feroce e durissima della Spesa Pubblica nella sua parte corrente. Da quel lato si è fatto solo cosmesi.

 Detto questo arriviamo al punto: questo è un inutile governicchio senza palleche non è in grado di fare alcuna riforma strutturale. L’Italia ha bisogno di un governo fortissimo e monocolore, che agisca senza compromessi, personalmente sarei più ottimista se dalle urne fosse uscita una maggioranza formata da un solo partito anche fosse stato quello che ritengo più devastante (l’attuale PD per intederci) in quanto a visione e politica economica.

 La famosa “stabilità” di Letta alla fine si è risolta nel vuoto assoluto di idee, di visione e soprattutto di coraggio. Solo un mezzo per tirare a campare e magari farsi una ridicola passerella alla presidenza del semestre europeo dell’Italia.

 Keep Calm and go to Switzerland

 p.s. ovviamente il tema principale che appassionerà il dibattito politico è “l’inaspettata” interdizione di 2 anni a Berlusconi, chi l’avrebbe mai detto!!!

 Autore: FunnyKing / Fonte: rischiocalcolato.it


 

Pesci volanti avvistati nella Laguna di Venezia

20 ott 2013 –

La Laguna ultimamente si è resa scenario insolito per l’accoglienza di alcune specie animali che in passato non sarebbero mai approdate nelle acque del nord ovest d’Italia. L’incredibile notizia di questi ultimi giorni riguarda l’arrivo di alcuni nuovi inquilini nella zona che va da Venezia a Mestre:degli straordinari esmplari di pesci volanti. A prima vista i pescatori della zona, esperti conoscitori delle acque lagunari, avevano pensato di avere le traveggole ma ben presto hanno realizzato che quelle piccole sagome che si libravano poco sopra il livello del mare erano in realtà dei pesci volanti.

Dopo la foca monaca, oggi fa il suo ingresso nella Laguna un nuovo ospite, e sembra che il suo arrivo sia un indicatore chiaro di mutamento ambientale. Non serve allontanarsi più di tanto dalla riva per poter ammirare i pesci volanti: negli ultimi giorni sono arrivate le testimonianze di persone che hanno visto le specie aggirarsi nella zona delle Bocche di Porto (Ve) ma anche nelle aree più a ridosso della città. La nuova fauna marina ha lasciato a bocca aperta anche nei pressi di Mestre, dal canale della Giudecca alla Darsena di via Torino. Claudio Barbero, un residente della zona, possiede una barca e la tiene ormeggiata proprio lì: “Stavo passeggiando insieme al guardiano sui pontili della darsena e li abbiamo visti.
http://it.notizie.yahoo.com/pesci-volanti-laguna-dopo-la-foca-monaca-sulle-104500786.html


Due forestali tentano suicidio, Fai Cisl: “Situazione drammatica”

GIOVEDÌ 24 OTTOBRE 2013 11:10

“Ancora una volta l’incapacità, l’insensibilità della Regione Campania ormai tutta rivolta al Napoli centrismo (risolvendo solo problematiche delle proprie partecipate) induce a gesti estremi i lavoratori forestali. La crisi che investe il settore forestale Campano ed in particolare alcuni Enti Montani, sta sfociando (come il sindacato più volte ha palesato) in una vera e propria emergenza sociale. Nelle scorse ore, si sono registrati ben due episodi di tentato suicidio di due lavoratori forestali dipendenti della Comunità Montana Irno Solofrana”. E’ quanto fa sapere attraverso una nota la Fai Cisl.
“Purtroppo la situazione è gravissima, la vertenza forestazione che si trascina ormai da tempo memorabile, si trova di fronte Politici nazionali e regionali del territorio assenti, che solo qualche volta, con sporadiche dichiarazioni sui quotidiani, prendono posizioni fine a stesse che non hanno alcun seguito. Alle istituzioni tutte – prosegue la Fai Cisl – chiediamo un atto di responsabilità. In particolare a S.E. il Prefetto di Avellino, a cui più volte abbiamo rappresentato le problematiche del settore e chiesto la convocazione di un tavolo di concertazione alla presenza dell’Assessorato Regionale competente , CHIEDIAMO DI NON LASCIARCI SOLI.
Il sindacato, i lavoratori forestali credono in questa istituzione che rappresenta il nostro territorio, ben sapendo che non può dare soluzione, ma la nostra richiesta è solo quella di rappresentarci e farci da tramite per far comprendere a pieno alla Regione Campania la drammaticità vissuta dai lavoratori forestali e non fare della “Forestazione” una vertenza di serie B con il pericolo di raccogliere poi cocci non più riparabili. Come chiediamo alle istituzioni territoriali tra cui la Provincia di Avellino gestita dal Commissario Prefettizio Dr. Prof. Raffaele Coppola, di non percorrere la stessa strada dei nostri Politici, ma di incontrare il sindacato e i lavoratori per cercare soluzioni al loro dramma prima che il tutto degeneri in gesti estremi.
Ai rappresentanti istituzionali regionali nelle persone del Governatore Stefano Caldoro e dell’Assessore Daniela Nugnes ricordiamo che il Sindacato in questi anni ha accettato la sfida di ristrutturazione del settore Foreste attraverso accordi che qualche volta hanno anche inciso sui diritti sacrosanti dei lavoratori conquistati nel passato. La Regione, però, dal canto suo ha solo firmato accordi puntualmente disattesi, spesso creando confusione, caos nella realizzazione del grande progetto forestale, con il rischio orami quasi certo di perdere i fondi europei destinati al settore. Colpa di una burocrazia regionale inetta, incapace, nel creare normative chiare e semplici atte a dare seguito agli impegni assunti dalla politica, diventando spesso controparte dei suoi stessi Enti Delegati. Della vertenza forestazione ormai se ne fa carico solo il sindacato, i lavoratori e qualche Presidente degli Enti Delegati che crede ancora nella utilità delle Comunità Montane per la tutela, salvaguardia e protezione dei territori montani.
Il tutto non fa altro che danneggiare ulteriormente gli addetti ed il territorio con il conseguente abbandono delle aree interne e montane, ed il rischio di far diventare anche queste terre ancora sane “terre di fuoco” in balia della malavita organizzata e degli interessi di grandi gruppi presenti sul territorio nazionale ed europeo ( territori per discariche avvelenate)”.
http://www.irpiniaoggi.it/index.php/cronaca-in-irpinia/2-cronaca/114024-due-forestali-tentano-suicidio-fai-cisl-qsituazione-drammaticaq.html