Il “sistema Coop”: un hedge fund senza trasparenza e controllo

 Il recente articolo di Giorgio Meletti de Il Fatto Quotidiano ha finalmente posto l’attenzione (1222 commenti, 2500 condivisioni su Facebook, cui si aggiunge la tiratura del giornale) sulla vera natura di ciò che si nasconde dietro al noto marchio Coop della grande distribuzione: un hedge fund, un enorme massa di risparmio raccolto tra i consumatori e investito al di fuori del controllo e senza trasparenza verso i medesimi soci e risparmiatori.

 Apparentemente, il  “sistema Coop” è una associazione tra società cooperative di consumatori, classificabili in tre diverse tipologie: 9 Grandi cooperative, che gestiscono una rete di vendita estesa e articolata su territori regionali o interregionali;  14 Medie cooperative, che gestiscono una rete di negozi dislocati in ambito provinciale o interprovinciale; 96 Piccole cooperative, con un singolo o un numero limitato di punti vendita di dimensioni minori, dislocati in piccole località.

 I consumatori che si associano ad una di queste cooperative, pagando la quota del capitale sociale, pensano di far parte di una società attiva nella distribuzione alimentare. Molti fra questi soci-consumatori usufruiscono anche di alcuni servizi finanziari offerti dalla cooperativa, come il “prestito sociale”: un prestito che il socio concede alla cooperativa, registrato in un libretto di risparmio, che frutta un certo tasso di interesse annuale.

 Ebbene, dove viene investito il risparmio raccolto tramite il capitale e il prestito sociale? Nell’ammodernamento della rete distributiva? Per migliorare l’efficienza logistica e organizzativa? Nell’acquisto degli immobili dove si svolge l’attività di distribuzione, evitando così di pagare affitti tutti i mesi per chissà quanti anni (per inciso, è ovvio che l’affitto pagato al proprietario degli immobili sia di costo ben superiore al misero tasso di interesse riconosciuto sul prestito sociale)?

 Le attività del “sistema Coop” sono principalmente attività finanziarie, non industriali (come le merci, attrezzature, immobili…). Quali? Non è dato di sapere, nemmeno al socio (io sono socio di una di queste coop – e ovviamente ho votato contro l’approvazione di un simile bilancio).

Su 9 grandi Coop, solo 5 hanno reso disponibile il loro bilancio di esercizio 2012 sul sito internet (certo, potevo scaricarlo dalla Camera di Commercio, ma è questa la responsabilità sociale verso i soci e la comunità?). Leggendo i bilanci di quelle che lo hanno reso pubblico, si scopre che:

 1) I debiti finanziari verso i soci sono di importo circa doppio rispetto al patrimonio netto: rispettivamente, 7,9 miliardi contro 4,3miliardi (per darvi le proporzioni: il patrimonio di Banca Etica è di 72 milioni, quello del Gruppo Intesa SanPaolo 49 miliardi).

2) Le attività finanziarie sono circa tre volte il valore delle attività industriali nette.

3) Non considerando la disastrosa gestione finanziaria di UniCoop Firenze, l’utile della gestione finanziaria è circa 7 volte quello della gestione industriale.

 Nel “sistema Coop” non è prevista nè la trasparenza “con i miei soldi” (conoscere dove viene investito il risparmio  raccolto), nè quella “non con i miei soldi” (le attività che non si vuole finanziare). Strano modo di interpretare il vecchio, ma non dimenticato motto: La coop sei tu. No, io NON sono così, noi NON siamo così.

 E’ giunto il momento di chiedere la separazione giuridica tra attività industriale (ove ci indentifichiamo) e attività finanziaria delle Coop. E’ giunto il momento che anche l’amministrazione finanziaria (l’IVA sugli acquisti, aliquota Irap come quella applicata alle banche, ricalcolo dei parametri di mutualità prevalente….) e il Supervisore sul sistema finanziario (normativa di vigilanza prudenziale/patrimonio di vigilanza, requisiti di professionalità e onorabilità dei dirigenti, antiriciclaggio, concentrazione dei rischi, prospetti informativi per la sollecitazione del pubblico risparmio, dematerializzazione dei titoli, …) si accorgano che l’attività prevalente di queste cooperative non è più la “distribuzione al dettaglio di prodotti alimentari e affini”, ma i servizi finanziari.

 PS: per amor di trasparenza, qui potete scaricare i dati dei bilanci citati. Cari soci: chiedete conto agli amministratori che uso ne fanno del vostro risparmio: avete idea di quante iniziative di economia civile, per il bene comunepossono finanziare quei 12 miliardi di euro investiti (delle sole 5 grandi Coop qui analizzate) in attività finanziarie?

Il “sistema Coop”: un hedge fund senza trasparenza e controlloultima modifica: 2013-10-24T08:02:32+02:00da davi-luciano
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